[1962]
Papà Hudson ha reso Jane una stella del
palcoscenico. I boccoli biondi della sua
bambina prodigio hanno ispirato perfino una bambola. Molti esemplari resisteranno
alll'eclissarsi della notorietà di lei: scalzata dalla sorella
rivale, Blanche, che crescendo ha voluto pareggiare i conti. Un incidente, all'apice della gloria, le ha tarpato le
ali e spezzato le gambe. Bloccata in sedie a rotella, vive di rendita
e delle cure della sola Jane. In un cupo castello dedicato al dio
passato, dove non sono ammessi visitatori e in cui, a lungo andare,
l'insofferenza miete vittime. Chiudete in una stanza due sorelle che
si accusano a vicenda di essersi rovinate la vita. Mettete sullo
stesso set due dive sul viale del tramonto, professioniste che fanno
di qualsiasi capriccio una questione personale, e buttate via la
chiave. Allo scontro tra titani a colpi di battute taglienti
sopravviverà la più posata Joan Crawford o l'insuperata Bette
Davis? Se la prima è la vittima messa a
tacere, vessata e schernita con una crudeltà così esemplare da
divertire, l'altra pianifica un impossibile ritorno al passato. L'indimenticabile Jane nasconde topi e passerotti
ammazzati sotto la cloche; strega con gli occhi spiritati, lo
straordinario sprezzo del ridicolo e il trucco sbavato. Qual è la sorte dei ragazzini bollati
anzitempo come promettenti, poi incapaci di mostrarsi all'altezza
della situazione? Cos'è stato dei ritornelli di Nikka Costa, del
biglietto aereo per Macaulay Culkin, del sesto senso dello struggente
Haley Joel Osment? Che fine ha fatto Baby Jane? La
domanda te la pone il titolo di un thriller psicologico passato alla
storia. Uno di quelli che suscitano reverenza, che recuperi con
sessant'anni di ritardo. La scusa perfetta: Feud,
la serie antologica che accende i riflettori su una faida che seguì le protagoniste anche fuori
dal set. Nonostante il bianco e nero, Che
fine ha fatto Baby Jane? non
è invecchiato di un giorno. Genitore degenere di qualsiasi Misery
non deve morire; figlio tiranno del capolavoro Viale
del tramonto;
stella fissa. (8)
[2009] Il giovane Hubert condivide un
appartamentino kitsch con l'irritante Chantale. A volte sono cane e gatto, altre
metà complementari. A detta del giovane, la donna è la persona che
più odia sulla faccia della terra. Affermazione forte, ma tutto
nella norma: lui è un adolescente scalpitante, lei è una madre che
lo ostacola con la scusa di ciò che è meglio per lui. Siamo nella
provincia canadese, illuminata a sprazzi dai ninnoli e dai centrini
colorati di una casa di bambole;
siamo in un film del talentuoso Dolan. Per la precisione, il primo.
Lui – attore, autore, regista – aveva vent'anni. L'invidia
dovrebbere rendermelo antipatico. Quella, e la consapevolezza di non
avere apprezzato pienamente i film che hanno preceduto il suo
effettivo capolavoro – il ciarliero Les
Amours Imaginaires,
il nebuloso Tom à
la ferme.
Lì c'erano, accanto a un lato visivo comunque potentissimo, un
lezioso compiacimento di fondo e molto autobiografismo: tra arte,
omosessualità e pop-art, in un duplice ruolo, troppo Dolan per una
conoscenza preliminare. Qui, alle radici dell'enfant prodige, è
presente di tutto un po'. Ma, benché molto acerbo, ho trovato J'ai
tué ma mère un'opera
prima fresca e sincera. I rapporti interpersonali al limite, la
dolcezza e le urla, i piatti infranti e gli aforismi da incorniciare.
