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Ava Anna Ada, di Ali Millar. Sur, € 19, pp. 310 |
Cosa succederebbe se Yorgos Lanthimos dirigesse Saltburn, ma in chiave saffica e apocalittica? Lei, Anna, è una influencer con una ricca rete di follower e un lussuoso faro ristrutturato per casa. L'altra, Ava, è una prostituta adolescente, all'occorrenza anche babysitter. Si incontrano in circostanze scioccanti: Anna sta prendendo a calci il cadavere del suo cane, morto di overdose. Ava la raggiunge, nel suo impermeabile giallo, e il riconoscimento è immediato: quella ragazzina è la copia sputata di Ada, la figlia della protagonista. Ma mentre Ada si è lasciata morire di anoressia, Ava ha fame di tutto. Ha inizio un ménage fatto di collezioni macabre e sadomasochismo, di morsi sul seno e spine sotto pelle, mentre la natura minaccia di prendere il sopravvento: quell'estate elettrica preannuncia realmente tsunami?
Il tempo è una cosa da caderci dentro e attraversarlo, se uno sa come si fa.
Tre personaggi femminili sui generis, tre nomi palindromi, tre maschere che si divertono ad alternarsi e confonderci in un gioco delle parti senza inibizioni né regole. Si può far rivivere chi non c'è più? Nell'esordio di Ali Millar — imperdibile per i fan della letteratura weird di Schweblin, Awad, Rouopenian — tutti, perfino il fratellino minore che fantastica di avere una cerniera per cambiare pelle, vorrebbero essere la compianta Ada. Sullo sfondo della Punta, un non-luogo sospeso tra Inghilterra e Scozia, il romanzo è inscenato in una società distopica in cui le persone sono schedate sulla base del loro Valore: l'apparenza, allora come oggi, conta più di tutto.
La prima volta che io e Leo siamo usciti dopo la nascita di Adam, mi sono resto conto che me ne stavo seduta in mezzo a un pub dondolandolo leggermente, abituata com'ero a cullarlo per farlo addormentare. Una serie di minuscole follie: è questo che significa amare con quell'intensità. Che significava.
Popoloso di donne splendide e crudeli, nonché intriso di un umorismo nerissimo, Ava Anna Ada è una psichedelia sull'elaborazione del lutto, i lati oscuri della maternità e i misteri del piacere, a cui l'autrice scozzese conferisce l'andamento liquido delle onde e una sensorialità sorprendente. Morboso, oscuro, caleidoscopico, mostra la stessa scena da prospettive diverse e fa un uso brillante della prima persona plurale. Il Noi, così, è sintomatico del legame inscindibile tra le protagoniste — dove finisce l'una, dove inizia l'altra? Ma anche il punto di vista degli Dei, a volte annoiati, altre crudeli, davanti allo spettacolo catastrofico della nostra scompostezza. Quest'anno, scommetto, non leggerete niente di simile.
Il mio consiglio musicale: Lady Gaga – Abracadabra