Un
gruppo di bambini in preda alla noia dell'estate. I rispettivi
genitori: disincantati, volgari, maneschi. Una ragazza incinta, né
piccola né grande, che vorrebbe chiamare sua figlia Sara: come la
canzone di Paolo Meneguzzi. Intorno a loro, una provincia romana
talmente sonnacchiosa da sembrare, a torto, rassicurante: presto
comparirà in tutti i telegiornali. Ritratto tragico e disturbante,
talora un po' gratuitamente, il secondo film dei D'Innocenzo mescola
stilemi fiabeschi e cronaca nera. Ma nella forma ammicca ai grandi
maestri – Haneke, Lanthimos, Coppola, perfino l'Ari Aster del
recente Hereditary –, affascinando grazie a una confezione
minimalista ed elegante. Rispetto all'esordio, il più compiuto ma
prevedibile La terra dell'abbastanza, i registi mettono meglio
a fuoco la loro poetica e alzano l'asticella con un film ambizioso.
Come i piccoli protagonisti, costruiscono bombe come compito per casa
ma non le fanno mai esplodere. Preferiscono innervosire lo
spettatore, accumulando tensione fino all'ultimo; allettarlo con una
fotografia incantevole e tematiche – sesso, depravazione, omicidio
–, al contrario, respingenti. Ne viene fuori un dramma
irresistibile nella sua complessità, con una chiusa shock e un Elio
Germano, nonostante il ruolo marginale, indimenticabile nella sua
fragilità. I bambini sembrano usciti da un film di Sean Baker. Ma i
campi lunghi, i quadretti familiari stranianti e grotteschi, li
rendono imprevedibili. A raccontarceli è la voce di Tortora, che
legge un diario scritto a penna verde: è verità o fantasticheria?
Nel dubbio, ben vengano favolacce di queste. Che ti fanno svegliare
di soprassalto, anziché andare a dormire sereno. La morale arriverà
forte come uno schiaffo. (7,5)
Due
bambini, la nuova fidanzata di papà, una convivenza forzata durante
prima di Natale. Potrebbe sembrare l'inizio di una commedia anni
Novanta, sull'armonia delle feste e le famiglie allargate, ma fuori
c'è una tempesta di neve che ricorda i tracolli emotivi di Shining.
È l'avvio di un incubo che si addice agli autori di Goodnight Mommy: come questo, un horror
psicologico ad altezza bambino sulla maternità, l'isolamento,
l'elaborazione. Mentre i bambini hanno da poco seppellito la madre
suicida, la giovane matrigna è reduce da un passato traumatico che
combatte ingollando pillole. In quella casa, per quanto grande, c'è
spazio per un unico disagio.The Lodge
resterà uno dei prodotti di genere migliori dell'anno. Scomodo e
destinato a dividere, destabilizza con i suoi personaggi odiosi e un
epilogo esemplare nel suo essere beffardo. Snervante dall'inizio alla
fine, è un logorio interiore che non ha nulla da invidiare al cinema
di Aster o Eggers: anzi, a differenza dei registi citati, Severin
Fiala e Veronika Fanz non peccano mai di inutile manierismo. Qui,
affiancati dal direttore della fotografia di Lanthimos, non
tradiscono né la loro poetica né il loro disagio e convincono
ancora più che in passato grazie a una straordinaria Keough, attrice
su cui scommettere in futuro. The Lodge
è un infernale notte bianca presso una meta frequentatissima –
l'alta montagna –, che a sorpresa ci regala un incubo che non
avevamo ancora sognato. (8)
Una
coppia in cerca di una sistemazione si rivolge a un'agenzia. L'impiegato
propone un quartiere residenziale fatto di villette a schiera tutte
uguali e di vicini talmente silenziosi da sembrare invisibili. I
cieli sono dipinti di un azzurro perenne e, solcati da nuvole
paffutelle, sembrano sbucati da un dipinto surrealista. Una volta
entrati nel quartiere, però, sarà impossibile uscirne. Non fatevi
ingannare da due protagonisti solitamente solari e simpatici, qui
sull'orlo di una crisi di pianto. Non fidatevi dell'incantevole
poster alla Dalì. Vivarium è un esperimento sociale che ha
poco di commerciale, poco di accomodante, poco di colorato. L'idea di
partenza, abbastanza strana da risultare buffa, si rivela lo spunto
di un loop amaro e claustrofobico. Visivamente e narrativamente
