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sabato 8 settembre 2018

Mr. Ciak: Resta con me, Tully, Disobedience, Chiudi gli occhi, In Darkness

La protagonista di Colpa delle stelle incontra il protagonista di Io prima di te: sembrerebbero d'obbligo i finali tragici, le lacrime. Insieme, infatti, conoscono un oceano che Pacifico lo è soltanto di nome e tutta la violenza dell'urgano Raymond. Che li spazza via, ma non li spezza. Feriti e disperati, andranno alla deriva per più di un mese. In Resta con me, cronaca romanzata della loro storia d'amore e sopravvivenza, i giorni sembrano però passare troppo in fretta, senza peso. Ci si nutre, ci si guarisce, ci si protegge con un sentimento che sa essere totalizzante senza per fortuna risultare stucchevole. Dotato della struttura strategica delle bambole russe e bilanciato con misura, con un taglio classico che non disegna tuttavia un colpo di scena finale, il film con la coppia di richiamo nel cast non rischia di risultare memorabile né nella parte melodrammatica né in quella catastrofica, benché discreto in entrambe. All'appello: le immagini spettacolari e spaventose della Tempesta perfetta, il viaggio come ricerca di sé del metaforico Vita di Pi, la solitaria ode alla resilienza di Cast Away. Novella Robinson Crusoe, Shailene Woodley tiene il timone del tutto con l'intensità di cui a sorpresa la avevo scoperta capace ai tempi della leucemia e dell'adolescenza in sala; Sam Claflin, nuovamente ferito e inservibile, si lascia invece salvare da un'altra donna con il polso di ferro. Resta con me non insegue onde alte o lidi mai esplorati prima. Ma non spiace, eppure, gettare l'ancora e ammainare per un po' le vele. Se alla tempesta, anche a quella aizzata del già visto, c'è qualcosa di buono che resiste: puntando i piedi contro tutti i luoghi comuni di sorta e le altre correnti avverse. (6)

Ah, le gioie della maternità. L'indimenticabile Juno, troppo saggia per diventare ragazza madre senza arte né parte, nel finale del miglior Reitman rinunciava a malincuore a quelle ma anche ai dolori che scoprirsi genitori comporta. A farci una rapida rassegna di questi ultimi, nel ritorno in sala del figlio d'arte, è una Charlize Theron splendida anche con venti chili di troppo, già irrequieta Peter Pan in Young Adult. Mamma di due bambini, ha rinunciato al sonno, al sesso e all'amor proprio in vista di un terzo neonato: la crisi di nervi è dietro l'angolo. Ci si ritrova infatti a rimpiangere il bel fisico dei tempi andati, la vita da single, perfino i fraintendimenti con una coinquilina rivista al bar; a non sopportare più un marito menefreghista, incantato dai videogiochi. Quello che le ci vorrebbe in regalo: una tata sui generis come Mackenzie Davis. Bussa alla sua porta, una notte, e assicura sia lì per aiutarla. Ha inizio allora un gioco di ruoli, di riflessi, con cenni di situazioni tanto surreali quanto amare. Chi è, cos'è, Tully? Né un'odierna Mary Poppins, né una stalker da home invasion, né una mitica sirena. Né un dramma, né una commedia. Un altro nome di donna, piuttosto. Un altro dialogo intergenerazionale a opera della solita Diablo Cody, che poco graffia, anche se fa piacere riscoprirla in forma dopo una serie di passi falsi. Squadra vincente non si cambia, se all'insegna di un intrattenimento lieve ma di qualità. Questa volta ne nasce una bambina capricciosa, che vorrebbe stare sveglia fino a tardi per poi ammalarsi di invidia, di rimpianti. La rabboniscono le cure di un regista dalla sensibilità spiccata e un cast raccolto. Le augura una serena notte una chiusa agrodolce, dopo una svolta mai messa in conto, che non fa chiudere la sua serata in un pianto isterico, né la nostra in una delusione evitata senza salti mortali. (7)

