| Le
ferite originali,
di Eleonora C. Caruso. Mondadori, € 19, pp. 352 |
Inutile
stare qui a pesare e soppesare. Le parole, i pensieri, li formulo e
li risputo: ridotti all'osso, all'inutile, come noccioli di ciliegie
di stagione. Ci sono quei romanzi, infatti, per cui è fatica
sprecata, tempo perso in partenza, cercare a tavolino perifrasi,
aggettivi o avverbi di modo con cui parlarne. Significherebbe
semplificarli. Significherebbe mettere nero su bianco cosa ti è
piaciuto, cosa no, e soprattutto spiegare il perché. Impossibile con
un animale a sangue caldo come Le ferite originali: lo tengo
qui con me mentre scrivo, accanto al mouse, ed eccolo che ancora
scotta, che ancora non si cheta. Troppo intricato l'intreccio, che in
due cartelle Word non vuole stare? No, se si parla di poligoni
sentimentali senza peli sulla lingua né tabù. Troppo celebrata
l'autrice, forse? Tutto il contrario, trattandosi di una trentenne al
secondo romanzo che si è fatta le ossa scrivendo fanfiction,
leggendo il leggibile, e che per la sua inesperienza, per la
sfacciataggine dei giovanissimi, avrà senz'altro attirato su di sé
l'infondatezza di qualche pregiudizio perbenista. Non si tratta di
una lunga epopea: appena 350 le pagine. A intimidire di certo non è
la scrittura, affatto pretenziosa, bensì mirata come un pugno in
pancia. E allora cos'è, cosa, a farmi sentire impreparato come
davanti all'ultimo Paolo Giordano? A ben vedere, non sono di certo
personaggi con cui è facile andare d'accordo questi Dafne, Dante e
Davide: ciascuno con le proprie mancanze e le proprie manie da
abbandono; ciascuno prigioniero di un capoluogo tentacolare e
ipnotico, gelido, come la miniatura di una boccia di vetro. Vicini ma
distanti, cosa lega allora la figlia di papà con la vocazione per lo
shopping e il volontariato, l'uomo d'affari che mostra tenerezza solo
alla figlia, lo spilungone occhialuto che ha paura di ingrassare di
nuovo e ritornare a una provincia che non sa quanto ambizioso e
prezioso sia? Cardine arrugginito e marcescente di una storia
altrimenti senza intoppi, Christian: bipolare, bisessuale. L'aria da
angelo, l'anima da puttana, con un fratello minore per traviare il
quale farebbe carte false – nel rapporto di dolcezza e
sopraffazione con Julian, custode involontario dei segreti dei Negri,
ci sono delle ombre che ricordano molto quelle fra
Fassbender e la Mulligan nello splendido Shame – e una
schiera di amanti da usare e gettare come fossero profilattici.
Ho
provato a inglobarti, ma non ne ho avuto il coraggio. Ho provato a
proteggerti, ma non ne ho avuto la forza. Hai detto che non mi
lascerai solo, e siccome io non posso uscire, tu verrai con me.
I
tre protagonisti sono i fortunati eletti. Una donna e due uomini che
gli aprono le porte di casa, la bocca e le gambe, assecondando il suo
desiderio ora di turpitudine, ora di familiarità. Spezzerà il cuore
a tutti: perché Christian vive di cocci e di bellezza, di rese.
Vorrà essere il solo, il sole. Terrà i piedi in tre scarpe, il
coltello dalla parte del manico: cresciuto senza madre né padre,
libero e arrabbiato, come una pianta infestante malata sin dalle
radici. Lasciarsi tuttavia avviluppare dalle sue braccia lunghe, dai
suoi garbugli spinosi, significa circondarsi ora dalla sua bellezza,
che in strada farebbe voltare perfino le statue invidiose, ora dal
suo disagio, a cui tentare di rimediare per sentirsi illusoriamente
felici. L'autrice indugia sui corpi: aperti, esposti, messi
all'ingrasso su letti che sembrano tavoli autoptici. A pezzi,
inservibili, eccessivi. Diversi da me e da te, troppo, con il rischio
di apparire quasi irreali, d'altri mondi – l'eccezione è Davide,
che ha gli organi speculari e la mia stessa insicurezza. I dolori,
invece, a sorpresa si somigliano sempre. Lividi di diverse sfumature
di viola che fanno pendant con gli occhi di chi la malinconia proprio
non può scollarsela via dalle ciglia umide di pianto. Tutti con
qualcosa da perdere, tutti affamati d'impossibile, tutti in un bolla
sul filo del baratro. All'interno si intravede una metropoli un po'
paese dei balocchi, un po' sagra della perdizione, con le simmetrie
dello skyline modificate dall'Expo e dappertutto giocolieri,
musicisti, venditori ambulanti di mostri e magia. Una Milano
bellissima, ma scrutata attraverso una vetrata, dall'alto, a distanza
di sicurezza. Qualcuno, chissà dove, intanto ascolta ad alto volume
Luci a San Siro.
A
tutti piacciono le cose strane, sofferenti, imprevedibili, ma se
diventi troppo strano, troppo sofferente, troppo imprevedibile, si
spaventano e vanno via.
