Una
rocker con il look di Bowie e un'operazione alle corde vocali che la
rende afona. Un compagno più giovane, regista di documentari, che
l'ha salvata dagli eccessi. Pantelleria, isola paradisiaca, che li vuole nudi,
focosi e rilassati durante il loro periodo di villeggiatura. Se non
arrecano disturbo i barconi clandestini, a largo, lo stesso non può
dirsi di ospiti verso cui fare buon viso a cattivo gioco: un
produttore sui generis – nonché vecchia fiamma – e la sua
giovane figlia che, da bordo piscina, legge e ammicca. Cosa succede
in un pollaio così, se si scontrano due galli? Quali pulsioni
scattano in un quartetto aperto ai poligoni amorosi e alla gelosia?
Quanta acqua schizza – e quanto fumo negli occhi soffia –
l'ultimo film del buon Luca Guadagnino? Allo scorso festival di
Venezia, ricorrenza in pompa magna di griffe e noie, il remake di un
lungometraggio con Alain Delon aveva lasciato fredda e scettica la
platea. Sarà che la bella stagione è a un passo, sarà che di
Guadagnino amo i virtuosismi e l'edonismo, ma – come si suol dire –
tra gli specchi d'acqua salmastra e le piscine private di A Bigger
Splash ci ho letteralmente sguazzato. Partito come una versione
meglio scritta del francese Un momento di follia e
destinato, nell'ultima mezz'ora, a arenarsi in un guazzabuglio di
toni ora gialli e ora grotteschi, l'ultimo Guadagnino non resta
sempre in equilibrio, vero: ma, quando scivola, cade a picco nel blu.
Nuoterà, oppure no? C'è chi si concentra sui difetti dell'epilogo –
e sono numerosi, tra il cameo di un Guzzanti ispettore, coppie di
carabinieri da barzelletta, xenofobia – ma, personalmente, sono
vittima dell'ascendente che Guadagnino esercita su di me. Perché ama
le belle cose, le forme e i colori, e io non resisto. Se il
precedente Io sono l'amore era
un gelido, sopraffino melò, A Bigger Splash è
il suo alter-ego, più fresco, solare e capriccioso. Ritroviamo il
binomio amore-morte e, con grande piacere, una Tilda Swinton oggetto
di venerazione: cinquantacinque anni, di un bello senza sesso, un
fisico spigoloso. Però, qui, quanto è affascinante, con la schiena
nuda, gli abiti anni Cinquanta e un paese che ucciderebbe, per un suo
cenno? Quant'è istrione l'innamorato respinto di Fiennes e quanto
sono irresistibili Shoenaerts e la Johnson, mirati e rimirati,
spogliati da capo a piedi? Troppo, tutto. Quindi, abbagliato, mi sono
goduto le follie di un cast di ninfette e abbronzatissimi marcantonii,
che chiacchierano, seducono e ammazzano il tempo (e non solo quello).
Guadagnino fa loro da balia, riesce a metterli sorprendentemente in
riga, ma una sceneggiatura gocciolante, purtroppo, non aiuta.
Sensista e ironico, dal cipiglio europeo, A Bigger Splash
è un'altra faccia di un cinema italiano al passo. Cocktail impreciso
e strabordante, spensierato, che dà alla testa. (7)
Nell'Inghilterra
degli anni Ottanta, Eddie è un ragazzo mingherlino, cagionevole e
non particolarmente brillante: le ginocchia ballerine, gli occhiali a
fondo di bottiglia, una fisicità che stimola la crudele fantasia dei
prepotenti. Il suo destino: imbianchino, come il papà. Il suo sogno:
le Olimpiadi. Perciò lui, che per lo sport non è mica molto portato
ma che non ha paura di cadere e rialzarsi, prova discipline e divise
varie e, rotolando nella sabbia, ricerca la sua vocazione. E se
fossero gli sci? E se fosse il salto in alto, che nel Regno Unito non
ha campioni? Investire su se stessi, rubare il furgoncino della ditta
di famiglia e andare in Germania, lassù tra i monti e i fuori
classe. Puntare al Canada, però. E, nel mentre, trovare un coach –
atleta in decadenza che ha preferito l'alcol alle medaglie – e il
calore dei giornalisti. Perché questo Eddie è più un pollo che è
una aquila, però vola. E, a mezz'aria, sorprende. Eddie The
Eagle, ispirato a una di quelle vicende che piacciono a me, è
una commedia di quelle che piacciono a me. Ma tanto. Tenere ed
edificanti, infatti, ti toccano il cuore. Belle o brutte, che
importa: l'importante è che, come nel caso del recente One Chance
– L'opera della mia vita, siano un sollievo dalle fatiche
visibili e non e, soprattutto, appaiano inguaribilmente british. Ci
si stenta a credere, ma Eddie ha impensati assi nella manica e, goffo
e acerbo, la voglia di partecipare del proverbio; possibilmente,
lasciando un segno sulla neve. Le mille risorse di lui, però, non
trovano un corrispettivo nel film che racconta la sua vita a mo' di
fiaba: la commedia sportiva di Dexter Fletcher, altrove assai bene
accolta, è piacevole, trasognata, ma meno riuscita di altre simili.
