Sono
passati trentacinque anni dall’arrivo in libreria del Racconto dell’ancella. Romanzo lungimirante e spietato che, nell’arco
di un paio di decenni, si è imposto a giusta ragione come un moderno
classico della distopia: un genere d’invenzione, a tinte satiriche,
che mai come oggi – nell’era della presidenza Trump, del
movimento metoo, di barriere geografiche e ideologiche – si
è rivelato spaventosamente premonitore. Tornato sotto i riflettori
grazie al successo inarrestabile dell’omonima serie TV, il
capolavoro dell’autrice canadese – nei giorni scorsi considerata
perfino un papabile premio Nobel – trova in ritardo una sua
prosecuzione ufficiale. La
domanda, a fine lettura, prevedibilmente nasce da sé: serviva
davvero? Sia Benedetto il frutto, e invece il sequel fuori tempo
massimo? Giunto sugli scaffali con una trama tenuta sotto stretta
segretezza, atteso a prescindere con un misto di fibrillazione e scetticismo, I testamenti si aggiunge
all’universo temporale del predecessore. Per leggerlo, tuttavia, è
preferibile essere al pari con la programmazione della serie con
Elisabeth Moss. Meglio sapere già cos’è stato di June, ancella
recalcitrante. Meglio sapere, soprattutto, se la sua gravidanza sia
andata o meno in porto. A Gilead, infatti, tutti parlano della
piccola Nicole: che fine ha fatto? C’è speranza che venga
restituita alla famiglia del Capitano?
In una comunità in gran fermento, erosa all’interno da scandali e corruzione, s’incrociano a qualche anno di distanza dagli eventi del primo capitolo le voci di tre personaggi femminili. Il primo, già noto, è Zia Lydia: aguzzina al solito dotata di carisma e sarcasmo straordinari, nella sua confessione fraudolenta mescola frammenti di un passato come giudice e descrizioni della routine ad Ardua Hall: un covo di donne di potere e corruzione, dove le rivalità all’ultimo sangue fra Zie e le contromosse per frenare il business della fuga costituiscono ormai la norma. In biblioteca, in mezzo a titoli proibiti che comprendono Jane Austen, Thomas Hardy e le sorelle Bronte, i posteri potranno trovare un giorno la sua confessione. Inediti, al contrario, i punti di vista delle altre narratrici mostrano le due facce dell’essere giovani al tempo del regime. Daisy, sedici anni, vive oltre il confine canadese: sfrontata e sicura di sé, è costretta a mettere tutto in discussione alla notizia della dipartita di quei genitori un po’ hippy e davanti a una missione rischiosa – infiltrarsi a Gilead sotto copertura. A Gilead, invece, la timida Agnes ha sempre vissuto all’insegna della cieca obbedienza: case di bambole, gonne fruscianti, una paura inconscia per gli uomini e l’autorità, un ambiente scolastico competitivo e crudele che dà lezioni morali attraverso sanguinosi episodi biblici. Costretta prematuramente a sposarsi, potrebbe sfuggire al suo destino di sposa bambina entrando a far parte delle Supplicanti: meglio diventare una macchina da figli, però, o scendere a patti con le contraddizioni delle Sacre Scritture, con tanto di documenti da insabbiare e messaggi censurati?
