La
vendetta è un piatto da servire freddo. E il cuoco è tornato.
Titolo:
Fine turno
Autore:
Stephen King
Editore:
Sperling & Kupfer
Numero
di pagine: 478
Prezzo:
€ 19,90
Sinossi:
In
un gelido lunedì di gennaio, Bill Hodges si è alzato presto per
andare dal medico. Il dolore lo assilla da un po' e ha deciso di
sapere da dove viene. Ma evidentemente non è ancora arrivato il
momento: mentre aspetta pazientemente il suo turno, infatti, Bill
riceve la telefonata di un vecchio collega che chiede il suo aiuto, e
quello della socia Holly Gibney. Ha pensato a loro perché
l'apparente caso di omicidio-suicidio che si è trovato per le mani
ha qualcosa di sconvolgente: le due vittime sono Martine Stover e sua
madre. Martine era rimasta completamente paralizzata nel massacro
della Mercedes del 2009. Il killer, Brady Hartsfield, sembra voler
finire il lavoro iniziato sette anni prima dalla camera 217
dell'ospedale dove tutti pensavano che sopravvivesse in stato
vegetativo. Mentre invece la diabolica mente dell'Assassino della
Mercedes non solo è vigile, ma ha acquisito poteri inimmaginabili,
tanto distruttivi da mettere in pericolo l'intera città. Ancora una
volta, Bill Hodges e Holly Gibney devono trovare un modo per fermare
il mostro dotato di forza sovrannaturale. E a Hodges non basteranno
l'intelligenza e il cuore. In gioco, c'è la sua anima. Dopo "Mr.
Mercedes" e "Chi perde paga", King ha scritto il
capitolo conclusivo della sua trilogia poliziesca, nella quale
l'autore, come ci ha ormai abituato, combina il suo senso della
suspense con uno sguardo lucidissimo sulla fragilità umana. Dalla
trilogia di Bill Hodges sarà tratta una miniserie TV diretta da Jack
Bender.
La recensione
Dieci giorni
fa, sulla via del ritorno dopo l'ultimo esame della triennale, miravo
e rimiravo il mio libretto universitario ormai pieno e la copia nuova
di pacca dell'ultimo Stephen King arrivato in libreria. Mi sono
regalato sempre un suo romanzo, quasi tre anni fa, all'indomani del
primo esame: quando conservavo gelosamente il mio unico cedolino compilato, chiamavo a casa per dirmi sopravvissuto all'ansia e, alla
Mondadori accanto alla stazione, mi coccolavo a modo mio acquistando
l'attesissimo Doctor Sleep. Tutto torna: il Re di sicuro.
Allora c'erano un Danny cresciuto, l'indimenticato Overlook Hotel,
nuove insidie per chi ha il dono raro della “luccicanza”. Ora,
benché si parli di conoscenze assai più recenti, il tempestivo
rientro e l'inevitabile congedo di Bill Hodges e della sua
straordinaria squadra di collaboratori: puntualmente, arrivato
Halloween, la trilogia iniziata con Mr. Mercedes giunge
a conclusione. Degna?,
mi domandavo, leggendo Fine Turno con
la stesura della tesi in corso d'opera e l'acqua alla gola. I presupposti
facevano pensare di sì.
Il
romanzo precedente seminava nel finale
dubbi, mine vaganti e speranze di vendetta. Il subdolo Brady
Hartsfield, ridotto a un vegetale, non era un
guscio vuoto: le infermiere giuravano che fosse in grado di muovere
gli oggetti col pensiero. La verità, o il giovane ma famigerato
Brady era già leggenda metropolitana? Le battute finali di Chi
perde paga, paragonabili allo
sguardo in camera del mostro in un film dell'orrore, assicuravano che
c'era vita nella camera 217. Fine Turno,
da patti, segna la svolta paranormale all'interno di un hard boiled
vecchio stile: al ritmo secco e incalzante, al linguaggio da sbirri
a tempo indeterminato, si affiancano quindi le doti telecinetiche di
Carrie e le tecnologie
infernali di un Cell.
