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Giovanissimi, di Alessio Forgione. NN Editore, € 16, pp. 224 |
Memore
del trauma che fu il romanzo d’esordio – il resoconto disperato
di un trentenne senza futuro, in una Napoli di amori e incertezze –, mi ero ripromesso che avrei dovuto rileggere Alessio
Forgione a tempo opportuno. Quando l’umore era alto. Maestro di
arrovellamenti interiori e frustrazioni, nell’ultimo periodo, avrei
finito purtroppo col non farlo più. Così l’ho affrontato senza
starci troppo a pensare. Ma quant’è affidabile il detto via il
dente, via il dolore? Giovanissimi ha fatto male ugualmente.
Siamo
in un rione. Questa volta, giocando con l’effetto nostalgia che altrove va per la maggiore, si
fa un salto indietro negli anni Novanta. Marco, detto
Marocco per la carnagione olivastra e i capelli riccissimi, è un
quattordicenne che si domanda come finirà il campionato
e quando l’innocenza. Abbandonato dalla madre, vive col papà –
un uomo onesto e tutto d’un pezzo – una routine
scandita da paste col pesto, tè alla pesca e partite di pallone. È
sin dall’infanzia che sogna di diventare un calciatore famoso.
Marocco si divide tra sale giochi, sigarette, giornalini pornografici
e Dylan Dog; scrocca passaggi in motorino – il padre l’ha iscritto
allo scientifico e poi ha infranto la promessa: non gliene ha mai
regalato uno – e all’improvviso salta fuori un piccolo traffico
di droga a ingrossargli le tasche.
Quando il migliore amico, Lunno, gli ha proposto di spacciare nei
bagni della scuola, lui subito ha detto di sì: per carattere non sa
tirarsi indietro, infatti, e il loro è un giro talmente modesto da
non scomodare mai i prepotenti del quartiere.
«Voglio
mangiare con te tutte le volte che mi viene fame». «Che
significa?».
«Che ti
amo?». «E perché non me l’hai detto?». «Perché mi fai paura».
In
queste pagine sperimenta: la prima punizione, il primo
bacio, la prima volta con una ragazza – Serena, che ha le zizze
grandi e rende tutto più meraviglioso. E leggendo, capitolo dopo
capitolo, si rischia di volergli un bene esagerato; di affezionarsi
troppo. Checché se ne dica, è un bravissimo ragazzo; un’anima
fragile. Ferito dalle malelingue, dall’abbandono, dagli avversari
rissosi con cui farebbe meglio a non immischiarsi, piange senza far
rumore e si allena per non soffrire. Candido, semplice e innocente,
cammina suo malgrado in una realtà eternamente sotto assedio: a un
appuntamento può incrociare un passante accoltellato, il cui
cadavere macchia un lenzuolo all’altezza del petto; sentire
scoppiare i fuochi d’artificio fuori stagione, segno che non
lontano ci sono traffici illeciti in corso; perdere compagni di
squadra da un momento all’altro, dal momento che la loro età anagrafica non è sinonimo di lunga vita.
Giovanissimi
non è La paranza dei bambini né La terra dell’abbastanza. Protagonisti e figuranti si sporcano senza
puntare al potere, ma soltanto per mantenersi a galla. Sconvolge, allora, constatare
quanto sia facile mettersi nei casini fino al collo;
e se va male, rovinarsi i migliori anni. Senza ansia da
prestazione, Alessio Forgione mi è parso genuino e immediato come ai
tempi del debutto. Il traguardo della pubblicazione e il successo non
ne hanno cambiato l’approccio neorealista e la visione del mondo:
compreso l’inconfondibile nichilismo di chi vede spesso il
bicchiere mezzo vuoto. Lo stimo, e un po’ non lo sopporto. Si
comporta con i suoi personaggi e i suoi lettori, infatti, alla maniera spietata
di certi scrittori.
Fu
così che pensai che nel primo ciao che si dice è compreso anche
l’addio e che l’inizio è solo l’inizio della fine e che ogni
incontro non è altro che un lungo abbandono, centellinato goccia a
goccia, lento.
Inutile aspettarsi un finale tarallucci e vino. Ma questa volta non
poteva forse accadere, cogliendoci tutti di sorpresa? Su Marocco e
gli altri incombe una nuvola nera, un nuovo tormento. Un fatalismo che mi è sembrato raggirabile.
La drammaticità del romanzo, su di me, ha avuto un impatto diverso rispetto a Napoli Mon Amour. Se quello si rivelava essere una escalation inesorabile, questo è una stoccata più rapida; più a
tradimento. Meno necessaria? Le eccezione, in storie del filone, sono gli epiloghi quieti: Marocco, senza
sbilanciarsi, per me ne avrebbe meritato uno. Perché è un personaggio eccezionalmente atipico. Senza machismo, racconta con commozione le amicizie e i
flirt, gli sfottò, il cameratismo da spogliatoio, le sbronze
tragicomiche e i reggiseni da slacciare. È un compare fedele,
un fidanzato dolce. Apprezza gli abbracci del babbo, stringe i
fianchi degli amici in scooter per bisogno di calore umano, e se ne
infischia bellamente dei votacci e delle conseguenze. Corre, cade, si
rialza, commette fallo. Qualche volta si merita il cartellino rosso,
qualche volta fa goal. Giovanissimo, finché
dura.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Anastasio – Correre
Ciao Ink, non conosco nè l'autore nè il romanzo, ma dalle tue parole mi sembra molto interessante :-)
RispondiEliminaConsiglio sia questo, sia l'esordio. "Giovanissimi" è anche tra i romanzi candidati allo Strega. Spero per Alessio e l'editore che arrivi almeno nella dozzina. :)
EliminaQuesto ragazzo dall' "anima fragile" mi è entrato nel cuore ancor prima di leggere il romanzo grazie alla tua recensione. Una ferita legata alla sua storia familiare... un avvicinarsi a piccoli passi al mondo dell'adolescenza... non so perché mi è venuta in mente l'immagine di Charlie di Noi siamo infinito
RispondiEliminaChe bello rileggerti, Francy! Marocco è davvero un personaggio dolce, empatico, vincente. Riempie di tenerezza, in una storia per il resto davvero tragica.
EliminaBravo!
RispondiEliminaQuesto è il modo per divulgare romanzi.
Me lo sono segnato, sicuramente sarà una delle mie letture future.
Ehilà, grazie mille!
EliminaTi consiglio anche il primo, sempre di formazione.
Mi sa che sto Forgione non posso continuare ad ignorarlo! Urge recupero!!
RispondiEliminaNo, non puoi!
EliminaAh, gli anni '90 incuriosiscono, l'approccio neorealista magari un po' meno.
RispondiEliminaDi ulteriore drammaticità però in questo momento non sento proprio il bisogno. :(
Eh, in effetti...
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