Alle
porte di Ebbing, Missouri, non esiste giustizia. Non cresce l'erba,
su una strada di campagna percorsa o dagli idioti, o da quelli che si
son persi. Dove il terreno è più scuro, cicatrice di un crimine già
vecchio di un anno, qualcuno ha arso il cadavere di una
diciassettenne. Questa, però, non è la sua storia. In città i più hanno
finto di dimenticarla: abili a distogliere lo sguardo, meno a porgere
l'altra guancia. Alle porte di Ebbing, Missouri, così sorgono dal
nulla tre manifesti rossi come il peccato, sui cui campeggiano
domande senza risposta. Le accuse pesantissime di una mamma coraggio
che, a colpi di intraprendenza, disturba il sonno di forze
dell'ordine che non prendono né pesci né assassini impuniti. Questa
è la sua storia, e parte dai sentieri
sterrati, dalle voci di corridoio, dalla fine. Quando purtroppo non
esiste altro scopo nella vita e la furia prende di
mira l'immobilismo – alla cieca però. Una granitica McDormand, a
cui è impossibile strappare gentilezze o sorrisi, gioca a fare la
vandala in una gara già persa contro il dolore più devastante: le
restano i dubbi del figlio Lucas Hedges, gli approcci
galanti dell'insolito Dinklage, gli sfottò verso un ex traditore e
tante di quelle parolacce, tanti di quei debiti, da costringere
magari la verità a palesarsi. Lo sceriffo in fin di vita di Harrelson, insospettabilmente dolce e abile con le parole, cerca di
non prenderla troppo sul personale. Ma al suo vice, un Rockwell
smidollato, razzista, strepitoso, piace essere il braccio violento
della legge: nella stessa casa, ha una mamma insopportabile che lo
rimbecca di continuo. Se autore e regista è Martin McDonagh, mente
folle dei per me poco memorabili In Bruges e 7 Psicopatici,
le conseguenze saranno disastrose e tragicomiche. Ci
faranno un po' ridere e un po' piangere del destino di queste tre
anime derilitte in cerca di moventi, seconde chance e premi Oscar.
Three Billboards, commedia di
un nero senza fondo con dialoghi da manuale e interpreti al meglio, è
un bagno di male da cui si esce annaspanti, grati, toccati – colpiti in pieno petto. Difetto isolato, tocca riconoscerlo: ci si rischia di trascinare in un epilogo dilungato, ripetitivo, che
tuttavia fa stringere i denti e le dita. Si perdona, ci si vendica.
Si piantano i fiori, e una donna in tuta da meccanico se ne prende
cura, perché ha un cuore nero ma il pollice verde. Si aspetta che un
cerbiatto – un segno, diremmo, se solo si credesse ancora nei miracoli –
torni a brucare. Alle porte di Ebbing, Missouri, finché c'è rabbia
c'è speranza. (8)
Ammetto
subito la mia colpevolezza. State leggendo, infatti, l'unico parere
così così su quel Coco apprezzato
in lungo e in largo. La sola persona al mondo, forse, ad essere
rimasta impassibile davanti alle emozioni annunciate di un capolavoro
Pixar che tale, purtroppo, non mi è parso. Ma sì, resto uno che
crescendo si è scoperto inspiegabilmente scettico davanti alle
prodezze della favola: le eccezioni esistono, vedasi le lacrime copiose versate per la bellezza del sottovalutato Il piccolo principe. Gli spettatori, lo so, per Coco si
struggevano. I critici, anche loro in preda al pianto, si davano a
lodi sperticate. Un po' come accaduto con Inside Out –
di cui almeno riconoscevo l'originalità
dello spunto – la visione dell'ultima fatica di Lee Unkrich
mi ha lasciato amareggiato e con gli occhi asciutti. Come se, in
difetto io, non avessi saputo apprezzarlo. A metà fra La
musica nel cuore e La
sposa cadavere, ma con le
insolite ambientazioni del Libro della vita,
il film racconta l'avventura del piccolo Miguel – aspirante
chitarrista in una famiglia di calzolai che la musica l'ha messa al
bando – e il suo
viaggio ultramondano, durante il Giorno dei morti, alla ricerca del
beneplacito di un trisavolo celebrità. Lo accompagnano un amico a quattro zampe,
che non a caso si chiama Dante, e un musicista senza arte né parte
che ha paura di scomparire se dimenticato. Intuibilissimo dall'inizio
alla fine per via delle incertezze della sceneggiatura, Coco
trova nelle indiscrete gioie del comparto tecnico e nella
tenerezza verso una vecchina che somiglia tanto alla nonna che non ho
più (lei, la donna di cui il titolo parla) motivi per
perdonare la banalità del villain, il ruolo lampante di alcuni
comprimari e perfino quella chiusa già scritta in partenza, che eppure ha
toccato le anime sensibili. Coi suoi colori accattivanti e una colonna
sonora in forse, perché maltrattata impunemente dalla solita edizione
italiana, parlando di morte e memoria, la Pixar convince senza rischiare. Ponte che non si è
mai aperto, almeno non del tutto, fra una dimensione e l'altra; fra
me e un'animazione che ogni anno sembra passare a timbrare il
cartellino, sotto le feste, consegnando il compitino corretto e
convenzionale che non conquista. (6,5)
Non ho letto la parte di Tre manifesti in quanto sto ancora scrivendo il mio post e non voglio farmi influenzare ma per quel che riguarda Coco sono una di quelle che ha pianto, e molto.
