Ciao,
amici! Oggi, recensione "in coppia" per la duologia di Daniel
Glattauer: Le ho mai raccontato del vento del Nord e La
settima onda. Una lettura bella e inaspettata, per coloro che
vogliono qualcosa di diverso, ma autentico. Ho apprezzato moltissimo
il primo, leggermente di meno il secondo: e perché? A lungo andare,
l'impostazione mi è sembrata monotona, quindi vi lascio con un
consiglio. Non leggeteli, come ho fatto io, tutti di seguito. Aspettate un
attimo. Vedrete che sarà un piacere ritrovare due vecchie
conoscenze come Emmi e Leo. Un abbraccio. M.
Scrivere è come baciare, ma senza le labbra. Scrivere è come baciare, ma con la mente.
Scrivere è come baciare, ma senza le labbra. Scrivere è come baciare, ma con la mente.
Autore:
Daniel Glattauer
Numero
di pagine: 192
Prezzo:
€ 8,50
Editore:
Feltrinelli – Universale Economica
Il
mio voto: ★★★★½
Sinossi:
Un'email
all'indirizzo sbagliato e tra due perfetti sconosciuti scatta la
scintilla. Come in una favola moderna, dopo aver superato l'impaccio
iniziale, tra Emmi Rothner - 34 anni, sposa e madre irreprensibile
dei due figli del marito - e Leo Leike - psicolinguista reduce
dall'ennesimo fallimento sentimentale - si instaura un'amicizia
giocosa, segnata dalla complicità e da stoccate di ironia reciproca,
e destinata ben presto a evolvere in un sentimento ben più potente,
che rischia di travolgere entrambi. Romanzo d'amore epistolare
dell'era Internet, "Le ho mai raccontato del vento del Nord"
descrive la nascita di un legame intenso, di una relazione che coppia
non è, ma lo diventa virtualmente. Un rapporto di questo tipo potrà
mai sopravvivere a un vero incontro?
Titolo:
La settima onda
Autore:
Daniel Glattauer
Numero
di pagine: 190
Prezzo:
€ 8,00
Editore:
Feltrinelli – Universale Economica
Il
mio voto: ★★★
Sinossi:
Emmi
e Leo: per chi ancora non li conosce, sono i protagonisti di un amore
virtuale appassionante, che ha vissuto ogni sorta di emozione, a
parte quella dell'incontro vero. Sì, perché dopo quasi due anni,
Leo ha deciso di tagliare definitivamente i ponti con Emmi e partire
per Boston, per ricominciare una nuova vita. Emmi non si dà però
per vinta, e riesce nell'impresa di riallacciare i rapporti con Leo.
Mentre lei è ancora felicemente sposata con Bernhard, per Leo in
nove mesi le cose sono cambiate, eccome: in America ha conosciuto
Pamela e finalmente ha iniziato la storia d'amore che ha sempre
sognato. Si sa, però, l'apparenza inganna. Ritornano le schermaglie
via e-mail che hanno tenuto col fiato sospeso i lettori di "Le
ho mai raccontato del vento del Nord", e anche stavolta
promettono scintille.
La recensione
“Quanti
anni ha? Com'è fatta? Non ne ho idea. Tra i 30 e i 40. Bionda,
castana, oppure rossa. Mi scuote nel profondo, mi emoziona, a volte
vorrei mandarla a quel paese, ma altrettanto volentieri me la vado a
riprendere. Ho bisogno che sia nei paraggi.”
Come
Theodore e Samantha, i protagonisti viaggiano su dimensioni
parallele. La tecnologia li unisce, li fa chiacchierare a cuore
aperto, ma quella lontananza elettronica è una barriera
insormontabile. Vivono nella stessa città, ma non conosco il loro
reciproco aspetto fisico: solo parole in chat, voci timide sussurrate
nella segreteria telefonica. L'esordio di Daniel Glatteur è un Her
in una dimensione possibile, ma fantascientifico neanche un po'.
