La
protagonista di Colpa delle stelle incontra il protagonista di
Io prima di te: sembrerebbero d'obbligo i finali tragici, le lacrime. Insieme, infatti, conoscono un oceano che Pacifico lo è soltanto di nome e
tutta la violenza dell'urgano Raymond. Che li spazza via, ma non li
spezza. Feriti e disperati, andranno alla deriva per più di un mese.
In Resta con me, cronaca romanzata della loro storia d'amore e
sopravvivenza, i giorni sembrano però passare troppo in fretta,
senza peso. Ci si nutre, ci si guarisce, ci si protegge con un sentimento che sa essere totalizzante senza
per fortuna risultare stucchevole. Dotato della struttura strategica
delle bambole russe e bilanciato con misura, con un taglio classico
che non disegna tuttavia un colpo di scena finale, il film con la coppia di richiamo nel cast non rischia di risultare
memorabile né nella parte melodrammatica né in quella catastrofica,
benché discreto in entrambe. All'appello: le immagini spettacolari e
spaventose della Tempesta perfetta, il viaggio come ricerca di
sé del metaforico Vita di Pi, la solitaria ode alla
resilienza di Cast Away. Novella Robinson Crusoe, Shailene
Woodley tiene il timone del tutto con l'intensità di cui a sorpresa
la avevo scoperta capace ai tempi della leucemia e dell'adolescenza
in sala; Sam Claflin, nuovamente ferito e inservibile, si lascia
invece salvare da un'altra donna con il polso di ferro. Resta con
me non insegue onde alte o lidi mai
esplorati prima. Ma non spiace, eppure, gettare l'ancora e ammainare
per un po' le vele. Se alla tempesta, anche a quella aizzata del già
visto, c'è qualcosa di buono che resiste: puntando i piedi contro
tutti i luoghi comuni di sorta e le altre correnti avverse. (6)
Ah,
le gioie della maternità. L'indimenticabile Juno, troppo
saggia per diventare ragazza madre senza arte né parte, nel
finale del miglior Reitman rinunciava a malincuore a quelle ma anche
ai dolori che scoprirsi genitori comporta. A farci una rapida rassegna di questi ultimi, nel ritorno in sala del figlio
d'arte, è una Charlize Theron splendida anche con venti chili di
troppo, già irrequieta Peter Pan in Young Adult. Mamma di due bambini, ha rinunciato al
sonno, al sesso e all'amor proprio in vista di un terzo neonato: la crisi di nervi è dietro l'angolo. Ci si ritrova infatti a
rimpiangere il bel fisico dei tempi andati, la vita da single,
perfino i fraintendimenti con una coinquilina rivista al bar; a non
sopportare più un marito menefreghista, incantato dai videogiochi.
Quello che le ci vorrebbe in regalo: una tata sui generis come
Mackenzie Davis. Bussa alla sua porta, una notte, e
assicura sia lì per aiutarla. Ha inizio allora un gioco di ruoli, di
riflessi, con cenni di situazioni tanto surreali quanto amare. Chi è,
cos'è, Tully? Né un'odierna Mary Poppins, né una stalker da home invasion, né una mitica sirena. Né un dramma, né
una commedia. Un altro nome di donna, piuttosto. Un altro dialogo intergenerazionale a opera della solita Diablo Cody, che poco graffia, anche se fa piacere riscoprirla in forma dopo una
serie di passi falsi. Squadra vincente non si cambia, se all'insegna
di un intrattenimento lieve ma di qualità. Questa volta ne nasce una
bambina capricciosa, che vorrebbe stare sveglia fino a tardi per poi
ammalarsi di invidia, di rimpianti. La rabboniscono le
cure di un regista dalla sensibilità spiccata e un cast raccolto. Le
augura una serena notte una chiusa agrodolce, dopo una svolta mai messa in conto, che non fa chiudere la sua serata in un pianto
isterico, né la nostra in una delusione evitata senza salti mortali. (7)
La
pecora nera che torna, i pregiudizi della comunità che l'ha messa al bando, la
scoperta di come tutto sia cambiato mentre lei era impegnata a
diventare una lanciata fotografa. I suoi migliori amici si sono
sposati tra loro. Da bambini s'intuisce fossero un trio
affiatatissimo: lui diventato un giovane rabbino e lei, molto più che una compagna di scuola, etero se l'ebraismo non
consente altrimenti. Rachel Weisz incontra di nuovo Rachel McAdams e, nonostante tutto, s'innamorano da capo. In due ore rubano aria, risate, baci profondi. Vivono una
seconda adolescenza, tra amore e fede. Soprattutto, il loro diritto a
essere donne. La Weisz apre infatti vecchie ferite, occhi appannati
