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Lux, di Eleonora Marangoni. Neri Pozza, € 17, pp. 250 |
All'inizio
c'è: la sensazione che la fascetta in copertina stia dichiarando il
falso. Immersi nella lettura di uno dei dodici titoli candidati al
Premio Strega, infatti, si ha l'impressione di leggere in traduzione
italiana un romanzo straniero. Sicuri che l'esordiente Eleonora
Marangoni, nuovo ingresso nella prestigiosa scuderia Neri Pozza, sia nostra connazionale? Che quella lingua sfavillante e calorosa,
tutt'uno con le ambientazioni esotiche e le suggestioni del realismo
magico, non abbia nessuna parentela con l'aplomb britannico o le
festose armonie caraibiche? La nota biografica non mente. L'autrice,
italianissima nonostante la formazione parigina, è vicina a noi ma
promette di portarci lontano grazie alle suggestioni sparse della sua
opera prima. La meta: un'isola rocciosa, a forma di punto e virgola,
fra i flutti del Mediterraneo. È così piccola, così malsicura, che
gli avventori si domandano se sia possibile che da un momento
all'altro affondi. All'ombra di un vulcano sopito, dei segreti dei
baobab e degli scherzi dei ruscelli, sorge l'Hotel Zelda: un po'
tempio consacrato alla nostalgia, un po' mercato del baratto, è un
posto che farebbe la gioia dei robivecchi di ogni dove; si arriva
pesanti, ma a casa si torna alleggeriti. Cosa non fanno lo iodio, che
mette sempre appetito, le terrazze con vista mare e le chicche degli
arredi shabby chic? Quel paradiso apparteneva alla buon'anima di zio
Valentino, giramondo eccentrico e senza eredi, ma dal giorno della
sua scomparsa è ufficialmente sul mercato immobiliare. In attesa di
prendere accordi con il nuovo proprietario, atteso per l'indomani,
allo Zelda si incontrano dipendenti affaccendati e villeggianti.
Possono prendere tutti un souvenir, hanno carta bianca, prima di dire addio
al soggiorno.
Ma
laggiù, tra quelle valli e la loro gente, “mai” non era una
minaccia: era una promessa e aveva dentro qualcosa di dolcissimo. A
saperlo guardare, “mai” era più bello di “sempre”. Era la
stessa identica cosa, solo vista dall'altra parte del mare.
Ci
sono gli strani Gero e Bembo, un custode e un tuttofare poco pratici
con le richieste dei continentali; la memorabile Agave, prostituta dall'animo nobile; Gugliemo Gandini, di mestiere
scrittore, con un cognome che riecheggia il personaggio di Fante
e una lista ormai polverosa di successi sentimentali e lavorativi;
Olivia, biologa marina al settimo mese di gravidanza, che in seguito
all'ennesimo cuore infranto ha smesso di credere ai fatti prodigiosi
dei romanzi di Marquez. Nella stanza 555, la migliore, dorme sonni
incerti Thomas G. Edwards: sopravvissuto a mamma e padre, facoltoso
ma insoddisfatto, ha ereditato l'immobile dallo zio ma ha scelto
all'istante di lavarsene le mani. Chiamato a sbrigare le ultime
questioni burocratiche, nella confusione generale degli atti di
proprietà e in quella delle chincaglierie stipate alla rinfusa, non
ha viaggiato da solo – con lui ci sono la fidanzata Ottie e il
figlio Martin, scoraggiati presto dalla presenza di serpenti, meduse
urticanti, nuvole acciambellate in salotto – ma fra sé e sé
avrebbe desiderato un'altra compagnia. Ogni amore ha la sua
stagione, tuttavia, e quella di Thomas e Sophie, la sua storica ex, è finita: non si sentono da sette anni, ma agli imbarchi
entrambi guardano ancora le porte automatiche dell'aeroporto sperando
di vedere apparire l'altro.
Parlare
di nuovo in quella lingua gli dava la sensazione di camminare verso
una casa in cui non metteva piede da tempo ma di cui ricordava ogni
dettaglio. Quando era piccolo voleva sempre parlare in inglese,
l'italiano gli pareva inutile, gli pesava, ed ecco che adesso quasi
lo commuoveva. Forse perché intravedeva sua madre dentro le parole,
dietro agli aggettivi, ed era la prima volta che gli capitava da
quando lei non c'era più. “A presto”, disse, anche se non
pensava sarebbe mai tornato.