Come Jesse e Celine, i narratori sono un uomo e una donna che vengono
da pianeti diversi. Giurano di incontrarsi in un caffè, un anno, il
successivo e l'altro ancora. Si promettono amore eterno, ma qualcuno
si presenterà davvero a quel fatidico appuntamento ai tavolini di un
bar affollato? Avranno la forza di guardarsi in faccia? C'erano Prima
dell'alba, Prima del tramonto, Prima della mezzanotte: vent'anni,
tre film, due amanti invecchiati sotto gli occhi del regista Richard
Linklater. A questo scrittore austriaco - che io ero testardamente
convinto fosse francese e che immaginavo attorniato da due affiatati
attori dalla regale cadenza british - bastano due libricini:
quattrocento pagine. Infine, testardi e ciechi, migliori amici e
confidenti, innamorati ed egocentrici, ci sono gli Emma e Dexter di
Un giorno e, dove soffia un
ventaccio che fa restare svegli, giusto al di là del mare, ecco
spuntare Leo ed Emmi. Conoscevo quei due personaggi da dieci pagine e
già mi andavano a genio: mi facevano pensare naturalmente a coppie
irresistibili del cinema e della letteratura contemporanea, ed era
cosa buona e giusta. Non sapevo com'erano fatti, eppure li avrei
riconosciuti in un incontro al buio. Loro si conoscono per errore.
Come quando, chissà perché, c'è un gioco strano di indici e
anulari e, in una frase battuata al computer, ecco spuntare una
lettera di troppo. Una cosa che non va. Leo è l'errore di Emmi. Lo
conosce un po' per il gioco del destino, un po' per la rivalità tra
due delle nostre dita preferite: l'anulare, dove va la fede nuziale;
l'indice, con cui additiamo – sin dall'asilo nido – quello che ci
piace o non ci piace. Si fanno gli auguri di Natale per email, si
punzecchiano, e chiacchierano, chiacchierano, chiacchierano.
Leo, un professore
universitario, vive di parole e di ex ragazze che vanno e vengono.
Emmi, progettatrice di siti Internet, ha un pianoforte in camera da
letto e un marito, due figli e un gatto al piano di sopra. La
duologia del sorprendente Daniel Glattauer è un originale monologo
in forma epistolare che diventa dialogo.
Parlare, per loro, tra loro,
è come parlare all'orecchio della coscienza. Le previsioni meteo: le
tirano in ballo quando, bambini, girano intorno a un argomento
importante. I segreti dell'altro sesso: giocano ad indovinarli. Le
sveglie, abolite: si addormentano con il portatile accanto e, al
mattino, è l'arrivo di una nuova email a destarli; un trillo che fa
brillare loro gli occhi. Si danno il buon giorno e la buona notte. Si
sognano intensamente. Pensieri fissi; pensieri erotici. Fare l'amore
con una sconosciuta, al buio, bendati, come in un film di Bertolucci.
Il loro sentimento telematico è costruito per bene nell'arco di due
romanzi che ho letto d'un fiato. Li confondo. Non so dove finisca
l'uno e inizi l'altro, giuro. Vediamo... Passano dal “lei” al
“tu”. Dalla galanteria attempata al linguaggio di sempre. Da
creature senza tempo, conoscono anche loro la quotidianità: la noia,
il ripensamento, il rimpianto, l'instabilità. Quelle prime
dichiarazioni alla Jane Austen, quasi, cedono il passo a
conversazioni per punti in cui si dimentica a casa la poesia, ma non
l'esistenza dell'altro. Redigono liste interminabili: lei usa i
numeri, lui le lettere. Nel primo, lei glielo chiede: le ho
mai raccontato del vento del Nord?