dal velo del perbenismo e questioni lasciate in sospeso su un volo
per gli Stati Uniti. Al vertice del loro triangolo sentimentale, un
barbuto Alessandro Nivola che a sorpresa spicca per intensità:
marito e amico tra l'incudine e il martello, con una relazione e una
promozione improvvisamente in forse. A raccontarceli è il cileno
Sebastian Lelio, che sceglie la disobbedienza nel titolo ma qui, intanto, non
sovverte le regole: algido e delicato, fin troppo, in un dramma al
femminile a cui mancano i guizzi poetici che gli hanno valso un
meritato Oscar per Una donna fantastica. Scopre l'America, ma
non si perde né migliora, anche se stilisticamente Disobedience
è un passo indietro. Spento, monocromatico, piatto in superficie,
nasconde lo stesso cuore bello del ventoso La terra di Dio; un
intero mondo di passioni sotterranee, sconquassato piano dalle
riflessioni su un libero arbitrio affrontato a voce alta, ora in teoria e ora in pratica. (7)
L'amore
è cieco, dicono. Cosa succederebbe se riprendesse a vederci? Emergerebbero le crepe e i difetti. E un'ottima Blake Lively, forse, si accorgerebbe che c'è
del marcio nel marito Jason Clarke. Sono sposati da un po' e
vorrebbero un figlio. Lei cieca in seguito a un incidente
automobilistico, lui suo fedele custode. Un'operazione andata a buon
fine, fra l'ammaliante Bangkok e una Spagna a luci rosse, restituisce
alla protagonista la vista all'occhio destro. Da lì un taglio di
capelli radicale, vestiti nuovi e una nuova casa, la tentazione del
tradimento. Ma anche la diffidenza, le paranoie, bugie grandi e
piccole quando il rapporto con un marito messo da
parte minaccia di incrinarsi. Melodramma coniugale dagli
spunti assai verisimili e vestito ingannevolmente da thriller negli
spot pubblicitari, il cosmopolita All I See is You in Italia
diventa Chiudi gli occhi. In realtà si parla dell'esatto
contrario: di aprirli, gli occhi; di scoprire traumi familiari,
indecisioni coniugali, la sessualità nella sua pienezza. La Lively,
lasciato il bastone e il braccio di Clarke, vorrebbe vivere
indipendente, curiosa, erotica: l'ammaliante regia dell'ondivago Marc
Forster ce ne suggerisce lo stupore e le percezioni, la liquidità.
Peccato che il consorte geloso abbia piani alternativi. Tremendamente
ben fatto, purtroppo, il film è per il resto un ibrido confuso e
brancolante. La sceneggiatura si accartoccia in fretta su sé stessa,
risultando perfino noiosa nella confusione del finale, rendendo vano il risveglio di Gina. Facendo sì che la sua apertura al
mondo, con un pizzico di rammarico per l'occasione persa, si scordi a
occhi e sipario chiusi. (5,5)
Belle,
famose, non vedenti per copione: anche Natalie Dormer si aggiunge alla schiera di giovani
dive in pericolo con gli occhiali scuri, il bastone da passeggio e
più di qualche scheletro nell'armadio. La solitaria Sofia vive a
Londra, compone colonne sonore e ha come vicina di casa
un'altra donna bella e impossibile: Emily Ratajkowski, figlia di uno
spietato dittatore con innumerevoli nemici. Il soggiorno della star di Instagram sul set dura poco: cade dal secondo piano, e la
polizia parla di suicidio. Ma Sofia, al piano di sotto, ha sentito
qualcosa di sospetto. Perché, eppure, sembra covare tra sé e sé
sentimenti ambigui e non informa gli agenti nell'immediato? Thriller
elegante e laccato, diretto con inaspettata classe dal compagno di
una Dormer qui anche co-sceneggiatrice, In Darkness è
un teatro delle ombre con una sottile sottotrama politica e garbugli
un po' confusi di doppi o tripli giochi. Sul ritmo perfetto di un
metronomo, così, tenta di inanellare una lunga serie di colpi di
scena: alcuni andati a buon fine, altri meno. Se poco convincono i
personaggi affatto limpidi del galante sicario Ed Srkein e di Joely Richardson, femme fatale in là con gli anni, a rimediare agli errori è un personaggio principale che
ha stoffa da vendere: un background doloroso suggerito con
intelligenza, un'interprete con abbastanza carisma da bucare lo
schermo, un titolo che cela una doppiezza di significato. Nel buio
della coscienza, infatti, si perde la via del bene peggio che in
quello della cecità. Benché impegnati a farsi ipnotizzare dalle pose di
Natalie Dormer, nel nostro caso, no: in In Darness non procediamo alla cieca. (6,5)
Sui film che ho visto direi che siamo decisamente d'accordo.
