I
coniugi Warren, cacciatori del paranormale, hanno prestato le loro
storie del terrore al cinema già qualche
estate fa. Ne era venuto fuori l'efficace The Conjuring:
uno dei maggiori successi di quella stagione cinematografica e, a
memoria, forse l'horror più valido. In una solita ma solida ghost
story, lo spirito di James Wan – giovane portento – faceva la
differenza sostanziale. E il già visto, portato in scena da lui, era
così sinistro, così affascinante, da cancellare ogni dèjà vu. Nel
suo cinema, quella macchina da presa che piroetta, trema e impenna
era ed è lo spettro più inquietante. Anche qui, in un sequel che su
carta non sembrava indispensabile, si dà alle danze e ai manierismi:
l'orrore, se elegantissimo, incanta. Il prologo, che arriva subito al
dunque, vuole i protagonisti impegnati presso una famigerata casa
infestata: cos'è successo a Amityville? Da lì, il successo
mediatico, i talk show e, infine, uno spinoso ingaggio nella
periferia londinese. E i cieli in tempesta, le foglie spazzate dal
vento, la pioggia battente e le nebbie quanto si prestano al
gioco delle evocazioni spiritiche? Il caso, già affrontato in una miniserie dello scorso palinsesto, è quello
di Enfield: una madre single e i suoi bambini, terrorizzati da un distruttivo poltergeist. Speculazione o verità? Il caso Enfield,
meticolosa ricostruzione storica e persuasivo intrattenimento, è un
sequel all'altezza. Un horror della vecchia guardia, con
spifferi, sobbalzi e letti che cigolano, parco di splatter e copioso
nella scrittura. Due ore: tante, per una pellicola del filone. Eppure
scorrono perfette, dispensando momenti di quotidianità (i gesti
romantici tra Wilson e la Farmiga, ottimi; i drammi di una
famiglia misera e tribolata; Elvis strimpellato in soggiorno per
tornare a sorridere) e brividi adeguati (splendida la sequenza dei
crocifissi rovesciati in sincrono, ad esempio, e che inquietudine
questa monaca che infesta i corridoi kitsch). Troppa distensione
nella chiusa però, anche se sembra una promessa di equilibrio: un
terzo capitolo sì, ma non per forza. Solo se ci saranno paure
recondite, storie vere in cui frode e occulto si mischiano, i guizzi
di Wan. Che in un gioco di prestigio, in un'altra estate, tira fuori
dal mazzo la carta vincente. E assuefatti, dunque impreparati,
veniamo tirati su da una sorprendente riconferma; da un rumore in
cantina che suona molto sospetto. C'è del buono – e anche un po' di
buonismo – nel male in visita a Londra nord. (7,5)
Un
incidente stradale, un piccolo sopravvissuto, un libro di fiabe
sempre appresso. Come vivere cinque anni nel bel mezzo della natura incontaminata? Se lo domandano Grace e il suo compagno,
all'indomani del ritrovamento del misterioso Pete in boschi
minacciati dall'abbattimento. Chi è l'Elliot da cui il bambino vuole
disperatamente tornare? Un frutto della sua immaginazione, o una
leggenda diventata realtà? Il drago invisibile
del titolo è verde, affettuoso, paterno e, generazioni fa, lo
abbiamo già conosciuto. Era a disegni, buffo e con un ciuffo rosa in
testa, similissimo al Prezzemolo della Sammontana,
e avevo preso in prestito il suo film alla biblioteca comunale
insieme a mio fratello. Una videocassetta che risultava sgangherata e
fuori moda anche al tempo; io, che non avevo in me lo spirito del
rigattiere, nato a vent'anni dall'uscita, non avevo troppo
apprezzato. Ho visto il remake con pochi ricordi in mente e, a far da
pendant, poche aspettative. Spiazzato, invece, mi sono scoperto preso
e perfino commosso, letteralmente, da un intrattenimento da bollino
verde: lineare, sì, ma educativo e toccante, in anni in cui si parla
di diritti, normalità e famiglie alternative. Come in Room,
spettinato e sperduto, il bambino fa il suo ingresso nel mondo – e
male non si trova, in realtà – ma con il suo amico, nel verde, lui
aveva tutto quel che desiderava. Difficile spiegarlo a chi è
spaventato dall'ignoto, a chi abbatte alberi secolari e spezza
amicizie straordinarie. E nel tentativo, tra fughe, ripensamenti e
salvataggi, dove il mostro è quello capace di reale umanità, Il
drago invisibile ci regala una
fiaba vecchio stile realizzata con dolcezza, ben recitata, in cui
Elliot – anche se con la solita computer grafica, che elimina la
poesia del tratto a matita – ha l'espressività dei nostri amici a quattro
zampe e dello Sdentato di Dragon Trainer.
