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Storia della bambina perduta, di Elena Ferrante. Edizioni E/O,
pp. 451, € 19,50 |
Ho
rimandato questo momento finché ho potuto. L’addio a Lila e Lenù,
per me già indimenticabili. Avevo paura che avrei provato una
nostalgia incontenibile. Invece, a fine lettura, mi ha sorpreso una
specie di senso di sollievo. Uscito dalle spire del rione, finalmente tornavo a respirare. È stata una lettura verso cui
ho nutrito un rapporto conflittuale. Una bella storia che non
necessariamente è una storia bella. Ma piuttosto un capitolo
conclusivo lungo, denso, cupo e luttuoso, che si classifica come il
più difficile dei quattro e come l’immancabile riconferma del
genio di Elena Ferrante: un’autrice nient’affatto consolatoria,
amante dei finali che non finiscono mai per davvero.
Le
avevamo lasciate negli anni della rivoluzione studentesca e sessuale,
davanti all’ennesima scelta avventata di una insopportabile Lenù:
dare a Nino Sarratore, il famigerato lupo che perde il
pelo ma non il vizio, una seconda opportunità. Mandato all’aria il
matrimonio con Pietro, madre di Dede ed Elsa e autrice di due testi
accolti con un discreto successo di critica, Lenù viene riacciuffata
in viaggio mentre insegne il lavoro e l’amore. Divisa tra Genova,
Firenze e Torino, confusa da una relazione annichilente, torna infine
a Napoli con la coda tra le gambe. È il richiamo di una sirena.
Ah,
che città, diceva a mia figlia zia Lina, che città splendida e
significativa: qua si sono parlate tutte le lingua, Imma, qua s’è
costruito di tutto s’è scassato di tutto, qua la gente non si fida
di nessuna chiacchiera ed è assai chiacchierona, qua c’è il
Vesuvio che ti ricorda ogni giorno che la più grande impresa degli
uomini potenti, l’opera più splendida, il fuoco, e il terremoto, e
la cenere e il mare in pochi secondi te la riducono a niente.
Nonostante
il suo appartamento vista mare, viene inesorabilmente
attratta dalla vicinanza col rione: il luogo delle
origini dove nel frattempo Lila – brillante
autodidatta – si è imposta come diretta concorrente dei fratelli
Solara. Immersa nel vecchio quartiere, Lenù racimola nuove idee per
un nuovo libro: una denuncia alla maleducazione, alle
siringhe nei giardinetti, agli omicidi consumati nel buio del tunnel,
al mal di vivere, allo strapotere di Michele e Marcello. Vicine come
non accadeva dall’infanzia, sulla soglia dei quaranta, le due
amiche saranno coinvolte in una spirale di tradimenti, tornaconti e vendetta. Due sono le possibilità: o essere risucchiate
dal cuore paludoso del rione, o bonificarlo.
Nella prima parte – un’introduzione lunga duecento pagine –, le due amiche condivideranno lo stesso condominio e una gravidanza coordinata. A separare le loro piccole Tina e Imma, così come Dede, Elsa e Rino – il primogenito di Lila da salvare dalla droga –, c’è soltanto una rampa di scale. Le dinamiche sentimentali tra i reciproci figli, coetanei, saranno imprevedibili. Confidenti, arbitre, burattinaie, compagne di disavventura, le protagoniste rischiano di stancare un po’ in una seconda metà sì carica di eventi, uscite di scena e metamorfosi – penso ad Alfonso, che abbraccia la sua controparte femminile e diventa l’alter-ego di Lila –, ma frettolosa: si passa dagli attentati delle brigate rosse agli scandali politici a Montecitorio, fino a citare il crollo delle Torri Gemelle; si accenna perfino al cambiamento repentino in una città in divenire, ormai multietnica, dove si percepiscono nuovi traffici, nuovi profumi, nuove lingue. Più che rievocati, infatti, qui gli avvenimenti vengono riassunti en passant attraverso salti ed ellissi.
Nella prima parte – un’introduzione lunga duecento pagine –, le due amiche condivideranno lo stesso condominio e una gravidanza coordinata. A separare le loro piccole Tina e Imma, così come Dede, Elsa e Rino – il primogenito di Lila da salvare dalla droga –, c’è soltanto una rampa di scale. Le dinamiche sentimentali tra i reciproci figli, coetanei, saranno imprevedibili. Confidenti, arbitre, burattinaie, compagne di disavventura, le protagoniste rischiano di stancare un po’ in una seconda metà sì carica di eventi, uscite di scena e metamorfosi – penso ad Alfonso, che abbraccia la sua controparte femminile e diventa l’alter-ego di Lila –, ma frettolosa: si passa dagli attentati delle brigate rosse agli scandali politici a Montecitorio, fino a citare il crollo delle Torri Gemelle; si accenna perfino al cambiamento repentino in una città in divenire, ormai multietnica, dove si percepiscono nuovi traffici, nuovi profumi, nuove lingue. Più che rievocati, infatti, qui gli avvenimenti vengono riassunti en passant attraverso salti ed ellissi.
