Com’è
il rapporto con i membri della vostra famiglia? Dalla sincerità
della risposta potrebbe dipendere la percezione dell’ultimo romanzo
dello svedese Jonas Hassen Khemiri: una rimpatriata caustica e
dolce-amara su tutto quello che una coppia di neosposi innamorati,
probabilmente, preferirebbe non sapere. Con la mia famiglia, come sa
chi mi legge da qualche anno, i rapporti son tesi. Da figlio maggiore
ho il compito ingrato di coordinare i movimenti degli altri, sparsi
in tre diversi angoli dell’Italia; di ricordare cosa posso dire a
mamma e cosa devo nascondere a papà, o viceversa; di far sì,
attraverso messaggi che sono autentiche newsletter, che un fratello
con la memoria da pesce rosso ricordi di onorare i compleanni, gli
onomastici, le feste comandate. L’ultima occasione per riunirsi è
stata la mia laurea, ad aprile. Ero più preoccupato per le loro
interazioni che per il discorso di dieci minuti da ripetere al
cospetto della commissione, o di quelle scarpe eleganti un po’
troppo larghe. Si sarebbero comportati bene? Sarebbero stati a loro
agio chiusi a forza nell’aula magna? Ho evitato festeggiamenti
formali per non fronteggiare l’imbarazzo di vederli costretti alla
stessa tavolata. Abbiamo brindato in piedi, sul prato
dell’università, con i bicchieri di plastica e mio padre da un
lato, mia mamma d’altro, mio fratello che all’occorrenza faceva
da spola. A fine giornata ho tirato un sospiro di sollievo: basta,
finiti i momenti di aggregazione. E se ti sposi?, ribatte chi
mi è vicino. E se hai un figlio?, rilancia. L’angoscia di un’altra
occasione ufficiale – io che m’improvviso equilibrista, io che
per quieto vivere ridimensiono nuovamente i miei entusiasmi – è
l’anticoncezionale migliore.
L’amore
è una dittatura, pensa il papà, e le dittature sono un bene, perché
non era mai stato così felice come quando non aveva la minima
libertà, quando l’unica cosa che sapeva era che non poteva stare
lontano da lei. Lei. Sua moglie. La sua ex moglie.
Leggere La
clausola del padre ha significato scoperchiare un vaso di
Pandora di amarezze, memorie, rancori personali. Lo
consiglierei con il contagocce, tant’è incandescente. Chi ha la
fortuna di non esserci passato potrebbe reputarlo folle; chi ha un
matrimonio in cantiere, magari bambini in arrivo, potrebbe trovarlo
fatale. Impietoso, divertentissimo, pieno zeppo di tiri pancini e
parole non dette, il romanzo ha punti di vista complementari ma
assolutamente inconciliabili.
C’è
un padre straniero che ogni cinque mesi, due volte all’anno, torna
in Europa un po’ per affetto e un po’ per opportunismo: burbero e
presuntuoso, malato di diabete, si addormenta davanti alla TV per
fugare la solitudine e all’arrivo in aeroporto – in un marasma
invidiabile di parenti, autisti, amanti – non ha nessuno ad
aspettarlo. Quali torti avrà mai commesso quel vecchio con il
pallino della fuga e dei film d’azione, che da quando si è
scoperto cagionevole ha la pretesa illegittima di essere considerato
fragile? Suo figlio, a sua volta genitore di due bambini
insopportabili, è troppo impegnato per occuparsi anche delle
recriminatorie dell’anziano: commercialista in pausa, si prende
cura dei piccini quando la compagna è a lavoro e vive il ruolo di “mammo” con una costante ansia da prestazione. Un tempo
abbastanza intraprendente da strappare la fidanzata a un altro uomo
attraverso un’appassionata corrispondenza telematica, ora fa fiasco
alle serate di stand-up comedy e non ha voglia di riappropriarsi di
una relazione senza più l’intimità originaria. Troverà le parole
per dire al padre in visita che questa volta non è aria, lui che per
natura è compiacente e paciere quanto il sottoscritto? Poi c’è la
sorella minore, donna in carriera reduce da un matrimonio
fallimentare e dichiaratamente allergica alle storie serie: istintiva
e libertina come un’eterna adolescente – leggera come lo sono
spesso i secondogeniti, i più coccolati, nonostante un dolore
nascosto nel passato –, come reagirà quando il test di gravidanza
le comunicherà che lei e il suo fidanzato occasionale, un adorabile
cinefilo di sette anni più giovane, sono in dolce attesa?
Non
conosco nessuno che abbia una relazione normale con qualcun altro,
tanto meno i suoi genitori. E questa relazione quanto è normale?,
aveva scritto lui. Il giusto, aveva risposto lei. Ogni nuova mail
apriva la strada a qualcosa di più. La sensazione era quella di
avvicinarsi a un frisbee invisibile e farsi trascinare via dalla
realtà. Di avvicinarsi a qualcosa che ti trasforma in una versione
migliore di te stesso. In realtà non sono poi così divertente,
aveva scritto uno dei due dopo un paio di mesi. Nemmeno io, aveva
risposto l’altro. Non importa chi aveva scritto cosa, perché
avevano già iniziato a diventare una persona sola. Quando finalmente
si incontrarono, era ormai troppo tardi. Erano fatti l’uno per
l’altra.