Hartsfield, dalla sua camera d'ospedale linda e pinta, muove come
burattini i suoi tirapiedi e mette a punto, non visto, ennesime
carneficine. I sopravvissuti alla strage della fiera del lavoro
stanno morendo uno ad uno: gli apparenti suicidi, giustificati da una
salute precaria e da traumi incancellabili. C'è qualcosa che stona però: una “Z” tracciata sui luoghi del crimine e la misteriosa
presenza di console portatili: quegli Zappit ritirati d'urgenza dal
mercato per i loro effetti collaterali. Alla Finders Keepers si
indaga, e non si crede alle coincidenze di cui parla chi di dovere:
Bill Hodges, con i settant'anni a un passo e un corpo che dà le
definitive avvisaglie di cedimento, è convinto ci sia lo zampino del
genio del male che, sette anni prima, lo stuzzicò fino a portarlo
sull'orlo del baratro. Come accettare l'evenienza di
possessioni, poteri e occultismo? Come far sì che la Polizia
realizzi che ci sia lo stesso ispiratore dietro una catena di suicidi
a distanza, e per di più vincolato nel reparto di neurologia? Come credere all'esistenza del soprannaturale, se ne hai viste di cotte e
di crude, non hai più l'età per allargare i tuoi orizzonti e, da
fruitore di gialli in versione tascabile, poco ti convincono le
contaminazioni di genere? Ampliando un po' il contesto, durante la
lettura, mi ronzavano in testa le stesse esatte domande che
tormentano l'ispettore in pensione.
Se i miei
occhi brillavano di eccitazione all'idea di imminenti risvolti
fantastici, riposto il secondo capitolo, l'entusiasmo è
andato scemando a metà di questo Fine Turno.
Emotivamente e stilisticamente perfetto, ma il più debole dei tre
nell'ordito. E io, che leggo King con gli occhi dell'amore,
sofferente al pensiero di fargli le pulci, questa volta so cogliere
anche le cause della mia parziale frustrazione. Tutta colpa del
redivivo Brady Hartsfield che, infame e irresistibile, era forse il personaggio che
maggiormente aspettavo di incrociare ancora: nell'affermazione, tocca
includere i suoi metodi discutibili e i suoi tirapiedi incoscienti;
la vendetta trasverzale, invece, è sempre un movente convincente.
Nei favolosi capitoli dedicati al suo progressivo risveglio, capiamo
che quel paziente temuto e trascurato si è prestato suo malgrado
come cavia: il medico curante l'ha
imbottito di pillole all'avanguardia, poco interessato alle sue
sorti, e forse gli effetti collaterali, forse la sua naturale
malvagità, hanno predisposto la sua mente all'imponderabile. Uscendo
fuori di sé, fa il suo molesto ingresso in corpi ospiti da manovrare
alla stregua di burattini senza volontà. Il mio ma: l'autore non si
limita a suggerirci di prendere così com'è la virata oltre i
“confini della realtà”, ma si dà a spiegazioni meticolose e
approfondite su suggestioni, messaggi subliminali, ipnosi, che
saranno sì documentate, ma ai fini dell'intreccio suonano macchinose
e ridondanti.
La copertina, bellissima, allude ai pesci guizzanti e
sfuggenti che compaiono sulla videata iniziale degli Zappit: gli
emissari dell'antagonista, ubbidienti, hanno distribuito a un vasto
campionario di adolescenti le console e, da lì, ammaliarli con
suggerimenti melliflui e seducenti spie luminose. Stephen King vuole
dare fondamento e credibilità alle soluzioni di Brady, qui
personaggio assai sottotono. Vuole dirci, brillante affabulatore qual è,
che non siamo nell'ambito di competenza dell'irreale, bensì di
scienze tecnologiche che hanno risaputi pro e inquietanti contro. I
giovani ingobbiti su smartphone e portatili, incantati dalle promesse
illusorie dello schermo luminoso; menti elastiche ma fragili, spinte
al punto di rottura. Su di me, inconvincibile scettico, la
argomentazioni per dimostrare quanto di vero e quanto di inventato ci
fosse, purtroppo, non hanno fatto presa; mi sarei fatto andare a
genio il paranormale, che in King è una presenza tutt'altro che
inconsueta, senza le speculazioni di sorta – e situazioni, e
personaggi, nello stile di Uomini che odiano le donne.
Di conseguenza, ho detto addio a questo Brady vagante e incorporeo,
per cui eppure ho sempre avuto parole lusinghiere e superlativi
assoluti, senza tanto entusiasmo; al contrario, infinita simpatia e
affetto per una vecchia volpe che compensa con l'emozione a un
ultimo caso che lascia, dunque, a desiderare. Fine Turno ha
al comando un King divertito, schietto, agile quanto mai, che scivola
talora nel già visto e in spiegoni non necessari. Troppo irrequieto
ed esuberante per essere inflessibile giallista, rimanda purtroppo
l'anello debole della sua trilogia alla fine, ma ci lascia in pegno
protagonisti al loro meglio: una adorabile Holly, che ha vinto la sua
pazza misantropia; un Jerome, con sorella infortunata a casa, passato
da giardiniere su commissione a erudito, aitante benefattore; Bill e
Pete, colleghi divisi dal pensionamento anticipato del primo,
finalmente sullo stesso piano per anni di servizio, acciacchi grandi
e piccoli, curiosità sempiterna.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Dire Straits – Private Investigations