L'inizio
è per definizione il punto di partenza. Meglio cominciare da lì,
nel dubbio – lo stesso che accompagna i romanzi densi,
incontenibili, di cui non so mai bene come parlarvi all'indomani di
giorni intensi di lettura e d'amore. E comincio da un'immagine che
per bellezza non fa invidia all'erotismo pieno di candore dell'ultimo
Guadagnino: una villa con piscina e tre adolescenti, di notte, che
fanno il bagno in una proprietà privata profanata dalla nuda sfacciataggine
dei quattordici anni. Teresa, loro coetanea, li spia dalla finestra
invidiando i segreti del sesso maschile e il suono che fanno le loro
risate contagiose, anche alle orecchie del custode inferocito.
-
Loro sono diversi. Sono cresciuti con le radici troppo corte. Prima o
poi una folata di vento li strappa e li porta via.
Ma
Cosimo non sapeva quello che sapevamo noi: che le piante cresciute al
sicuro nei vasi, con le radici lunghe che girano tutto intorno, non
si adattano alla terra. Soltanto quelle con le radici libere,
estirpate giovani in inverno, ce la fanno. Come noi.
Siamo
a Speziale, Brindisi, nei tardi anni Novanta. Lei è un'adolescente
torinese in vacanza dalla nonna materna. Loro, cresciuti alla stregua
di fratelli, sono invece i vicini che spesso sconfinano in cerca di
brividi che scaccino via l'afa di agosto e il bigottismo di una
coppia di genitori molto devota. Nicola, il più alto e prepotente, è
loro figlio naturale; poi vengono l'efebico Tommaso e lo sfuggente Bert, orfani in affido temporaneo, che da bambini divideranno con il
primogenito la magia di una casetta sul gelso e da adulti le
tentazioni della carne di una ragazza chiamata Violalibera. Nel
mentre, la solita Teresa viene e va. Nell'estate prima del diploma,
di Secretly nel walkman e delle farfalle in pancia, perderà
la verginità nel canneto con Bern: il ragazzo che scalava le grondaie
(per la conquista del letto) e gli ulivi, come il Barone rampante,
facendosi perno di un mondo da far girare o crollare tramite la
grazia di un suo sì. Speziale sembra esistere solo nei mesi di
villeggiatura, all'inizio, e al ritorno aspetta Teresa sempre uguale: dove l'aveva lasciata, come la ricordava. Di quello che
accade in autunno sa solo le lettere della nonna e i romanzi gialli
in prestito, le bucce dei pistacchi in giro, l'olio di una
bacchiatura che c'è già stata senza di lei. Com'è però il mare
della Puglia in inverno, in solitudine?
Da un lato c'è un topo di città, una giovane donna dalla natura anfibia, che si adatta a tutto per il bisogno disperato di fare finalmente parte di qualcosa di vero. Dall'altra, un trio (si uniranno strada facendo Corinne, Giuliana, Danco) cresciuto seguendo i dettami di una rigorosa dieta vegetariana, su una tovaglia da cucina con la riproduzione dei cinque continenti: il mondo, si interrogavano, stava forse tutto su un'incerata?
Da un lato c'è un topo di città, una giovane donna dalla natura anfibia, che si adatta a tutto per il bisogno disperato di fare finalmente parte di qualcosa di vero. Dall'altra, un trio (si uniranno strada facendo Corinne, Giuliana, Danco) cresciuto seguendo i dettami di una rigorosa dieta vegetariana, su una tovaglia da cucina con la riproduzione dei cinque continenti: il mondo, si interrogavano, stava forse tutto su un'incerata?
Era
una fantasia e non ce la confessammo nemmeno dopo, ma ero certa, come
ne sono certa oggi, che la vedemmo viva davanti a noi, e identica.
Perché questo succedeva tra Bern e me in quegli anni: usavamo sempre
meno le parole, ma eravamo ancora capaci di riconoscere insieme il
visibile e d'inventare, in un tacito accordo, anche l'invisibile.
Raccontarvi
Divorare il cielo, a questo
punto, mi porta qui: a una masseria occupata abusivamente, un rifugio
di attivisti dalle anime perse, con un pisello propiziatorio
scarabocchiato sulla facciata e nessun telefono, nessun televisore,
nessuna bolletta della corrente pagata, alla faccia del capitalismo.
Un orto a chilometro zero, il miele delle arnie, l'utopia hippie di
Max Stirner: perché a una determinata età si ha sempre fame di
tutto, e subito. Intorno, all'ombra dei veleni degli oleandri, quella
terra riarsa in cui eppure fioriscono spontaneamente proteste e
visite guidate, ricordi di una gioventù gloriosa e momenti di
angosciante isolamento, i matrimoni felici e gli omicidi. Conosciamo i protagonisti ragazzini, li
abbandoniamo ultratrentenni. Mossi da incontrastabili forze
centripete, tornano a bazzicare sempre i soliti luoghi. C'è chi ci
rinuncia a malincuore e chi fa il sacrificio di
trasferircisi, in quella parentesi di fortuna. La polvere del
tratturo custodisce le orme dei loro passi, le coordinate di un
affannarsi irrequieto lungo quasi vent'anni: in cerca
dell'assoluzione dall'egoismo, della benedizione di un figlio che non
arriva, dell'incontaminato oltre le colonne d'Ercole di una Islanda
maestra di addii perfetti.
