A
volte ci sono cose peggiori delle magioni infestate, dei paesaggi
post-apocalittici, delle infezioni purulete che ti trasformano in
bestia. Forme di dannazione istituzionalizzate che richiedono il
sacrificio dei pranzi a Natale, rinunce grandi e piccole, libbre di
carne viva: le famiglie. Tutte uguali, quelle felici. Maledette a
modo loro, invece, le rimanenti. Perché la famiglia è un microcosmo cannibale che, pur di
sopravvivere, spesso divora sé stessa: come un Ugolino che non in
una torre, bensì su una casa in cima all'albero, incorona e mangia conti e contessine, affinché la follia abbia lunga vita.
All'apparenza non sembrerebbero più strani di altri i Graham: una
mamma sull'orlo perenne di una crisi di nervi, un papà moderatore
per natura, due figli inconciliabili. A unirli e dividerli, facendoli
riflettere sul peso di lasciti che appaiono sin da subito
improrogabili, è la scomparsa dell'anziana matriarca: donna
perseguitata dalla sfortuna con strani amicizie, strani riti, strani
geni. A lezione si parla di come il fato abbia sempre la meglio sugli
eroi del mito, e dettagli dissonanti – i cenni alla decapitazione e
il disgustoso brulicare delle formiche dappertutto, l'esistenza di
nipoti prediletti e l'onnipresenza di un simbolo a mo' di stemma
araldico – suggeriscono allo spettatore attento il peggio in
agguato. E semplici pedine in balia di una sorte cieca, così, ci
appaiono i protagonisti. Piccoli, smarriti, al pari delle miniature
dipinte tanto da Annie quanto dall'esordiente Ari Aster: regista,
autore e cesellatore di una vicenda semi-autobiografica che
trasfigura le tare genetiche in presenze infernali. Ecco allora
spiegati i campi lunghi e lo spirito tragico che lo accomuna con
l'ultimo Lanthimos in sala. Ecco allora la solidità inattaccabile
della prima parte – un logorante dramma domestico con gli
straordinari Toni Collette e Alex Wolff impegnati a restituirci a
suon di urla tutta l'irrazionalità e la scompostezza del cordoglio –
scendere a malincuore a patti con le canoniche
evocazioni spiritiche della seconda. L'eredità del titolo è
triplice: alla matriarca si devono infatti il talento artistico, gli
episodi di sonnambulismo che sfociano di frequente nella
schizofrenia, e qualcos'altro. Una predestinazione all'orrore che
spoglia Hereditary delle sottili metafore iniziali, dell'umano
all'insegna del fantastico, rendendo calzanti ma infruttuosi i paragoni con i vicini
ficcanaso del miglior Polanski o i posseduti secondo Friedkin.
Mentirei, eppure, se dicessi che le immagini della delirante e grossolana deriva finale non agghiaccino il sangue,
provocando un disturbo difficile da scacciare. Se dicessi che quando
Euripide diventa la versione autoriale di The Visit per discutibili logiche di mercato non
faccia paura comunque. Lì i difetti che dividono pubblico e film in
due. Da lì il desiderio di non sentire oltre il suono
assillante della lingua di Milly Shapiro schioccata contro il palato.
O di scorgere nuovi virgulti, nuove radici, in un albero genealogico
dove non fioriscono che i fiori del nostro male. Ad atterrire è l'orrore di una madre che ammette fuori dai denti che il suo
primogenito non è che un rimpianto, un errore di percorso. Atti
notarili a cui è impossibile sottrarsi. La tentazione di scappare
lontano per poi ritornare dove si
annidano parenti e altri demoni, sempre punto e a capo: a casa. (7,5)
Quando
l'horror arriva assieme all'estate, se ne subodora già la pochezza:
è nell'aria. In cerca di brividi facili, di un pubblico giovanissimo
da richiamare all'attenzione con la scusa dell'attore o dell'attrice
del cuore, i distributori finiranno per ignorare automaticamente i
prodotti da intenditori – vedasi Revenge, rimandato a settembre – in nome dei pop-corn, delle arie televisive, della perdonabile
banalità in casa Blumhouse. Come resistere, però, se alla
leggerezza del genere è difficile rinunciare? Non
si può, e senza aspettativa alcuna ci si concede Obbligo o
verità: come volevasi
dimostrare, trascurabile ma non così pessimo. Il regista del secondo
capitolo di Kick-Ass accompagna
i suoi sfaccendati personaggi in Messico. Se lo spring break aveva
portato Ashley Benson fra le braccia di Harmony Korine, all'amica
Lucy Hale – compagna sul set di Pretty Little
Liars – toccano le chiese
vandalizzate e morire al tempo di snapchat. Ai protagonisti, fra i
quali il Tyler Posey di Teen Wolf,
è chiesto infatti di rispettare alla lettera le regole del gioco.
