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La ragazza delle meraviglie,
di Lavinia Petti. Longanesi, € 18,50, pp. 448 |
Ci
andò a morire Partenope, la creatura leggendaria uccisa dall’amore
non corrisposto per il subdolo Ulisse.
Ci
fece tappa per l’ultima volta Virgilio, il poeta con la fama da
mago, che scelse di farsi seppellire nel quartiere di Piedigrotta.
A lungo fu il principale porto affacciato sul Mediterraneo.
A lungo fu il principale porto affacciato sul Mediterraneo.
Dal
mare arrivavano spezie, stoffe e maledizioni. Dal mare, ancora,
arrivavano i forestieri e le sirene. A volte per viverci, altre per
morire. Quante storie lontane sono rimaste intrappolate nel sartiame
e nei vicoli? Quante ne ha ispirate una città che, a furia di
custodirle per le generazioni successive, si è trasformata nella
storia più affascinante di tutte? Sterminata, contraddittoria,
antichissima, Napoli fa bene alla pancia e alla fantasia. Deve
portare fortuna. Quest’anno ci sono stato prima con Storia del nuovo cognome, poi attraverso gli occhi della studentessa
straniera di Perduti nei Quartieri spagnoli, ma
purtroppo manco in città da un po’. E mi manca. Si può provare
nostalgia di qualcosa che non conosci bene o che forse non hai mai
conosciuto? Nato in Sicilia da genitori casertani, cresciuto poi a
cavallo tra Molise e Abruzzo, ho radici frastagliate e nessun senso
di appartenenza. Ma se c’è una regione che sento nel profondo più
delle altre è la Campania. Sarà che quando mi arrabbio scappano
puntualmente improperi in quel dialetto buffo e sanguigno. Sarà che
i miei nonni dicono che lì splenda sempre il sole e che tutti,
proprio tutti, abbiano questa gran voglia di cantare. Sono
meteoropatico, somatizzo le giornate uggiose fino a star male, e
anch’io sin da bambino cantavo – Claudio Baglioni al
karaoke, per quanto lo rinneghi, e soprattutto storie di janare.
Avere l’occasione di rileggere finalmente Lavinia Petti è stato un
ritorno a casa.
Appena
lo vide, Fanny capì che ogni passo che aveva mosso dal Moiariello
era stato un passo verso di lui. Aveva dato retta all’istinto
sconosciuto che guida la gente di mare, che quando è triste ha
bisogno della sua vicinanza per mitigare la sofferenza. Come il sale,
che cura le ferite ma prima le fa bruciare.
Scoperta qualche anno fa con Il ladro di nebbia, esordio stupefacente da
me consigliato per vie ufficiali e ufficiose, la giovane autrice
napoletana è di nuovo in libreria con un romanzo dal destino
tortuoso ma dalla resa perfetta. Nel tempo l’ho scritta, l’ho
tampinata, l’ho aspettata come accade di raro.
Lavinia
mi raccontava in privato di una gestazione lunga e faticosa; di una storia
uguale ma diversa dalla precedente, in cui far convergere il frutto
delle sue ricerche e i segreti di un capoluogo che per comodità ama
talora schermirsi dietro il cliché. L’attesa, non gliene ho fatto
misteri, è stata ripagata. E dalle pagine della Ragazza delle
meraviglie emerge infine l’affresco di una Napoli inedita –
probabilmente l’autentica protagonista –, che solo il regista
Ferzan Ozpetek ha provato a svelarci di recente fra riti esoterici, simbologie arcane e sguardi di seduzione.
Francesca Annunziata, detta Fanny, è nata laggiù: peccato non si
sappia da chi. Salvata dalla Ruota degli Esposti da una coppia di
coniugi maledetti dalla sterilità e dalla piaga dei parenti
impiccioni, la quattordicenne senza passato cresce bruna, selvaggia
e malinconica. Né grande né piccola, enigmatica in primis agli
occhi di sé stessa, fruga nelle case sfitte e nelle scatole di
scarpe: ha la propensione a cacciarsi nei guai e un inquietante sesto
senso che di notte la porta a fronteggiare incubi catastrofici e
premonizioni mortifere. Le sue origini, un segreto di Pulcinella di
cui venire a capo. Potranno il ritrovamento di una moneta vecchia di
millenni e una chiave ossidata guidarla fino ai genitori biologici:
gli unici a poter fugare la sua fama di strega, assieme alla sindrome
d’abbandono che l’affligge?
«Pensano
che sia una terra di luce. Si sbagliano: il Sud è pieno di tenebre.
E le tenebre allettano gli uomini, soprattutto quelli che credono
nella ragione. Un uomo razionale e ambizioso difficilmente resisterà
alla tentazione di spazzarle via», fece una pausa. Quando parlò la
sua voce era bassa, dolente. «Mi chiedo se sto commettendo un errore
a voler salvare Napoli dai suoi fantasmi, a volerla salvare dal suo
passato.»
Con
il profilo mastodontico di Castel dell’Ovo all’orizzonte, mentre
i gechi – fate in incognito, si mormora – scorrazzano sui muri
scrostati e i tinelli ospitano le macchinazioni di una strana
congrega al femminile, le ricerca della protagonista la porterà a
domandare informazioni a prostitute dal trucco sbavato – Clemenza
–, agli antiquari con le cravatte a fantasia – il signor Marrone
–, a politici senza scrupoli – Augusto d’Avalos – che
promettono di dare un nuovo assetto alla città a discapito della
tradizione.