affascinante, il film ricorda il Polanski della Trilogia del
Condominio e i deliri di Lynch; conferma il talento poliedrico
della sottovalutata Imogene Potts, inoltre, e piace anche senza
indicazioni relative a come uscire incolumi. Il difetto è che si
perde in un dedalo spaventoso, anche a costo di girare un po' a
vuoto. Di amareggiare chi si aspettava una spiegazione razionale, lo
scioglimento moraleggiante di quest'apparante metafora sul
conformismo fatale della vita di provincia. Con l'uomo che sgobba e
la donna che si fa angelo del focolare. Con entrambi che restano
intrappolati nelle gabbie dei ruoli di potere. Con entrambi morti, ma
di noia e routine. (7)
Ricordate
la Stanza delle necessità della saga di Harry Potter? È realtà per
una coppia di sposi novelli, partiti dall'Europa per vivere il loro
sogno americano. L'acquisto di una casa nuova, al solito decadente e
dal passato losco, con una camera segreta non indicata nella
planimetria: all'interno tutti i sogni diventano realtà. Dal denaro
alle opere d'arte, dagli abiti ai gioielli. Cosa succederebbe se
chiedessero qualcos'altro, ad esempio il bambino che manca per essere
felici davvero? A dispetto dell'incipit canonico, The Room –
ennesimo omaggio alle atmosfere della Twilight Zone – si
difende bene con uno sviluppo fascinoso e interessante, giocato nei
territori dell'etica. Radunate pochi mezzi e una buona idea,
ingaggiate una manciata di attori convincenti, aggiungete scenografie
favolose – cupe, opulente e immaginifiche, capaci di ricreare
perfino un bosco innevato tra le pareti domestiche. Rielaborazione
moderna della favola di Pinocchio e del mito di Edipo, il film
– dalla forte matrice europea, per fortuna – si mostra
interessato non tanto all'aspetto paranormale quanto al lato umano, e
indaga così le tensioni crescenti nella coppia anziché i misteri
della casa maledetta. Peccato: in un anno diverso da quello corrente,
avrebbe trovato anche un meritato angolino nelle sale
cinematografiche. (7)
C'erano
una volta due bambini, un bosco e una strega cattiva. L'epilogo,
ovviamente lieto, lo conoscono anche le pietre. In tempo di
rifacimenti in chiave contemporanea e femminismo, però, lasciate
ogni speranza voi ch'intrate nella famigerata casa di marzapane.
Riletta dal talentuoso Oz Perkins, la favola dei Grimm diventa un
horror iniziatico sotto funghetti allucinogeni – imperfetto ma
affascinantissimo – che ricorda nello stile e nelle riflessioni The
Witch e The Neon Demon. Portentoso dal punto di vista
visivo e anticonformista nel messaggio, pone al centro del titolo e
dell'avventura – senza forzature – il personaggio di Gretel. Alla
scoperta della propria identità, l'eroina si libera dai legami e
dalle convenzioni dei generi. Tra lei e la strega, questa volta, ci
sono simmetrie inquietanti. Che il fratellino, il terzo incomodo, sia
sacrificabile? Film dalle atmosfere conturbanti, nonostante la
sceneggiatura confusa, è un racconto allegorico che potrebbe fare la
gioia degli esteti e dei cultori del genere. Il regista è il figlio
di Psycho, la protagonista è la Beverly dell'ultimo It,
la strega cattiva era già l'indimenticabile villain della
trasposizione di Silent Hill. Venghino
signori, venghin. Questo vaneggiamento è un incubo lisergico da cui
non vorremo svegliarci. (6,5)
Una
bambinaia lascia la città per un incarico dell'ultimo minuto. Badare
a una coppia di ragazzini inquieti e inquietanti, che vivono in una
magione dall'aria infestata. Se la trama non vi è nuova, è perché
ispirata al classico di Henry James: Giro di vite,
gotico proposto e riproposto in remake a volte dichiarati, altre
meno. A prendere le mosse da qui sono stati anche due capolavori come
The Innocents e The
Others. La pescarese Floria
Sigismondi traspone il romanzo in chiave moderna. Purtroppo, com'era
prevedibile, l'operazione non trova né la forza né il coraggio di
abbandonare l'archetipo. Anacronistico, il film si lascia guardare in ogni
caso con piacere grazie al fascino indiscreto delle sue suggestioni.
