martedì 17 marzo 2020

Recensione: I baffi, di Emmanuel Carrère

 
| I baffi, di Emmanuel Carrère. Adelphi, € 17, pp. 149 |

Un’osservazione su una certa pendenza del naso mai notata in precedenza. Un occhio storto da riallineare chirurgicamente per guardare il mondo alla maniera di tutti gli altri. I personaggi dei capolavori di Luigi Pirandello, maestri di arrovellamenti interiori e riflessioni profonde, scorgevano per la prima volta allo specchio magagne e difetti. E riflettevano sulla percezione di sé, sulla spersonalizzazione dell’uomo moderno, su fughe dalla realtà ora fisiche e ora metaforiche.
Iniziano sempre allo specchio, in bagno, le disavventure del protagonista senza nome del mio primo Carrère: un architetto in crisi – che tanto, tutto deve agli anti-eroi dello scrittore siciliano – alle prese con un cambiamento importante. Il taglio dei baffi. Come reagiranno la fidanzata, gli amici? Gli donerà il pallore sul labbro superiore? A sorpresa, a taglio avvenuto, nessuno sembra però accorgersi del nuovo look. Anzi, instillano nel protagonista un dubbio divorante: i baffi li ha mai portati? Da uno spunto curiosissimo prende avvio questo strano thriller dell’anima. Una lettura grottesca, sfuggente, che all’inizio affascina e poi lascia interdetti, man mano che i risvolti si fanno inquietanti. Il protagonista diventa sospettoso, aggressivo, delirante: al centro di una fantomatica cospirazione, punta il dito contro la compagna – una donna intrigante e spiritosa, amante degli scherzi di dubbio gusto – e i colleghi. È tutta una macchinazione di Agnés? È pazza? O forse il pazzo è lui, che fruga nell’immondizia, interroga i passanti, non ricorda né le vacanze né la foto sulla carta di identità? Con i comprimari che negano strenuamente la presenza dei vecchi baffi, dunque il suo passato, l’uomo – con cinquanta franchi in tasca e il passaporto arrabattato all’ultimo – punta a vivere una seconda vita come un epigono dell’indimenticabile Mattia Pascal.

Non era pazzo. Solo che nell’ordine del mondo si era verificato un guasto, insieme abominevole e discreto, che era sfuggito all’attenzione di tutti tranne che alla sua, e questo lo metteva nella posizione dell’unico testimone di un crimine, che in quanto tale va abbattuto.
Forse allegoria di una mente che si smarrisce, forse riflessione amareggiata su una convivenza amorosa che annulla l’individuo a favore della coppia, questo romanzo è un lungo forse. Ammetto di non averlo capito fino in fondo. In coscienza, ho chiesto aiuto anche alla trasposizione cinematografica diretta dallo stesso autore e arrivata in Italia con il titolo L’amore sospetto nel 2005: fedelissimo e altrettanto manierato, altrettanto algido, il film brilla per il fascino spiegazzato dell’attore Vincent Lindon e per la vorticosa colonna sonora di Philip Glass, ma si perde comunque nelle svolte rocambolesche della seconda metà. Tanto sullo schermo quanto sulle pagine, infatti, si ha la stessa sensazione: lo spunto si sarebbe prestato meglio a un racconto breve, a un cortometraggio. 
Per le donne sarà accaduto con un taglio di capelli troppo scalato. Per gli uomini con uno sgarbo del barbiere, magari un giovincello con la mano pesante. Un taglio netto, uno sfregio che scontenta e stravolge così il volto e l’autostima. Personalmente sono in guerra con i rasoi elettrici che si inceppano, fanno le bizze, strappano più del dovuto. Un po’ di peluria in viso, inutile negarlo, fa tantissimo. È un trucco per nascondere il mio naso grande, le mie labbra sottili, i miei zigomi sporgenti; un vezzo diffuso per illudersi di essere più affascinanti o semplicemente più adulti. Calcare la mano durante la rasatura non sarà più lo stesso, dopo Carrère: un incubo senz’altro interessante, ma vittima a malincuore della propria vanità. Non aspettavi spiegazioni o risoluzioni consolatorie. Né il romanzo né il film, molto lenti, costituiscono il classico intrattenimento sul filo del rasoio. Tocca soltanto abbandonarsi a questa escalation di violenza, lasciarsi stringere e soffocare dalle spire di una piccola vicenda delirante. Personalmente, in un momento storicamente sbagliato, ho opposto resistenza. Come all’idea di rivedermi allo specchio senza barba né baffi, dopo il trauma insuperato di qualche rasatura fa.
Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: Edith Piaf – Milord

10 commenti:

  1. A Carrère ci arrivo prima o poi.
    L'avversari ce l'ho in wishlist da una vita.

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    1. Ho fatto male a partire da questo, infatti.
      Ma temo che il suo stile non faccia troppo al caso mio, l'ho trovato un po' saccente.

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  2. Mi spiace per la delusione. Come ti dicevo, a me Carrère piace. Ma l'ho conosciuto con Limonov e poi amato con Un romanzo russo e L'avversario ☺️📖❤️

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  3. Ciao Michele, questo libro non mi ispirava prima e continua a non chiamarmi. Ho visto invece che stai leggendo "Storia di un matrimonio". Temo quel libro. Mi fa una paura tremenda. verrò a leggere il tuo pensiero

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    1. Ciao Baba! In realtà non ho aggiornato la lettura in corsa. Greer l'ho letto e recensito, trovi la recensione più sotto. :)

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  4. Non ho letto questo romanzo ma all'inizio della recensione pensavo di trovarmi davanti ad un mondo simile a quello di Pirandello, autore che apprezzo molto. Il tuo pensiero mi ha dissuaso nell'intraprendere la lettura, man mano che andavo avanti :3 Sembra che non abbia un filo conduttore ben delineato...

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    1. No, un delirio d'autore che, per quanto ben scritto, rompe in fretta le scatole!

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  5. Sembra troppo pirandelliano per me.
    Questo libro mi fa un baffo. :)

    E anche il film mi era del tutto sfuggito...

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