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Bad Man, di Dathan Auerbach. Sperling &
Kupfer, € 18,90, pp. 394|
Un'immagine
come tante se ne vedono, in fila alle casse del supermercato. Un
bambino che fa i capricci perché deve usare il bagno d'urgenza, un
fratello maggiore che lo asseconda pur perdendo le staffe, gli altri
acquirenti che di sottecchi guardano e giudicano gli schiamazzi del
primo e la mancata pazienza del secondo. Eppure, quando il piccolo
Eric scompare come in un gioco di prestigio, mai uscito dalla
toilette, tutti sembrano guardare altrove. La norma, nei paesi di
provincia che hanno tutto da nascondere. La norma nei romanzi di
genere, soprattutto se prendono in prestito da Stephen King – metro
di paragone per antonomasia – le comunità omertose, i luoghi quotidiani trasformati in scenari da incubo,
gli adolescenti insicuri e solitari chiamati a scoprire strada
facendo verità, amicizia, coscienza di sé. Come in It,
perciò, ci sono facce di bambini scomparsi che tappezzano i pali
della luce e sopravvissuti che cercano affannosamente, senza darsi pace. Se lì una tragedia indicibile colpiva tra capo e collo
Bill, il più popolare e integrato tra quegli indimenticabili
Perdenti, qui il protagonista è invece Ben: quasi omonimo, eppure
agli antipodi per via dei chili di troppo – centodieci – e di una
gamba che lo sorregge a fatica. Ha abbandonato la scuola quando
costretto a ripetere nuovamente l'anno, rappresenta una spina nel
fianco per le forze dell'ordine a causa di un desiderio di giustizia
a confine con l'ossessione, divide una casa che non possono più
permettersi con un padre e una matrigna che lo accusano tacitamente
dell'accaduto. Gli ci vorrebbe una via di fuga, gli ci vorrebbe un
lavoro – con lo stipendio, i colleghi ciarlieri, l'indipendenza che
comporta. L'amaro paradosso? Trovarlo, dopo tanto cercare, proprio
nel supermercato in cui la fine della sua famiglia ha avuto inizio.
Come magazziniere, di notte. Tra le nebbie della cella frigorifera, i
sospiri profondi del condizionatore guasto e una pressa mortale già
protagonista di diversi incidenti sul lavoro, le corsie desolate
ospitano un direttore che spia tutto; rinoceronti di peluche e
simboli enigmatici scorti d'un tratto ovunque; scatole impilate con
attenzione certosina lì dove avevamo lasciato invece il nostro
disordine. Eric, o quel che ne resta, ha mai varcato le porte
automatiche? Sempre dubbioso e in allerta, Ben e i suoi nuovi amici –
Marty e Frank, spalle comiche a cui subito si vuol bene – si
improvvisano investigatori e collezionano sospetti. Qualcuno,
tuttavia, vorrebbe sabotarli: forze paranormali, o un'ombra senza
volto che magari di giorno è un insospettabile cliente del
supermercato?
Ed
è questo che è la speranza in realtà. Un anestetico […] Non
risolve nulla: si limita ad anestetizzare e rassicurare, finché non
riesce a sacrificare i disperati sull'altare della sua fiamma
brillante. E, mentre la speranza ci conforta, diventa sempre più
facile dimenticare che anch'essa era contenuta nel vaso di Pandora. È
l'unico orrore che non sia stato liberato nel mondo quando il vaso è
stato scoperchiamo. E l'unico orrore che vive dentro di noi.
