Un
sogno quando comincia non importa se durerà una vita o cinque
minuti: un sogno comincia sempre per durare in eterno.
Titolo:
Chi manda le onde
Autore:
Fabio Genovesi
Editore:
Mondadori
Numero
di pagine: 391
Prezzo:
€ 14,50
Sinossi:
Ci
sono onde che arrivano e travolgono per sempre la superficie calma
della vita. Succede a Luna, bimba albina dagli occhi così chiari che
per vedere ha bisogno dell'immaginazione, eppure ogni giorno sfida il
sole della Versilia cercando le mille cose straordinarie che il mare
porta a riva per lei. Succede a suo fratello Luca, che solca le onde
con il surf rubando il cuore alle ragazze del paese. Succede a
Serena, la loro mamma stupenda ma vestita come un soldato, che li ha
cresciuti da sola perché la vita le ha insegnato che non è fatta
per l'amore. E quando questo tsunami del destino li manda alla
deriva, intorno a loro si raccolgono altri naufraghi, strambi e
spersi e insieme pieni di vita: ecco Sandro, che ha quarant'anni ma
vive ancora con i suoi, e insieme a Marino e Rambo vive di espedienti
improvvisandosi supplente al liceo, cercando tesori in spiaggia col
metal detector, raccogliendo funghi e pinoli da vendere ai ristoranti
del centro. E poi c'è Zot, bimbo misterioso arrivato da Chernobyl
con la sua fisarmonica stonata, che parla come un anziano e passa il
tempo con Ferro, astioso bagnino in pensione sempre di guardia per
respingere l'attacco dei miliardari russi che vogliono comprarsi la
Versilia. Luna, Luca, Serena, Sandro, Ferro e Zot, da un lato il mare
a perdita d'occhio, dall'altro li profilo aguzzo e boscoso delle Alpi
Apuane.
La recensione
“Siamo
tutti
normali finché
non ci conosci abbastanza."
Feste
e festicciole mi colgono un po' così, immalinconito in una baraonda
di happy hour e gente euforica. All'odio per l'estate in genere,
perciò, quest'anno ho affiancato quello per il Ferragosto. Che poi
io la trovo brutta, la bella stagione, e loro ne festeggiano la fine
sul bagnasciuga? Che poi che senso ha brindare al quindici del mese,
e che senso hanno i botti e i fuochi a mare, che sono soldi sprecati
e aria intossicata in un giorno come tanti? Faccio fatica a legare la
nuvola nera a un palo e via, quand'è così: perdona la sincerità.
Nei giorni non segnati in rosso sul calendario, invece, tutto
normale, o almeno abbastanza: non mi si richiede l'allegria forzata,
di fare da autista a chi ha alzato il gomito oltre il consentito, e
io non mi lamento. Magari, trovo parcheggio in centro senza scongiuri
o bestemmie. Magari, non ho questa voglia di andare a dormire – che
sia mattina, pomeriggio o sera non m'importa – per svegliarmi il
giorno dopo, passati i turisti e il sorriso obbligatorio, quasi come
se a mezzanotte non me lo avesse ricordato l'eco dei giochi
pirotecnici che assurda ricorrenza di quale assurda estate fosse. Ho
combattuto il malumore regalandomi il mio primo Fabio Genovesi. Un
autore di quelli che mi si diceva leggilo leggilo, leggimi,
che mi ci ha fatto vedere il bello nelle città di villeggiatura,
ridere a crepapelle, rattristare un po'. Giustificando, in
quattrocento pagine, il mio essere lunatico. Chi manda le onde,
infatti, ha fatto compagnia a
chi di compagnia non ne aveva voglia, ma bisogno sì. Si è
impuntato, ed è rimasto sveglio insieme a me. Siamo stati
perfettamente noi stessi – io per conto mio, e lui che ci provava a
coinvolgermi, a tirarmi su, a dissipare la nuvola: e alla fine, ci è
riuscito, sì – e ci siamo piaciuti tantissimo così, nei peggiori
dei nostri giorni. Perché solo adesso, mi chiedi? Perché per certe
letture è questione di momenti: giusti o sbagliati. E in giorni di
riflessioni e bilanci tra me e me, a proposito delle cose che
cambiano in un anno e di quelle che restano, neanche a farlo apposta
mi sono abbandonato anima e cuore all'alta marea delle lune crescenti
e del magnifico Genovesi a dodici mesi di distanza dalla scoperta di
Niccolò Ammaniti, che nel giro di un libro mi aveva preso e portato
via con sé. Letteralmente. Questione di scelte
fortuite, magiche simmetrie, e sin dalle prime pagine, tenere e
sboccate, ho pensato a Ischiano Scalo, Graziano Biglia e ai post
scriptum che aprono squarci di lieto fine.