Gli ho preferito, appunto, il biop – da noi, purtroppo, destinato
solo al noleggio – su Paul Potts, vincitore di Britain's Got
Talent a cui il nostro Pavarotti aveva tarpato le ali. I difetti,
questa volta, non nel lieto fine annunciato: è quello il bello,
nella classica rivincita degli underdog. Piuttosto, nella scarsità
dei comprimari: figuranti passeggeri; Cristopher Walker e Jim
Broadbent cronisti; un Hugh Jackman pigmalione, riciclato da Real
Steal senza troppe cerimonie.
Tutti i pregi, invece, si chiamano Taron Egerton – e la spia in
erba di Kingsman, qui in
borghese, è irriconoscibile, naturale e adorabile – e suonano un
po' come quella You make my dreams come true
o, ancora, Jump che
esaltano, nell'era in cui i jukebox si sono sfortunatamente estinti,
ma si balla lo stesso sui divani. (6,5)
Lena s'innamora di Daniel, nel mezzo
del colpo di stato di Pinochet. Lui, che vuole documentare la
violenza del dittatore, è accusato di insurrezione e torturato:
creduto ormai innocuo, a causa della gravità delle sevizie, viene chiuso in un campo di lavoro che è il tentacolo più pericoloso della
dittatura. Lei, che non si rassegna, entra a Colonia Dignitad di
propria scelta: vuole ritrovare Daniel. Ma, dal campo, è vietato
uscire: soggiogati da uno spregevole santone, i prigionieri – e i
fedeli – sono separati, percossi, sfruttati. Campi da dissodare,
preghiera e, se sei una donna ribelle, pestaggi che ti uccidono.
Isolati dal mondo, in un Cile omertoso e ignoto, riusciranno i
protagonisti a rincontrarsi? Soprattutto, riusciranno a scappare e a
portare fuori un po' degli orrori della longa manus di Pinochet?