(6,5)
Annie
e Baxter, lei attrice e lui scrittore, sono fratelli. E, sulla
quarantina, non hanno ancora trovato la loro strada, nonostante la
notorietà non li molli mai. Si muovono all'ombra di due genitori ingombranti, che alcuni chiamano
artisti e altri ciarlatani: per anni e anni, hanno messo su scherzi
elaboratissimi, performance provocatorie e divertenti, rendendo i
loro figli – adesso, a un bivio – interpreti dei
loro siparietti. Se a un certo punto mamma e papà scompaiono,
lasciandosi dietro qualche mistero, cosa faranno
i protagonisti? La famiglia Fang, cronaca di una sparizione, è
l'ennesimo tiro mancino di due mine vaganti, o amara verità? Un cast
brillante, aria da Sundance, uno spunto particolarissimo. Quel non so
che à la Wes Anderson, che, sotto sotto, mi preoccupava un po', evitato dai toni sobri, l'approccio intimista, la regia senza fronzoli di un Jason Bateman che si conferma un bravo attore, anche
quand'è semiserio, e un esordiente che, in doppie vesti, guida una
trattenuta Kidman e l'istrione Walken come se fosse
la cosa più naturale del mondo. Se il comparto tecnico non ha grosse
mancante, a meno che poi non siate amanti inguaribili dei colori
pastello del padre dei Tenenbaum, a non convincere è qualcosa
nella storia. Che rende il film un po' dramma, un po' commedia, un
po' giallo: e, di quel di tutto un po', niente allo stesso tempo.
Tant'è vero che anche la risposta a un quesito sollevato a mezz'ora
dall'epilogo – ossia, cosa è stato davvero dei maghi dello
scherzo? - perde d'importanza. Prevale l'indecisione, l'inconsistenza
è la sensazione predominante, e i soggetti di questa foto di
famiglia con tutte le carte in regola per piacere – attori
fotogenici, molta carne al fuoco – appaiono sbiaditi, all'uscita
dalla camera oscura. (5,5)
Doris,
ultrasessantenne trasognata e inesperta, accumula cianfrusaglie in
maniera compulsiva nella sua casetta fuori mano e in quella casetta lì ci vive con una madre che ha bisogno di lei.
Cosa succede se la genitrice muore e lei, non è
più una giovincella, si ritrova a camminare sulle proprie gambe? Com'è cominciare a vivere nell'età in cui,
tra acciacchi e uncinetto, pensione e vedovanza, tutte le sue
coetanee si danno già per spacciate? Deliziosa
favola hipster, il film va in fermento con romantiche visioni da
Harmony e malinconiche riflessioni sulle esistenze che,
sfortunatamente, sbocciano tardi. Perché il prossimo ha avuto la
precedenza, e i sessant'anni sono perfetti per imbrogliare Cupido,
rompere coppie a tradimento e godersi i pregi dell'egoismo. Che
importa se spii un tuo giovane collega, lui al momento è
in una relazione complicata e, in fondo, potresti tranquillamente essere sua madre? Chi dice che una vecchietta, una di quelle
per cui al cinema stravedo, non può mollare cose come le
liste, il giardinaggio, gli ultimi giri di boa, i lasciti, per darsi
a pensieri da giovani, come una ristrutturazione radicale o l'amore
impossibile? Il collega in questione è identico e preciso al Max
Greenfield di New Girl e,
negli inarrestabili sogni ad occhi aperti della protagonista,
ricambia il suo sentimento e appare come un cavaliere senza macchia:
l'epilogo le chiederà forse di svegliarsi? Sotto gli occhiali a
fondo di bottiglia, c'è
una straordinaria Sally Field. Colorata prozia di Bridget Jones e
versione indie e newyorkese della cugina francese Odette Tolumonde,
l'ex moglie di Mrs. Doubtfire
brilla per autoironia, grazia e fragilità, e la sua prova è così fresca in questi caldi rimasugli di stagione
da sperare di vederla (ma sarà troppo tardi o troppo presto?) ai
prossimi Golden Globes. Realtà e immaginazione, voli pindarici e
dolorosi ritorni alla base si confondono, in Hello, my name
is Doris. E lei si presenta sin
dal titolo: timida e in tiro, educatissima. Ma, in realtà, il piacere
dell'incontro è tutto nostro. (7)
Kate
e Lisa sono l'una l'opposto dell'altra. Una bionda, l'altra mora; la
prima audace, la seconda coscienziosa. Sono sorelle. E, per
dimenticare una delusione amorosa, partono all'insegna del Messico.