Anche agli inizi, una genitrice che somiglia proprio a Anne Dorval:
tenuta a distanza, contestata, tanto da nascondergli l'esistenza di
un fidanzato non per timore di non essere accettati, ma per puro
dispetto; una madre nevrotica, ispiratrice di continue invettive e
instancabili recriminazioni. Accanto a lei, un capriccioso e imberbe
Dolan: all'occorrenza ottimo attore e pessimo figlio unico. Uccide la
madre nei temi in classe, dicendosi orfano.
Nei suoi sogni segreti, si inseguono all'ombra di un bosco: lei, nel
clou di un curioso ma delicato complesso di Edipo, indossa l'abito da
sposa. Hubert è un adolescente con il mondo contro e in cerca di se
stesso, Chantale è una mamma chioccia che non si accorge di
soffocarlo per paura di un ulteriore abbandono. Come loro, tutti i
figli imperfetti e tutte le mamme single. Come Dolan, già in tempi
non sospetti, nessuno. Dietro l'ingannevole confessione di un
presunto matricida, J'ai
tué ma mère è
una storia vera. Lo
schizzo in potenza che precede il disegno di Mommy,
indimenticabile atto. (7,5)
[2010]
Oliver ha tempo a sufficienza per fare un bilancio. Vive solo, il suo
lavoro da illustratore lo tiene impegnato ma non troppo. Gli fa
compagnia un Jack Russel e il pensiero di un'affascinante attrice
francese, che alle feste mascherate ha l'aria di essere infelice
tanto quanto lui. Il protagonista ha scelto di travestirsi da Freud.
Per uno scherzo del subconscio o per precisa volontà, chissà, la
maschera dello psicanalista la dice lunga sui problemi personali di
Oliver. Su una famiglia strana e sfortunata, perfino più delle
nostre, che si è decimata nel giro di pochi anni: prima è morta la
madre, portata via da un tumore; poi l'ha seguita a ruota il padre,
con lo stesso male e un clamoroso outing prima di andarsene.
L'arzillo genitore ha approfittato della vedovanza, del poco tempo a
disposizione, per uscire allo scoperto: si è avvicinato alla storia
della comunità LGBT e ai siti di appuntamento; ha incontrato un
personal trainer infedele ma presente, che è stato con lui fino alla
fine dei suoi giorni. In Beginners, autobiografia agrodolce
sotto forma di commedia indipendente, c'è un Ewan McGregor –
bravissimo, al solito – in fase di elaborazione. Medita, ricorda,
si innamora dello spirito girovago della Laurent. Fa respiri profondi
e passeggiate al parco e nei corridoi degli hotel. Per essere sempre
in fuga, d'un tratto si fossilizza a riavvolgere il passato. Mette
radici in una camera d'albergo con la moquette a terra, accanto a una
sconosciuta. Pensa alla scoperta della tenerezza e della sessualità
di Cristopher Plummer, ma senza rancore: lo compiange, un po'
imbarazzato all'idea di gestirne il disordine postumo e il compagno
in lutto. Confronta il passato e il presente, e c'è spazio per gli
schizzi, le fotoricordo e gli sprazzi di genialità molto cari al
cinema del già promettente Mike Mills (quest'anno apprezzatissimo
con 20th Century Women, gioiello in
sordina). Ci sarà spazio anche per l'amore, dopo aver preso atto che
quello tra i suoi genitori è stato una sciarada ma non proprio
tutto, eppure, è perduto? Vedasi la leggerezza di Plummer:
pienamente se stesso a settantacinque anni. Vedasi gli adorabili
difetti della nostra lei: amante dei libri usati e delle case vuote.
Come il titolo rivela, i protagonisti sono tre individui alle prime
armi. Impreparati a voltare pagina – a convivere in pace, a morire
in silenzio –, ma non del tutto inadatti. Plummer deve avere fatto
sua la lezione alla scuola serale. Assente ma presente,
dà ripetizioni sentimentali a principianti in attesa di ravvedersi e
di rivedersi. Se l'amore è questione di famiglia, meglio
condividerne i segreti. (7,5)
[2016]
A proposito di registi
francofoni che adoro: posto anche a Ozon. Il parigino che viene dal mondo della moda e spazia con nonchalance dal
thriller alla commedia musicale, è stato a Venezia con l'applaudito Frantz.