Tratto da una storia vera che
ha dell'incredibile, Colonia denuncia crimini recenti e taciuti e lo fa, furbamente ma bene, con
il linguaggio e il ritmo del survival; l'intreccio di un romanzo
d'inchiesta. Pieno di concessioni e rielaborato: quelli,
forse, i suoi evidenti errori. Thriller politico tesissimo e
melò appassionante, però, Colonia mi
ha preso in contropiede e mi ha stupito: immaginavo, infatti, una
pellicola storica pesantissima, buoni sentimenti in quantità,
un'altra esecrabile prova dell'ex maghetta "Hermione". E
invece. Angosciante, cupo, inquietante, Colonia ha
nervi a fiori di pelle e ansia a mille – impossibile il contrario,
se si parla di femminicidio, pedofilia, fughe disperate – e,
sebbene indebitato con il cinema d'azione americano, eccezion fatta
per un finale troppo rocambolesco, ha scelte di pancia e un ottimo
cast. Su tutti, gli spregevoli Michael Nyqvist e Richenda Carey, e il
sempre capace Daniel Bruhl. Emma Watson, meno perfettina del solito,
quindi più intensa, è tanto convincente da lasciarci dimenticare la
pessima prova nell'horror Regression
– anche lì sette e omicidi, ma qui aumentano l'impegno e il brivdio. Gallanberg fa meglio del conterraneo Von Donnersmarck, e
Colonia – anche se
poco europeo – non è il terribile The Tourist:
altro punto da dimenticare, allora, se l'avventura di un altro
tedesco nel cinema internazionale lascia soddisfatti e alquanto turbati. A farsi ricordare, invece, la vicenda di Colonia
Dignitad e dei suoi prigionieri: infelice parentesi storica che il
cinema, pur con tutti i sotterfugi e la spettacolarità di cui è
capace, salva dall'oblio. (7-)
Qualche
anno fa, Cloverfield aveva stupito i più. Dai più, nonostante l'indiscreta
impronta del furbissimo J.J Abrahms, tocca sottrarre il sottoscritto:
lo sci-fi alternativo non mi aveva impressionato. Non atteso, dal nulla e con scarso preavviso, è saltato fuori un
sequel quasi dieci anni dopo. Nonostante il ritardo e il cambio di
regista (e registro), 10 Cloverfield Lane è
stato accolto altrettanto bene in sala. Ma, rispetto al primo, era
un'altra storia? Qual è la trama, all'inizio top secret? Questa
ideale prosecuzione firmata da Dan Trachtenberg si apre con Michelle,
una giovane donna che dopo una lite telefonica con il fidanzato –
in un cameo vocale, c'è lui, Bradley Cooper – incappa in un
incidente stradale. E, pare, nell'armageddon. Si risveglia in un
bunker, messa in salvo da due uomini: Emmett, un semplice bracciante,
e Howard, leader attempato con la sindrome del tiranno. Il secondo, in particolare, ha toni bruschi e metodi
violenti; segreti: tratta Michelle come fosse una bambina e le spiega
che, fuori, in superficie, è guerra aperta. Sarà vero, se a dirlo è
un uomo paranoico e possessivo, con la coscienza e le mani già
sporche? Lei è una prigioniera o una superstite? Il mix è insolito,
ma il risultato sorprende ben poco. Forse, ne hanno
parlato con toni troppo stupefatti: troppo bene. 10
Cloverfield Lane è il perfetto
non-seguito, paradossalmente, per chi Cloverfield
non l'ha mai sentito nominare. Per gli altri, invece, viene meno il
dubbio: fuori, quest'apocalisse, c'è oppure no? A questi ultimi, che
rimarranno a bocca asciuta se in cerca di nuove prospettive,
consiglio l'inedito Hidden.
Ci sono mostri e mostri, e 10 Cloverfield Lane descrive
quelli della nostra specie, con lo stile di un dramma psicologico
teso e coinvolgente. Sembrerebbe il solito thriller, ma ha una
misteriosa cornice fantascientifica; sembrerebbe il solito prodotto
fantascientifico, ma ha le dinamiche – appunto – del thriller.
Sfumature complementari, volti speculari: basta l'originalità della
cornice? C'è quella, e una protagonista dalle mille risorse, e
l'antagonista di un ottimo John Goodman; un trio credibile e l'ansia. Accontentiamoci. (6)
Pierre,
stralunato barista di provincia, cade in un pozzo, mentre va a
passeggio. Il
mattino successivo, un viso – un viso bellissimo – fa capolino
dall'alto. Una ragazza passata lì al momento opportuno gli tende una mano. Si chiama Stella, è morta nell'incendio
doloso della casa a cui badava, cerca un ragazzo buono che la
vendichi e la liberi. Pierre, non conoscendo la sua natura,
s'innamora di lei. Contemporaneamente, un boss da poco – colui che
di quel rogo è la causa principale – insegue una borsa piena di
soldi che gli è stata rubata. E tutte le strade
porteranno nella cittadina di Pierre. E a una specie di vendetta. The
Driftless Area – da noi, Niente cambia, tutto cambia –
ha il potenziale di una trama che, all'apparenza, sembra un buffo e
romantico miscuglio di generi e, soprattutto, due protagonisti che ai
patiti del cinema indie staranno senz'altro tanto a cuore. Anton
Yelchin, che lo scorso anno ci ha regalato quei gioiellini di 5 to
7 e Rudderless, ha addirittura una
partner più splendida del solito. La lei del suo Pierre, e c'è da dire che lui è
perfetto, è Zooey Deschanel: presenza misteriosa, spettrale,
impalpabile. E se, nonostante un sodalizio felicissimo, il loro film
si rivelasse, invece, un mezzo pasticcio? The Driftless Area è
un luogo scomodo, strano, in cui incontrarsi: onestamente, non l'ho
capito. Pieno di simboli e figure allegoriche, lento, crea un
senso d'attesa: la meta si capirà nel finale? Qual è il punto?