Ma tra bambole, manichini e ombre minacciose, non manca proprio
niente a un repertorio di cliché lontano dall'essere rinnovato.
Scontato, superfluo e stiracchiato, The Turning non
si lascia neanche rivalutare alla luce del confusissimo colpo di
scena finale. Mackenzie Davis è sempre incantevole, Finn Wolfhard e
Brooklyn Prince sono sempre insopportabili. Lo zampino della
DreamWorks si noterebbe anche a occhi chiusi. Durante la visione, ho
pensato vagamente ai vecchi Haunting
e Le verità nascoste.
E quest'ultimo tassello, ambientato vent'anni fa, per ironia della
sorte finisce per sembrare proprio un figlio dei 90s abbastanza
tradizionale da risultare sorpassato. (5)
Quante fiabe da incubo!
RispondiEliminaLe Favolacce le ho adorate, sebbene razionalmente non so spiegare perché.
The Lodge sembra interessante, ma forse un po' invernale, per la stagione. :)
Vivarium interessante, angosciante, il finale però mi ha lasciato parecchio perplesso. Ma sarà che non l'ho capito. :D
Pure gli altri film tutto sommato un pochino mi ispirano.
The Lodge consigliatissimo. Mi ha ricordato molto Hereditary: paragone che torna, dopo Favolacce.
EliminaSignifica che Aster spacca.
Sembrano tutti davvero interessanti *^* e anche la lista dei film da recuperare si allunga...
RispondiEliminaIn quarantena, mi dicono, ho visto cose rassicuranti.
EliminaHo visto solo Hansel e Gretel, e francamente non mi ha entusiasmato particolarmente ☺️☺️
RispondiEliminaNemmeno a me, però la regia bellissima fa la sua parte.
EliminaVisto solo The Lodge al TFF, parecchio inquietante, piaciuto anche a me.
RispondiEliminaFinalmente tornata in sala, che meraviglia! Visto "I miserabili", occasione da non perdere! Ciao
Ciao Lory! Che bello il TFF, ci sono stato due anni fa, sai?
EliminaDa me, purtroppo, i cinema ancora chiusi.
I miserabili, però, in un modo o nell'altro, devo vederlo!
Favolacce voglio vederlo!!! Gli altri non so, forse sono poco nelle mie corde :-))
RispondiEliminaFavolacce lo trovi anche su Amazon Prime Video. :)
EliminaMi mancano Vivarium e Favolacce, devo recuperarli!
RispondiEliminaDue dei più belli!
EliminaMi mancano giusto Favolacce, che spero di poter vedere in un cinema vero appena aprirà l'arena estiva "d'élite", e The Room, stranamente mai sentito nemmeno nominare.
RispondiEliminaGli altri li ho apprezzati tutti, e parecchio, ma la palma va a The Lodge e Vivarium, quest'ultimo perfetto per il picco di isteria da Covid.
Favolacce, da qualche giorno, è anche su Amazon Prime. Data la pessima qualità dell'audio in preda diretta, unico vero grande difetto, avete i sub a disposizione potrebbe essere un pro per vederlo sul divano.
EliminaThe Room si trova sia in italiano che in lingua, uscito on demand distribuito da Bim.
Prendo appunti in vista della mia settimana da brividi, con The Lodge che scalza Gretel e Hansel, che a questo punto non credo recupererò.
RispondiEliminaVivarium mi ha fatto fare veri e propri incubi in quarantena (quel bambino!), mentre le Favolacce sono un po' scivolate con le settimane passate, ma anche se sbiadito il loro nero si è fatto sentire.
Gretel and Hansel potresti amarlo dal punto di vista estetico. Ma il resto, purtroppo, dimenticabile.
EliminaThe Lodge, al contrario, "mena" per fare male.
L'ultimo è l'unico che ancora non ho visto. Sugli altri si concorda più o meno alla grande. Bellissimo quello che dici di The Lodge: c'è spazio per un solo disagio in quella casa (io l'ho guardato due volte quel film, talmente mi ha colpito).
RispondiEliminaPenso proprio che ti seguirò a ruota, con la scusa di farlo vedere a mio fratello, di ritorno da Torino :)
EliminaEcco il Favolacce di cui mi parlavi! Mi ispira anche Room, ti dirò!
RispondiEliminaMa di questi, a parte l'ultimo, te li consiglio tutti!
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