Se le prospettive descritte sono parzialmente inedite, gli scenari e le situazioni risultano per forza di cose già esplorati sul piccolo schermo. Più credibile quando alle prese con l’evocazione dei costumi e dei trattamenti più barbari, Margaret Atwood è a disagio con scene d’azione e svolte da film di spionaggio. Soprattutto, pasticcia in maniera imperdonabile – parliamo, infatti, di una signora scrittrice – con segreti di Pulcinella che durano poche pagine appena e colpi di scena risibili, nemmeno avvertiti come tali dal lettore smaliziato. Si concentra sui giochi di potere interni, su tinte lievi e giovanili, ma il lungo salto temporale aggiunge poco allo spaccato dell’inquietante Repubblica, meno ancora al mito della Atwood. A corto di scene memorabili o nuovi spunti di riflessione, elegantissima nello stile ma elementare nell’architettura, la lettura è parsa al di sotto delle aspettative e tutt’uno con la trasposizione televisiva: da qualche anno a questa parte in caduta libera, spiace constatarlo, dopo gli exploit della prima stagione – non a caso, riproposizione fedele del Racconto dell’ancella. Ci sono voluti trentacinque anni, pare, per svelarci l’ovvio. Prevedibilmente, il prosieguo della storia patisce una pianificazione a tavolino. Mancano le brutalità e l’urgenza, resta una scrittura tanto consapevole quanto compiaciuta: più forte ancora, però, è l’impressione che dietro la speculazione economica non ci sia sostanza. Pensavo fosse un testamento, invece era una fanfiction.
La storia
non si ripete, ma fa rima con sé stessa.
In una comunità in gran fermento, erosa all’interno da scandali e corruzione, s’incrociano a qualche anno di distanza dagli eventi del primo capitolo le voci di tre personaggi femminili. Il primo, già noto, è Zia Lydia: aguzzina al solito dotata di carisma e sarcasmo straordinari, nella sua confessione fraudolenta mescola frammenti di un passato come giudice e descrizioni della routine ad Ardua Hall: un covo di donne di potere e corruzione, dove le rivalità all’ultimo sangue fra Zie e le contromosse per frenare il business della fuga costituiscono ormai la norma. In biblioteca, in mezzo a titoli proibiti che comprendono Jane Austen, Thomas Hardy e le sorelle Bronte, i posteri potranno trovare un giorno la sua confessione. Inediti, al contrario, i punti di vista delle altre narratrici mostrano le due facce dell’essere giovani al tempo del regime. Daisy, sedici anni, vive oltre il confine canadese: sfrontata e sicura di sé, è costretta a mettere tutto in discussione alla notizia della dipartita di quei genitori un po’ hippy e davanti a una missione rischiosa – infiltrarsi a Gilead sotto copertura. A Gilead, invece, la timida Agnes ha sempre vissuto all’insegna della cieca obbedienza: case di bambole, gonne fruscianti, una paura inconscia per gli uomini e l’autorità, un ambiente scolastico competitivo e crudele che dà lezioni morali attraverso sanguinosi episodi biblici. Costretta prematuramente a sposarsi, potrebbe sfuggire al suo destino di sposa bambina entrando a far parte delle Supplicanti: meglio diventare una macchina da figli, però, o scendere a patti con le contraddizioni delle Sacre Scritture, con tanto di documenti da insabbiare e messaggi censurati?
Piansi?
Sì: scese qualche lacrima dai miei occhi visibili, i miei umidi e
piagnucolosi occhi umani. Però ne avevo un terzo, in mezzo alla
fronte. Lo sentivo: era freddo come una pietra. E non piangeva,
vedeva. E dietro qualcuno pensava: Rifarò i conti con voi. Non mi
importa quanto tempo servirà e quanta merda dovrò mangiare nel
frattempo, ma ci riuscirò.