Invece, le domande si accumulano, i due sono carinissimi ma confusi,
il dubbio persiste. Un po' canonico boy meets girl, un po' crime, un
po' ghost story, The Driftless Area si
ricorderà, appunto, un po'. Quella, la parolina chiave, per un
prodotto indipendente che ho faticato a interpretare e, invano, a
farmelo stare a cuore. Anton e Zooey, cari miei, meritavate un
giardino più fertile: lontano da gole rocciose e fiamme, salvo dal
guazzabuglio inaspettato. (5,5)
Dopo aver letto Ho Paura Torero (ambientato durante la dittatura di Pinochet) ho visto un paio di film sull'argomento, ma non Colonia. Da recuperare!
RispondiEliminaIo non conoscevo per nula...
EliminaA Colonia non importano tanto il perché e il per-come, te lo dico, però prende, prende.
Ah be', anche nel libro che ho letto io, però faceva troppo ridere come veniva preso in giro Pinochet, un uomo pieno di fobie con una moglie petulante e logorroica.
EliminaQui compare giusto un attimo, in una parata trionfale tenuta proprio in questo campo/setta.
EliminaVisto manco mezzo..sono irrecuperabile. Ma nonostante abbia detestato Io sono l'amore, quello che mi incuriosisce di più lo ammetto resta "A bigger splash"
RispondiEliminaEh, chissà.
EliminaA me Io sono l'amore era piaciuto altrettanto.
Ricordo una scena di sesso bellissima, in un bosco, che mi aveva fatto venire in mente La pioggia nel pineto. Guadagnino è bravo, oh. Questo è meno ingessato senz'altro: mi dirai.
ho visto cloverfield proprio in previsione dell'uscita di cloverfield 10 e...aiuto avrei fatto meglio a evitarlo. Non vado molto d'accordo con questo genere. Speravo che il sequel fosse rivisitato in meglio ma da quello che leggo è scarsino. Hidden di sicuro lo vedrò! ;D
RispondiEliminaAnche per me Cloverfield è bruttino...
EliminaNon capisco come sia diventato un mezzo cult, boh! ;)
Colonia è quello che mi attira di più: sono eventi che tendono a passare in sordina, a causa del controverso ruolo degli U.S.A nel colpo di stato. Ti consiglio Missing, film di Costa-Gavras del 1982, ambientato durante il golpe (anche se nel film non fanno mai nomi: adattamento di una storia vera e Pinochet era ancora lì, dovevano proteggere le persone coinvolte che ancora erano in Cile).
RispondiEliminaSegno, grazie!
EliminaQuesto è godibile, ma la verità - diciamo così - lascia il tempo che trova. Come thriller, funziona, quello sì.
di a Bigger spash mi ha sfastidiato la parte finale, ma mi son divertito al cinema... su eddie the eagle ci conto molto... :-)
RispondiEliminaDa Eddie the eagle mi aspettavo di più, ma è uno di quei film che fa bene all'umore: sul cast, potevano sforzarsi di più. Jackman è la fotocopia dei suoi ruoli più noti, Egerton pieno di potenziale invece. Su A Bigger Splash, diciamo che ero preparato il peggio, ma invece quel finalaccio non ha spazzato via il resto ;)
EliminaQuando è presente Ralph Fiennes io ricordo il suo sguardo in Strange Days e devo farmi del male e guardarlo di nuovo, anche se il tempo è stato un po' impietoso. Quindi di questi film vorrei vedere solo il primo e il sapere che ha un finalaccio mi intriga ancor di più.
