|I favolosi anni di Billy Marvin,
di Jason Rekulak. Rizzoli, € 17, pp. 365 |
Letture
da ombrellone cercasi. Anche se l'ombrellone, in tempo di sessione
estiva e PeF24, è una prerogativa rimandata a verbalizzazioni da
destinarsi. Anche se la gioia di avere il mare qui, a venti minuti a
piedi da casa, diventa l'opposto se in un giugno da clausura non
l'hai visto nemmeno da lontano. Meno male che c'è Jason Rekulak, uno
di quegli scrittori dal cognome talmente assurdo da ispirare di per
sé simpatia, che fanno del cazzeggio un'arte e una branca di Young
Adult mai così vintage. Narratore divertentissimo, nerd incallito,
erotomane all'occorrenza, l'autore della provincia americana regala
la sua adolescenza, l'insofferenza per il New Jersey e il pallino per
la tecnologia al protagonista, Billy. Un quattordicenne sincero e
allampanato alle prese con i migliori anni: quelli dell'adolescenza;
i gloriosi Ottanta. Gli appuntamenti romantici al cinema, con le mani
che si afferrano tra i pop-corn e la scusa delle giunture da
stiracchiare che si trasforma presto in un mezzo abbraccio; le email
più lente del piccione viaggiatore; il coprifuoco fisso a
mezzanotte; le scorribande per centri commerciali e qualche prima
preoccupazione per un virus chiamato AIDS, per il sospetto infondato
dei comunisti dappertutto. Parliamo però di tempeste ormonali in
paeselli degni di Footloose,
di prurigini che oggi spingono l'adolescente medio a ripulire con
ingegno la scena del crimine della propria cronologia di ricerca:
quant'era difficile scoprire il sesso, superare l'impaccio delle
prime esperienze con il ricorso a un po' di innocente pornografia,
senza l'anonimato della rete? Metti allora questa valletta finita a
tradimento fra le pagine di Playboy,
che quando gira la ruota del famoso quiz a premi a te fa girare la
testa in preda ai bollori. Metti che sbirciarla, venerarla, sia il
sogno nel cassetto tuo e dei tuoi amici, desiderosi di creare un
commercio clandestino contrabbandando al liceo le fotocopie degli
scatti bollenti. Peccato che per vedere Vanna White come mamma l'ha
fatta non basti un click distratto, come successo a noi all'epoca
degli hacker e di Jennifer Lawrence: l'unico edicolante della zona,
l'asprigno e inquisitorio signor Zelinski, non transige. Billy e gli
altri (lo sfacciato Alf e il bel Clark, mortificato alla
nascita dalla mano a uncino) possono forse accontentarsi di
noleggiare per l'ennesima volta Kramer contro Kramer,
pur di mandare al rallenty una scena di nudo integrale sfuggita
al rigore della censura? I nostri eroi, ovvio, hanno un piano di
riserva: irrompere in negozio nel cuore della notte, salvare la
bellezza di Vanna dal bigottismo diffuso, mettere i soldi in cassa come nello
stile dei ladri gentiluomini. Passino pure la violazione del
coprifuoco, un cane d'appartamento che abbaia loro contro, le ronde
di un poliziotto che si crede Schwarzenegger, il salto di un metro e
mezzo tra un edificio e l'altro: ma come fare con l'allarme? Anche la
soluzione, sì, somiglia proprio a un film: sedurre Mary Zelinski, la
sola che conosce il codice a memoria, e non rischiare di
innamorarsene. Facile, uno dice: lei è una studentessa in
sovrappeso; Billy, vittima sacrificale, non ne è attratto ma pensa
di conquistarla con la sua aria da secchione, benché sprovvisto del
physique du role.
Era
il 1987, io avevo quattordici anni e i libri avevano sempre ragione.
Il
titolo originale del romanzo, The Impossible Fortress,
rimanda a fortezze da espugnare: precisamente tre. La prima è il
negozio sorvegliato e la libertà (economica, sessuale) che
rappresenta; la terza è un collegio femminile super esclusivo,
circondato da infidi rovi di rose; la seconda, a metà, è un
videogioco da programmare in quindici giorni per un concorso
scolastico. Tanti baluardi impossibili, insomma, e festa grande al
raggiungimento del traguardo. Ma qualche incomprensione dolorosa, un
colpo di scena non messo in conto nel finale, qui e lì ti fanno
chiedere preoccupato: e se finisse con un Game Over? Più facile
imparare il linguaggio macchina in tempi record, infatti, o ammettere
che la collaborazione cuore a cuore con l'ingegnosa Mary – non così
bruttina, non così redarguibile – stia diventando qualcosa di più?