È
una Napoli d’inverno, la sua, eccezionalmente fredda. Risulta
piacevolissimo, allora, rifugiarsi nei bar per bere cioccolate
bollenti e caffè forti, concedersi lo sfizio irrinunciabile di un
morso di pizza con ricotta e cicoli, ricercare il calore umano della
folla che infesta i mercatini caratteristici e i negozi d’anticaglie.
È
una Napoli lontana dagli occhi ma mai dal cuore, stratificata.
Proprio sotto il suolo cittadino, infatti, vive in silenzio
un’esistenza parallela. Ha tunnel labirintici, pozzi e
nicchie di tufo, templi sotterranei. Appare esplorabile, eppure, in
sella alla bici di Tommaso: un coetaneo agorafobico e sfregiato dal
fuoco – un munaciello –, con cui avventurarsi fino a un
casolare di pietra della costa sorrentina.
Il motto di Fanny, spavalda quanto la Lila di Elena Ferrante: «Io non mi metto a paura ‘e niente». Vorremmo avere tutti un briciolo del suo coraggio.
Il motto di Fanny, spavalda quanto la Lila di Elena Ferrante: «Io non mi metto a paura ‘e niente». Vorremmo avere tutti un briciolo del suo coraggio.
Qualcosa
di vero c’è sempre, ma quando si tratta delle leggende popolari di
questa terra, vecchie di secoli o millenni, c’è da impazzire.
Possiamo scavare, arrivare al centro del pianeta e spuntare
dall’altra parte, ma nella maggioranza dei casi quello che
ricaveremo saranno solo altri racconti. Racconti che rimandano ad
altri racconti, in un gioco di specchi. Viviamo in quella parte di
mondo in cui chiunque cerchi la verità è destinato a trovare
storie.
La
ragazza delle meraviglie è scandito da episodi
spettrali, in cui c’è poco d’intentato o d’inventato. Dove la
suggestione è di casa e la mappa topografica riporta quasi alla
mente i viottoli di Diagon Alley, si tramanda che un uovo magico
preservi gli equilibri malsicuri del luogo, che i sogni siano da
prendere sul serio – consultate la Smorfia, per esempio, che li
prende davvero alla lettera – e che la maschera di Pulcinella, qui
presenza tutt’altro che rassicurante, sia un tramite con l’aldilà.
Nell’architettare una trascinante ballata dal gusto rétro, che ci
ricorda di capitolo in capitolo gli amori impossibili tra i marinai e
le sirene, Lavinia non dimentica l’attualità. Le rimostranze grandi
e piccole amplificate da un megafono in piazza, i teatri che chiudono
per far posto ai supermercati costruiti in serie, i monti crivellati
sin nelle viscere dagli appalti abusivi. Non c’è niente di sacro:
neanche l’arte, neanche l’infanzia di un’innocente.
È
una Napoli da salvare non dallo tsunami, ma semplicemente da noi
stessi.
È una Napoli presso cui tornare, usando l’incanto di questa storia
come fosse una bussola. L’immaginazione contagiosa di Lavinia Petti
la illumina a giorno, la scandaglia, la protegge. Ne fa meraviglie.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Roberto Murolo e Mia Martini – Cu’mme
Mi hai incuriosita. Tempo fa lessi Il ladro di anime, e questo sembra una bella lettura :) Ci penserò :)
RispondiEliminaLavinia non si smentisce!
EliminaIl nome dell'autrice mi giunge nuovo, ma devo dire che i passaggi che hai riportato mi hanno colpito: sembra veramente in gamba, non c'è che dire! *_____*
RispondiEliminaSia questo, sia il precedente, sono la tua tazza di tè. ❤️
EliminaAutrice che nn conosco. Mi pare di capire che meriti!
RispondiEliminaNapoli è sempre uno sfondo affascinante!
E comunque... che è sto fatto che rinneghi il karaoke con le canzoni di Claudiuccio mio? :-D
Buona domenica ;-))
Ahahahahah, diciamo che non sono più un fan, però le canzoni le so TUTTE.
EliminaCome sempre le tue recensioni mi catapultano in un mondo di emozioni in cui i personaggi, i luoghi, le vicende, sembrano vivere grazie a un cuore che pulsa. Questo romanzo, che non conoscevo, sembra nascere e vivere grazie a un terreno fertile di leggende e sentimenti, passato e presente con una punta di mistero. Lo leggerò sicuramente magari ascoltando qualche canzone di Baglioni che io amo tantissimo :)
RispondiEliminaTi ringrazio, carissima!
EliminaNon so quanto Baglioni sia in tema, ma a casa mia quando ero piccolo andava tanto quanto le gite a Napoli per vedere i presepi!
Cantavi Claudio Baglioni al karaoke?!?
RispondiEliminaSpero di aver letto male ahahaaah
Girerà sicuramente qualche filmino in famiglia...
EliminaDevo ancora leggere il primo. Partirei da quello. D'altra parte sto leggendo moltissimo, potrebbe essere la volta buona. Ciao da Lea
RispondiEliminaIn ogni caso, hai davanti a te storie bellissime!
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