I
luoghi hanno i colori degli occhi che li abitano.
Titolo:
Io non sarò come voi
Autore:
Paolo Cammilli
Editore:
Pickwick – Sperling & Kupfer
Prezzo:
€ 9,90
Numero
di pagine: 337
Sinossi:
A
Lido di Magra, un paesino di poche anime e una manciata di case a
qualche chilometro dalla Versilia, il mare c'è, ma solo d'estate.
Perché la vita da queste parti dura il tempo di una stagione. Fabio
Arricò, figlio di un cavatore appena licenziato dalle derive della
crisi, è un ragazzo normale. Ma a diciassette anni, essere normali
signifi ca fare quello che fanno gli altri, adeguarsi alle scelte del
gruppo anche se capisci che sono sbagliate. Il gruppo, però, ha un
punto debole e si chiama Caterina Valenti. Lei è tormentata,
agguerrita e irriverente. Troppo bella e irriguardosa per non
innescare un ambiguo corto circuito. Sorda al sentimento che Fabio si
rifi uta di confessarle, ma che neppure riesce a nascondere. Di più.
C'è qualcosa nel suo sguardo che svela uno strano piacere
nell'umiliarlo e farlo soffrire. Come se avesse qualcosa da fargli
pagare. Gli adulti, un campionario di fi gure umane comiche e
inconcludenti, arrivano sempre tardi. In questo piccolo mondo nel
quale sonnecchiano esistenze comuni, si soffre, si ama, si lotta ma
sempre nel modo sbagliato. Prima ferendo, poi nascondendo la faccia.
E il risultato, un congegno a orologeria che si carica con la
frustrazione, è l'odio più incontrollato, quello che trascina a
fondo. Quello che ti obbliga a ideare una notte di violenza inaudita
ai danni di chi non può difendersi.
La recensione
Una
ragazza nuda, insanguinata, percossa, invoca la morte in una
catapecchia sul mare da cui nessuno può sentirla gridare. I suoi
aguzzini sfilano in parata davanti a lei. Le strappano il piercing
dal labbro, la biancheria intima, un nuovo gemito. Lei, che stringe i
denti e non piange, li conosce uno ad uno. Un salto all'anno prima,
e conosciamo così il volto dell'estate a Lido di Magra. Sospeso nel
tempo e nella calura, il paesello toscano ha una manciata di abitanti
e nessun segreto: si cresce insieme, spesso ci si sposa e, tra un
tiro a biliardino e una festa in spiaggia, nascono le rivalità e gli
amori. Fabio Arricò, campione di calcio balilla umiliato nella
partita della vita, ha diciassette anni, tanta voglia di scappare via
e un sentimento non corrisposto per Caterina Valenti: sensuale
coetanea, maestra di illusioni e cuori infranti, talora lo asseconda
e talora lo ignora platealmente. Semplice indifferenza o è una
vendetta, la sua? Dieci anni prima, qualcosa non è andato per il verso giusto tra le loro famiglie: la sorella di Fabio,
traditrice di natura, ha ammazzato i sogni e i desideri del fratello
di Caterina, fuggito con la coda tra le gambe non si sa dove. In
una stagione in cui si trasgredisce e si complotta, Osvaldo Valenti
fa ritorno all'ovile: il dongiovanni stabico, vanaglorioso ma onesto,
ha sbarcato il lunario come maestro di ballo e infine è tornato dove
tutto è cominciato per un misterioso appuntamento galante. Spera di
non rivedere l'indimenticata Katia, o
forse sì. Io non sarò come voi, secondo romanzo del
fortunato Paolo Cammilli, è una lettura doverosa per chi ama i
racconti corali di Niccolò Ammaniti e Fabio Genovesi. O così mi si
diceva. Tra le pagine: una simile baraonda di personaggi bizzarri; la tragedia sotterranea di Ti prendo e ti porto via e
la Versilia di Chi manda le onde; toni sboccati e sanguigni
che, a volte, conoscono una sorprendente dolcezza. Ambientato
nella sonnolenta provincia italiana e condannato a un epilogo che già
in apertura si preannuncia disturbante, Io non sarò come
voi rispecchia effettivamente i
miei gusti e il mio sangue freddo.
Ne ho apprezzato la crudezza, i comportamenti sopra le righe, le figure popolose raccontate nelle infinite digressioni. Quella goliardica leggerezza pronta alla conflagrazione. Eppure, nelle prime cento pagine, l'irritazione voleva quasi farmelo abbandonare: cosa si era inventato questo Cammilli, che si ispirava alla cronaca nera e infarciva il suo linguaggio di discutibilissimo televisionese? Cosa raccontava che Ammaniti non avesse già raccontato vent'anni prima? Gli stessi figuranti esagerati e tragicomici, figli o fratelli dell'indimenticabile Graziano Biglia; gli stessi barbari riti di iniziazione che, a tempi alterni, rendono i protagonisti adorabili e odiosi. Mi piace mettermi emotivamente alla prova. Mi piace, quando mi fisso con un autore, conoscerne altri mossi da istinti e ispirazioni speculari.