Se le prospettive descritte sono parzialmente inedite, gli scenari e le situazioni risultano per forza di cose già esplorati sul piccolo schermo. Più credibile quando alle prese con l’evocazione dei costumi e dei trattamenti più barbari, Margaret Atwood è a disagio con scene d’azione e svolte da film di spionaggio. Soprattutto, pasticcia in maniera imperdonabile – parliamo, infatti, di una signora scrittrice – con segreti di Pulcinella che durano poche pagine appena e colpi di scena risibili, nemmeno avvertiti come tali dal lettore smaliziato. Si concentra sui giochi di potere interni, su tinte lievi e giovanili, ma il lungo salto temporale aggiunge poco allo spaccato dell’inquietante Repubblica, meno ancora al mito della Atwood. A corto di scene memorabili o nuovi spunti di riflessione, elegantissima nello stile ma elementare nell’architettura, la lettura è parsa al di sotto delle aspettative e tutt’uno con la trasposizione televisiva: da qualche anno a questa parte in caduta libera, spiace constatarlo, dopo gli exploit della prima stagione – non a caso, riproposizione fedele del Racconto dell’ancella. Ci sono voluti trentacinque anni, pare, per svelarci l’ovvio. Prevedibilmente, il prosieguo della storia patisce una pianificazione a tavolino. Mancano le brutalità e l’urgenza, resta una scrittura tanto consapevole quanto compiaciuta: più forte ancora, però, è l’impressione che dietro la speculazione economica non ci sia sostanza. Pensavo fosse un testamento, invece era una fanfiction.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Sia – Unstoppable
ecco, tremavo all'idea di leggere le prime recensioni su questo sequel che ovviamente stavo aspettando...
RispondiEliminache dire... A leggerlo, lo leggerò, ormai ci sono dentro :-D
ma mi par di capire che non sia qualcosa di inaspettato e straordinario o.O
Si legge, ma senza scossoni.
EliminaPerò si legge senz'altro bene.
Sai già come la penso, e a questo punto sono indecisa se affrontarla o meno questa lettura 🤔🤔 ti farò sapere 🤗🤗
RispondiEliminaLeggerlo a distanza ravvicinata dal primo romanzo, secondo me, lo renderebbe ancora più scadente. Altro che complementare.
EliminaCiao Michele.
RispondiEliminaL'ho appena terminato.
Ti dirò, sono d'accordo con te e anche no.
Io ho letto solo i libri, niente trasposizione per me...
Ci sto - e ci devo - ancora riflettere.
Nel mentre delle elucubrazioni, ti auguro buon fine settimana, ciao!
Aspetto il verdetto allora!
EliminaForse non conoscete la serie TV è stato un bene.
Però, d'altra parte, non sapevi niente della gravidanza della protagonista dalla fine del primo capitolo in poi. Un bene o un male? Sapevi di Baby Nicole?
Non sono sicura di volerlo leggere: Il racconto dell'ancella (libro) mi aveva colpito anche per il suo finale aperto, e l'idea di tornare ad esplorare quel mondo non mi attira per niente.
RispondiEliminaCredo che al massimo potrei prenderlo in biblioteca.
Quel finale era splendido così.
EliminaQuesto ritorno, a parte qualche nuovo punto di vista sul tema, porta a ben poche risoluzioni...
Considerando quanto la serie sia peggiorata, non mi stupisce che il sequel su carta sia altrettanto scarsino.
RispondiEliminaNe faccio a meno, di questa "fanfiction". XD
In compenso, già hanno confermato che ne faranno una serie TV.
EliminaSotto il suo Occhio.
Non ho visto la serie ma ho amato il primo libro e il finale mi aveva lasciata con mille domande. Non so se nel secondo volume troverò tutte le risposte ma speravo di ritrovare il fascino di quell'inquietante società che tanto mi aveva colpita :)
RispondiEliminaCurioso di conoscere il tuo parere. Come dicevo, non so se consigliare la lettura a chi non segue la serie TV. Ricorderete magari si sfuggita Zia Lydia, presenza fissa negli episodi, e soprattutto non saprete niente del destino della vecchia protagonista... Un bene o un male, se qui non viene trattato? Ripeto, son curioso. Forse, da spettatore, sapevo troppo.
EliminaA me bastava il finale del libro, e come ben sai le ultime due stagioni della serie non mi sono piaciute moltissimo ( pensa che devo ancora vedere l'ultimo episodio della terza, ma mi sono spoilerato per sbaglio il finale e quindi non ho manco bisogno di vedere l'episodio), però appena potrò leggerò comunque questo libro anche per amore di completezza.
RispondiEliminaPeccato completi ben poco, con il senno di poi.
EliminaSe si sperava in una risoluzione, meglio dichiararsi delusi in partenza.