RispondiEliminaResta con me survival già visto, che non emoziona e non coinvolge del tutto, ma con cui si salpa con piacere. E il problema è proprio che un film potenzialmente strappalacrime come questo doveva essere più devastante e meno piacevole...
Tully mi ha lasciato un po' perplesso all'inizio, ma poi quando entra in scena Mackenzie Davis il film decolla e ancora una volta mi sono ritrovato in pieno nello stile di Diablo Cody. La sua penna è sempre in formissima!
Curiosamente questi due film, per quanto molto diversi, condividono un colpo di scena parecchio simile.
In Disobedience è vero che la regia di Sebastian Lelio non brilla in maniera particolare, però per fortuna le due protagoniste compensano abbondantemente. :)
I film sulle due accecate stranamente, considerati i cast, non li ho ancora visti. Se quello con Blake sembra evitabile, l'altro dopo la tua promozione devo proprio vedermelo.
Un film con Natalie Dormer ed Emily Ratajkowski... cosa diavolo sto aspettando a correre a guardarlo? XD
Blake, nonostante dimostri ancora una volta di essere bella e brava in parti uguali, purtroppo è penalizzata molto dalla sceneggiatura confusa.
EliminaMeglio la Dormer, per me antipaticissima, con un regista (e un compagno) che sa giocare bene con la macchina da presa e i luoghi comuni. ;)
Non ne ho visto nemmeno uno, ma Resta con me mi attirava, con le dovute cautele di film drammaticone. Se è un po' meno drammaticone non mi spiace. Il trittico di protagoniste femminili mi crea sentimenti contrastanti devo dire. In ogni caso dalle tue recensioni niente brilla, quindi...
RispondiEliminaIn questo periodo, no, difficile trovare qualcosa che brilli, anche se il duo McAdams-Weisz merita a scatola chiuso.
EliminaVai tranquillo con Resta con me: poca melassa, zero lacrime.
A questo giro non ne ho visto ancora nessuno, quest'anno sono un po' indietro con alcune visioni, perchè sto tentando di recuperarne altre.
RispondiEliminaDue avevo intenzione di vedere: Resta con me a questo punto non penso lo guarderò, già da prima mi dava l'idea di aver poco di interessante, le poche recensioni che ho letto me lo confermano. Tully invece lo guarderò a breve, questo sicuramente.
In darkness me lo segno come possibile visione, ma non mi strapperò le vesti per guardarlo ecco.
Aspetto di leggerti, allora!
EliminaMi incuriosiscono gli ultimi due ma il tuo parere mi fa un po' desistere. Il primo proprio no, non ho voglia di storie strappa lacrime. Non avevo mai sentito invece "Tully", lo guarderò!
RispondiEliminaTi consiglio in particolare In Darness.
EliminaIl susseguirsi di colpi di scena, nel finale, sarà anche scarsamente plausibile, ma è molto, molto letterario. ;)
Resta con me e Disobedience sono in attesa di visione, mentre felice che Tully ti abbia convinto. Non so se l'essere donna, e l'essermi ritrovata un po' nella giovane Tully ma anche nelle paure di un'adulta Theron abbiano fatto la differenza nel farmelo amare di più.
RispondiEliminaLe bellezze senza vista, invece, anche no, che sono rimasta indietro con le nuove uscite e ci sono priorità.
Reitman, checché se ne dica, a me piace davvero sempre: avevo trovato adorabile A Labor Day, un film minore (chiamalo minore, poi, con la coppia Winslet-Brolin in grande spolvero).
EliminaAspetto il tuo parere sui naufraghi e le Rachel innamorate, allora, anche se penso che saremo d'accordo facile.
dunque da questa lista prendo Tully e In Darkness XD
RispondiEliminaVedi e dimmi!
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