Aprile, presto per darsi ai bilanci. Eppure posso affermare in tutta sicurezza che questa resterà
la serie più rappresentativa di quest’anno. La migliore?
Lo dirà il tempo. Chi si sarebbe aspettato un paio di mesi fa che
avremmo vissuto questo? L’allarmismo, la quarantena, la pandemia.
Il 2020 è un anno surreale, di cambiamenti spaventosi e lunghi
strascichi. Mentre siamo chiusi in casa, costretti all’immobilismo
per la nostra stessa sicurezza, non ci rendiamo conto che il
Corona Virus avrà conseguenze per cui non esiste vaccino. L’economia
e la politica si risolleveranno? Qualcuno avrà tempo per dare una
chance al mio futuro, in forse già da prima? Impossibile non sentire riecheggiare le domande che incalzano in questa coproduzione HBO: giunta in Italia in
sordina, è illuminante e premonitoria. Perché le insicurezze
della famiglia Lyons, inquadrata tra la Brexit e il 2030, sono anche
le nostre. Come ci tocca il divenire del mondo, come ci stravolge? Il
notiziario annuncia l’elezione di Emma Thompson,
politica di estrema destra che sembra una Trump in tailleur.
Durante le rimpatriate, tra compleanni, matrimoni e funerali, i Lyons
saranno partecipi di bollettini di guerra, evoluzioni
scientifiche, involuzioni umane. C’è Stephen, bancario che perde tutto per un investimento sbagliato;
Rosy, che non si lascia scoraggiare dal proprio handicap; Daniel, che s’innamora di un clandestino e s’imbarca nell'odissea vissuta dai
migranti. Infine Edith, reporter, che pur di
denunciare si avvicina a una verità dagli effetti radioattivi. Radunati alla tavola della matriarca,
i Lyons sono ciò di cui abbiamo bisogno in tempi disperati. A
volte si fanno volere bene come i personaggi di This is us. Altre ci preoccupano, con
intuizioni plausibili e invenzioni degne di Black Mirror. Non tutta le tecnologia viene per nuocere. Gli
smartphone, un giorno, combatteranno le rivoluzioni
al posto delle armi. La memoria digitale è miracolosa, ma quella del
cuore di più. Dove saremo tra cent'anni? Morti e sepolti. Dove
saremo domani, finita la pandemia. A casa delle nostre nonne. Ad
abbracciarci, a brindare, a spettegolare. Years and Years insegna tanto. Ma specialmente che tutto passa, compreso
l’irreparabile, ma che noi no, noi non passiamo. (9)
Mae,
canadese in trasferta nel Regno Unito, vuole sfondare nella stand-up
comedy. Della classe della collega Mrs. Maisel, però,
ha poco. Elfo dalla bellezza androgina e dall’impettinabile ciuffo
biondo, la comica aspirante ha un aspetto un po’ buffo e una
sensibilità da maneggiare con cura. Vitale, insicura, fragilissima,
sa farsi volere bene e biasimare. Si rifugia infatti per comodità in
relazioni di conforto e, dopo una scarsa conoscenza, pretende già il per
sempre. Ma come può amare il prossimo se non ama abbastanza sé
stessa? L’ultima fiamma è George, una maestra alle prese
con la prima relazione omosessuale. Benché vivano insieme, la
ragazza oppone un’iniziale resistenza a uscire dall’armadio. A
fare outing con amici e parenti. La comprensibile vaghezza di George
gonfierà a dismisura le paturnie di Mae. Che gioca con i tiri e
molla. Che si disintossica dalla droga e infine ci ricasca: o così
crede, davanti alla tentazione dello stordimento. Feel Good parla
di sessualità, identità di genere, amore, dipendenza da cose e/o
persone. Il tutto, con l’insostenibile leggerezza promessa dal
titolo. Dramedy a tinte arcobaleno dal basso profilo, vive dei locali
fumosi frequentati da cabarettisti e altri brutti ceffi; personaggi
divertenti incontrati al gruppo dei narcotici anonimi; genitori
lontani che si connettono dal Canada su Skype soltanto per la
mitragliata di battute sardoniche pronunciate a raffica dall’adorata
mamma Lisa Kudrow. Grazie alla formula consolidata delle
produzioni britanniche – bello tornare a rifugiarvisi dopo le gioie
fugaci di Crashing e Derry Girls –, Feel Good non
fa la voce grossa per spiccare e rischia un po’ di perdersi sul
menù affollato di Netflix. Peccato. Perché ha uno stile già
riconoscile, riflessioni dalla portata universale e numerose affinità
con un’altra mina vagante, Fleabag: auguro a Mae Martin –
sceneggiatrice e interprete, proprio come Phoebe – lo stesso successo. (7)
L'anno scorso Years & Years se l'è dovuta vedere con Euphoria e delle stagioni niente male, quindi il podio da me l'ha sfiorato, ma capisco che vista oggi in cui sembra ancora più profetica, conquisti di più. Grazie Black Mirror per aver generato figli così!
RispondiEliminaFeel Good nonostante le buone premesse non mi ha fatto stare troppo bene, l'ho trovato troppo abbozzato in alcuni punti e le stand-up non così riuscite. Ammetto però che le aspettative hanno avuto la loro parte.
Grazie Black Mirror, anche se ormai ti sei appannato.
EliminaE che peccato.
Non ne conosco nessuno, ma sembrano molto interessanti ☺️☺️
RispondiEliminaConsigliatissime!
EliminaYears and Years l'ho finita ieri ed è una bella botta, soprattutto dal finale del quarto episodio in poi. Una serie profetica, ma alla fine più ottimista rispetto alla realtà: quello che lì si verifica in un decennio, nel mondo si è verificato in poche settimana, e ancora peggio...
RispondiEliminaI personaggi non mi hanno conquistato quanto quelli di This Is Us, ma il contorno è davvero notevole.
Feel Good incuriosisce per il confronto con Fleabag, riuscirà a reggerlo?
Però quelli di This is us sono tutti buoni, tutti perfetti. Questi, al contrario, ogni tanto sono così umani da far spavento. Vedasi Stephen. Detestabile, ma io ho compreso bene le sue ragioni. Avrei covato lo stesso senso di ingiustizia, la stessa rabbia.
EliminaNon ti aspettare la novella Fleabag, no, però i toni sono di quelli che fanno stare bene.