RispondiEliminaIl twist l'avevo intuito appena un certo personaggio ha preso in mano la chitarra e la storia è molto semplice ma il messaggio che veicola mi ha toccata nel profondo e commossa da morire. O forse sarà perché peggio di Frozen e del maledetto Olaf Coco non poteva essere :PP
Ah, avendolo visto a casa, il corto l'ho saltato.
EliminaPoi Frozen mi è piaciuto tanto, tantissimo, ma che due palle 'sto Olaf. :)
Su Tre manifesti a Ebbing ho un dubbio che mi toglierò appena lo vedo, su Coco già sai. Non l'ho trovato scontato, anzi per un attimo mi sono aspettato che le cose andassero diversamente.
RispondiEliminaSo di essere io dalla parte del torto, Pier. Diciamo così.
EliminaPer fortuna l'ho visto con mio fratello però, e anche lui ha gradito pochino. Tare genetiche: non c'è altra spiegazione!
Quindi sei più cuore di pietra del Cannibale?!
RispondiEliminaSe dovessi pensare a Coco a mente gelida, non gli perdonerei quella sceneggiatura pasticciata e fin troppo prevedibile, ma le lacrime parlano da sole, e quel messaggio finale, bellissimo e indispensabile, mi ha fatto passare sopra anche a questo enorme difetto.
Felicissima che i Tre manifesti ti abbiano conquistato, rivisto con il giovine, quante lacrime anche qui, quante risate amare, quanta bravura!
Sui Tre manifesti, già a scatola chiusa, non avevo dubbi!
EliminaAmmetto, però, che le troppe lacrime per Coco mi avevano lasciato un po' scettico sin dall'inizio. E non mi hanno avuto. Meglio del riciclatissimo Oceania, peggio dell'allegoria sottile che era Zootropolis. Vedremo se nella categoria ci sarà qualcosa di più interessante...
Il cinema europeo o di qualsivoglia matrice europea in quanto ad originalità batte sempre il cinema americano...tranne le volte in cui salgono sulla cattedra gente come Tarantino, Scorsese e diversi altri. Non mi sorprende che l'irlandese brilli di luce propria, le sue sceneggiature sono ben oliate..ma sono un po' restio per l'attrice nonostante ne riconosca la bravura non sono un fan della moglie di Coen...
RispondiEliminaCiao Cristian! Confesso che non sono fan dei Coen, proprio no, e che anche sulla McDormand (straordinaria, per carità, ma sempre burbera, sempre scorbutica: penso a Olive Kitteridge soprattutto) ho qualche riserva. Non rimarrà la mia preferita dell'eventuale cinquina, ma il film ha la marcia in più - nonostante d'America si parli e sparli - che dici tu.
EliminaIo, invece, adoro la McDormand: so già che non riuscirò a vedere il film al cinema (tanto per cambiare...), ma cercherò di recuperarlo prima che "invecchi" troppo, perché sembra davvero imperdibile! :D
RispondiElimina"Coco", stranamente, non riesce a incuriosirmi neanche un po': immagino sia colpa della somiglianza con "Il Libro della Vita", alias il film d'animazione più deludente del millennio o quasi...
Allorai amerai la McDormand qui, impossibile il contrario.
EliminaIl libro della vita, piccino e tutto, non mi era dispiaciuto. Ma Coco, dopo tanto parlarne...
Tre manifesti molto bello. Davvero notevole eh, però già adesso che siamo al 16 gennaio posso dire che non sarà il mio film dell'anno. E probabilmente non c'andrà nemmeno vicino...
RispondiEliminaSegno comunque che sembra essere un grande anno, per il cinema.
Coco a me a tratti ha emozionato, ma pure a me non è certo sembrato il capolavoro tanto osannato da altre parti. Anzi. Di difetti ne ha eccome (come dici tu la banalità del villain) e la colonna sonora, piuttosto penosa in italiano, ho provato a cercarla anche in versione originale e le cose c'è da dire che non è che vadano molto meglio...
Si prospetta un anno di bei film, sì, e oggi, 16 gennaio, già te ne saprei nominare un paio accanto a Tre manifesti.
EliminaIn Coco, putroppo, monotonia, prevedibilità e alte aspettative (mal riposte) hanno avuto la meglio: l'emozione, eppure messa in conto, è andata a farsi benedire.
cioèaspè, le 2 insopportabili sorelle canterine sbriciolapalledineve e il barbi|noia|turico Piccolo Principe ti sono piaciuti tantissimo, e per Miguel con la sua dolcissima Coco solo un tiepidino 6 e qualcosa? robe da matti! che frozen|heart! ahaha xD
RispondiEliminaovviamente scherzo, eh... perché ci sta! certi film osannati da tutti a me hanno lasciato solo un mucchio di eh|buh|mah. è il bello del cinema :)
Mi hanno commosso più le stelle intrappolate nell'aspirapolvere, in una certa sequenza del Piccolo principe, che la troppa dolcezza di Coco. Ebbene sì.
EliminaSarà la deformazione letteraria? :)
Anch'io avevo pianto tantissimo di fronte al Piccolo Principe! Ahimé, lo ammetto, più o meno dall'inizio alla fine.
RispondiEliminaStessa tua reazione di fronte a Inside out e viste le premesse, credo già di sapere come reagirò di fronte a Coco.
Non sono così solo, che bello. <3
EliminaA me Coco ha commosso taaantoooo! Sono "nonni addicted" <3
RispondiElimina