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Addio fantasmi, di Nadia Terranova. Einaudi, € 17, pp. 202 |
Ci
sono romanzi che parlano di te. Degli scatoloni che non hai
disfatto, dei tuoi dolori. Quei romanzi di cui è impossibile
parlare senza mettersi personalmente in ballo. Per raccontarli,
infatti, ci vorrebbe una seduta psicoanalitica e non una recensione –
ci vorrebbe, per raccontarsi. Durante la lettura di uno dei
titoli finalisti allo scorso Premio Strega mi è successo di
commuovermi a scoppio ritardato. Di fare una cosa – ad esempio
lavarmi i denti –, e di ritrovarmi a pensare a tutt’altro. Quando
apri le porte alla malinconia, poi come la argini? Quando inviti i
fantasmi a entrare, poi come li scacci? Un pensiero tira
l’altro, e improvvisamente ti ritrovi con le lacrime agli occhi.
Nadia Terranova parla di tre cose che mi toccano: l’infanzia
in Sicilia, i traslochi, l’assenza. Con il rischio di far
sanguinare croste che credevo rimarginate da un po’. Ma ero
preparato all’evenienza, sono stato masochista: sentivo il bisogno
di pensare alla mia famiglia a soqquadro, in questi giorni di
quarantena, per sentirla di nuovo con me. È stato un dolore
necessario.
«Io
penso sempre alle cose che mi ricordo e pure a quelle di cui non ho
memoria: ho spazio anche per loro». «E te ne vanti? Ti intossichi,
non ti fa bene». «Non me ne sto vantando, dico come sono fatta».
Ida,
autrice radiofonica, ha il suo di dolore. Se lo tiene stretto, ci è
affezionata. L’ha resa quella che è oggi. Affascinante,
solipsistica, distante dagli altri. Sposata con Pietro, si sente
prigioniera degli sbadigli e dei non detti della routine coniugale.
Marito e moglie dormono di schiena, non hanno più voglia di
sfiorarsi, ma soltanto lui conosce i suoi incubi e le sue sofferenze;
i tentativi disperati di venire a capo dei segreti di famiglia. Senza
figli, senza amici, Ida torna in Sicilia dopo un’esistenza a Roma
che le ha cambiato naso, pelle, polmoni. La reclama lì sua madre:
tocca mettere in vendita casa Laquidara, aggiustare il tetto
pericolante per i futuri inquilini. Cosa vuole tenere Ida, di cosa
vuole liberarsi? Quel posto non è cambiato di una virgola. Le
cianfrusaglie non si buttano via, e ognuna di esse è legata a una
speranza frustrata. Sembra lo scenario di un film horror. Gli
oggetti, come posseduti da un’entità soprannaturale, non vogliono
essere spostati in quell’appartamento dalle pareti di burro. Su di
loro veglia l’anima del capofamiglia, scomparso ormai da decenni.
Un padre professore, fragile ma a suo modo dittatoriale, che ha reso
le sue donne schiave del suo abbandono; in competizione davanti ai
ricordi che sfuggono e ai sensi di colpa, al contrario, che incalzano
da sempre. Al ritorno nel Continente, niente sarà più lo stesso.
Dicono
che una madre dà tutto e non chiede niente; nessuno dice invece che
chiede tutto e da ciò che non chiediamo di avere.
La
Sicilia, lo so bene, è una terra di terremoti e miti greci. D’estate
si soffre la mancanza d’acqua. La siccità ha colpito anche il
cuore della protagonista, che compensa facendo sogni liquidi e pieni
di onde; che nega il dolore per vent’anni, limitandosi a guardare
le cose dall’esterno – in questo, mi ha ricordato la Lenù di
Elena Ferrante – o inventando storie di finzione. Tra passeggiate
nei luoghi dell’adolescenza e timide aperture al dolore degli altri
– l’amica Sara, il muratore Nikos, la famiglia evangelista
dell’appartamento di fronte –, Ida prende accordi per rimediare
al dislivello (letterale e metaforico) con il tetto dei vicini e
rimanda la riesumazione di una misteriosa scatola rossa, il cui
contenuto potrebbe farla scoppiare a piangere o a ridere. Ho pensato
a un’altra scatola, quella del paradosso del gatto di Schrodinger.
All’interno, l’animale è vivo o morto? Ci sono due possibilità,
tutte giuste, tutte sbagliate, e valgono anche per il destino di un
genitore sparito nel nulla. Il padre si è rifatto una vita altrove,
o se l’è tolta? Di tanto in tanto, eccolo comparire fra le pagine
sottoforma di un Ulisse dalle vesti stracciate e incrostate di
salsedine: un naufrago vittima di un’antica nostalgia.