RispondiEliminaun saluto da lea
Qui, un Fiennes mattatore: sopra le righe, danzerino, chiacchierone (e nudo come un verme, ma a Pantelleria, evidentemente, tutto e concesso). Un saluto a te!
EliminaAllooooora... di questa nuova infornata di titoli, mi interessano soprattutto "Colonia" e "10 Cloverfield Lane". Sospetto che il primo abbia un po' più di spessore rispetto al secondo (anche se forse non molto in più, a giudicare dalla tua recensione), ma se mi assicuri che la Watson non è poi così atroce, in questa circostanza, direi che proverò a guardarlo il prima possibile! :D
RispondiEliminaPer Cloverfield 2 (ammesso e non concesso che sia un sequel...), invece, aspetterò il bluray: a me il film di Abrahms era piaciuto abbastanza, anche se non mi aveva fatto gridare al miracolo, e sono abbastanza curiosa riguardo a tutto l'alone di mistero che si cela dietro a questo nuovo thriller...
Lì per lì, ti dirò, mi sono piaciuti entrambi più di quanto abbia scritto oggi. Colonia, soprattutto.
EliminaPoi, con questi commentini in giacenza, ho ridimensionato un po' il voto... Però sono due visioni meritevoli, a modo loro. ;)
A Bigger Splash mi attira alquanto, gli altri molto meno! ;)
RispondiEliminaPer me, una sopresa davvero.
EliminaMolto fresco. :)
A Bigger Splash fighissimo!
RispondiEliminaE anche Emma Watson in Colonia fighissima. Persino vestita da suoretta... :)
Il cameo vocale di Bradley Cooper in 10 Cloverfield Lane non l'avevo notato: chissà quanti milioni di dollari ha preso per farlo. :D
Gli altri due film(etti) mi sa che me li risparmio volentieri...
Eddie The Eagle male non è, ma molto fordiano, indubbiamente. Che delusione, però, l'altro: hai Yelchin e la Deschanel e li butti via così? Coppia scoppiata.
EliminaAspetto dalle tue parti, allora, i divi di Guadagnino e Emma-non-cagna ;)
Ho visto solo A Bigger Splash: nonostante sia imperfetto, ha il merito di essere vendibile all'estero! La Deschanel non la sopporto, mi è piaciuta solo in Yes Man, ma in New Girl non la reggo, quindi per me è out...
RispondiEliminaAhhhh, cosa devo sentire?
EliminaE in 500 giorni insieme?
10 Cloverfield Lane piaciuto abbastanza, si poteva sicuramente fare di meglio, ma la tensione viene mantenuta, almeno finchè si sta dentro la botola.
RispondiEliminaColonia come sai non mi ha particolarmente impressionato, anche se Emma Watson è sempre divinamente divina. Peccato per quello spogliarello peccaminoso in cui viene inquadrata solo in volto: per caso le sue tette sono preziosissime (per quanto piccoline)?
Eddie The Eagle mi interessa, mentre A Bigger Splash me lo segno, che non lo avevo proprio calcolato.
Emma, le tieni come todas anche tu :-P
EliminaA Bigger Splash è la visione perfetta per quest'estate che tarda ad arrivare: te la fa proprio desiderare. Scivola troppo nel finale, per me, ma resta il film che mi ha fatto infatuare come un'adolescente del belga Matthias :)
RispondiEliminaColonia e 10 Cloverfield sani generatori di ansia, a cui sono disposta a perdonare i difetti, anche in questo caso tutti nel finale: si esagera troppo da un lato, non ci si stupisce nell'altro, come sai.
Mi mancano Eddie the Eagle, biopic che lascio senza problemi, vista la leggerezza, e quell'accoppiata indie, che magari mi concederò, giusto per capire cosa non si capisce. Una chance ad Anton e Zooey gliela voglio dare :)
Allora poi, in due, vediamo di trovargli un filo logico.
EliminaIl pregio è che si segue e, be', che ci sono loro. :)
Ecco, io sono una delle poche a cui 10 Cloverfield Lane non ha detto proprio nulla: non perché non fosse legato al capitolo precedente, anzi, forse quella è la cosa che ho apprezzato maggiormente, ma proprio perché non racconta nulla che non abbiano già raccontato meglio. Peccato!
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