È
un esperimento di quelli che o si amano, o si
odiano. Maleducata, autoironica, postmoderna, la serie Apple
gioca con l’incontro-scontro tra corsetti e musica elettronica, con
tanto di parolacce, visioni psichedeliche, festini a base di
oppiacei. Al passo coi tempi, scherza sul binge e sul
sexting: cosa ci siamo inventati noi, infatti, se
nell’Ottocento le pubblicazioni a puntate di Dickens erano
l’equivalente delle serie da non spoilerare agli amici e gli
autoritratti senza veli, regalati al cascamorto sbagliato, potevano
diventare materia di pettegolezzo? Questo sfondo
lontanissimo dall’immaginario dei period drama – per fortuna – si rivela la cornice ideale per parlare di una
poetessa femminista, bisessuale, libera come l’aria. La giovane Dickinson flirta con la morte, sogna di vedere il
circo e i vulcani, vede l’innamorata convolare a nozze con suo fratello, si lega a un mentore sfortunato. Forse inutile
specificarlo, si scontra puntualmente con la mamma casalinga – Jane Krakowski: sempre
sinonimo di risate assicurate – e con il padre, politico tanto accomodante in privato quanto severo in pubblico.
I toni dissacranti di questa commedia
adolescenziale raggiungono un ottimo equilibrio soprattutto negli
episodi centrali: gemme di scrittura e regia, che soltanto
di rado ci fanno distrarre pur di ammirare il gusto di
costumi e scenografie. Dickinson, confermata per una
seconda stagione, è una visione sorprendente. Ti affezioni a protagonisti e comprimari, rischiando di commuoverti nel finale. Ti
dici meravigliato per l’insospettabile verosimiglianza della serie,
che permette nel mentre di scoprire le migliori poesie di Emily –
traboccanti di erotismo, tematiche macabre e spiritualità, compaiono
sullo schermo in caratteri dorati – o di viaggiare nel tempo
conoscendo ora le pose di Thoreau, ora l’ambizione della Alcott. Ti scopri innamorato della gamma
espressiva di una Heilee Steinfeld da Golden Globe: esilarante nei
momenti comici e potentissima in quelli di raccoglimento, l’attrice
e cantante ha una passionalità che renderebbe orgogliosa la
stessa autrice. Emily è stata capita. L’ho capita qui. Nella
produzione in costume che scalcia, pur di uscire dai
banchi di scuola e dalle sue gonne pesanti. Nel mix che,
dopo Luhrmann e Coppola, istruisce elettrizzando. Dickinson:
centonovanta anni e non sentirli. (7,5)
Ambientazioni
lacustri, una scalmanata comitiva di amici, quattro assassini, tre
piani temporali. Dopo il fallimento della stagione precedente, un
imbarazzante crossover che scontentava fan e detrattori, American
Horror Story torna seguendo la scia insanguinata di Venerdì
13 e la retromania dilagante, ormai prassi da Stranger Things
in poi, qui proposta in verità senza grande spirito di iniziativa.
Ryan Murphy si diverte a prendere in prestito il meglio e il peggio
di quel filone cinematografico. Ossia: protagonisti insopportabili,
sangue a litri, sesso e colpi di scena a raffica. La serie antologica
che ha sempre avuto il gusto per l’eccesso nella lista dei difetti, come se la cava omaggiando un sottogenere già
trash di per sé? Benché troppo kitsch per essere vero, fra
lezioni di aerobica, capelli cotonati e canzoni a tema, il fritto
misto di Murphy e company sceglie quest’anno di viversela con
assoluta leggerezza e nel segno dell’autoironia. Abbandonando sia
la politica statunitense che i crossover, 1984 torna ai toni
sopra le righe della sottovalutata Scream Queens. Il risultato
è una nona stagione nient’affatto memorabile, ma che in fondo
potrebbe suscitare la benevolenza sia dei nostalgici sia di coloro
che ricercano colpevolissimi guilty pleasure. Ci sono infatti stralci di
cronaca nera – gli omicidi del Night Stalker, trasformato dagli
sceneggiatori in un satanista dalle mille vite –, le leggende da
falò – le gesta di Mister Tintinnio, accanto a terreni maledetti dove gli spiriti non trovano
pace –, le presenze incorreggibilmente pop – la solita Emma
Roberts, troppo specializzata nei ruoli di ape regina per convincere
come fanciulla indifesa, e la coppia inedita costituita dai simpatici Matthew
Morris e Billie Lourd. Ricordati di noi. Lo implorano questi
fantasmi. Lo pretendono gli anni Ottanta. (6,5)
Farebbe
bene a cambiare titolo. Non più Atypical ma I Gardner,
in assonanza con le sit-com che hanno fatto la storia della
televisione. Le si augura, infatti, lo stesso futuro. Arrivata già
al terzo anno, più corale che mai, la serie Netflix sulla sindrome
di Asperger riesce ancora a intenerire e appassionare. Anzi, se lo
chiedeste a me, vi direi probabilmente che questi dieci episodi sono