Un melodramma postbellico che rinuncia coraggiosamente al colore e si
rifà a una pellicola di Lubitsch. In un paesello tedesco
del primo Novecento, una vedova di guerra piange il promesso
sposo. Sulla sua tomba, un giorno, trova un fiore. A depositarlo, un
soldato francese. Adrien parla di Frantz, ma non come farebbe un
semplice amico. Fa breccia nei cuori dei genitori del
defunto, seduce l'anticonformista Anna. Poi sparisce, nel clou di una
rivelazione, e le lettere inviate a lui ritornano al mittente. Chi era
quel forestiero per il soldato caduto? Cosa si nasconde nei suoi modi
gentili, nelle sue risposte vaghe, nello sguardo altrove? Come
l'ultimo Dolan, anche Ozon sceglie di allontanarsi dalle piste
consuete. Restano integri il mistero, il fascino, la
splendida cura della regia. A malincuore, dopo una bellissima parte
introduttiva, si fanno presto i conti con ciò che manca. Frantz
è sobrio, lento,
raffinatissimo. Il regista cede al richiamo di un film diverso dal
solito. A un omaggio classico, languido, che riflette sulla verità e
il perdono. Alla trama si rimprovera una certa piattezza, purtroppo,
e sono le bugie e il ricordo a colorare magicamente i concerti
privati del sempre bravissimo Niney (brutto ma bello, come
solo i francesi possono) e i sorrisi della raggiante Beer. La
pacatezza del bianco e nero ammorbidisce le passioni proibite,
l'impostazione rigorosa abbraccia un'estetica splendida e trascura il coinvolgimento. Le cose belle, però, piacciono. E la
classe rètro dell'etereo Frantz – un
Ozon a metà, sprovvisto del suo eros e della sua ambiguità –
incanta. Lo si apprezza, se non altro, per la Grande guerra
raccontata dal punto di vista dei sopravvissuti a una generazione
perduta, rievocata attraverso le inimicizie tra tedeschi e francesi:
vicini di casa, eppure rivali. Finito il conflitto, finirà l'odio? E
la vedovanza di una ventenne che, un po' come noi, si aspettava
dall'elusivo amico di Frantz l'enigma, la svolta, l'amore ? (6)
Nei prossimi giorni mi vedrò prima Baby Jane, poi Feud, così da arrivare preparata agli Emmy.
RispondiEliminaBeginners è uno dei miei film del cuore, semplice e diretto, pieno di emozioni. Quanto sono belli poi McGregor e la Laurent, e Plummer, ovviamente ;)
Frantz, come sai, ha convinto pochissimo anche me, ennesimo polpettone veneziano dello scorso anno, con buone idee ma troppo classicismo. È mancata l'emozione.
Quel Dolan, invece, continua ad essere il mio preferito, un Mommy in fasce, un esordio potentissimo e sincero.
Speravo di non essere d'accordo su Frantz, per una volta, ma ho riletto il tuo commento post Venezia e capisco tutto. Omaggio sì, ma manca lo smalto. Ozon eppure, anche quando criticatissimo, lo trovo sempre molto seducente.
EliminaBeginners adorabile e, a modo suo, anche lo scostante Dolan.
Vai di Baby Jane e Feud. La concorrenza è alta, per me resterà a bocca asciutta agli Emmy (ci sono la Moss e le protagoniste di Big Little Lies), però quanta bravura.
Ho visto solo quello di Dolan e Ozon... purtroppo io inverto il giudizio 😅
RispondiEliminaOzon classe sconfinata, ma l'ho trovato poco in sé, non so se mi spiego. A fine visione, non mi sono portato appresso quella fascinazione di altri suoi film, come il morbosissimo Una nuova amica. Qui la morbosità, diciamo così, c'è (chi non pensava che Niney fosse l'amante del defunto, chi?), ma tutto si riduce a un melodramma bello, a modo, algido.
