Su
un treno ad alta velocità diretto a Busan, in una Corea annientata
da un contagio di cui si intuisce appena l'origine, si incrociano le
storie di personaggi agli antipodi, ma in lotta per avere salva la
vita. Dislocati da un capo e l'altro dello stesso convoglio, devono
raggiungersi. Un broker anaffettivo, divorziato, e la figlia per cui
non è mai stato presente; una scolaresca; una coppia in attesa del
loro primogenito; due sorelle anziane, che vivono in simbiosi. Al
centro, però, vagoni e vagoni stipati di infetti famelici: la bava
alla bocca, i morsi letali, fame di carne umana. Presentato prima a
Cannes, poi alla Festa del cinema di Roma, Train to Busan è
il film sugli zombie che i festival internazionali – vuoi lo
straordinario successo in patria o le coloriture politiche che,
purtroppo, non ho saputo cogliere – non si sono lasciati sfuggire.
Cosa ci fanno i morti viventi, tra pellicole impegnate e critici con
la puzza sotto il naso? Come si sopravvive su un mezzo affollato che,
spedito, punta dritto all'apocalisse? L'horror di Sang-ho Yeon,
regista orientale che proviene dall'animazione più all'avanguardia e
che solo ora, solo qui, passa agli attori in carne e ossa – la
carne, però, dev'essere rigorosamente al sangue, come i survival di
ogni dove insegnano -, piace ai più colti per il ritratto di una
Corea contemporanea, dilaniata, contraddittoria; a tutti gli altri –
dunque, a me, a digiuno di attualità – per l'intrattenimento
perfetto che, con le sue due ore dense e angoscianti, rappresenta.
Non sono un appassionato di cinema coreano e gli zombie, visti in
tutte le salse, in ogni contesto immaginabile, sono le figure da
brivido che meno mi attirano. Nonostante le riserve iniziali, però,
Train to Busan è una corsa a perdifiato, sorprendente per
realizzazione, ritmo, sentimenti in ballo; non mancano una o due
trovate spassose – il buio pietrifica i non-morti, ad esempio, e i
protagonisti, allora, si trovano ad attendere la galleria successiva
come l'acqua nel deserto –, ma non erano stati messi in conto gli
occhi un po' lucidi, in un finale mélo. L'umanità disparata e
disperata di Yeon, autore altresì generoso con lo splatter e la
spettacolarità in pieno stile Hollywood, si stringe forte, infatti,
contro la pandemia; e gli esseri umani, vili, a volte feriscono più
dei mostri. Questi zombie corrono come atleti olimpici, elevano
muraglie di morti, si ergono come una barriera tra te e la
speranza. Questi protagonisti, eroi disarmati ed empatici, fanno
stringere i pugni e le lacrime della piccola Soo-an, mossa dalla
tenera volontà di conquistare l'attenzione di un genitore sfuggente,
spezzano il cuore. Senti il suo pianto, la sua canzone, alla fine del
tunnel? (7,5)
Lucas
ed Elias sono angelici, biondi e perfettamente identici. Per loro,
ogni momento è buono per giocare; per loro, è sempre estate. Si
inseguono sotto la grandine, giocano nei boschi e il loro rapporto,
simbiotico e misterioso, è troppo stretto e morboso per comprendere
un'altra persona. Esclusa perfino la mamma, dunque, che trovano assai
cambiata dopo un'operazione di chirurgia plastica al viso. Sotto le
bende, ci sarà la donna di sempre o c'è stato uno scambio? In una
casa impersonale e dispersiva, immersa nel folto dei boschi viennesi,
si consuma così un angosciante e malato gioco di ruolo: i posti si
invertono, le vittime diventano carnefici e i dubbi si accumulano.
Goodnight Mommy, gelido thriller psicologico coi ritmi lenti e
le immagini senza sbavature del cinema europeo, parlerà di mamma
folli o dell'innocenza del diavolo? Ibrido a metà strada tra il
dramma esistenzialista e l'orrore, il lungometraggio diretto a
quattro mani dalla coppia Fiala-Franz si rivela sì e no all'altezza
delle alte aspettative. In rete, ormai mesi fa, già recensioni
fidate lo accoglievano con entusiasmo. Goodnight Mommy è
inquietante, simbolico, malato: materia freudiana fatta di incubi ad
occhi aperti, disgustose allucinazioni a sprazzi, misteri che
purtroppo hanno esiti molto prevedibili. Se il colpo di scena finale
risulta scontato, al contrario appaiono però di grande originalità
la curata messa in scena – la casa dei tre è una prigione austera,
piena di ombre acuminate – e svolte crudeli che vanno al di là
della violenza fisica e psicologica. I volti fasciati e la crisi di
identità. Cornici vuote e tragedie di cui nessuno parla. Fratelli
coalizzati sempre, anche nel perpetrare il male. Una paura
realistica, ma meno universale che nello splendido The
Babadook – anche lì
l'infanzia, l'essere genitori e metafore su metafore – che non ti
abbandona. Goodnight Mommy è
una stridente ninna nanna con lo stile di La pelle che
abito e un non so che del
miglior Polanski: sgradevole e strisciante, nonostante tutto, come il
pensiero che fino alla fine ti accompagna. Quante energie ti prosciuga un bambino? Soprattutto, perché un figlio? (7)
Siamo
negli anni '70, ed è la notte più infestata dell'anno.
