Il
cane – uno di quelli minacciosi, con la testa grossa così: un
pitbull – mostra i denti e ti ringhia contro. Potrebbe staccarti
un braccio con un morso, se ti avvicinassi quel tanto che basta. Ma
Marcello, che ai cani sussurra, lo rabbonisce con un biscotto e un
nomignolo. Proprietario di un modesto negozio di animali in un
quartiere malfamato, tutto slot machine e Compro Oro che fanno gola
ai malintenzionati, si occupa di toelettatura, dog sitting e
saltuariamente di concorsi di bellezza. Single, padre di una bambina che ama
con la stessa dedizione che dedica ai clienti a quattro zampe, l'uomo
ha modi carezzevoli e due occhi malinconici. Simone – uno di quei
tipi nerboruti e rissosi, con la testa grossa così: un ex pugile –
sferra pugni a destra e a manca e tiene quell'anonima città di mare
in ostaggio del proprio terrore. Marcello però disinnesca anche mine
vaganti, e quel bruto che teme segretamente il giudizio di mammà sa
tenerselo buono con la cocaina finissima che, senza dare mai
nell'occhio, contrabbanda. L'ultimo Garrone, accolto trionfalmente a
Cannes, sembra John Steinbeck in una periferia da selvaggio West –
sbuffi di polvere, risse dal nulla, vendette trasversali. Quella non
è la Olbia dei notiziari, nonostante le somigli, ma una provincia
favolistica in cui si parla un po' romano, un po' napoletano, un po'
calabrese, e i confini – dello stato d'abbandono, della morale –
sono flebili. Un Fonte da Palmarès, buono indistintamente con
cuccioli e belve, fa il criminale per cortesia, il palo alle rapine
per integrarsi – e per integrare nel vicinato, soprattutto, quel
Pesce qui irriconoscibile e mal tollerato. Commette atti impuri mosso
da un candore commovente (pensate: si intrufolerà in un appartamento
svaligiato per rianimare un cagnetto messo a tacere nel cassetto del
congelatore) e davanti alle prepotenze, allo storto, reagisce con un
sorriso diplomatico e stupido. Perché è uno scricciolo, brutto come
la fame, e gli tocca mimetizzarsi per non perire. Tutto, scongiura,
ma basta gli acquazzoni notte e giorno. Tutto ma, per favore,
lasciategli stare la figlia, con la quale cerca online paesi esotici che
non visiteranno. Tutto, labbri spaccati, sgarbi e umiliazioni
da collezionare, ma non il disonore che a un certo punto lo renderà
persona non grata in un buco di mondo in cui tutti conosco di tutti
vita, morte, miracoli e peccati. Storia di cure affettuose e violenza
barbara, con il pericolo pulp intelligentemente raggirato ma risvolti
finali affatto impensati, Dogman è
fotografia pesta, gocce sull'acciottolato e spari a bruciapelo, noir
che si affranca grazie al cuore grande del cinema d'autore. Nessun
piano imperscrutabile, nessuna ricca refurtiva, nessun
narcotrafficante internazionale. Atmosfere a parte, non è
Gomorra. Poiché su scala
ridotta, non è il crime
estraneo da te. Sembra vicino, sembra normale, ma così non è. C'è
voluta la verità di Wikipedia per realizzare che al delitto del
Canaro – non ne ribadisco le modalità, per chi come me non
conoscesse il caso che fu l'incubo mediatico degli anni '80 – ci si
ispira soltanto a grani linee. Garrone cambia i nomi, i punti di
vista, il finale, non rinunciando né alla limpidezza di uno sguardo
compartecipe né ai suoi cari espedienti da fiaba nera. E emoziona,
intenerisce, spossa, con una vicenda a briglia sciolta legata
all'orgoglio di un omino con un soprannome da anti-eroe da fumetto.
Senti di averla fatta tua, a tratti, ma sbagli. Non la addomestichi e
non la perdoni. Complice quale sei, ti salvi soltanto se corri più
forte, lontano, del cane che abbaia e che morde. (8)
Li avevamo lasciati in sospeso, con loro
finalmente a un passo da Lui.