Impossibile tirarsi indietro, impossibile eludere le richieste più
folli: chi ci prova non arriva al turno successivo. Come in The
Ring, per salvarsi è necessario
scaricare la maledizione – non una videocassetta, ma una sfida
letale – su un altro gruppo. Come in un Perfetti
sconosciuti adolescenziale possono sfuggire le situazioni di mano, e di bocca i
segreti scomodi, i tradimenti annunciati, quei dissapori che portano
alla tomba senza neppure l'intervento del soprannaturale. Gli
standard televisivi si avvertono, forse non soltanto per la
suggestione data dal curriculum dei due protagonisti; sulla faccia
degli sfidanti e delle vittime future spicca un ghigno stupido, che
presubilmente vorrebbe essere inquietante; il finale, oltre che
scontato, è pure parecchio brutto. Non abbastanza da minacciare, a sorpresa, i
piccoli pro del resto: la scrittura convincente dei drammi
interpersonali, degli intrighi e delle ipocrisie, ad esempio, nei
passaggi in cui il paranormale appare una buona scusa per riflettere
fra le righe sui meccanismi di causa-effetto che regolano le
relazioni interpersonali. L'obbligo: rimanere sul divano di sabato sera,
con la sveglia puntata presto per l'indomani e poca voglia di
impegnarsi. La verità: che il sacrificio sull'altare della
mainstream mordi e fuggi, questa volta, non spiace troppo. (6)
Tanto è bello, e potentissimo, il primo, quanto è insignificante il secondo. Horror entrambi, sì, ma su due pianeti diversissimi.
RispondiEliminaE l'eccezione alla regola, d'estate, è purtroppo Hereditary se i teen horror abbondano e guadagnano.
EliminaDue film che mi attirano, ma per motivi diversi: il primo perché pare un film fatto bene davvero, trash puro con potenzialità di risate infinite il secondo.
RispondiEliminaIl primo solidissimo davvero, nonostante una deriva finale che divide. Il secondo trash sì, ma mica tanto: non si prende sul serio, come da programma, ma qualche riflessione piccola piccola potrebbe anche ispirarla.
EliminaEhm...horror? Hai detto horror?
RispondiEliminaOk passo :-D [Soprattutto il primo]
Troppo fifona :-P
Peccato, Angela, perché il primo ha un'introspezione psicologica che tanti romanzi si sognano. ;)
EliminaPensavo di non riuscire a dormire questa notte dopo Hereditary, invece la paura si è manifestata questa mattina, con il giovine a lavoro e una camera ancora buia. Ne parlerò presto, ma non tutto mi ha convinto, anche se la colpa va anche agli sghignazzi in sala.
RispondiEliminaIl secondo... troppo lieve e teen per i brividi che cerco quest'estate, anche se ad ogni nuova visione echeggia da lontano un: "chi me lo fa fare?!"
L'incubo dei ragazzini in sala: cosa ne sa la Collette, cosa?
EliminaTi dico solo che ho cambiato posto tre volte, cosa mai fatta, pur di cercare un po' di pace e una specie di tregua (dai commenti, dalle risate insensate, dagli idioti che schioccavano la lingua perché sì).
Non mi ispira nessuno dei due, ma in estate l'horror va sempre, quindi vedrò di recuperarli in vacanza.
RispondiEliminaCon il primo, Ford, fai male.
EliminaAnche se tra la visione della famiglia che hai tu e quella che hanno i Graham, a voler ridimensionarsi, c'è un abisso!
Come sai, il primo mi è piaciuto davvero molto. Il secondo… credo di poterne fare a melo ^^' anche perché "Pretty Little Liars" mi porta brutti ricordi alla mente...
RispondiEliminaBrutti ma belli, dai. Come nella peggior tradizione del trash! :-D
EliminaQuesto Hereditary lo state esaltanto tutti un po' troppo... mi sa che potrei ridimensionarlo, come già capitato con i vari Babadook e The Witch in passato. Per carità interessanti, ma non mi pare siano poi rimasti come delle pietre miliari del genere. Chissà, magari con questo le cose andranno diversamente.
RispondiEliminaCon Obbligo o verità mi sono divertito abbastanza. Il classico horrorino estivo che fa il suo. Anche se certo lo spring break di Ashley Benson era parecchio migliore rispetto a quello dell'amichetta bugiardella. :)
E interessante l'accostamento a Perfetti sconosciuti.
Non penso che andranno diversamente, per te, ma sicuramente entrerà a pieno diritto in quel filone di nuovi horror di qualità che tu elenchi. Come dicevo a qualcuno, ad avercene...
EliminaPiù fortunata la Benson, sì: la Hale, tra amici morti ammazzati e serie TV cancellate sul nascere, bene non se la passa. Eppure era la bugiardella più carina del gruppo.
Hereditary mi ispira parecchio, Obbligo o verità, invece, per niente! Una mezza idea di guardarlo, però c'è, vista la presenza di Tyler Posey :)
RispondiEliminaE visto che al cinema lo si vede così poco, Posey, forse ti tocca il recupero. ;)
EliminaObbligo o Verità mi ha divertito molto: Lucy Hale mi è stata molto simpatica e il film si è lasciato guardare senza problemi, nonostante qualche momento WTF.
RispondiEliminaSu Hereditary quasi mi dispiace aver ricevuto così pochi commenti, ma il post me lo sono giocato male male. Io il film l'ho adorato, dall'inizio alla fine - finale a parte che mi ha convinto relativamente. Registicamente pazzesco, interpretazioni da Oscar sia da Toni Collette sia da Alex Wolff, persone da insultare su Facebook che dicono che sia un film stupido... Non avrei potuto chiedere di più!
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RispondiEliminaentrambi in lista ♥
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