lunedì 23 gennaio 2023

Recensione: Il giovane Mungo, di Douglas Stuart

| Il giovane Mungo, di Douglas Stuart. Mondadori, € 22, pp. 456 |

Due ragazzi si baciano. Portano tute acetate coloratissime e i segni freschi dell'acne. Un velo di sudore sulla fronte, l'alito – cattivo – che sa di caramelle mou. La copertina, bella e sfacciata, ammicca dagli scaffali delle librerie italiane: promette amore e anni Ottanta. Seppure ambientato nella Scozia irrequieta di un quarantennio fa, il ritorno dell'autore vincitore del Booker Prize richiama le atmosfere dei classici dickensiani e conquista, a sorpresa, con una dimensione corale che soltanto nella seconda metà cede il passo alla scoperta della sessualità del protagonista. Mungo, quindici anni, protestante, finisce sempre per cacciarsi nei guai. Figlio di un padre morto in una disputa tra gang e di una madre alcolista, ha un animo troppo candido per uscire integro dalla violenza urbana di Glasgow. Tutti vorrebbero farne un uomo d'un pezzo: il fratello, Hamish, attraverso i traffici di speed; la sorella, Jody, attraverso un'adeguata educazione scolastica. Né abbastanza feroce né abbastanza intelligente, l'adolescente è completamente sé stesso – qualsiasi cosa significhi, qualsiasi cosa sia – accanto a Jack: un coetaneo dalle orecchie a sventola, cattolico, che passa i pomeriggi in una colombaia e non si affanna per diventare l'uomo che la società, patriarcale, pretende.

Era niente, eppure sembrava tutto.

Douglas Stuart sottopone il suo innocente eroe a prove di una durezza inenarrabile. La strada della crescita è lastricata di tappe terribili. E la giovinezza, a volte, è intima amica del senso di colpa. Abusato nel corpo e nello spirito, Mungo vorrebbe urlare al mondo l'oltraggio e l'amore dei suoi quindici anni. Ma si vergogna tanto di essere vittima quanto di essere innamorato. Cosa ha a che spartire la tenerezza con la vergogna? C'è speranza di sottrarsi a un futuro di ruderi e casermoni puntando insieme, mano nella mano, al miraggio del mare? Mungo e Jack fantasticano di compiere sedici anni e, abbandonata la scuola dell'obbligo, di rifugiarsi su un'isola deserta. E laggiù, finalmente soli, di sperimentare un sesso che non sia più stupro, pornografia, clandestinità coatta. Convenzionale nelle tematiche soltanto all'apparenza, Il giovane Mungo è insieme romanzo di formazione, educazione sentimentale, vendetta trasversale. Gli indimenticabili randagi della famiglia Hamilton mi hanno tenuto compagnia per oltre un mese e se qualcuno mi avesse attentamente osservato, sui mezzi pubblici, avrebbe visto smorfie a centinaia incresparmi la fronte. È stato come se Mungo, affetto da un tic nervoso che ne altera inavvertitamente l'aria angelica, mi avesse prestato per cinquecento pagine il caos di un viso – e di una vita – che non sa gestire. Mungo si gratta, si schiaffeggia, si impone di non lasciare che ogni sentimento mutevole gli si legga sulla faccia. Si tormenta, perennemente imbarazzato. Ma che colpa ne hanno i prismi, che colpa ne hanno gli arcobaleni.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Hozier – Take me to Church