Avevano reclutato abbastanza ragazze discinte, fatto abbastanza
rumore, e la visione conturbante di quelle feste in piscina alla
Martin Scorsese aveva attirato quel settantenne di
botox non così menefreghista, non così leggero. Paolo Sorrentino,
da bravo anfitrione, ha rinnovato il suo invito giusto in tempo per i
Nastri d'argento e un nuovo governo che già fa discutere. Ci si
sposta nel privè, dopo i bagordi: la musica martellante si placa e
possiamo godere dei dialoghi recitati ad arte, delle
riflessioni che partono da chi meno ti aspetteresti e della
schiettezza che, un capitolo fa, si intuiva a intermittenza. Il
Berlusconi di Servillo sembra il Riccardo III
usurpato. Il protagonista sopra le righe di un romanzo
picaresco, ancora, in cui il lieto fine, l'ascesa, sono ostacolati da
mille perigli. Ci si distrare con il sonno del guerriero, le saune e
le fiction Mediaset con la soubrette del momento per improbabile protagonista, le
feste con sole ospiti del gentil sesso. Per dimenticare i sei
ministri che gli remano contro; la moglie decisa a chiedere il
divorzo all'indomani dell'ennesima intercettazione; il
terremoto che fa tremare l'Aquila e gli elettori. In
apertura si mette alla prova consultando le Pagine bianche e
pianifica uno scherzo telefonico stupendo: si improvvisa per l'ultima
volta venditore di sogni e immobili. Alla fine si confronta
aspramente con la Lario, e una strepitosa Ricci rende agguerrito il
testa a tesa. A metà, invece, una lunga festa per fugare il rischio
della solitudine. Forse galantuomo, forse impotente, il politico si
accontenta di vivere di bellezza riflessa e ricordi: si
dà alle lusinghe, invita le ragazze a sederglisi sulle ginocchia
come farebbe Babbo Natale, non le sfiora nemmeno con un dito. Sembra
rendersi conto di quanto appaia paradossale e triste il tutto, del
puzzo di nonno, soltanto Stella: ventenne seduta in un angolo che da
grande, no, non vuole fare la escort. Lunga serie di colloqui
serrati, inframezzati da stornelli napoletani e odalische vogliose,
il dittico di Sorrentino è ritratto apolitico (diretto e
interpretato con la maestria che si addice a un premio Oscar) di un
uomo ora odiato, ora amato, che non vorrebbe soltanto la botte piena
e la moglie ubriaca, bensì l'impossibile: fama e benevolenza. Da lì
il dilemma del re, anzi, del Cavaliere: tanto temuto, tanto criticato.
Nessuno vuole brindare alla sua salute, infatti; dargli la
soddisfazione di mostrare gioia davanti al suo ultimo giocattolo.
Eppure un tempo vendeva speranze. E qualcuno ci ha creduto. Qualcuno
si è innamorato. Ora ha perso il tocco da affabulatore, il potere
persuasivo? Berlusconi si mette alla prova. Si rende patetico. Un
Piccolo principe all'inseguimento della sua rosa, che ha paura di
morire vecchio e solo. Manca oggettivamente il disegno unitario, lo
sguardo d'insieme, e non soltanto per l'affatto funzionale divisione in
due parti. Per quanto altalentante, per quanto squilibrato, il film convince
quando Sorrentino smette di fare Sorrentino, di inseguire i vizi dei
lussuriosi Smutniak e Scamarcio in carrellate psichedeliche, e si
concentra sul dramma profondo di una crisi coniugale che, in faccia
all'avvocato, rifiuta di firmare la consensuale: quella tra l'Italia
e l'ex premier che credeva nel fumo negli occhi, quella tra Veronica e Silvio.
Finalmente, insomma, loro due. (7,5)
Questa volta il compito di esaltare il cinema italiano non tocca a me, anche perché questi film ancora devo vederli, ma a te. Che sia un passaggio di consegne? ;)
RispondiEliminaSpero di condividere il tuo apprezzamento anche se, per quanto mi riguarda, Sorrentino parte in pole position davanti a Garrone.
Eh, ma questa volta il "pregiudizio" sull'uno e sull'altro, vedrai, lascia il tempo che trova. Parlano i film. ;)
EliminaVoglio vederle entrambi! Ho letto che in tanti hanno preferito la seconda parte di Loro. Vedremo ;-)
RispondiEliminaMi farai sapere!
EliminaDogman è ancora difficile scuoterlo di dosso, una favola nera da un finale amarissimo. Garrone torna in sé, Marcello porta tutto sulle sue spalle, come da locandina.
RispondiEliminaSorrentino sì, dovrebbe fare meno il Sorrentino perché non potendo spaziare più di tanto e regalando millemila videoclip sexy, mi ha annoiato. Peccato perché di scene, di dialoghi soprattutto, e di riflessioni potenti, ce ne sono. Ma a conti fatti, cede il passo rispetto a Youth, rispetto alla Grande Bellezza.
Nel mio caso, il mese che purtroppo è passato tra la prima e la seconda parte di Sorrentino ha giovato: mi ha aiutato a vederlo, e forse ad apprezzarlo, con più distacco e meno noia. :)
EliminaDevo ancora vederli, ma il tuo parere mi incuriosisce molto.
RispondiEliminaSpero di non rimanere deluso.
Garrone soprattutto farà breccia a scatola chiusa in casa Ford. ;)
EliminaGarrone l'ho adorato, soprattutto ho adorato Marcello, così solo, così patetico, così tristemente umano.
RispondiEliminaLoro 2 meglio del primo capitolo, con scene davvero epiche come quella della telefonata. Opera imperfetta, squallida ed esagerata, in qualche modo affascinante, dovrei comunque rivedere tutto ancora una volta per capire se il dittico mi sia piaciuto o meno!
Marcello non si scorda, davvero.
EliminaE neanche i guizzi, i capricci e l'aria fritta di Sorrentino, a cui ho voluto bene nonostante gli oggettivi difetti (della scrittura, qui e lì, e del minutaggio).
Non credo vedrò Loro, ma Dogman devo assolutamente. Mi hanno colpito l'attacco mediatico e le parole positive dei critici. Deve essere un gran filmone.
RispondiEliminaEh già!
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