Dici
creepypasta – quello il background di un esordiente tutt'altro che
alle prime armi, ma nato e cresciuto in rete –, dici omaggio a
Stephen King – quello l'imprinting letterario –, e questo Bad
Man rischieresti purtroppo di sottovalutarlo, subodorando
un'amatorialità che non c'è. Bastano infatti poche pagine per dirsi
conquistati dal dramma di un personaggio ai margini, da
un'ambientazione anni Ottanta accennata appena col buon gusto di chi
non ha intenzione di cavalcare l'onda di una retromania venuta presto
a nausea, da una vividezza espressiva che durante la lettura
restituisce lo spasso del cameratismo e il disgusto delle macabre
scoperte. I difetti arrivano soltanto poi, e non si può dire che
nella seconda metà non rovinino un romanzo partito sotto i migliori
auspici. Quattrocento pagine sono troppe per un esordio ai confini
della realtà. La suspance e la curiosità scemano per forza di cose
e, accumulando indizi e colpi di scena alla rinfusa, sembra
inevitabile un finale non all'altezza del mistero di partenza. Il
cadavere rinvenuto nel prologo, perfino l'uomo cattivo del titolo:
chi sono, alla fine dei conti? Perché abbandonare il supermercato,
scenario originalissimo, per dedicarsi a boschi alla luce della luna,
scuole in stato di abbandono e altri luoghi comuni? Alcuni, allora, sembrano
buchi narrativi veri e propri, altri spunti su cui arrovellarsi il
cervello sfogliando Bad Man all'incontrario, altre porte da
lasciare socchiuse per il seguito che qualcuno ipotizza. Dathan
Auerbach ha preso lezioni dal migliore, e dal Re ha tratto brividi
grandi e piccoli, tutto il calore della solidarietà maschile, il
male in incognito. A malincuore, però, anche la verbosità di cui
sono vittima le ultime cento pagine; ne risentono i ritmi sempre più
dilatati, così, e la curiosità di lettori sempre più disattenti,
se guidati da un esordiente tanto capace di dipingere scene
orrorifiche quanto impacciato a gestire meccanismi male oleati. Gioco
bello ma che dura troppo, e che forse da qualche parte è ancora in
corso. Partita a nascondino con sorpresa – forse ancora aperta –,
in cui chi conta si confonde con chi cerca, o viceversa.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: The Clash – Lost in the Supermarket
Ciao :-) Grazie per essere passata a trovarmi, è bello tornare nel mondo dei bookblogger!
RispondiEliminaAhimè non ho mai letto niente del maestro dell'horror, ho solo sempre visto le trasposizioni cinematografiche, ma prima o poi mi cimenterò, anzi, da quale mi consigli di partire, da "It"?
In questo caso invece anche la Sperling forse avrebbe potuto lavorare un po' di più sul romanzo dell'esordiente. 400 pagine non sono poche, ma da quello che racconti forse bisognerebbe dargli un'altra possibilità!
Ciao, Chiaretta! Ti consiglierei di partire da qualcosa per abituarti, ad esempio Misery, un classicone. 😊
EliminaCiao Mik! grazie e ben ritrovato! una storia interessante quella che racconti qui, me lo segno mi hai incuriosito un po'..;D
RispondiEliminaFa decisamente per te, anzi, per noi!
EliminaBellissima recensione, e il libro finisce subito tra quello di cui aspettare l’edizione economica :D
RispondiEliminaGrazie, Kate! La Pickwick, di solito, non si fa attendere molto. 😉
EliminaL'ambientazione al supermercato è di certo interessantissima!
RispondiEliminaNon compreremo mai più tonno in scatola e pasta allo stesso modo. 😅
EliminaLa morte non risparmia niente e nessuno! L'orrore al supermercato mi attira. Nessun luogo è un rifugio sicuro. Prendo nota :)
RispondiEliminaEsorcismi contro le cassiere scortesi, presto, presto!
EliminaNi. Tre stelline sono poche per rischiare, anche se fino a metà recensione ero tentata. Potrei leggere mezzo libro!
RispondiEliminaLea
Sarebbe perfetto, e allora sì che non avrebbe macchie!
EliminaConsiderando che in genere preferisco gli imitatori di Stephen King al vero King, mi sa tanto che potrei apprezzarlo più di te...
RispondiElimina(Sei blasfemo ma) lo penso anch'io!
EliminaAnch’io, come la mia socia, fino a metà recensione ero convinta di volerlo leggere, ma l’ultima metà mi perplime. Che faccio?
RispondiEliminaOnestamente? Aspettate notizie, anche dall'America, se di ritrovare Dathan in libreria prestissimo magari non se ne parla. Voglio capire cos'altro ha in cantiere, se riprenderà in mano questo Uomo nero. Così, nonostante i pro, mi è mancato il disegno complessivo, e ne sono uscito frustrato.
EliminaNon voglio scendere in tecnicismi letterari in quanto non all' altezza di simili critiche.Quello che voglio dire da lettore è che la figura di Ben mi ha veramente appassionato, ho tifato per lui e francamente non meritava di morire, ma di vedere coronati i suoi sforzi di riportare a casa il fratellino. Sono per gli happy end
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