In
una Svezia colorata dalla presenza di ambulanti, extracomunitari e
turisti, dove i nativi appaiono al contrario sempre grigi e
indaffarati, i protagonisti hanno l’Ikea Family nel portafoglio, la
cronologia internet affollata di ricerche su utilitarie e passeggini
ergonomici, un posto di straforo in costose caffetterie vegane dove i
passeggini devono restare fuori alla stregua dei cani. Indossano
maglioni, paraorecchie, cappotti pesanti: fa freddissimo d’inverno,
ed è inutile confidare nel calore del prossimo. A strapparci sorrisi
frequenti, per fortuna, ci pensano i capitoli affidati ai narratori
più impensati: capolavori di scrittura creativa dove a condannare
l’incomunicabilità degli adulti, le contraddizioni di quei pareti
che ci demoralizzano in privato per poi vantarci in pubblico, sono i
piccoli di casa – quante critiche allora a quei genitori senza più
la meraviglia nello sguardo, incapaci di godere dell’incanto di una
mattina di neve senza mandare tutto allo scatafascio oppure di
cogliere le sfumature di significato di un muuu. Vittime
di una solitudine siderale, per il resto, perseguitati dai fantasmi
degli amori perduti o dal ricordo delle occasioni perse, i tre non
riusciranno a incrociarsi nella stessa pagina e non avranno mai un
nome di battesimo: non risultano, tuttavia, anonimi neanche per un
attimo. L’autore specifica soltanto i gradi di parentela, che li
qualificano e li imprigionano annullandone l’autonomia. Troppo
tardi per riprendersi l’identità, o per bacchettare il capostipite
per inadempienza contrattuale?
Cos’è
successo davvero tra voi?, chiede lei. La vita, risponde lui. Prima
la vita. Poi la morte.
Le
famiglie difficili da gestire inacidiscono. Le famiglie difficili
stancano. Non puoi prenderti ferie da loro, no, né annullare un
contratto siglato con il sangue. Complicatissime, sono davvero fatte
a modo loro. Ma chi dice che in fondo non si somiglino? C’è più
della mia qui che in una foto ricordo. Le chiamate da bypassare, le
rimostranze continue, la scomodità nel vedersi in territorio
neutrale. Con troppo da organizzare. Con troppo da incastrare. Ma è
il meccanismo di difesa di chi è rimasto bruciato una volta, il mio:
a volte, infatti, provo tanta nostalgia di noi.
Accade
quando i protagonisti maschili di Khemiri si scoprono a trattenere il
fiato sovrappensiero, pensando che alla fine della prova di apnea la
porta d’ingresso si aprirà per premiarli per cotanto coraggio.
Quando
io vedo una signora bionda di spalle, per strada, e mi scopro a
seguirla da lontano: l’ho scambiata per mia madre, e per un paio di
isolati mi sono dimenticato di avercela con lei.
O
quando, dopo aver messo l’ospite sul mezzo che lo riporterà
finalmente alla sua nuova casa – una casa che non siamo più noi –,
gli diremo di mandarci un messaggio non appena arriva: la più grande
dichiarazione d’amore di chi si vuol bene, ma tace.
Il
mio voto: ★★★★½
Il
mio consiglio musicale: The Cinematic Orchestra – To Build A Home
Mi hai incuriosito un sacco! Vedrò di leggerlo anche io :))
RispondiEliminaAspetto il tuo parere.
EliminaIo non vedo l'ora di leggere altro dell'autore.
Imperdibile. Mi hai convinta. Lea
RispondiEliminaUna di quelle letture a scatola chiusa, nel mio caso, che afferrano alla gola. Ad avercene di più.
EliminaChe dire di più!?
RispondiEliminaRecensione sublime e a tratti molto personale :)
Ci faccio un pensiero anche perché un voto del genere vuol dire tanto!
Penso proprio che ti piacerebbe.
EliminaCon un romanzo così, poi, mi sarebbe parso disonesto non metterci un po' la faccia. :)
Un quattro e mezzo da te è un libro da leggere assolutamente! In lista
RispondiEliminaEh, se lo meritava proprio.
EliminaSono quasi certo rientrerà nel meglio di quest'anno - non che sia stato un anno particolarmente memorabile, purtroppo.
Le storie con al centro il complesso microcosmo che è la famiglia hanno un forte richiamo su di me.
RispondiEliminaUn titolo da segnare!
Leggi e dimmi. ❤️
EliminaBello il racconto dei tuoi (tesi) rapporti famigliari.
RispondiEliminaSarà altrettanto bello anche il libro?
Di più!
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