I mangianastri, i primi computer, i titoli delle compilation che in
fila formano una poesia sugli amori tramontati e minigame
su misura per ammettere di
piacersi: reperti giurassici di giorni andati, di cui trovi traccia
nel cruscotto della macchina dei tuoi parenti, nel disordine degli
scantinati e nei poster delle videoteche sfitte, in foto d'epoca che
raramente sono parse così colorate. Cos'è restato di quegli
Ottanta, per rispondere al ritornello di Raf? Più di qualche
scrittore che vive di rendita. Più di qualche riproposizione
stanca, modaiola, senza ispirazione. E qualcos'altro, a sorpresa,
come l'avventura di Jason Rekulak: acquisto immancabile per feticisti
e nostalgici, che quei favolosi anni me li ha fatti invidiare e
respirare. I quattordicenni di oggi – saranno gli OGM nei Plasmon,
il libero accesso ai social, lo scioglimento della calotta polare, chissà –
sono pertiche in piena pubertà che vantano esperienze superiori alle
mie: blogger timido, deperito, nato vecchio. Quelli di ieri avevano
meno spunti, meno distrazioni, e ogni contrattempo poteva diventare
all'improvviso un gioco.
Stavamo
ore davanti alla tivù, ci frullavamo ettolitri di milkshake e ci
ingozzavamo fino alla nausea di merendine e sofficini gusto pizza.
Facevamo maratone di Monopoli e Risiko e discutevamo di film e di
musica. Ogni sera era come un pigiama party, e pensavo che quella
vita paradisiaca sarebbe continuata in eterno.
Ci
si doveva sudare tutto, perfino un bacio a fior di labbra, e il sesso
spiato era un tabù che ispirava audaci imprese e abbassava di un po' le
diottrie. C'erano sì le occhiate maliziose delle pin-up svestite,
che ammiccavano da un angolo proibito della
rastrelliera dei giornali, ma anche un candore profondamente commovente. I
favolosi anni di Billy Marvin è
una commedia scritta in codici binari, con lo stesso alone
malinconico e leggendario degli 8 bit. Un viaggio nel tempo per
rigattieri aspiranti, che costruisce un ponte levatoio tra
generazioni lontane e, per un attimo lungo trecento pagine, ti lascia
intravedere la magia che i tuoi genitori, in fondo, rimpiangono ancora.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Van Halen – Jump
I pigiama party? credo che per i ragazzini di oggi siano solo una leggenda! Sembra un titolo carino da far leggere anche a chi quell'età la sta vivendo oggi, giusto per non dimenticare che ci può essere anche altro :)
RispondiEliminaMi appunto il titolo che onestamente non avevo neanche notato prima della tua recensione!
In effetti, Sara, anch'io ne ho letto poco in giro.
EliminaUn peccato, perché merita. Nonostante la retromania dilagante da Stranger Things in poi, lo ammetto, mi sia venuta già a noia...
Me l'appunto anch'io! Lea
RispondiEliminaAh...le ragazzine i pigiama party li fanno ancora. Ho notizie di prima mano ;-)
EliminaSorrisi assicurati, gli si vuole proprio bene.
EliminaSui pigiama party non metto bocca, no: sarai senz'altro più informata tu!
Eccomi qui! Beh, direi che me lo hai venduto, sai?
RispondiEliminaCerto, le email nel 1987 fa un po' strano... fuori dell'Italia erano più evoluti!
Mi piacerebbe sapere come era in originale "sofficini alla pizza" :)
Moz-
Infatti sì. Il primo computer, in casa mia, è entrato nel 2001, figurati: stavo, stavamo, parecchio indietro.
EliminaSulla traduzione sono curioso anch'io e, a proposito di curiosità, ti segnalo che sul sito di Rekulak è possibile giocare al minigame che Billy e Mary progettano durante il romanzo. :)
Grazie dell'info :)
EliminaMoz-
Sei meglio delle sinossi...
RispondiEliminaMi intriga, mannaggia a te!
Mmm, ti ringrazio? :)
EliminaMi ero già innamorata della cover, dopo trama e recensione non posso che segnarmelo!
RispondiEliminaLeggi e dimmi! ;)
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