i migliori girati finora. La cosa ha davvero del miracoloso: perché
sono uno spettatore incostante e
l’ennesimo soggiorno a casa di Sam poteva trovarmi con la mente
altrove. Contro ogni pronostico, invece, Atypical mi fa suo. Davanti allo schermo, con gli
occhi a cuoricino, sorrido e mi emoziono grazie a un intrattenimento
vecchio stile che ha dalla sua qualcosa che non passa mai di moda: un
cast ben assortito. E qui, dal primo all’ultimo, i
personaggi funzionano proprio tutti. Talmente vivi e contraddittori,
a volte, che è impossibile non criticarne le scelte oppure trovarli
antipatici. L’imprevedibile Sam, alle prese con la routine del
college, è il collante per le
storie degli altri. Mamma e papà, separati in casa dopo il
tradimento della Leight, sono fermi a un bivio: il divorzio è più
semplice del perdono? La sorella minore, Casey, si interroga sulla
propria sessualità: attratta dalla coetanea Izzie, rischia di
mettere da parte Evan, anche noto come il personaggio più adorabile
del piccolo schermo. Si possono amare due persone
contemporaneamente? Da non dimenticare, infine, Paige e Zahid: spalle
comiche insostituibili, la fidanzata e il migliore amico del
protagonista lasciano spazio a sorprendenti momenti di fragilità,
con lei che subisce l’emarginazione delle matricole e lui
traviato, invece, dalla relazione con la ragazza sbagliata. Ognuno o
quasi avrà il suo lieto fine. Potremo sentirci nuovamente parte della famiglia, in attesa che dai
piani alti arrivi la conferma di una quarta stagione? Lo speriamo,
sì, prendendo in prestito dai pinguini studiati da Sam la fedeltà
incondizionata, la pazienza e il senso di appartenenza. Le feste mi
mettono di malumore, si sa: ho sempre paura di tornare a casa. Posso
avere ancora i Gardner, per favore? In alternativa, mi trasferisco al
Polo Sud. (7+)
A me interessava proprio AHS 1984, ma immaginavo sarebbe stata retronostalgicamente smaccata.
RispondiEliminaPeccato, perché comunque le ambientazione da slasher alla Venerdì13 (o meglio, Sleepaway Camp) hanno ottimo potenziale.
Mi incuriosisce la serie sull'asperger, non ne fanno più di storie così :)
Moz-
AHS non è male, dai. Il genere è abusatissimo, ma trama e location si difendono bene a questo giro. :)
EliminaSembra molto carino Dickinson. Devo dire che non lo conoscevo, ma vedrò di vederlo anche io... Dopo aver finito la saga di Penny Dreadful ☺️☺️
RispondiEliminaSplendida Penny!
EliminaAHS sta piacendo anche a me, dopo due,tre stagioni passate da vomito.
RispondiElimina"Da vomito". Dici bene.
EliminaDickinson è finalmente in visione durante le cene, e già ci si trova bene in questo strano biopic classico/moderno.
RispondiEliminaSe AHS ha stancato e non mi informo nemmeno più, ai Gardner continuo a dare incondizionata fiducia. Forse l'ho trovato meno a fuoco rispetto a te, ma quando ingranano la marcia e confezionano un finale così corale e romantico come si fa a non volergli bene?
Stranamente, quest'anno non ho avuto nulla da dire. Ho trovato la terza stagione gestita benissimo!
EliminaVorrei provare a vedere DIckinson, mentre AHS mi ha stufato dopo due episodi e non so se recupererò quest'ultima stagione. Per quanto riguarda Atypical beh, dovrei iniziarla, ma vai a trovare il tempo.
RispondiEliminaDickinson potrebbe sorprenderti. Ottima per chi non segue il period drama.
EliminaSono sincera. Le prime due puntate di 1984 le ho trovate molle come poche. Poi la serie mi ha presa, soprattutto grazie alla Montana di Billie Lourdes e alla fine ho persino pianto XD
RispondiEliminaComunque Apocalypse mi era piaciuto tantissimo, altro che scontentare u.u
Ma davvero? Pensavo che nessuno lo avesse apprezzato, me ne scuso ahahahah!
EliminaMi incuriosisce "Dickinson", chissà se lo trasmetteranno in chiaro prima o poi... :)
RispondiEliminaLo vedo poco adatto alla TV italiana purtroppo. 😅
EliminaMi sembrava di aver già commentato, ma mi sa che Blogger non l'ha preso...
RispondiEliminaDickinson anche io l'ho gradita un sacco. E' come si deve raccontare oggi un personaggio del passato. In maniera contemporanea, ma comunque rendendo in qualche modo onore all'autrice e alla sua memoria. Difficile fare meglio di così.
AHS: 1984 l'ho abbandonata con qualche rimpianto dopo i primi episodi. Magari la recupererò, però il divertimento e le genialità di Scream Queens mi sembrano purtroppo distanti...
Anche io di Atypical non ne ho ancora abbastanza. Cosa pure per uno spettatore incostante come me che ha del miracoloso. E soprattutto dell'atypical ahahah :D
1984,questa volta, ha picchi così sanguinosi e trash che potresti proprio divertirti!
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