Grande attrazione per i turisti, le immersioni: in una gabbia, al
sicuro dagli squali, potranno immortalare e scandagliare la barriera
corallina. Ma una fune si spezza, la gabbia scivola sul fondo e
l'aria nel serbatoio è in lento esaurimento. Il predatore degli
oceani le punta, prede perfette, ma le sciabole del pescecane non
sono il solo pericolo a quarantasette metri dalla superficie. Se
anche riuscissero a nuotare fin lassù, la decompressione potrebbe
ucciderle. E al freddo, in fin di vita, la lucidità potrebbe presto
abbandonarle. In the deep, prodotto dalla Dimension e
dal francese Alexandre Aja, non ha trovato spazio in sala sulla scia
del discreto, ma dimenticabile The Shallows. E che peccato.
Compensano all'assenza del bikini della splendida e
insanguinata Blake Lively, però, l'ottima fattura, tanto realismo e l'ansia a mille. Carne in scatola per lo squalo, Mandy Moore e Claire Hoult (vista in The Vampire Diaries), emozionanti e spaventatissime. Scordatevi la consueta rivalsa delle scream queens,
che rovesciano la situazione impugliando gli arpioni; appendete due
pezzi, esagerazioni e sangue pazzo al chiodo; e guardate, a metà
strada tra The Descent e Gravity, come corre la storia,
la claustrofobia si fa strada e l'ossigeno scarseggia. E l'epilogo
del survival horror di Johannes Roberts, drammatico e angoscioso, è
l'ultima goccia in un mare di terrore. La tensione traboccherà. (7)
Qualche
anno fa, matricola, mi vidi condiviso sulla bacheca un video – un
corto cinematografico di pochi minuti – da una compagna di
corso che avevo conosciuto a lezione parlando di film dell'orrore.
Aperto senza sapere bene cosa aspettarmi, a bruciapelo, lo avevo
trovato agghiacciante: si spegneva l'abat-jour e saliva un brivido
lungo la schiena. Lights Out, cliccatissimo, non ci ha messo
molto a diventare un film: prevedibilmente, il primo di un
franchising. Chi era la donna spettrale che appariva spegnendo la
luce e scompariva riaccendendola? Su di lei, affetta da
fotosensibilità e invischiata in un'amicizia ossessiva anche
nell'aldilà, la più tipica – e prevedibile – delle ghost story
estive. Perché perseguita i familiari di una stravolta Maria Bello,
fortemente depressa, e compare nei momenti di difficoltà? Vanno in
cerca di risposte la scontrosa Teresa Palmer, accompagnata da un
fratellino fastidiosamente saccente e da un fidanzato inservibile. E se
le domande allettano e, su carta, il mostro di Lights Out
terrorizza facendo leva
sull'ancestrale timore del buio, le sentenze sono imbarazzanti e gli
unici sobbalzi dipendevano dal molesto viavai di Ciro, il mio gatto,
nel corridoio. Il problema è una vicenda tra le mura domestiche che
fa acqua, mica paura, e l'immagine di un Attrazione fatale
paranormale che insegna che le
amicizie troppo intime, e le infiltrazioni infernali, minano alla
famiglia tradizionale e alle otto ore di sonno. (4,5)
Pienamente d'accordo con te su The Conjuring 2, pur continuando a preferire il primo della serie, mi è piaciuto!
RispondiEliminaCuriosa di vedere "In the Deep" e.. prima di leggere il tuo parere anche "Lights Out" :)
In the deep: l'ansia, proprio.
EliminaLights out, nonostante ne parlino benino, l'ho trovato bruttissimo. Al cinema, magari, qualche salto in poltrona lo fa fare, ma non ho potuto chiudere gli occhi su una trama mai così assurda...
E non ci voleva niente a renderlo migliore. Bastava un minimo di approfondimento delle situazioni.
I film con gli squali non mi sono mai piaciuti. Ho visto la famiglia Fang e non mi è dispiaciuto, un po' lento ma carino, rispetto al libro risolvono il "mistero" molto più facilmente. Mi sono piaciute molto le performance, quella del bambino e del lecca lecca è meravigliosa XD Gli altri non li ho visti.