sabato 7 gennaio 2023

11 anni e Top 5: cosa succede, a volte, ai buoni propositi

Al principio dello scorso anno sono risultato positivo al Covid. Ho passato i primi venti giorni di gennaio barricato nella mia stanza. La mia prigionia da hikikomori, però, durava da più tempo. Bloccato in un pantano, ero stato a lungo spettatore della vita altrui dal buco della serratura. In attesa del risultato del tampone molecolare, infine, avevo formulato un buon proposito: non sarei più rimasto chiuso dentro. L'ho rispettato. Sono arrivati i concorsi, i viavai, lo studio matto e disperato, le attese spasmodiche, le graduatorie: altre attese. È arrivato il contratto a tempo indeterminato e, anche se non credevo di avere né le forze né il coraggio, sono andato via. Completamente libero e completamente solo. Lontanissimo da me. A ventotto anni ho messo radici altrove, o almeno ci sto provando. Torino mi somiglia. È malinconica, ordinata; cupa qualche volta. Mi piace, Torino, perché si fa i fatti suoi. È il posto migliore per ricominciare. Anche se fa un freddo secco, che mi arrossisce la faccia alle fermate degli autobus, e non ho ancora superato quell'istinto naturale che mi spinge a ricercare il mare tra i ritagli dei palazzi porticati. Lavoro in una città a un'ora di distanza dal centro. Mi sveglio all'alba e la sera crollo presto. A scuola ho cinque classi – un centinaio di alunni circa. Dovrei sentirmi euforico, ma a volte sono stanco e basta. Però, sull'autobus del ritorno, se ho i Pinguini Tattici Nucleari in cuffia e un raro sole negli occhi, mi scopro felice come non mai. Quando stacco, mi dirigo verso un posto – un appartamento in zona Porta Nuova, con altri tre coinquilini sconosciuti fino a settembre – che chiamo già “casa”. Ho letto poco; forse guardato meno ancora. Immagino che, quest'anno, sia stato troppo impegnato a vivere. Ma, benché distrattissimo, sono tra coloro che si ricordano di onorare festività, ricorrenze e compleanni. Oggi, miei cari superstiti, il blog compie undici anni. Non posso promettere nulla: maggiore costanza soprattutto. Ho già il lavoro e la sveglia a impormi spietate tabelle di marcia. Voglio che questa resti la mia ora d'aria, il mio giardino felice. Incoltivato, forse, ma felice sempre. Come da tradizione, lascio in coda le mie top (ahimè, saranno Top 5) di romanzi, serie TV e film, ma vorrei tantissimo che mi raccontaste di voi. Un abbraccio e grazie per la compagnia.







5. Tasmania: Il mondo va a rotoli? Mi trasferisco con l'ultimo Paolo Giordano. 
4. Spatriati: E' il vincitore del Premio Strega. E racconta di due meridionali in fuga da loro stessi, nel medesimo anno in cui mi sono “spatriato” anch'io. 
3. La città dei vivi: Brividi di orrore e bellezza nell'ultimo Lagioia. Se fossimo noi le vittime del prossimo caso di cronaca nera? Se fossimo, soprattutto, i colpevoli?
2. Dove sei, mondo bello: Il mondo bello è ora e qui, tra le pagine di Sally Rooney. La voce più vera della nostra generazione.
1. Patria: La tragedia delle guerre intestine in una saga familiare indimenticabile. Non è un romanzo: è un'esperienza umana.








5. The Fabelmans: I ricordi, le famiglie (in)felici, il cinema. Spielberg non smette di regalarci magie.
4. Cha Cha Real Smooth: Avete superato i venticinque, siete tornati all'ovile, vi innamorate di persone al di fuori della vostra portata? Non siete soli. Una commedia in puro stile Sundance, scritta diretta e recitata da un giovane prodigio (classe 1997).
3. Spencer/Blonde: Gli anti-biopic dell'anno. Horror psicologici al femminile: cupi, metaforici, asfissianti. Stewart e De Armas, principesse di un castello di sogni e orrori, entrambe da Oscar.
2. Pinocchio: Questa visione mi ha scavato un buco in petto. E, da allora, ci vive dentro un grillo parlante. Guillermo Del Toro al suo meglio.
1. Everything Everywhere All at Once: Pagare le tasse? Che avventura. Un viaggio nei multiversi del cuore, folle e coloratissimo, sulle migrazioni vere e figurate di una famiglia cinese in America. Segnatevelo: ai prossimi Oscar vincerà tutto.









5. Heartstopper: L'insostenibile leggerezza di essere adolescente e innamorato. I cuoricini si scioglieranno come Polaretti in un congelatore in panne.
4. Stranger Things – Stagione 4: Troppo teen, troppo inflazionata, troppo commerciale? Sarà. Ma la serie dei Duffer Brothers non sbaglia un colpo e sforna momenti cult.
3. The Staircase/Landscapers/Pam & Tommy: Storie d'amori tossici, storie vere, storie nere. Quando la realtà supera l'immaginazione e agli attori, in stato di grazia, tocca cambiare pelle.
2. Euphoria – Stagione 2: Zendaya che scappa per non finire in rehab, Sydney Sweeney che si strugge allo specchio, Eric Dane che balla un lento in un bar gay. Nel mondo della serialità ci sarà sempre un “prima” e un “dopo” Euphoria.
1. This is us – Stagione conclusiva: L'ultimo treno di Rebecca Pearson e di una famiglia che non dimenticheremo. Grazie per questi sei anni di lacrime. Ci hanno fatto sentire più umani, e più vivi.