I temi e la
struttura di Chi manda le onde
non li conoscevo nel dettaglio, ma hanno fatto abbastanza il colorato
pulmino Volswagen in copertina (e io, che eppure rigo la Alfa di
papà uscendo dal cancello, ne ho sempre voluto possedere uno, ma è
un sogno che nel cassetto già pieno non ci sta) e quell'ultimo,
decisivo leggilo, leggilo.
E così ho obbedito. Mi sono messo gli occhiali scuri, le maniche e i
jeans accorciati, e ho chiesto un passaggio. Il pollice all'infuori,
come quegli autostoppisti che negli horror fanno una finaccia
bruttissima. Caricato a bordo sul lungomare della Versilia, mi sono
accorto che il pulmino era colorato e bello tanto fuori quanto
dentro, e che si stava in tanti e un po' stretti sui seggiolini
logori, ma ci si stringeva volentieri per far posto a figliol
prodighi e viandanti che, di nascosto, tramano contro il sole a
picco. Il sole non piace neanche a Luna, che è una ragazzina albina,
adorabile e credulona. Ha l'aria spiritata, la pelle ultrasensibile e
un dolore segreto che conosceremo presto. Tanto ha fatto, tanto ha
detto, ma è riuscita a portare con sé la bellissima e affranta
Serena, sua madre, che per ironia della sorte serena non è; Sandro, catechista improvvisato, che vive coi genitori a
quarant'anni, nomina spesso il nome di Dio invano e ha un peso
sulla coscienza (e un grande amore non corrisposto) di
cui liberarsi strada facendo; Zot, lezioso e radioattivo coetaneo
venuto da Chernobyl, e suo nonno Ferro, che gli ha insegnato
l'italiano con Claudio Villa, gli accostamenti di parole più
fantasiosi per le imprecazione e, all'occorrenza, a sfoderare i fucili davanti alle
invasioni massive degli extracomunitari.
Qualche cenno a Luca,
nell'immancabile tappa all'autogrill: il diciassettenne a cui tutti
vogliono bene ha inseguito la gioventù e i cavalloni in un viaggio
in Costa Azzurra consigliatogli da un prof, e intanto c'è chi sente
la sua mancanza e aspetta l'arrivo di una cartolina, un segno
qualsiasi. Le loro storie tragicomiche somigliano proprio tanto agli
oggetti che la giovane narratrice raccoglie a riva. Regali di un mare
che talora prende e talora dà. Manici di pentole, ossi di seppia o cinghiali o balene azzurre, teste di bambola, cocci di vetro, schegge
di legno. Ma la protagonista non ci vede granché, si affida al fiuto
e a un'immaginazione da preservare, e dunque gli scarti, i rifiuti e
i misteriosi tasselli delle mareggiate toscane sono tesori da
impilare sotto al letto. In attesa del miracolo dell'alba. Ma io sono
amareggiato e malinconico nei giorni di festa, fuori posto, e dunque
queste loro esistenze sprecate, i sogni in pausa, l'umorismo corrosivo e
le frasi da incorniciare, i matricidi e i fenomeni da baraccone sono
stati confortanti come uno squillo al Telefono Azzurro.
A me le onde in spiaggia le manda la Tirrenia quando entra al porto: l'acqua sale, divora il bagnasciuga e i castelli dei bambini, dipinge rughe di preoccupazione in mezzo agli occhi delle mamme. Per una paura inconscia, forse un'eredità degli ammonimenti dell'infanzia, associo le onde alla bandiera rossa sulla postazione del bagnino; al pericolo. Non mi fido di loro.