C'è, però, chi ad Halloween si diverte a modo suo: a spese degli
altri. Come una ricca e misteriosa coppia di coniugi che,
imbellettati come due antichi artistocratici, ospitano una casa degli
orrori che è la loro corte di sanguinari e bizzarri assassini.
Tradizionalmente, giunto il trentuno di ottobre, catturano le loro
prede: questa volta, una rozza e affiatata compagnia di giostrai
girovaghi. Devono sopravvivere agli attacchi letali di nani
neonazisti, losche figure da fumetto e pagliacci con nessunissima
voglia di scherzare. Vedere l'alba, a Murder World, è
un'impresa. Come eludere, per dodici ore, la compagnia della morte?
Dopo i bistrattati Salem e Halloween, Rob Zombie –
per alcuni regista cult, per altri sconclusionato affabulatore: io,
al solito, sto comodo al centro -, sembra abbandonare i
concettualismi da poco e ritornare alle origini. C'è tanto della
famiglia Firefly, Sheri Moon compresa, nell'allegra brigata
protagonista. Zombie ritorna con un horror piccolo, a basso budget,
il cui titolo suona quasi come un matematico conto alla rovescia:
dopo La casa dei 1000 corpi, adesso questo 31. Survival
tutt'altro che inconsueto negli sviluppi, che sembra un The Purge
rivisto e corretto: sporcato dentro e fuori, fino alle ossa, da
un regista che non va per il sottile. Il gore, la patina di sporcizia
superficiale, i villain memorabili – su tutti, il “conte”
McDowell e un esagerato Richard Brake, che farebbe le scarpe a
qualsiasi Joker da strapazzo. Purtroppo, l'originalità di 31 si
limita al monologo d'apertura e a una chiusa irrisolta, con gli
splendidi Aerosmith in cuffia; agli sporadici guizzi nella
caratterizzazione dei comprimari. Il resto, una lotta alla
sopravvivenza a cui ripetitività, interpretazioni e resa non
giovano di certo. Zombie, raffinatissimo perfino nello shock e nei litri di
profondo rosso versato, altrove si era dimostrato un abile regista:
qui, senza controllo del mezzo e con un'irritantissima telecamera a
mano, si dà alle riprese traballanti, amatoriali, e nelle scene più
concitate confonde fino al mal di stomaco. 31, inizialmente
annunciato dal modesto Rob come il suo capolavoro, perfino molto
atteso, in realtà è il solito horror con figurine abbozzate, senza
ieri e senza domani, con antagonisti rimarchevoli e la regia di uno
Zombie che farà parlare pochissimo di sé, se non per la grana
insolitamente grezza della sua ultima regia. (5,5)
Correva
l'anno 2008. E, a scatola chiusa, mi procuravo sottotitolato un
horror sconosciuto, che di lì a poco tutti avrebbero considerato capolavoro. Martyrs mi aveva convinto a metà: un inizio
folgorante, che ammiccava alla ghost story, al “rape and revenge”,
e un prosecuzione logorante, sadica, in cui l'occhio della macchina
da presa indugiava fino alla noia sulle violenze ai danni della
tribolata protagonista. La domanda: cosa c'è dopo la morte? Otto
anni dopo, se qualcuno me lo chiedesse, direi che non mi era
piaciuto, giacché di mio tengo a mente più gli epiloghi – quello,
di estrema crudeltà – che gli ottimi spunti. Vuoi azzardare il
remake di un cult, tu, se sei parte di una coppia di registi
esordienti, hai un cast televisivo, tutto il mondo contro e la
possibilità concreta che il film, messo già alla gogna, sia
distribuito solo in homevideo? Vuoi sfidare i cinefili che ancora
prima di vedero, avevano espresso un giudizio sfavorevole, su Imdb? I
fratelli Goetz e gli sceneggiatori di Vacancy ci provano. Due
orfane, a dieci anni dal loro incontro, fanno irruzione in una casa
come tante: brutalmente, la più provata del duo massacra i membri
della famiglia. E, nel loro scantinato, scoperchia un segreto
scomodo. Fino a metà, il nuovo Martyrs è lineare e
rispettoso: meno cupo, meno autoriale anche, non ha però il taglio
dozzinale che presumevo. Nella seconda parte, invece, prende una
strada alternativa, diventando tutt'altro: forse il solito horror
americano, che meno indugia nei dettagli morbosi, meno prova le
nostre resistenze, ma agli occhi di chi l'originale – proprio in
vista del bagno di sangue conclusivo e degli spiegoni intrisi di
misticismo – non l'aveva bene assimilato, il lavoro dei Goetz pare decoroso. Certo, le sevizie sono blande e lo splatter
parsimonioso. Certo, forzato parlare di martirio – le sedute di
tortura sono costellate di ellissi – e irrealistica la riscossa
finale di una delle protagoniste. La Sally Langston di Scandal
è un'affascinante antagonista;Troian Bellisario, con la sua eroina
traumatizzata e dolorante, si conferma la sola interprete capace nell'allegro pollaio di Pretty Little Liars. E questo Martyrs
perderà prevedibilmente il confronto con il suo capostipite – ne
lima le particolarità, gioca a carte scoperte, non tenta la via
della provocazione intellettuale – ma a chi, isolata voce fuori dal
coro, all'altro aveva rimproverato presunzione, sofismi e persistenza, sembrerà un trattamento tutt'altro che barbaro; non il massacro predetto. (6)
Coreano a parte (che potrebbe stuzzicarmi ora che ho deciso di non seguire più quella noia di TWD), gli altri non fanno per me.