Soffia fuori dalla sua finestra, e non si riesce a dormire, quand'è così. Il consiglio di Leo, tempestivo, è provare a coricarsi obliquamente. E come fare, poi, con la lampada? A Emmi serve per leggere, e senza leggere non riesce a prendere sonno. Lui le invia una prolunga, per scherzo, in formato doc: ci sono regali e regali. Nel secondo, allontanandosi, hanno cercato invano di dirsi addio. Emmi, in un luogo esotico e distante, sente gli abitanti del posto parlare di un'onda leggendaria, la settima, che è la più alta. Mangia la riva, contrasta l'acqua cheta, ti porta su. Arriverà mai? I due capitoli della loro relazione epistolare hanno uno stile che riconosceresti a colpo sicuro. Un realismo che, quando lo trovi, crea scintille di magia. Le loro conversazioni sono irriverenti, sagge, maliziose, dinamiche: terapia di coppia gratuita di una... non-coppia. Fanno ridere e fanno arrabbiare. Il romanzo ti tocca, tu provi a toccare il romanzo. A entrarci dentro. A raggiungerli e ghermirli, per far cozzare forte le loro teste dure: Vi piacete, ragazzi. Dai, datevi una mossa. Coraggio! Questo, forse, è il problema di La settima onda: averlo letto subito, mi ha reso intollerante nei confronti delle tante schermaglie che, sommate a quelle buffissime del precedente, sembravano ininterrotte. Io cracco i codici nascosti. Hackero i loro pensieri. Li ammanetto con il mouse, li lego a quel cordoncino che li incatena alla tastiera. Il laptop è una bocca spalancata in uno sproloquio da canaglia. I tasti sono i denti. E, da qualche parte, ci sarà anche un passaggio segreto che porta all'esile perfezione di Le ho mai raccontato del vento del Nord. Daniel Glattauer, con una sensibilità da fuoriclasse, ti fa credere a quello che leggi: carismatico affabulatore. Innaffia il romanticismo con whisky (per Emmi) e vino rosso (per Leo) e, anziché sulla scena del crimine del coma etilico, ti porta a osservare la proverbiale cecità dell'amore. Avete mai visto quei disegni che si compongono con le sole lettere dell'alfabeto, o anche con i numeri – perché l'arte mette pace tra la letteratura e la matematica? Piogge torrenziali di codici e sigle alla Matrix?
Ditemi di sì. Chiudete l'occhio destro, poi il sinistro. Vedete? Formano le sagome di un lui e di una lei. Alla fine, pare si bacino. Con le parole. Con le labbra.
Soffia fuori dalla sua finestra, e non si riesce a dormire, quand'è così. Il consiglio di Leo, tempestivo, è provare a coricarsi obliquamente. E come fare, poi, con la lampada? A Emmi serve per leggere, e senza leggere non riesce a prendere sonno. Lui le invia una prolunga, per scherzo, in formato doc: ci sono regali e regali. Nel secondo, allontanandosi, hanno cercato invano di dirsi addio. Emmi, in un luogo esotico e distante, sente gli abitanti del posto parlare di un'onda leggendaria, la settima, che è la più alta. Mangia la riva, contrasta l'acqua cheta, ti porta su. Arriverà mai? I due capitoli della loro relazione epistolare hanno uno stile che riconosceresti a colpo sicuro. Un realismo che, quando lo trovi, crea scintille di magia. Le loro conversazioni sono irriverenti, sagge, maliziose, dinamiche: terapia di coppia gratuita di una... non-coppia. Fanno ridere e fanno arrabbiare. Il romanzo ti tocca, tu provi a toccare il romanzo. A entrarci dentro. A raggiungerli e ghermirli, per far cozzare forte le loro teste dure: Vi piacete, ragazzi. Dai, datevi una mossa. Coraggio! Questo, forse, è il problema di La settima onda: averlo letto subito, mi ha reso intollerante nei confronti delle tante schermaglie che, sommate a quelle buffissime del precedente, sembravano ininterrotte. Io cracco i codici nascosti. Hackero i loro pensieri. Li ammanetto con il mouse, li lego a quel cordoncino che li incatena alla tastiera. Il laptop è una bocca spalancata in uno sproloquio da canaglia. I tasti sono i denti. E, da qualche parte, ci sarà anche un passaggio segreto che porta all'esile perfezione di Le ho mai raccontato del vento del Nord. Daniel Glattauer, con una sensibilità da fuoriclasse, ti fa credere a quello che leggi: carismatico affabulatore. Innaffia il romanticismo con whisky (per Emmi) e vino rosso (per Leo) e, anziché sulla scena del crimine del coma etilico, ti porta a osservare la proverbiale cecità dell'amore. Avete mai visto quei disegni che si compongono con le sole lettere dell'alfabeto, o anche con i numeri – perché l'arte mette pace tra la letteratura e la matematica? Piogge torrenziali di codici e sigle alla Matrix?
Ditemi di sì. Chiudete l'occhio destro, poi il sinistro. Vedete? Formano le sagome di un lui e di una lei. Alla fine, pare si bacino. Con le parole. Con le labbra.
Il
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