La pecora nera che torna, i pregiudizi della comunità che l'ha messa al bando, la scoperta di come tutto sia cambiato mentre lei era impegnata a diventare una lanciata fotografa. I suoi migliori amici si sono sposati tra loro. Da bambini s'intuisce fossero un trio affiatatissimo: lui diventato un giovane rabbino e lei, molto più che una compagna di scuola, etero se l'ebraismo non consente altrimenti. Rachel Weisz incontra di nuovo Rachel McAdams e, nonostante tutto, s'innamorano da capo. In due ore rubano aria, risate, baci profondi. Vivono una seconda adolescenza, tra amore e fede. Soprattutto, il loro diritto a essere donne. La Weisz apre infatti vecchie ferite, occhi appannati dal velo del perbenismo e questioni lasciate in sospeso su un volo per gli Stati Uniti. Al vertice del loro triangolo sentimentale, un barbuto Alessandro Nivola che a sorpresa spicca per intensità: marito e amico tra l'incudine e il martello, con una relazione e una promozione improvvisamente in forse. A raccontarceli è il cileno Sebastian Lelio, che sceglie la disobbedienza nel titolo ma qui, intanto, non sovverte le regole: algido e delicato, fin troppo, in un dramma al femminile a cui mancano i guizzi poetici che gli hanno valso un meritato Oscar per Una donna fantastica. Scopre l'America, ma non si perde né migliora, anche se stilisticamente Disobedience è un passo indietro. Spento, monocromatico, piatto in superficie, nasconde lo stesso cuore bello del ventoso La terra di Dio; un intero mondo di passioni sotterranee, sconquassato piano dalle riflessioni su un libero arbitrio affrontato a voce alta, ora in teoria e ora in pratica. (7)

L'amore è cieco, dicono. Cosa succederebbe se riprendesse a vederci? Emergerebbero le crepe e i difetti. E un'ottima Blake Lively, forse, si accorgerebbe che c'è del marcio nel marito Jason Clarke. Sono sposati da un po' e vorrebbero un figlio. Lei cieca in seguito a un incidente automobilistico, lui suo fedele custode. Un'operazione andata a buon fine, fra l'ammaliante Bangkok e una Spagna a luci rosse, restituisce alla protagonista la vista all'occhio destro. Da lì un taglio di capelli radicale, vestiti nuovi e una nuova casa, la tentazione del tradimento. Ma anche la diffidenza, le paranoie, bugie grandi e piccole quando il rapporto con un marito messo da parte minaccia di incrinarsi. Melodramma coniugale dagli spunti assai verisimili e vestito ingannevolmente da thriller negli spot pubblicitari, il cosmopolita All I See is You in Italia diventa Chiudi gli occhi. In realtà si parla dell'esatto contrario: di aprirli, gli occhi; di scoprire traumi familiari, indecisioni coniugali, la sessualità nella sua pienezza. La Lively, lasciato il bastone e il braccio di Clarke, vorrebbe vivere indipendente, curiosa, erotica: l'ammaliante regia dell'ondivago Marc Forster ce ne suggerisce lo stupore e le percezioni, la liquidità. Peccato che il consorte geloso abbia piani alternativi. Tremendamente ben fatto, purtroppo, il film è per il resto un ibrido confuso e brancolante. La sceneggiatura si accartoccia in fretta su sé stessa, risultando perfino noiosa nella confusione del finale, rendendo vano il risveglio di Gina. Facendo sì che la sua apertura al mondo, con un pizzico di rammarico per l'occasione persa, si scordi a occhi e sipario chiusi. (5,5)

Belle, famose, non vedenti per copione: anche Natalie Dormer si aggiunge alla schiera di giovani dive in pericolo con gli occhiali scuri, il bastone da passeggio e più di qualche scheletro nell'armadio. La solitaria Sofia vive a Londra, compone colonne sonore e ha come vicina di casa un'altra donna bella e impossibile: Emily Ratajkowski, figlia di uno spietato dittatore con innumerevoli nemici. Il soggiorno della star di Instagram sul set dura poco: cade dal secondo piano, e la polizia parla di suicidio. Ma Sofia, al piano di sotto, ha sentito qualcosa di sospetto. Perché, eppure, sembra covare tra sé e sé sentimenti ambigui e non informa gli agenti nell'immediato? Thriller elegante e laccato, diretto con inaspettata classe dal compagno di una Dormer qui anche co-sceneggiatrice, In Darkness è un teatro delle ombre con una sottile sottotrama politica e garbugli un po' confusi di doppi o tripli giochi. Sul ritmo perfetto di un metronomo, così, tenta di inanellare una lunga serie di colpi di scena: alcuni andati a buon fine, altri meno. Se poco convincono i personaggi affatto limpidi del galante sicario Ed Srkein e di Joely Richardson, femme fatale in là con gli anni, a rimediare agli errori è un personaggio principale che ha stoffa da vendere: un background doloroso suggerito con intelligenza, un'interprete con abbastanza carisma da bucare lo schermo, un titolo che cela una doppiezza di significato. Nel buio della coscienza, infatti, si perde la via del bene peggio che in quello della cecità. Benché impegnati a farsi ipnotizzare dalle pose di Natalie Dormer, nel nostro caso, no: in In Darness non procediamo alla cieca. (6,5)

