Si
dice che la sincerità sia il fondamento di ogni relazione che
si rispetti. Che si parli d'amore o d'amicizia, non importa. I
rapporti interpersonali, davanti al non detto, scricchiolano. Senza bugie di mezzo, però,
che divertimento ci sarebbe al cospetto di una commedia nera che di amori – bugiardi – e amicizie – insincere – parla? Alle prese con le migliori prove delle loro carriere, sempre in bilico fra
ilarità e disperazione, Christina Applegate e Linda Cardellini sono
agguerrite per farsi strada durante la stagione dei premi.
Hanno personaggi finalmente sfaccettati e il supporto di una
sceneggiatura brillante che, nel segno della solidarietà femminile,
celebra la rivincita delle mogli nell'ombra e di attrici
ridotte troppo a lungo a ruoli di supporto – anche se, nel caso
della Cardellini, il 2019 può dirsi un anno davvero fortunato:
compagna prima di Viggo Mortensen in Green Book, poi di Jeremy
Renner in Avengers: Endgame, ha preso parte ai maggiori
successi del botteghino. Una agente immobiliare con due figli a carico, l'altra pittrice stremata
per l'ennesimo aborto, si conoscono in un gruppo di supporto dove servono pessimo caffè. Passano presto al vino rosso,
alla maggiore confidenza del tu, in una splendida villa con piscina. Ma c'è poco da invidiarle: la Applegate, ossessionata dal senso di
colpa, cerca infatti giustizia per il marito falciato da un pirata della
strada. Chi guidava a velocità folle un'introvabile auto d'epoca?
Perché, soprattutto, un padre di famiglia dovrebbe uscire a
correre all'una del mattino? Ritmi esilaranti, dialoghi al
vetriolo e toni indovinati sono i trucchi segreti di una novità
Netflix che misteriosamente sa come non eccedere né sul versante del
grottesco, né su quello delle leggerezza. Tutt'altro che innovativo
ma d'alti livelli, Dead to me schiera
sin dall'episodio introduttivo colpi di scena a raffica e mezze
verità, anche a rischio di andare incontro a un finale più telefonato del resto. La commedia con qualcosa in più eccede, diverte, ma si
lascia prendere assolutamente sul serio: il merito spetta all'impegno
del cast, che poco ha a che spartire con il trash di Desperate
Housewives, e alla premiata
accoppiata Ferrell-McKay fra i produttori esecutivi. Non meritava la
nostra fiducia, su carta, eppure si classifica in silenzio come la vera sorpresa della prima parte dell'anno: per soffrire meno la fervente attesa di
Big Little Lies, così, ecco a voi un
rimedio in pillole già pronto all'uso. (7+)
I
primi due episodi, diretti dalla mano eccezionale di Alfonso
Gomez-Rejon, erano così stilosi da lasciare ben sperare. Con le sue
immagini curatissime e tanta attenzione nella descrizione di una
comunità indiana ai margini degli Stati Uniti, Chambers univa
le visioni di David Lynch alle atmosfere indie del cinema di Andrea
Arnold. O così, a torto, sembrava. La storia è quella rivista e
corretta di The Eye.
In seguito a un trapianto d'urgenza – questa volta di cuore –,
un'adolescente irrequieta eredita segreti e lati oscuri della
ragazza che, morendo, le ha salvato la vita.
L'opportunità le regala presto l'iscrizione a una scuola di lusso e
la frequentazione di una famiglia in lutto. Cos'è successo alla sfortunata Becky?
Cosa cercano di rivelarle il suo spettro, e il suo cuore? Dieci episodi
di un'ora son tanti. Se i primi affascinano, gli altri –
con un'antipatica nemesi femminile a metà fra Hannah Baker e Alison
DiLaurentis – si trasformano in un monotono teen drama che tradisce
il brivido per le schermaglie fra liceali; la possessione demoniaca
per un'abusata setta di santoni new age,
con una schiera di adepti più o meno sospettabili fra le proprie fila. La serie, con a
carico spunti interessanti e ambientazioni originali, è vittima del troppo. Troppi nodi mai sciolti, oltre che troppe
puntate. Troppa carne al fuoco. La scarsità di buone
idee viene mascherata con la ridondanza, con la
confusione. E il finale, aperto in vista di un prosieguo che vedo
quanto mai difficile, nega soluzioni, offrendo soltanto stranezze
aggiunte. Restano impressi il viso insolito di Sivan Alyra Rose,
protagonista esordiente su cui scommetterei i miei
soldi; il glamour di una coppia di cinquantenni bellissimi e
bravissimi, composta da Tony Goldwyn e Uma Thurman – quest'ultima
particolarmente intensa nel ruolo di una mamma inconsapevole,
sull'orlo del collasso. A fine visione resta la sensazione delle occasioni perse,
simili per frustrazione a un trapianto non andato a buon fine. Di
Chambers, infatti,
mi è venuto il rigetto strada facendo. E sul petto, nell'agenda delle serie
spuntate, spunta una cicatrice a forma di delusione. (5,5)
Non ne conosco nessuno di questi telefilm, ma l'ultimo sembra davvero interessante :)
RispondiEliminap.s: sono curiosa di scoprire se Lux sarà di tuo gradimento :) lo leggerò presto anche io :)
Lux gira a vuoto, ma lo fa con gran mestiere. Ne parlo lunedì!
EliminaMi avete fatto abbattere i pregiudizi su Dead to me, la credevo una comedy innocente e passabile, vedrò di iniziarla domani.
RispondiEliminaChambers l'avevo scartata sempre per pregiudizi -troppo teen, troppo seriosa- e almeno stavolta c'ho preso.
Dead to me ha colto in contropiede anche me. Ho capito in fretta, per fortuna, di che pasta fosse fatta. :)
EliminaNon li conoscevo, ma Dead to me non sembra affatto male. Io, al momento, sto seguendo la miniserie Chernobyl, che è bellissima, e The spanish princess per il trash in costume.
RispondiEliminaChernobyl, nonostante la pesantezza del tema, ispira!
EliminaDead to Me caruccia, anche se non mi ha convinto in pieno come te... sarà forse proprio perché non eccede, e questo è un pregio come un limite, o per quel finale un po' telefonato.
RispondiEliminaGrande anno davvero per Linda Cardellini, qui parecchio brava!
Di Chambers sono a circa metà, ma insomma, pure per me è più una delusione che altro. Bene a livello registico, per il resto è un meh.
Passati i primi due episodi, purtroppo, anche la regia mi ha fatto un po' pena...
EliminaHo visto un altro blog che Dead to me lo ha bocciato ma tu lo consigli... ok mi fido di te ahahahahh
RispondiEliminaVai!
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