EliminaChe fine ha fatto Baby Jane? l'ho recuperato pure io qualche giorno fa, per provare a dare un senso alla visione di Feud.
RispondiEliminaBello e invecchiato abbastanza bene, però c'è qualche lungaggine di troppo. Visto con gli occhi di oggi, la sua sceneggiatura risulta un po' ripetitiva. La sorella esce di casa, lei cerca di chiedere aiuto... va bene una volta, va bene due, ma alla terza si esagera. :)
Mi aspettavo anche una maggiore violenza, ma evidentemente il cinema prima di Tarantino in tal senso non dava enormi soddisfazioni. :D
J'ai tué ma mère è l'unico film di Dolan che non mi è piaciuto. L'ho trovato irritante come la protagonista femminile. Per fortuna i suoi lavori successivi mi hanno fatto cambiare idea sul suo cinema, e pure parecchio.
Beginners è un gioiellino di cinema indie come piace a me, come piace a noi. Strano non l'avessi ancora visto.
Ah, i bei vecchi tempi in cui Ewan McGregor era ancora un mio idolo! :)
Frantz mi spaventa un po' per il pericolo noia, che a quanto dici è tutt'altro che scongiurato.
Non l'ho ancora guardato comunque soprattutto perché avevo trovato una versione in cui le parti in francese non erano state tradotte né sottolineate, o forse quelle in tedesco... Adesso si trova in una versione comprensibile per gli ignoranti che non sanno tedesco e francese come me?
Posso anche essere d'accordo su Che fine ha fatto Baby Jane?, sì. Più delle fughe reiterate, però, non mi ha convinto il personaggio del pianista: adatto a smorzare i toni, simpatico, ma che macchietta. Ma quel finale sulla spiaggia, con la follia che prende il sopravvento... La Davis mi sconvolge sempre, sempre.
EliminaRicordo che Dolan non ti aveva convintissimo, ma io l'ho visto con il senno di poi e con gli occhi dell'amore; Beginners visto nel periodo di Pasqua, probabilmente, ma il Mr. Ciak "rigattiere" è la perfetta rubrica tappabuchi. Metto insieme le recensioni quando latito.
Secondo me no, Frantz noioso non è, però è un quadro impeccabile che non mi ha emozionato affatto. Ricordo la confusione per le parti "in lingua". Con il francese mi ero pure pure arrangiato, ma con il tedesco avevo trovato sottotitoli inglesi non so dove. Insomma, uno stress. Mi è piaciuto così così per la faticaccia, dici? :)
Vedersi un film un po' in francese, un po' in tedesco, un po' sottotitolato in inglese e un po' doppiato in italiano o forse nemmeno?
EliminaTroppo stress per una pellicola sola, troppo! Voglio la versione in una lingua sola, altrimenti rinuncio. :)
Ma poi inutili farsi gli alternativi.
EliminaDoppiatelo tutto, e non rompeteci le palle. :-P
Non ho visto nessuno di questi film, ma punto "Che fine ha fatto Baby Jane" da quando ho finito di vedere Feud - che tra l'altro mi è piaciuta tantissimo -. Per gli altri, ho intenzione di recuperare tutta la filmografia di Dolan prima o poi, dato che alla fine ho visto solamente gli ultimi due...
RispondiEliminaTralasciando Ozon, sono tutti bei recuperi, vedrai.
RispondiElimina"Baby Jane" capolavoro assoluto!!! Non vedo l'ora di vedere "Feud"! *___*
RispondiEliminaLo amerai!
EliminaOzon è un regista che mi interessa parecchio, ho già in porto di vedere Franz però cavolo sto leggendo recensioni tiepidissime
RispondiEliminaAi francesi è piaciuto moltissimo.
EliminaE' bello, sì, ma gli manca quel tocco lì...
Frantz mi manca, ma sugli altri concordo in pieno. Avevo adorato Beginners, e come sai il primo Dolan per me è stato fantastico.
RispondiEliminaLontano ma non troppo dal "saloon", probabilmente potresti trovare interessante anche Frantz. ;)
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