Non
era questa l'avventura che volevo, Teresa. L'avventura che volevo era
con te.
Com'è
l'ultimo Paolo Giordano? Nei giorni scorsi, strano ma vero, più di
qualche passeggero sconosciuto mi ha rivolto la parola sui mezzi
pubblici per domandarmelo: un esordiente insignito del premio Strega
a ventisei anni lo si ricorda, infatti, anche a un decennio
dall'esordio, anche se di rado si frequentano le librerie. Un grande
romanzo? Se è un grande romanzo – ho risposto stringendo
sovrappensiero la mia bozza in anteprima, l'autografo sul
frontespizio – non lo sapevo, no, ma Divorare il cielo è
senz'altro un romanzo grande. Quattrocento pagine corali, tante ma
non troppe, difficilissime da soppesare. Di quelle necessarie, immediate, con tutto quello che dovrebbe esserci: le chimere della
giovinezza, il richiamo dell'avventura per qualcuno e l'abbandono
struggente per qualcun altro, l'emozione che una volta gli
rimproveravo di non avere. Cuore compreso.
Se ne resta affascinati e intimoriti, come davanti alla fame del cielo. Brilla dappertutto, azzurro abbacinante, ma qualche fotografia – qualche bocca in preda alla fame chimica, dopo un tiro d'erba – sembra contenerlo. E dappertutto sono gli amici di Teresa, che aspettavano che qualcuno come Paolo Giordano, stranco della solitudine del suo primo successo, li stringesse fortissimo nell'abbraccio di una frase vorace.
Affinché, di loro, non restassero solo briciole.
Se ne resta affascinati e intimoriti, come davanti alla fame del cielo. Brilla dappertutto, azzurro abbacinante, ma qualche fotografia – qualche bocca in preda alla fame chimica, dopo un tiro d'erba – sembra contenerlo. E dappertutto sono gli amici di Teresa, che aspettavano che qualcuno come Paolo Giordano, stranco della solitudine del suo primo successo, li stringesse fortissimo nell'abbraccio di una frase vorace.
Affinché, di loro, non restassero solo briciole.
Il
mio voto: ★★★★★
Il
mio consiglio musicale: Morgan – Altrove
Un'amica me lo ha regalato! Dopo questa tua recensione la voglia di leggerlo è tantissima, ma prima onoro gli impegni presi.
RispondiEliminaPoi...la libertà!
Lea
Grazie della tua recensione.
Grazie a te, Lea, e santificata sia questa amica (un po' meno gli impegni, se tengono distanti dai romanzi belli belli).
EliminaLa solitudine dei numeri primi non mi hai mai attirato più di tanto... però vorrei provare con questo, la tua recensione è incoraggiante :)
RispondiEliminaNeanch'io fan dei Numeri primi, anche se tra chi lo ama e chi lo odia, al solito, io siedo comodamente al centro. ;)
EliminaHo in programma per quest'autunno l'altro Giordano, quello sull'esercito, ma ho la sensazione che questo sia più per me, corale e denso come sembra. Gli sconosciuti che chiedono e ancora ricordano fanno impressione, ma anche un gran piacere :)
RispondiEliminaQuesto, certamente, ma anche Il nero e l'argento: sul quotidiano, sulla provincia, su una giovane coppia.
EliminaIl corpo umano era quello che meno ispirava ma, per forza di cose, l'ultimo Giordano che manca all'appello va preso in considerazione. :)
Conosciuto con "La solitudine dei numeri primi" e poi perso per strada. Impossibile ignorare le tue 5 stelle :)
RispondiEliminaSegno, magari per l'estate.
Grazie per la fiducia, Anna.
EliminaCinque stelle meritatissime!
Non potevo non passare a sbirciare la recensione dopo il tuo consiglio. Inevitabilmente finisce tra la lista dei desideri ;)
RispondiEliminaInevitabilmente, sì!
EliminaCon questo celebrato autore l'unico contatto che ho avuto non è certo stato positivo, per via del ben poco apprezzato e parecchio odioso film tratto da La solitudine dei numeri primi.
RispondiEliminaQuesto suo nuovo romanzo grande e corale, nonostante la tua più che promozione, mi spaventa non poco...
Stilisticamente, il film di Giordano lo avevo trovato ipnotico. Orrorifico, diverso dal romanzo, ma paradossalmente più lieto nel finale.
EliminaQuesto, invece, storia di formazione tutta nostalgia e giovinezza, per me ti piacerebbe a colpo sicuro.
Appena finito, l'ho trovato emozionante (e non me lo aspettavo). Splendida la tua recensione!
RispondiEliminaFinito e finalmente posso leggere anche il tuo pensiero! Concordo: un romanzo corale che mi ha conquistata, un romanzo pregno di dolore, in cui ogni parola è al posto giusto. Uno scrittore, Giordano, che mi era mancato nei suoi lavori precedenti e che, finalmente, è tornato quello che avevo amato al suo esordio!
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