Il
protagonista deve avere uniformato il suo carattere uggioso ai climi
londinesi, ma sull'isola appartenuta al ramo materno – quello più
propenso alla magia, al senso del meraviglioso – le cose, le case,
sono infuse di luce. In fretta, così, Thomas ricorda il suono della
lingua italiana e le emozioni provate. Per un uomo assetato
d'assoluto cos'ha da offrire il vicino ruscello oltre le sue chiare,
fresche e dolci acque? Sulla scia di
L'imperfetta meraviglia
e del recente Benevolenza cosmica,
Lux è una commedia surreale dal respiro classico e dall'eleganza signorile. Racconta
poco, intrattiene a tratti, ma ha uno stile che incanta: sarà che la
morale – a proposito dell'arte del riuso, del reinventarsi daccapo
– invita per una volta a preferire il bello all'utile, il caos
all'ordine prestabilito. Mi ha ricordato un certo cinema francese.
Colto con leggerezza, raffinatissimo senza farsene un vanto, è irto
di difficoltà ma sa mascherarlo con una grazia
squisitamente femminile. Tralasciando lo strascico superfluo delle
ultime cinquanta pagine, gira infatti tremendamente a vuoto ma sa misteriosamente come non annoiare mai.
Cerchiamo
nei libri quello che non capiamo dalla vita, e nella vita quello che
leggiamo nei libri. Forse è questa, la nostra condanna
all'infelicità: cercare risposte e trovare solo commozione.
Non a caso tanto
rivela il mestiere di Thomas, che a Londra è un architetto molto
particolare: non saggia la solidità delle case, infatti, ma progetta abbinamenti e danze di luci. Un lavoro
forse inservibile per chi è abituato a sporcarsi le mani, a
sbracciarsi, a preferire la pratica all'arte. Simili potrebbero allora essere,
lecite ma per me non condivisibili, le sensazioni davanti al romanzo
di Eleonora: una riflessione esistenzialista sul tempo e sui sentimenti,
sulla ricerca della propria identità, che con gentilezza arriva
anche a chi, come il protagonista, si sentiva a torto già pienamente
sé stesso. Gli ospiti
dell'hotel torneranno cambiati per sempre nell'intimo e lo stesso, in fondo, non
mi sento di promettere agli aspiranti lettori. Ma se le cose
deliziose possono davvero salvare il mondo, lezione preziosissima, Lux
e i suoi bagagli di piccole gioie sono un pregevole passo
verso la soluzione.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Franco Battiato – La stagione dell'amore
Lo leggerò certamente anche io. Devo prima smaltire qualche cartaceo 😊😊
RispondiEliminaSpero ti piacerà altrettanto!
EliminaNon conoscevo questo libro che trovo estremamente interessante. Grazie per la recensione ;)
RispondiEliminaGrazie a te, Simi!
EliminaLo leggerò, ma con calma. Ciao da Lea
RispondiEliminaPenso che ti piacerà, ma con calma. :)
EliminaNon avevo dato molto spazio a questo libro, nel senso che pur avendolo notato nel catalogo neri pozza, non mi aveva attirato... Mi sa che dovrò tornare sui miei passi ^_^
RispondiEliminaStessa cosa, ma dal momento che mi sono prefissato di leggere qualcuno dei titoli allo Strega... Meglio così!
EliminaCiao!
RispondiEliminaLo metto in lista e ci penso con calma.
Ero più per il no, ma leggere il tuo parere mi fa sovente cambiare idea! 😂
Buin fine settimana, ciao. Marina
Ciao Marina! Provaci, dai!
EliminaPrendo nota e anche io lo leggerò :)
RispondiEliminaEcco, nel tuo caso lo vedo proprio perfetto!
EliminaHai per caso detto realismo magico? °__°
RispondiEliminaMi sa tanto che questo libro non fa per niente per me...
Un giorno mi spiegherai cosa hai contro il genere... 😂
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