Ciao
a tutti e buon inizio di settimana! Brevissimo appuntamento di Mr
Ciak, oggi, con una recensione un tantino più lunga del solito, ma
mi perdonerete. Quando parliamo di trasposizioni, i paragoni con il
libro si sprecano. Eh, lo sapete anche voi. Vi parlo, infatti,
dell'attesissimo Divergent, che ho visto ieri in lingua. Il 3
Aprile potrete vederlo tutti nei cinema italiani. Al momento, ho in
lettura il terzo capitolo della saga e, in settimana, avrete la mia
recensione. Che settimana “Veronica Roth” sia, dai! Ditemi
qualcosa anche voi. Un saluto, M.
Ho
Allegiant sul letto. L'ho acquistato l'altro giorno e il
segnalibro è fermo a metà. In questi giorni, ho pensato spesso alla
saga della Roth. A perché mi piaceva. Perché mi piaceva? In
Insurgent ho perso di vista la domanda e, senza sbilanciarmi troppo,
posso dire che nemmeno con il terzo capitolo è amore puro. C'era
qualcosa, prima, che ora manca. Un entusiasmo che è andato scemando.
Un anno fa, avrei piantonato i cinema della mia zona come solo un
vero fan(atico) fa. Adesso è da un po' che i trailer e le pubblicità
della trasposizione cinematografica di Divergent mi lasciano
freddo. Ho visto il film in lingua, senza aspettare. Avevo
l'impressione, tanto, che non ne sarebbe valsa la pena. Invece
Divergent mi è piaciuto e mi ha ricordato perché Divergent
mi era piaciuto. Una trasposizione rispettosa e con i tempi giusti,
coinvolgente, scorrevole, fresca. Giovane. La Roth mi piaceva così,
come Neil Burger mostra il suo mondo: impavida, ribelle, leggera come
l'aria. Si capisce subito che non siamo al cospetto del nuovo Hunger
Games: non c'è particolare struggimento, non c'è paura, non c'è
quel nodo che ti lega stretto stretto ai personaggi. Ma dov'è scritto che un
distopico debba darti il dormento a tutti i costi? Divergent mi ha lasciato addosso
una sensazione incredibilmente positiva. Mi ha dato carica, energia,
vigore. Ti contagiano i protagonisti - con la loro euforia, il loro
entusiasmo, la loro giovinezza. Dà adrenalina, qualche brivido,
fervore. Come un buon action movie. Come un salto nel vuoto. La
storia l'ho rivalutata col tempo e così audace, effettivamente, non
è. Ha un messaggio – almeno – che ancora devo cogliere. Le
introduzioni apportate dal romanzo sono riproposte al grande
pubblico, da regista e sceneggiatori, anche con una certa
intelligenza. Non ti sommergono con effetti visivi senza utilità. E'
fisico, immediato, senza trucchi. Ricrea quella Chicago avveniristica
così come la immagini: i treni, il Covo, la ruota panoramica, il
momento della Scelta. Scelta di un destino - di un futuro - che ha
ricordato al Michele di oggi il Michele dell'anno scorso. In balia di
grandi insicurezze, incerto: più del solito. Divergent è
l'adolescenza che ti mette alla prova e ti chiede di diventare
grande. Prendete quelle generazione intere di medici, ad esempio. Poi
arriva un figlio che vuole fare il poeta. Generazioni di operai, e
poi arriva un figlio che vuole studiare. Questa mi è sembrata la mia
storia, e lo sembrerà ai lettori e agli spettatori che – prima o
poi – conosceranno la famiglia Prior. Prove su prove, decisioni su
decisioni: quello è crescere. Avevo scritto qualcosa di simile nella
recensione del romanzo. Lo so. Be', mi ripeto. Il film mi ha fatto pensare
alle stesse cose. Pensieri semplici, comuni, ma che mi erano
“piaciuti” e che mi sono “piaciuti”, essenzialmente per questo
motivo. Prima che la Roth rendesse le cose troppo adulte, troppo
posticce, troppo seriose. I comprimari potrebbero risultare un
tantino compressi, ma è un difetto che il film eredita direttamente
dal romanzo. La Roth, per me, non ne ha mai creati di straordinari o
memorabili. Ma la storia prende subito e il cast è all'altezza –
nonostante i miei ragionevoli dubbi. Eppure adoro smentirmi; eppure
ho detto più volte che detesto a pelle Shailene Woodley. Traumi da
Vita segreta di una teenager americana, suppongo. Lei non è una
bellezza, non è una maestra di carisma, ma è una Tris che convince.
Si scopre più volitiva, forte, caparbia insieme al suo personaggio.
Acquisisce un temperamento che cambia la luce nei suoi occhi e la
rende stranamente bella, a tratti. Il suo Quattro è Theo James –
volto televisivo, visto in Golden Boy
e Bedlam. La
differenza d'età tra i due non si percepisce e lui è il solito
Quattro che conosciamo tutti: taciturno, scontroso, burbero. Il film
non vuole essere la loro storia d'amore – mai – e non ci sono
inutili dilungaggini, inutili abusi di zucchero e miele. L'intimità
è in un gesto: lui che le sfiora la mano in treno, di nascosto,
mentre tutti sono sotto simulazione. Ci sono gli allenamenti, i
riuscitissimi scenari della paura, e la tanto mostrata scena dei
tatuaggi – con la brava Ellie Goulding che canta in sottofondo –
dura il giusto. Neil Burger limita le risatine, i commenti delle
ragazzette giulive di turno, i tipici movimenti da fandom. Ashley Judd è
bellissima come sempre, nonostante gli anni passino per tutti; Kate
Winslet è una cattiva algida, carismatica, senza sbavature; Ansel
Elgort – prossimamente con la Woodley in Colpa delle
stelle – ha un ruolo piccolo,
ma una naturalezza che non è da tutti. L'uso del travelling e
l'interessante colonna sonora mettono l'accento sui momenti migliori e il
finale, ovviamente aperto, è appagante come pochi. E' la fine di un
film, quella che vedi, non del singolo episodio di un serial magari lunghissimo. Procede spedito, dunque, come un treno in corso. E non
come uno di quelli della nostra Trenitalia. Non
conosce cos'è la noia, nonostante la durata sfori di qualche
minuto le due ore. Carica, soddisfa, convince. Non è una storia
che farà storia, ma
intrattiene ad hoc. Non ha poi tanta sostanza, ma grossomodo è
quello che penso anche del romanzo, a cui il film si attiene in tutto
e per tutto. Mi ha divertito, e questo è l'importante. Potrebbe anche
mettere pace tra la Roth e i suoi lettori più invipetiti, chissà. Non
dico che, per tornare a casa, la settimana prossima, salterà
direttamente dal treno, ma – al posto dell'ascensore – sceglierò
di farmi qualche rampa di scale a piedi. Ero un Intrepido, a fine visione, sì. E'
l'effetto Divergent? (7-)