Amiamo
le nostre ossessioni, e non si ama ciò che ci rende felici, al
contrario. Ci attacchiamo gli uni agli altri, e nessuno è fatto di
sostanze nobili.
Addio
fantasmi è un romanzo pieno di contegno e discrezione, freddo
all’apparenza. Mi ha preso per la gola ma non mi ha rubato il
cuore, anzi. Ha lasciato in me sensazioni contrastanti, simili a
quelle della Straniera di Claudia Durastanti. Ci sono pagine
splendidamente scritte, molte affinità con il mio privato – troppe
–, ma il risultato sarebbe stato migliore con qualche lungaggine in
meno; magari nel formato del racconto. Nadia Terranova allinea cimeli
da custodire e cose di cui liberarsi; aneddoti struggenti e altri
superflui. Infine, un po’ forzatamente, ricerca la morale della
storia. Un senso. Un messaggio di rinascita, veicolato in questo caso
da comprimari dal valore puramente strumentale. Il suo romanzo mi è
piaciuto a metà, eppure ha rimesso in moto meccanismi inconsci.
Nelle sue imperfezioni, sa essere coerente fino all’ultimo:
incompiuto, parla di un dolore incompiuto. E delle infiltrazioni di
quest’ultimo, in una famiglia dal tetto scoperchiato. Ma è anche
personale, liberatorio, catartico. Un romanzo di atmosfere sospese,
libri polverosi e orologi fermi. Ho regolato anche il mio, rimasto
all’ora solare, e attraverso Nadia ho lavorato a un necrologio
singolare. Quello di chi non ha mai detto addio, per paura di
scoprirsi solo senza il tormento dei propri fantasmi.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Elisa – Se piovesse il tuo nome
Particolare quando non sappiamo con esattezza se un romanzo ci sia piaciuto tantissimo oppure no. siamo consapevoli del fatto che molto ci è piaciuto ma molto altro no. Tengo sott'occhio questo libro da un po', solo che tu hai scritto "lungaggini di troppo" e mi fanno terribilmente paura!
RispondiEliminaSono pur sempre le lungaggini di un romanzo di 200 pagine, niente di che. Però qualche aneddoto, qualche incubo, lo avrei tolto. :)
EliminaMi è piaciuto questo libro, ne ho apprezzato il linguaggio intriso malinconico, intenso introspettivo, che mi ha lasciato guardare dentro i sentimenti, le paure, i limiti della protagonista.
RispondiEliminaDella protagonista, ma anche di noi stessi un po'.
EliminaHai ragione.
Come ti dicevo, c'è sempre stato qualcosa che mi abbia impedito di leggere ed approcciarmi a questa storia ☺️☺️☺️ magari in futuro cambierò idea ☺️☺️
RispondiEliminaDiciamo che sembra quasi non fiction. Poca trama, tante riflessioni, tutta scrittura. Non saprei a chi consigliarlo. Per ragioni personali mi ha toccato, ma senza entusiasmo.
EliminaSembra interessante. Magari più avanti...perché ora il mio presente è fagocitato da It, difficile pensare ad altro.
RispondiEliminaLea
P.S: Ho letto Uomini senza fede di Butler e mi è molto piaciuto, anche se scriverlo in questo modo non rende.
It, che impresa! Ti farà grande compagnia!
EliminaPS. Felice che ti sia piaciuto Butler. Io lo adoro, lo sai. Gli voglio proprio bene.
Un grande narratore Butler.
EliminaAssolutamente! Non vedo l'ora che ne scriva un altro. :)
EliminaSembra davvero molto interessante, oltre che emotivo. Magari più in là, quando la quarantena sarà finita...
RispondiEliminaDipende un po' da come ti vivi la quarantena. Nella malinconia, ci sto sguazzando.
EliminaNon essendo mai stato in Sicilia, ho il presentimento che potrebbe non toccarmi allo stesso modo. E se a te è piaciuto solo per metà, nel mio caso rischia di non piacermi per niente...
RispondiEliminaMarco, non è una guida turistica XD
EliminaNon mi è piaciuto, non mi ha emozionato, non mi ha lasciato nulla. E lo dico nonostante il romanzo sia ambientato nella mia città descritta con dovizia di particolari. La Terranova scrive bene ma, per quanto mi riguarda, non coinvolge. Sembra un esercizio di scrittura ben riuscito ma la composizione, parlo da musicista, é altro.
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