La
ragionevole tentazione è quella di distogliere lo sguardo per
pudore, perché l'onestà del sangue vivo spaventa. Mi sono ritrovato tuttavia a pensare a loro quattro anche a libro riposto, a luci spente:
con o senza, comunque non riuscivo a starci. Le ferite originali è
i suoi protagonisti, i buchi neri che hanno al posto del cuore:
zavorre cariche, pesanti, che non si sa come sorreggono anziché
buttar giù. Non vedi l'ora di arrivare alla fine, e non per sapere
cosa sarà di loro. Ma per liberartene in fretta e dimenticarlo,
anche se non è mica detto ci riuscirai. Per lavartene le mani, di
questa sporcizia, di questa strana bellezza. Non che sia una brutta
lettura, anzi, l'opposto. Assoluta, ingombrante, scomodissima,
suscita una fascinazione istantanea e nel mezzo mette a disagio. Ci
vuole coraggio per scriverlo e pubblicarlo, lasciandolo scabroso e
incontaminato come lo troviamo in libreria. Ci vuole coraggio a
leggerlo, a tratti, ma più coraggio ancora a regalarci un po' di
speranza all'ultimo; una specie di lieto fine.
«Se
non avessi paura, ti lascerei adesso […] Perché non ci siamo visti
per sei giorni e mi mancavi. E adesso che sto per andarmene mi
mancherai.»
«Questo
sarebbe un buon motivo per lasciarci?»
«Sì.»
«Puoi
anche restare, sai?»
Dafne
non si trasforma in una pianta di alloro, no. Dante non esce dalla
selva oscura di una mezza età che gli ispira bilanci amareggiati.
Davide, aspirante ingegnere, non scopre sui libri una formula
matematica per stare improvvisamente bene. E Christian, incostante e
bisognoso alla stregua di un bambino abbandonato: meglio perderlo o
trovarlo? Cosa fa più male? Eleonora C. Caruso colleziona tagli
sanguinanti, amori purulenti, schegge e tessuti. Non cuce, non
guarisce, non soffia sul bruciato. È un nervo scoperto, un tasto
dolente: un fantasma che si trascina in giro il suo lenzuolo forato,
le sue catene, per chiederti in pegno anche il resto. Infine ti
grazia, però. Insegnandoti a contare fino a cento per sbollire, e a
tendere l'orecchio a destra se in un abbraccio manca il battito. C'è
infatti gente che ha cisti piene di denti e capelli, come se nascendo
avesse fagocitato in un moto cannibale qualcun altro. C'è gente che
ha il cuore dalla parte sbagliata. Lo
intravedi pulsare dai labbri profondi dei tagli sul petto, prima che
il chirurgo Eleonora ci getti dentro una generosa colata d'oro
liquido. Per suturarle e farle risplendere, le crepe delle Ferite
originali, come in una pratica
giapponese – il kintsugi – che tramuta in arte il secco non
riciclabile.
Il
mio voto: ★★★★
Il
mio consiglio musicale: Woodkid feat. Elle Fanning – Never Let You
Down
Come commentare questa recensione? Da leggere, da segnare, da prepararsi psicologicamente.
RispondiEliminaTi ringrazio, Baba! Io ero preparato, eppure ha fatto male.
EliminaNo. Non ora e, forse, neppure domani. Però leggerti è sempre un piacere.
RispondiEliminaLea
Solo per quando affiora il coraggio.
EliminaLa fine della sessione estiva, nel mio caso, è stata un'ottima scusa.
Recensione bellissima, letta con molta attenzione, ma libro che non fa per me :)
RispondiEliminaPer questa volta passo!
Ti ringrazio, Anna!
EliminaHo letto con vivo interesse la tua recensione per non perdere ogni sfumatura, ogni emozione, ogni volo libero delle tue intense parole. Non conoscevo questo romanzo, la vita non è mai completamente luce. Le ombre mi attirano con le loro misteriose sfaccettature. Prendo nota :)
RispondiEliminaAlle tue letture il coraggio non manca mai, cara Aquila Reale, quindi prima o poi ti tocca conoscere Eleonora e gli altri. ;)
EliminaNon so se questo è il momento giusto, certo leggendoti viene voglia...Magari in futuro, in tempi meno complicati. Bravissimo, come sempre.
RispondiEliminaLetto in un brutto periodo, in effetti, un romanzo così affossa. Nonostante non sia chiuso alla speranza, tutt'altro.
EliminaGran bella recensione. devo ancora leggerlo questo romanzo ma il suo "Comunque vada non importa" mi aveva conquistato totalmente.
RispondiEliminaGrazie, Andrea! E io in questo periodo sono proprio alla disperata ricerca di quello, che purtroppo non risulta reperibile sui soliti siti...
EliminaNon so se fa per me ma mi incuriosisce comunque tantissimo!
RispondiEliminaEccoti qui. Tu hai pelo sullo stomaco, non ti lasci spaventare, quindi sei fra le poche a cui potrei consigliarlo con certezza.
EliminaIn gran ritardo ma letto. Non ho ancora capito se ho divorato il libro o è lui ad aver divorato me.
RispondiEliminaRecensioni magnifiche, come sempre.