RispondiEliminaBuone letture!!
Eh, ma questo ti farà cambiare idea. Oltretutto, lo squalo è il problema minore laggiù, in fondo al mare...
EliminaDei Fang mi attira il libro e sì, anch'io ho trovato simpatiche le loro performance. Meno i loro figli cresciuti, con la Kidman botulinata e Bateman serissimo.
"In the deep" davvero valido, di "Lights Out mi era piaciuto molto il corto ma sul film avevo parecchie perplessità. La famiglia Fang è in rampa di lancio...
RispondiEliminaIo immaginavo fosse una porcata sin dagli spot, perché nel corto si respirava tutt'altra atmosfera. Me ne hanno parlato bene, ho voluto vederlo, e invece l'ho trovato molto mediocre, anche inserito in un'estate di film molto mediocri. Mi dirai sulla Famiglia Fang: per me, al di sotto delle (comunque non elevate) aspettative.
EliminaMa no! Quando ha abbracciato il bambino ero una valle di lacrimeee. :)
RispondiEliminaLights out è una vera merdina, mentre spero di recuperare presto In the deep.
RispondiEliminaAvevo diverse riserve sui Fang, le hai aumentate. ;)
I Fang sono "cannibali", in apparenza, ma secondo me non piaceranno neanche al tuo rivale. Oggettivamente, la storia non è né carne e né pesce. Bella sorpresa In the deep, tesissimo; e fa' vedere il Drago al Fordino!
EliminaThe Conjuring 2 horror sì valido, però la sensazione di deja vu è forte dall'inizio alla fine e il finale è davvero troppo buonista. Quasi agghiacciante. :)
RispondiEliminaIn the Deep non lo conoscevo. Quasi quasi un recupero prima della fine dell'estate ci può stare, altrimenti poi non è più la sua stagione.
Gli altri ho in programma di vederli, presto o tardi, però speravo in un entusiasmo maggiore nei confronti della famiglia Fang...
Diciamo che, a tratti, il film della Walt Disney ha un finale più cupo di The Conjuring, ahahah!
RispondiEliminaok, quindi meglio in the deep che the shallows( che ancora on vedo )... conjuring 2 mi è piaciuto, eccellente a livello tecnico storia cliché ma riuscito..
RispondiEliminaThe Shallows è il solito filmetto che le sale propongo a fine estate. Forse anche In the deep, nel profondo, ma l'averlo scoperto per caso (tra l'altro, grazie a te) me l'ha reso più intrigante ;)
EliminaPeccato per Lights Out: mi ispirava tanto, e il bello è che non so neanche perché! XD Ho già preordinato il bluray di The Conjuring 2, e a quanto pare ho fatto bene! :D Doris e In the deep li avevo intravisti, ma temevo il peggio... poiché non posso avere sempre ragione, mi sa che invece li recuperero'! :D
RispondiEliminaEh eh, ti sbagliavi alla grandissima, questa volta! ;)
EliminaIl drago invisibile sembra davvero carinissimo!
RispondiEliminaIn the deep è un NO..odio i film sugli squali fatti evidentemente al pc che mangiano al volo gli umani quando invece hanno pesci a disposizione. Decisamente questa tipologia di film non fa per me, anche se mi piace un sacco l'attrice protagonista XD
Fortunatamente, non tutti sono uguali ;)
EliminaDi questa mandata gli horror sono quelli che mi interessano di più. Anche Lights Out, nonostante le premesse :P
RispondiEliminaTi so. Anche tu hai quella vena sadica, coi filmacci... :-P
EliminaVoglio vedere quello con Sally Field!!! Assolutamente.
RispondiEliminaE' il film per me. Organizzo subito uscita con amiche.
Ciao e grazie.
Lea
A te!
EliminaIn the Deep l'ho visto ieri, due spanne sopra The Shallows: perché non hanno distribuito QUESTO in Italia? Mah. La famiglia Fang pensavo di andarlo a vedere domani ma mi hai fatto un po' passare la voglia, quanto a Lights Out e The Conjuring 2 mi sono piaciuti parecchio, ognuno a modo suo.
RispondiEliminaPerché non c'erano le tette della Lively, è chiaro!
EliminaNo, i Fang vedilo tranquillamente da casa, eh.
The Conjuring per me è un gioiellino, ancora una volta, ma l'altro l'ho trovato brutto brutto brutto, te l'ho detto in chat :-/
tra questi, credo che potrei vedere La famiglia Fang :-D
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