RispondiEliminaGoodnight Mommy l'ho sofferto particolarmente per la sua lentezza, e la bellezza della messa in scena viene messa in disparte ad un colpo di scena mancato.
Niente brividi in questo Halloween.
Io ho il commentino su Goodnight Mommy salvato da un anno, onestamente, però mi è rimasto impresso. Finale telefonatissimo, però non pura apparenza.
EliminaParli con un ignorantissimo in materia di cinema orientale - cinese, giapponese o coreano che sia -, ma Train to Busan fa breccia facile. Anche se il messaggio politico mi sfugge. :)
Di questi non mi ispira granché nessuno.
RispondiEliminaIn particolare quello di Rob "peggior regista del mondo" Zombie. :)
Goodnight Mommy mi sa di film che fa venire sonno, e quindi come ninna nanna potrebbe fare il suo dovere. XD
Di Martyrs non sapevo avessero fatto un remake, però la presenza di Troian Bellisario (per quanto le altre PLL recitino ancora peggio di lei) mi inquieta parecchio.
A questo punto potrei buttarmi sull'horror coreano...
Il coreano è molto "fordiano", ma oggettivamente lodevole.
EliminaGoodnight Mommy, invece, è così radical chic che se non piace a te, oh, che l'hanno diretto a fare? Vai a colpo sicuro, sicuro ;)
Interessanti tutti, ovviamente già segnati nella mia agenda, anche se non so quando riuscirò a vederli, comunque ottime recensioni ;)
RispondiEliminaGentilissimo, Pietro, ti ringrazio. :)
EliminaTrain to busan mi ispira, goodnight gran film, l'ultimo Martyrs americano sufficiente? Davvero? Pensavo fosse una super boiata...
RispondiEliminaSe stravedi per l'originale come tanti, ti mancherà ragionevolemente un po' di lucidità e lo riterrai una boiata, sì. Io, che su Laugier ho più di qualche "ma", l'ho trovato una visione piacevole. Non mi è dispiaciuto. Lo stesso non posso dire del francese, che mi ha disgustato - anche se stilisticamente è una bomba. Eppure si sa che io non sono tanto delicato, su queste cose.
EliminaBusan l'ho recuperato sul tuo consiglio, spero di parlarne presto, Goodnight mommy è in attesa, 31 per me una schifezza e Martyrs una delusione.
RispondiEliminaInsomma, speriamo che i due "nuovi" risollevino la media dei due già visti. ;)
E penso di sì. ;)
Eliminaoh..a me, profonda odiatrice del buon Rob, 31 è piaciuto un sacco. Busan ce l'ho in lista, Goodnight Mommy temo sia troppo ansiogeno per me. Martyrs non ho nemmeno visto l'originale vedi tu...
RispondiEliminaCurioso di sentirsi su Martyrs, e dico l'originale.
EliminaIo lo avevo trovato sgradevolissimo: un mix tra torture porn e pippone intellettuale che mi aveva dato un fastidio...
Sia 31 che Goodnight Mommy mi sono piaciuti tantissimo, anche nella loro trama "scontata", entrambi per motivi diversi. 31 ha il finale più bello dell'anno, Goodnight Mommy il ribaltamento di punti di vista più angosciante (detto che il twist finale l'avevo capito dopo 2 minuti). A breve spero di vedere anche io Train To Busan, ne parlate tutti benissimo!
RispondiEliminaIl ribaltamento è scontatissimo, ma sì, lo slittamento tra vittime e carnefici è magnifico. Peccato per il ritmo, poco poco lento (e la regia autocompiaciuta).
EliminaTrain to Busan è veramente un film di cuore - e (rare) interiora. :)