Voler
bene scorre insieme al voler male, e io non riesco, non riesco a
condensarmi intorno a nessuna buona volontà. La Oliviero ha sempre
avuto ragione, sono cattiva. Non so mantenere in vita nemmeno
l’amicizia. Tu sei gentile, Lenù, con me hai avuto molta pazienza.
Ma stasera l’ho capito in modo definitivo: c’è sempre un
solvente che opera piano, con un calore dolce, e disfa tutto, anche
quando il terremoto non c’è. Perciò, per favore, se ti offendo,
se ti dico cose brutte, tu tappati le orecchie, non lo voglio fare e
invece lo faccio. Per favore, per favore, non mi lasciare adesso, se
no cado giù.
Storia
della bambina perduta è un mistero sin dal titolo. Un viaggio
sinistro sulle tracce di Lila, nella città in cui parrebbe splendere
sempre il sole. Ricordate l’incipit dell’Amica geniale?
Lila si era allontanata da casa, era volontariamente scomparsa, e
un’anziana Lenù si metteva a scrivere di lei. Ma cercare di dare
un contorno alla smarginatura di Lila, tentare di metterla per
iscritto arginandola, non significa forse – ancora una volta –
tradirla? A malapena scolarizzata, circondata da nembi tempestosi che
contribuiscono a conferirle un’istantanea aura leggendaria, la
bruna perseguitata dalla tragedia regala a Elena Ferrante alcune
delle sue pagine più straordinarie: nei capitoli immaginifici e
deliranti dedicati al devasto del terremoto dell’Irpinia, gli unici
in cui Lila parla in maniera sibillina del suo curioso estraniarsi,
ad esempio sembra portare il caos psicologico che cova dentro
all’infuori di sé. Distruggendo il paesaggio con le sue
ripercussioni apocalittiche. Cosa cerca in biblioteca, cosa scrive
china sul portatile, e perché quell’improvvisa fascinazione verso
la storia di Napoli? Guida d’eccezione, Lila ci conduce in uno
spaventoso labirinto di Minosse, in cui le cose e le persone a volte
ricompaiono a piacimento, per magia o per dispetto. Una città dal
passato miserabile e glorioso che si morde la coda, tormentata dai
fantasmi degli antichi rivoluzionari e da una putredine ben nascosta
sotto la sua monumentalità. E lei finisce per diventarne, così, parte
integrante. Uno spiritello vestito di stracci e fuliggine, che nella
chiusa – per me perfetta: amara ma non disperata – ci farà
salire un brivido freddo lungo la spina dorsale perseguitandoci in
un’altra regione, in un’altra esistenza, in un’altra lettura.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Carmen Consoli - L'ultimo bacio
Come già sai io ho preferito goderne uno dopo l'altro, anzi, non ho potuto scegliere immersa come sono stata nel Rione e nelle vite di Lila e Lenù non potevo uscirne ed aspettare.
RispondiEliminaContinuerò a preferire le pagine dedicate alla loro adolescenza ma qui, donne e anziane, con la vita che presenta i suoi conti, di pagine belle, di dubbi che la Ferrante mette, ce ne sono altrettanti.
La chiusa sospesa e le tante ipotesi che si possono fare mi han fatto un po' disperare, ma alla fine ne aumenta il fascino.
Pian piano che la memoria svanisce, la rinfrescherò con la serie Rai/HBO, promesso.
Non ti pentirai assolutamente del recupero della serie.
EliminaPer me, forse, la seconda stagione è uno dei prodotti migliori dell'anno.
Compendo come ti sei sentito. anche per me è stato difficile separarmi,ma serbo un ricordo speciale 🤗🤗
RispondiEliminaIl ricordo, sì, resterà...
EliminaE quindi le (dis)avventure di Lila e Lenù sono finite?
RispondiEliminaIo non mi sento pronto...
Nell'adattamento televisivo a che punto sono?
La prossima stagione sarà già questa del finale?
No, la prossima stagione coprirà il terzo libro: Storia di chi fugge e di chi resta.
Eliminaio ho adorato l'intera saga, ma il finale mi ha deluso...
RispondiEliminaNonostante questo, la consiglio sempre a tutti :)
Il finale in sé, nel mio caso, per fortuna no.
EliminaMa la seconda parte moltissimo, mi è parsa troppo brusca.
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EliminaChe storia e che recensione.
RispondiEliminaAspetto la prossima stagione della serie con trepidazione per ributtarmi nel Rione.
Leggerai: La vita bugiarda degli adulti?