lunedì 31 agosto 2020

Recensione: Tutto chiede salvezza, di Daniele Mencarelli

|Tutto chiede salvezza, di Daniele Mencarelli. Mondadori, € 19, pp. 193 |

A volte la mia testa è un brutto posto dove soggiornare. Dentro, proprio sotto questa zazzera di capelli rossiccia sfuggita al mio controllo, sento una polveriera. Basterebbe una scintilla per scoppiare in mille pezzi. Materia cerebrale dappertutto, pugni chiusi, denti serrati. Le mezzelune delle lune impresse sulla pelle tenera dei palmi e la mascella che, a ogni risveglio, scricchiola puntualmente di malessere. Perché a volte anche il corpo fa male di conseguenza, sta male: quando mi dico che non è giornata – anzi, non è vita – e mi trovo a rimpiangere la stasi della quarantena, quegli arresti domiciliari che mi ero fatto stare comodi. Per telefono lo nascondo. Devo proteggere mia madre. Ma a me, invece, chi mi protegge? Nella speranza di stare meglio, ho letto nel buio della mia mente e in quella di Daniele Mencarelli. Per venire a capo di certi pensieri di rabbia e sconforto; per ridimensionarli, senza il bisogno di una diagnosi.

Magari lo spiego male, ma lì ho capito che la scrittura non è un gioco, ‘na noia come me l’avevano sempre insegnata, ho capito a che serve veramente e che è l’unico mezzo che può racconta’ quello che vedo, che m’esplode dentro.
Nel torrido giugno del 1994, anno della mia nascita nonché dei mondiali di calcio, l’autore  viene sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio. Gli amici sono all’oscuro di tutto. Per una settimana Daniele semplicemente sparisce, ricoverato in mezzo ai reietti. A differenza degli altri degenti, lui ha vent’anni, una famiglia comprensiva, il tempo e la speranza di una pronta guarigione. Ma esiste forse una cura alla malinconia di cui si ammala ogni autunno per poi fiorire nuovamente in primavera? Hanno parlato di bipolarismo, di disturbo borderline, di depressione. È colpa della serotonina, che pare che in lui scarseggi. Stanco di star male, Daniele – studente di Giurisprudenza in pausa dagli studi, che intanto installa climatizzatori – ha cercato soluzioni tanto nelle droghe pesanti quanto nella terapia, con mezzi illeciti e leciti. Tutto pur di riuscire ad accettare la vita così com’è: fragile e imprevedibile, talora ingiusta. Perché siamo nati per morire? Dotato del forte sentire tipico delle anime belle, tenero e disperato, cerca salvezza negli antidepressivi e nella poesia. Plateale sia nella disperazione che nella gioia, con il TSO scoprirà la ricchezza dell’ascolto e della condivisione. Fortemente provato nel momento del ricovero, a sorpresa, lo sarà ancora di più in quello delle dimissioni.

Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte. Salvezza. Per me. Per mia madre all’altro capo del telefono. Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo?
Mario è un maestro in pensione ghiotto di mele cotte, imbabolato a guardare gli uccellini alla finestra. Alessandro è un manovale in stato catatonico. Giorgio è un grande gigante gentile, con le braccia percorse dalle cicatrici dell’autolesionismo, che di notte desidera soltanto che qualcuno gli stringa la mano. Madonnina prega e se la fa nel pannolone. Gianluca, sboccato e a corto d’amore, è una ragazza prigioniera in un corpo maschile. 
Sono questi i compagni d’avventura di Daniele Mencarelli. Sono i buoni, quelli meno pericolosi. Dall’altra parte del corridoio, invece, si levano le urla strazianti dei casi gravi: fanno venir voglia di coprirsi anche col caldo, alla ricerca vana di protezione. Dietro le sbarre e durante i viavai estenuanti i protagonisti sognano un ghiacciolo, una relazione peccaminosa, una nave da crociera sulla quale esibirsi come star d’eccezione. Mentre i medici si appisolano vergognosamente o confondo un paziente con l’altro, tra i matti – per sfidare l’insonnia comune a tutti – si sviluppa un dolcissimo senso di fratellanza. Parlano la stessa lingua dell’autore. La libertà è con loro, o fuori da lì?

Io credo che gli artisti, come certi matti, abbiano dentro di sé il seme di un ricordo lontanissimo, qualcosa avvenuto prima di tutte le storie. È la bellezza la scintilla di tutto. Io, ecco, credo che in certi uomini sia rimasto un ricordo, sgranato, finito nel subcosciente. Questi uomini guardano tutto per come era veramente, prima di quella cosa che è successa, e che ha cambiato tutto.
Il vincitore del premio Strega Giovani ribalta prigionia e libertà, malattia e sanità. I folli sono i veri saggi? Qual è il discrimine tra la malattia mentale e una personalità sopra le righe? Guarire, se si può, significa uniformarsi agli altri? Per gusto personale, avrei preferito una cronaca più asciutta e immediata, meno didascalica. A tratti, non che sia un difetto, mi è sembrata la tipica lettura che un insegnante di religione o filosofia assegnerebbe ai suoi studenti per le vacanze. Commovente, delicato e soprattutto mai pesante, proprio come mi si assicurava, allevia però gli animi con una galleria di personaggi variopinti e con la simpatia contagiosa dell’accento romanesco. Ventisei anni di distanza dagli avvenimenti rievocati, inoltre, hanno permesso alla scrittura di filtrare i disagi grandi e piccoli – il magna dell’inquietudine di Daniele – per farne poesia. 
Tutto chiede salvezza è stato il romanzo giusto nel mio momento sbagliato. E sì, me ne ha data di salvezza, insieme alla speranza che tutto passerà; che perfino questa frustrazione che provo un giorno potrà tornarmi utile. 
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Samuele Bersani – En e Xanax

8 commenti:

  1. Difficile commentare dopo una recensione così....

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  2. come forse ricorderai, mi colpì molto, per l'esperienza in sè - già forte di suo - e per la scrittura, autentica, empatica... <3

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  3. Questo post merita davvero.
    Il libro? Forse anche quello. ;)

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    1. Grazie mille, Marco! Non da premio Strega, per me, ma bello!

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