lunedì 9 marzo 2020

Recensione: L'esercizio, di Claudia Petrucci

| L’esercizio, di Claudia Petrucci. La nave di Teseo, € 18, pp. 333 |

La costruzione di un amore, cantava Fossati, spezza le vene delle mani. E quella di un'identità?
Potrei riassumere così la trama del romanzo d’esordio di Claudia Petrucci. A occhio e croce la lettura più singolare in cui mi imbatterò quest’anno. Non la più indimenticabile, forse, ma quella senza pari in quanto all’originalità dell’idea di partenza. Si parla di recitazione; dello spirito d’onnipotenza di certi registi, così presuntuosi da considerarsi Dio, e della fragilità degli interpreti. Coloro che calcano le scene per professione, infatti, sono esibizionisti dediti al culto di sé stessi o al contrario insicuri dal basso profilo? Sognerebbero di emergere o di scomparire, nascosti dietro ruoli di comodo?
Non ho mai pensato di recitare, troppo timido, ma la recitazione mi affascina: all’università avrei voluto scrivere una tesi sul metacinema, ma piccole divergenze con il relatore mi hanno fatto cambiare poi soggetto e disciplina. A colloquio nello studio dell’insegnante avevo nominato le star sulla soglia dell’abisso di Birdman, Viale del tramonto, Che fine ha fatto BabyJane; le attrici di La sera della prima, Eva contro Eva e Sils Maria, protagoniste di una retrocessione bruciante a causa dell’ingratitudine dello star system. Amo quando l’arte imita la vita. E quando la prima, con amara sorpresa, scatta contro l'altra per azzannarla alla gola e fagocitarla. La lettura di L’esercizio, in un mondo parallelo, avrebbe garantito spunti di riflessione infiniti per la tesi che non c’è stata.

Non soffro la mancanza di me come individuo, un concetto astratto e sommariamente privo di valore. Io che cosa sono? Mi costringono a pormi una domanda senza risposta. Di che cosa dovrei avere nostalgia? Dall’infanzia tremenda, della famiglia che non ho avuto? Io voglio quello che vogliono tutti: voglio dissolvermi.
Giorgia e Filippo convivono. Lei lavora come cassiera, lui fa il barista. Entrambi hanno rinunciato ai propri sogni: da un lato il teatro, messo da parte per la routine; dall’altro una laurea in lettere mandata alle ortiche. Filippo conosce la ragazza da capo a piedi, l’ha spogliata mille volte, ma la sua interiorità è un mistero di cui non sospetta nulla. 
Filippo fa parte della seconda vita di Giorgia. Che si rifugia nei romanzi fantascientifici, nell’ordine maniacale, nella quotidianità di una relazione da curare pur di non cadere vittima dei pensieri ingombrati e delle allucinazioni. La sua diagnosi segreta: schizofrenia paranoide. La coppia vive un’esistenza sacrificata, da vecchi, senza hobby né guizzi. Cosa succederebbe se lei – senza passato, con un amico regista che improvvisamente le propone uno spettacolo su Peter Pan – lasciasse d’un tratto le briglie? Ridotta in stato catatonico in un letto d’ospedale, la protagonista ha perso il filo tra realtà e immaginazione. Il ruolo l’ha posseduta come un demone dell’inferno. Da lì la svolta: un’idea abbastanza assurda da funzionare. Perché non riscriverne l’identità in forma di copione, in modo che recitando torni a impersonare sé stessa? A quattro mani ci lavoreranno Filippo, ridotto all’ombra del ragazzo che era, e il regista Mauro: guida fedele in un microcosmo fatto di competizione sfrenata, lunghe prove e figuranti radical chic.  Anzi, a ben vedere, in totale le mani son otto: meglio non dimenticare quelle dell’autrice, abilissime, che tirano imprevedibilmente i fili di un cast di personaggi da Oscar. La loro vita, strada facendo, diventa tutta una performance, mentre il dilemma morale li schiaccia; li percuote.

Non c’è nessuna distinzione tra quello che crediamo di conoscere e ciò che conosciamo: quello che crediamo di conoscere è tutto ciò che conosciamo.
La nuova Giorgia rimpiazzerà la vecchia? È giusto pensarla senza dolori, senza macchie – né troppo gentile né troppo sincera, né troppo provocante né troppo ambiziosa? Cos’è l’essenza di una persona: la somma matematica di come ci percepiamo e di come ci percepiscono? L’esperimento di scrittura creativa rischia di travalicare i confini del bene e del male, trasformando la ragazza in un novello mostro di Frankenstein.
L’esercizio è uno psicodramma romantico e sinistro, ben sviluppato e con ritmi da thriller. Nonostante lo stile mi abbia convinto a tratti – l’ho trovato un po' artefatto nelle parti narrative, a cui ho preferito l’energia dei dialoghi: perfetti per un’eventuale pièce –, incuriosiscono il senso d’ambiguità persistente e un erotismo appena suggerito. Addizionate la natura opportunistica dei rapporti interpersonali ai ruoli sottili ricoperti da attori, registi, spettatori inermi. Il risultato dell’esercizio è un’interessantissima metafora sul mestiere dell’artista. Sul potere della scrittura, che crea mondi e personaggi. E a volte, perfino, persone?
Il mio voto: ★★★½
Il mio consiglio musicale: Levante – Le mie mille me

10 commenti:

  1. Davvero molto interessante. Lo metterò nella lista dei libri da comprare o leggere.

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  2. Sembra davvero molto interessante. Vedrò di leggerlo anche io, presto o tardi ☺️☺️

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    1. Aspetto la tua analisi. Sicuramente troverai tantissimi spunti di riflessione!

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  3. Ciao Michele, in lista!, in lista!
    L'avevo letto su "Recensire il mondo" ed ora tu acuisci ulteriormente la curiosità con la tua recensione.
    Grazie come sempre x le tue analisi.
    Ciao, Marina

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  4. Sembra davvero interessante, anche questo finisce nella lista dei libri da recuperare, quando avrò lo spazio *^*

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    1. Sono contento, non lo avevate notato in molti. :)

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  5. L'avevo notato ma senza badarci granchè. E invece potrebbe essere una lettura interessante :)

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