12 commenti:

  1. Sui film che ho visto direi che siamo decisamente d'accordo.
    Resta con me survival già visto, che non emoziona e non coinvolge del tutto, ma con cui si salpa con piacere. E il problema è proprio che un film potenzialmente strappalacrime come questo doveva essere più devastante e meno piacevole...

    Tully mi ha lasciato un po' perplesso all'inizio, ma poi quando entra in scena Mackenzie Davis il film decolla e ancora una volta mi sono ritrovato in pieno nello stile di Diablo Cody. La sua penna è sempre in formissima!

    Curiosamente questi due film, per quanto molto diversi, condividono un colpo di scena parecchio simile.

    In Disobedience è vero che la regia di Sebastian Lelio non brilla in maniera particolare, però per fortuna le due protagoniste compensano abbondantemente. :)

    I film sulle due accecate stranamente, considerati i cast, non li ho ancora visti. Se quello con Blake sembra evitabile, l'altro dopo la tua promozione devo proprio vedermelo.
    Un film con Natalie Dormer ed Emily Ratajkowski... cosa diavolo sto aspettando a correre a guardarlo? XD

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    1. Blake, nonostante dimostri ancora una volta di essere bella e brava in parti uguali, purtroppo è penalizzata molto dalla sceneggiatura confusa.
      Meglio la Dormer, per me antipaticissima, con un regista (e un compagno) che sa giocare bene con la macchina da presa e i luoghi comuni. ;)

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  2. Non ne ho visto nemmeno uno, ma Resta con me mi attirava, con le dovute cautele di film drammaticone. Se è un po' meno drammaticone non mi spiace. Il trittico di protagoniste femminili mi crea sentimenti contrastanti devo dire. In ogni caso dalle tue recensioni niente brilla, quindi...

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    1. In questo periodo, no, difficile trovare qualcosa che brilli, anche se il duo McAdams-Weisz merita a scatola chiuso.
      Vai tranquillo con Resta con me: poca melassa, zero lacrime.

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  3. A questo giro non ne ho visto ancora nessuno, quest'anno sono un po' indietro con alcune visioni, perchè sto tentando di recuperarne altre.

    Due avevo intenzione di vedere: Resta con me a questo punto non penso lo guarderò, già da prima mi dava l'idea di aver poco di interessante, le poche recensioni che ho letto me lo confermano. Tully invece lo guarderò a breve, questo sicuramente.

    In darkness me lo segno come possibile visione, ma non mi strapperò le vesti per guardarlo ecco.

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  4. Mi incuriosiscono gli ultimi due ma il tuo parere mi fa un po' desistere. Il primo proprio no, non ho voglia di storie strappa lacrime. Non avevo mai sentito invece "Tully", lo guarderò!

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    1. Ti consiglio in particolare In Darness.
      Il susseguirsi di colpi di scena, nel finale, sarà anche scarsamente plausibile, ma è molto, molto letterario. ;)

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  5. Resta con me e Disobedience sono in attesa di visione, mentre felice che Tully ti abbia convinto. Non so se l'essere donna, e l'essermi ritrovata un po' nella giovane Tully ma anche nelle paure di un'adulta Theron abbiano fatto la differenza nel farmelo amare di più.
    Le bellezze senza vista, invece, anche no, che sono rimasta indietro con le nuove uscite e ci sono priorità.

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    1. Reitman, checché se ne dica, a me piace davvero sempre: avevo trovato adorabile A Labor Day, un film minore (chiamalo minore, poi, con la coppia Winslet-Brolin in grande spolvero).
      Aspetto il tuo parere sui naufraghi e le Rachel innamorate, allora, anche se penso che saremo d'accordo facile.

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  6. dunque da questa lista prendo Tully e In Darkness XD

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