10. Nimona
Una fiaba per grandi e piccini che omaggia il genere e lo rivoluziona. A metà tra il ciclo bretone e lo steampunk, non ha bisogno di forzature per risultare inclusiva, femminista, nuova.
9. Beau ha paura
Come non averne, di paura, davanti a un film così lungo, ostico, sperimentale? Impavido, Aster divide con un'esperienza cinematografica impareggiabile. Freud sarebbe andato a nozze con l'odissea di questo stralunato Phoenix in fuga dalla madre.
8. Pearl
Apparso nel circuito festivaliero l'anno passato, è arrivato in Italia esclusivamente in homevideo. L'assassina seriale di West è un personaggio di rara complessità emotiva e Mia Goth le rende giustizia in un monologo lungo dieci minuti. Il resto è un incubo in technicolor che fa ben sperare per il terzo capitolo della serie.
7. The Whale
Aronofksy torna a parlare di corpi. E insieme a lui torna Fraser, a lungo assente dalle scene. La loro collaborazione, claustrofobica e provante in un salotto già affollato di disturbi – non solo alimentari –, non è per tutti, ma regala un'interpretazione dalla potenza annichilente.
6. La chimera
Gli stranieri ce la invidiano, ma noi abbiamo avuto occhi troppo distratti per riconoscere il talento di Alice. Spirituale, tragica, immaginifica, questa volta raduna un cast internazionale e ci regala il film più vitale dell'anno, pur parlando di morte.
5. Close
Corrono per i campi fioriti e non hanno pensiero alcuno. L'adolescenza porrà fine a quegli andirivieni e getterà lo spettatore in una valle di lacrime. Dopo Girl, dal Belgio un'altra storia di repressione e identità. Perché comportarsi da uomini, quando semplicemente bambini?
4. Anatomia di una caduta
Il vincitore all'ultimo Festival di Cannes è un'analisi del rapporto uomo-donna, un giallo, una foto di nozze. Sorretto dall'interpretazione di Huller, scivola dal francese all'inglese, così come scivola la verità stessa: sdrucciolevole, non renderà libera una famiglia infelice a modo suo.
3. Babylon
Stroncato in patria, è stato un flop. Perfino io l'ho saltato in sala e l'ho recuperato tardi, in una visione domestica non all'altezza di cotanto splendore. Perdonami, Chazelle, per aver dubitato: sei memorabile tanto nei musical quanto nei baccanali.
2. C'è ancora domani
Al botteghino, una casalinga ha sorpassato Barbie e Oppenheimer. Oltre allo straordinario successo di pubblico c'è di più. Cortellesi firma un esordio lieve e impegnato, il cui finale ci lascerà per anni a bocca aperta – con buona pace di Silvestri, che canta A bocca chiusa.
1. Aftersun
L'ho visto a gennaio, ma se chiudo gli occhi sono ancora lì, fra le luci di una discoteca. E cerco invano di carpire i segreti di un padre malinconico, di una figlia precoce, di un dramma sull'elaborazione mai realmente elaborato. In sottofondo, i Queen.
5. The Good Mothers
Nell'anno in cui l'Italia si è chiusa in un silenzio scioccato davanti all'ennesimo femminicidio, non poteva mancare la coproduzione internazionale candidata ai Critics' Choice Award. Un manifesto di resistenza femminile, in cui giganteggia una Bellè all'altezza delle star hollywoodiane.
4. Lezioni di chimica
Se Barbie ha sbancato i botteghini ma non ha conquistato il vostro favore, andate a conoscere Elizabeth Zott: intraprendente e biondissima, puntava al mestiere di chimico. Le toccherà passare prima dai fornelli, in una miniserie in cui Larson segue la scia della Fantastica signora Maisel (di cui non ho visto la stagione conclusiva).
3. Tore
La chicca dell'anno arriva dalla Svezia. Agrodolce, queer e stilosissima, è la storia di un Piccolo Principe in cerca della propria autonomia. Una colonna sonora irresistibile e comprimari a cui voler bene renderanno un lungo piacere questi soli sei episodi.
2. La caduta della casa degli Usher
Succession (che, per la cronaca, non ho seguito) ma in chiave horror. L'ultimo capolavoro di Mike Flanagan è in realtà un bignami del miglior Poe. Una bambola russa di storie dentro storie, con morti da manuale e un cast in stato di grazia.
1. Beef – Lo scontro
Può una zuffa tra automobilisti trasformarsi in una faida, in un'indagine socio-culturale, in una storia d'amore? Sì, se produce A24 e il cast è il regalo più prezioso del melting-pot. Dopo i fasti di Everything Everywhere All at Once, questi asiatici indie e sfrontati conquistano anche il blog.