A me le onde le ha mandate Fabio Genovesi, ieri l'altro, e ci ho camminato incontro e in mezzo senza temerle. Saltandole, per non farmele arrivare all'ombelico, e poi abbandonandomi ai loro moti ballerini. L'impressione di affogare, superata al cavallone successivo. Le alghe impigliate nei capelli e i sorrisi tra i denti. Poi, una spinta decisiva verso l'alto. Come volare, o rinascere daccapo.
A me le onde in spiaggia le manda la Tirrenia quando entra al porto: l'acqua sale, divora il bagnasciuga e i castelli dei bambini, dipinge rughe di preoccupazione in mezzo agli occhi delle mamme. Per una paura inconscia, forse un'eredità degli ammonimenti dell'infanzia, associo le onde alla bandiera rossa sulla postazione del bagnino; al pericolo. Non mi fido di loro.
A me le onde le ha mandate Fabio Genovesi, ieri l'altro, e ci ho camminato incontro e in mezzo senza temerle. Saltandole, per non farmele arrivare all'ombelico, e poi abbandonandomi ai loro moti ballerini. L'impressione di affogare, superata al cavallone successivo. Le alghe impigliate nei capelli e i sorrisi tra i denti. Poi, una spinta decisiva verso l'alto. Come volare, o rinascere daccapo.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Bruno Lauzi – Onda su onda
E vabbè, se la metti così...ci fai sciogliere tutti. Libro molto carino, recensione da 5 converse. L'estate sta finendo, coraggio. Baci.
RispondiEliminaTi ringrazio, Tessa!
EliminaL'estate sta finendo, per fortuna! E Genovesi è uno che aiuta a sopportarla ;)
RispondiEliminaPer sfortuna, non ha scritto molto...
EliminaTocca conservarsi gli altri libri per le (catastrofiche) estati che verranno? :)
Scrivendo da cellulare al momento ti dico solo "Finalmente!". Sono contenta che tu l' abbia letto e che ti sia piaciuto.
RispondiEliminaLea
Finalmente, sì!
EliminaE rompo il salvadanaio, adesso, per Esche Vive. :)
Esche vive è molto carino! Magari lo trovi in biblioteca senza rompere il salvadanaio.;-)
EliminaCiao da Lea
Eh, ma se mi piace poi lo voglio!
EliminaIn biblioteca, comunque, passerò domani per chiedere informazioni su questo prestito interbibliotecario... Mi servono (introvabili) libri per la tesi. :)
Ciao. Bene, anche per te è stato il Primo Genovesi - per me solo un paio di mesi fa - amore a prima vista, e un sogno nel cassetto proprio come il tuo, la pulmina, ma chissà se mai riuscirò. Mi sento diversa, alcune volte sbagliata, forse troppo spesso. questo romanzo mi ha regalato serenità e risate, la tua recensione, che ho letto d'un fiato senza saltare nemmeno una riga, mi ha donato rassicurazioni. Buon quasi autunno. :-)
RispondiEliminaTi ringrazio, Baba!
EliminaChe il primo Genovesi, però, non resti l'ultimo. Cercherò di recuperare a breve almeno Esche Vive, che pare sia più bello ancora. Aspettative altissime. :)
Non so perché,questo titolo mi respingeva a pelle.Non mi incuriosiva neanche leggere la sinossi
RispondiEliminaCi volevi tu,con la tua bella recensione,a farmi capitolare.
Sull'estate avrei tanto da dire,aspettative sempre deluse,o quasi,e allegria forzata.
Ma c'è il mare e per una siciliana il mare è.Punto.
E un po' siciliano lo sono anch'io.
EliminaAl mare tutti i giorni, perciò, anche se dopo un po' mi diventa una specie di lavoro.
Ti ringrazio, Solsido!
Ma veramente continuiamo a definire Genovesi uno scrittore?! I suoi libri non andrebbero più comprati. Credetemi l'ho conosciuto ed è una pessima persona.
RispondiEliminaCiao. Ho finito ieri la lettura di questo libro di Genovesi e mi sono imbattuta in questa tua recensione quasi per caso. Libro che mi ha commossa, mi ha fatto sorridere e anche riflettere. Cercherò altro di suo in futuro.
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