Però Io non sarò come voi non mi piaceva, e so anche perché: somigliava un po' troppo ai suoi modelli di riferimento e l'idea di una copia carbone mi dava noie. Ho cambiato opinione leggendo. Entrando in una logica, quella del branco, che fa digusto e paura. Mentre Osvaldo si confronta con il suo passato e il destino beffardo rende tutto un lungo dèjà vu, il timido Fabio – allevato da un padre razzista e manesco, rifiutato dall'amata compagna di scuola, anticonformista in teoria e omertoso in pratica – tira cocaina dal naso e sassi dal cavalcavia, trasformando la sua cotta in un massacro. Proprio quando l'indecifrabile, complicata Caterina capisce in cuor suo che potrebbe amarlo. Avevo appuntato su un foglio volante tutti i difetti, ed erano parecchi. Avevo in mente una recensione, se non negativa, comunque assai tiepida. Facile scorgerne le pecche, difficile spiegare come sia passato dal deludermi al commuovermi. Soprattutto se l'epilogo, annunciato a pagina uno, contiene la descrizione particolareggiata di una ripugnante violenza sessuale capace di provare anche gli stomaci più forti. Soprattutto se non c'è consolazione e la promessa solenne del titolo se la porta via il vento. Ma in Ammaniti c'era un celebre post scriptum che cambiava le cose. Qui, le righe conclusive di un articolo che sintetizza una notte di bagordi conclusasi nel sangue. E, in una singola frase, l'espiazione. Tutti i giuramenti onorati, tutti i pregiudizi vinti.
Ne ho apprezzato la crudezza, i comportamenti sopra le righe, le figure popolose raccontate nelle infinite digressioni. Quella goliardica leggerezza pronta alla conflagrazione. Eppure, nelle prime cento pagine, l'irritazione voleva quasi farmelo abbandonare: cosa si era inventato questo Cammilli, che si ispirava alla cronaca nera e infarciva il suo linguaggio di discutibilissimo televisionese? Cosa raccontava che Ammaniti non avesse già raccontato vent'anni prima? Gli stessi figuranti esagerati e tragicomici, figli o fratelli dell'indimenticabile Graziano Biglia; gli stessi barbari riti di iniziazione che, a tempi alterni, rendono i protagonisti adorabili e odiosi. Mi piace mettermi emotivamente alla prova. Mi piace, quando mi fisso con un autore, conoscerne altri mossi da istinti e ispirazioni speculari.
Però Io non sarò come voi non mi piaceva, e so anche perché: somigliava un po' troppo ai suoi modelli di riferimento e l'idea di una copia carbone mi dava noie. Ho cambiato opinione leggendo. Entrando in una logica, quella del branco, che fa digusto e paura. Mentre Osvaldo si confronta con il suo passato e il destino beffardo rende tutto un lungo dèjà vu, il timido Fabio – allevato da un padre razzista e manesco, rifiutato dall'amata compagna di scuola, anticonformista in teoria e omertoso in pratica – tira cocaina dal naso e sassi dal cavalcavia, trasformando la sua cotta in un massacro. Proprio quando l'indecifrabile, complicata Caterina capisce in cuor suo che potrebbe amarlo. Avevo appuntato su un foglio volante tutti i difetti, ed erano parecchi. Avevo in mente una recensione, se non negativa, comunque assai tiepida. Facile scorgerne le pecche, difficile spiegare come sia passato dal deludermi al commuovermi. Soprattutto se l'epilogo, annunciato a pagina uno, contiene la descrizione particolareggiata di una ripugnante violenza sessuale capace di provare anche gli stomaci più forti. Soprattutto se non c'è consolazione e la promessa solenne del titolo se la porta via il vento. Ma in Ammaniti c'era un celebre post scriptum che cambiava le cose. Qui, le righe conclusive di un articolo che sintetizza una notte di bagordi conclusasi nel sangue. E, in una singola frase, l'espiazione. Tutti i giuramenti onorati, tutti i pregiudizi vinti.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Mannarino – Me so 'mbriacato
Cammilli mi aveva convinta in Maledetta primavera, penso che leggerò anche questo, anche se temo sia un po' troppo sopra le righe per me!
RispondiEliminaPare sia molto simile a Maledetta primavera, quindi magari no. Nonostante le mie riserve, mi è piaciuto. Soprattutto per il finale. :)
EliminaDa titolo e copertina non è che mi ispirasse molto.
RispondiEliminaPerò, come si suol dire, mai giudicare un libro dalla copertina (anche se a volte non è che sia poi così sbagliato), e la tua recensione mi ha incuriosito abbastanza... ;)
Eh, effettivamente la copertina l'avrei realizzata meglio io pasticciando con Photoshop... ;)
EliminaAutore che non avevo mai sentito nominare, trama interessante, ma per quell'epilogo già mi si torce lo stomaco. Di Ammaniti ho letto poco, quel poco mi è piaciuto un sacco, tuttavia per leggere libri del genere per me ci vuole a dir poco il momento giusto...
RispondiEliminaL'epilogo è la parte più bella. Da una parte c'è una scena di violenza davvero agghiacciante, dall'altra lo scioglimento - seppure nel nero del dramma - ti dà un senso di sollievo straordinario. Ammaniti è Ammaniti, ma Cammilli ha la sua da dire. ;)
EliminaSe ricordi,te lo segnalai io,un paio di estati fa.
RispondiEliminaLa scena di violenza è una delle più terribili che io abbia mai letto,e da donna e madre ho sentito quasi sulla mia carne quell'oltraggio.Condivido in pieno la tua opinione,Ammaniti si sente ma questo romanzo ha una forza tutta sua nel descrivere le dinamiche perverse del branco.Io lo consiglierei ai professori a proposito di bullismo,ma mi rendo conto che il linguaggio è troppo esplicito.
Il finale invece mi è sembrato un po' affrettato,Fabio meritava di più.
Ricordo bene, Solsido!
EliminaIo ho profondamente detestato Fabio - che, in realtà, ha il solo difetto di essere influenzabile e umano -, quindi quell'ultimo rigo finalmente me l'ha messo in buona luce. E anche il titolo, la sua promessa, ha avuto senso.