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I baffi, di Emmanuel Carrère. Adelphi, € 17, pp. 149
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Un’osservazione
su una certa pendenza del naso mai notata in precedenza. Un occhio
storto da riallineare chirurgicamente per guardare il mondo alla
maniera di tutti gli altri. I personaggi dei capolavori di Luigi
Pirandello, maestri di arrovellamenti interiori e riflessioni
profonde, scorgevano per la prima volta allo specchio magagne e
difetti. E riflettevano sulla percezione di sé, sulla
spersonalizzazione dell’uomo moderno, su fughe dalla realtà ora
fisiche e ora metaforiche.
Iniziano
sempre allo specchio, in bagno, le disavventure del protagonista
senza nome del mio primo Carrère: un architetto in crisi – che
tanto, tutto deve agli anti-eroi dello scrittore siciliano – alle
prese con un cambiamento importante. Il taglio dei baffi. Come
reagiranno la fidanzata, gli amici? Gli donerà il pallore sul labbro
superiore? A sorpresa, a taglio avvenuto, nessuno sembra però
accorgersi del nuovo look. Anzi, instillano nel protagonista un
dubbio divorante: i baffi li ha mai portati? Da uno spunto
curiosissimo prende avvio questo strano thriller dell’anima. Una
lettura grottesca, sfuggente, che all’inizio affascina e poi lascia
interdetti, man mano che i risvolti si fanno inquietanti. Il
protagonista diventa sospettoso, aggressivo, delirante: al centro di
una fantomatica cospirazione, punta il dito contro la compagna –
una donna intrigante e spiritosa, amante degli scherzi di dubbio
gusto – e i colleghi. È tutta una macchinazione di Agnés? È
pazza? O forse il pazzo è lui, che fruga nell’immondizia,
interroga i passanti, non ricorda né le vacanze né la foto sulla
carta di identità? Con i comprimari che negano strenuamente la
presenza dei vecchi baffi, dunque il suo passato, l’uomo – con
cinquanta franchi in tasca e il passaporto arrabattato all’ultimo –
punta a vivere una seconda vita come un epigono dell’indimenticabile
Mattia Pascal.
Non
era pazzo. Solo che nell’ordine del mondo si era verificato un
guasto, insieme abominevole e discreto, che era sfuggito
all’attenzione di tutti tranne che alla sua, e questo lo metteva
nella posizione dell’unico testimone di un crimine, che in quanto
tale va abbattuto.
Forse
allegoria di una mente che si smarrisce, forse riflessione
amareggiata su una convivenza amorosa che annulla l’individuo a
favore della coppia, questo romanzo è un lungo forse. Ammetto di non
averlo capito fino in fondo. In coscienza, ho chiesto aiuto anche
alla trasposizione cinematografica diretta dallo stesso autore e
arrivata in Italia con il titolo L’amore sospetto nel 2005:
fedelissimo e altrettanto manierato, altrettanto algido, il film
brilla per il fascino spiegazzato dell’attore Vincent Lindon e per
la vorticosa colonna sonora di Philip Glass, ma si perde comunque
nelle svolte rocambolesche della seconda metà. Tanto sullo schermo
quanto sulle pagine, infatti, si ha la stessa sensazione: lo spunto
si sarebbe prestato meglio a un racconto breve, a un cortometraggio.
Per
le donne sarà accaduto con un taglio di capelli troppo scalato. Per
gli uomini con uno sgarbo del barbiere, magari un giovincello con la
mano pesante. Un taglio netto, uno sfregio che scontenta e stravolge
così il volto e l’autostima. Personalmente sono in guerra con i
rasoi elettrici che si inceppano, fanno le bizze, strappano più del
dovuto. Un po’ di peluria in viso, inutile negarlo, fa tantissimo.
È un trucco per nascondere il mio naso grande, le mie labbra
sottili, i miei zigomi sporgenti; un vezzo diffuso per illudersi di
essere più affascinanti o semplicemente più adulti. Calcare la mano
durante la rasatura non sarà più lo stesso, dopo Carrère: un
incubo senz’altro interessante, ma vittima a malincuore della
propria vanità. Non aspettavi spiegazioni o risoluzioni
consolatorie. Né il romanzo né il film, molto lenti, costituiscono
il classico intrattenimento sul filo del rasoio. Tocca soltanto
abbandonarsi a questa escalation di violenza, lasciarsi stringere e
soffocare dalle spire di una piccola vicenda delirante.
Personalmente, in un momento storicamente sbagliato, ho opposto
resistenza. Come all’idea di rivedermi allo specchio senza barba né
baffi, dopo il trauma insuperato di qualche rasatura fa.
Il
mio voto: ★★½
Il
mio consiglio musicale: Edith Piaf – Milord
A Carrère ci arrivo prima o poi.
RispondiEliminaL'avversari ce l'ho in wishlist da una vita.
Ho fatto male a partire da questo, infatti.
EliminaMa temo che il suo stile non faccia troppo al caso mio, l'ho trovato un po' saccente.
Mi spiace per la delusione. Come ti dicevo, a me Carrère piace. Ma l'ho conosciuto con Limonov e poi amato con Un romanzo russo e L'avversario ☺️📖❤️
RispondiEliminaMagari, dài, riproverò!
EliminaCiao Michele, questo libro non mi ispirava prima e continua a non chiamarmi. Ho visto invece che stai leggendo "Storia di un matrimonio". Temo quel libro. Mi fa una paura tremenda. verrò a leggere il tuo pensiero
RispondiEliminaCiao Baba! In realtà non ho aggiornato la lettura in corsa. Greer l'ho letto e recensito, trovi la recensione più sotto. :)
EliminaNon ho letto questo romanzo ma all'inizio della recensione pensavo di trovarmi davanti ad un mondo simile a quello di Pirandello, autore che apprezzo molto. Il tuo pensiero mi ha dissuaso nell'intraprendere la lettura, man mano che andavo avanti :3 Sembra che non abbia un filo conduttore ben delineato...
RispondiEliminaNo, un delirio d'autore che, per quanto ben scritto, rompe in fretta le scatole!
EliminaSembra troppo pirandelliano per me.
RispondiEliminaQuesto libro mi fa un baffo. :)
E anche il film mi era del tutto sfuggito...
Eppure, ai tempi, premiato a Cannes.
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