A
San Lorenzo non ho visto stelle, ma questa estate che finisce
esaudisce un altro desiderio, per me che dalla trilogia di Linklater
in poi sono sempre sulle tracce dei film che dico io. Parlati a
lungo, vissuti in fretta, noti poco. Dopo chicche varie, arriva
Before We Go a chiudere il cerchio. Dalla sua, una copertina
che lascia intendere che lì ci sia tutto quel che mi piace e un
titolo in assonanza con Prima dell'alba. Brooke, prima di
andare via – ha perso il treno, infatti, la sua Prada è stata
rubata e deve arrivare a casa veloce, perché ha lasciato sul letto
una lettera d'addio di cui si è pentita –, incontra Nick in
stazione. Trombettista di strada che aiuta senza pretendere niente in
cambio quella mezza turista persa. Ci si emoziona
e ci si stupisce, con una o due scene da incorniciare – la
telefonata a sé stessi, loro che compilano uno di quei questionari
degli alberghi per parlare in realtà di com'è stato conoscersi; e
poi metteteci la gentilezza magica di Serendipity e
un musicista spiantato che trascina dietro il suo strumento come in
Once – e un cast che
non ti aspetti. Accanto alla bionda Alice Eve, che già in passato ho
scoperto capace, Chris Evans – qui anche regista. Cosa ci farà mai
l'adone dei cinecomic nei miei film
– miei, poi, anche
se nella vita odio parlare, camminare, sbottonarmi con gli estranei?
Una bella figura. Lui e Alice, infatti, visti da vicino non
sono poi troppo inarrivabili ma, caspita, sono bravi. Entrambi col
cuore altrove, entrambi dimentichi di essere belli come divi: niente
scintille in hotel, ma passeggiate perché si cerca sempre qualcosa –
la borsa sottratta, denaro, riparo – e quattro chiacchiere per
scoprisi. Con le verità di cui questo cinema è capace, la notte
newyorkese che porta consiglio, l'arrivederci al mattino. Tutte
uguali e tutte diverse, le commedie così hanno le storie vere che la
City ispira e occasioni che vengono a bussarci al cuore nei momenti
sbagliati. Immancabili toni da videoclip – e dunque canzoni non da
meno – e protagonisti – che siano però solo e soltanto due –
dai sorrisi giovani. Tutti della stessa pasta segreta, sono film che
avranno sempre la loro da dire. E, come mi ha suggerito la solita Lisa
di fiducia in chat, noi fedelissimi staremo lì ad
ascoltare. (7,5)
Avete notato quante sorprese la cara commedia
alternativamente romantica sta dando, a noi appassionati di
chiacchiere fino al mattino, amori lampo e piglio indie? Copenhagen
inizia col solito giro,
rassicurante e orecchiabile. Ragazzo conosce
ragazza. Lingue diverse, età distanti, una città sullo sfondo che visiteresti seduta stante. Direzione: una capitale in cui non sapevi
neanche di volere scappare, lassù, nella magica Danimarca, e una
chicca di esordio. Mark Raso, giovanissimo, prende un giovanissimo
protagonista anglofono – il Gethin Anthony visto in Aquarius
e Games of Thrones -
e lo rende uno di quei turisti cascamorti e immaturi. Ma
l'irresponsabile William, sulle tracce di un rinnegato nonno nazista,
s'imbatte nell'adolescente Effy, interpretata da Frederikke Dahl Hansen
– a dispetto del nome impronunciabile, bella (e
maggiorenne). In una caccia al tesoro, all'insegna dei luoghi simbolo
e dei segreti dietro i sorrisi di padri sempre corrucciati, i due
andranno in bicicletta, faranno cose, vedranno gente. Copenhagen è
il sogno di una mattinata di mezza estate, spigliato e riflessivo, con casupole da presepe dipinte a mano, sanpietrini che
fanno saltellare la sella sotto il sedere, protagonisti carini e
a proprio agio l'uno con l'altra. Poco di nicchia e troppo adorabile, ha i piedi in due mari – e in una sola scarpa –
e la rigenerante freschezza che deve soffiare lì. Nel punto in cui
convergono acque altrimenti estranee e, giusto in mezzo, c'è come
un'isoletta. Percorsa, a piedi, da un uomo che isola non è. (7,5)
A prima vista, un film sentimentale
tutto palpiti. Invece il dramma musicale di Ami Canaan Mann ha un dolce non so che, sua fortuna allo scorso
Festival di Venezia. La storia ha un lui sempre in
viaggio e una lei che è tornata all'ovile. Si innamorano,
mentre fuori fiocca, Ryan sfiora l'idea di un acquisto che non può
permettersi e Jackie torna a pizzicare le corde
di una chitarra. A unirli, cose che mi piacciono: la neve, i
treni, il destino, la malinconia del folk. Più di qualche segreto
del mio Once.
Un regalo fatto senza pretendere niente in cambio, uno di quei sentimenti purissimi che capitano alle persone giuste nei
momenti sbagliati. Possono
avere quella “e” arricciata ad unirli giusto per un po': l'amore
è una tappa. Regia convenzionale, colonna sonora giusta e due ottimi
protagonisti. Katherine Heigl, cantante
mediocre ma con una versatilità che mostra sia possibile, per lei,
una carriera al di là della stupida commedia americana; Ben Barnes,
con il bel visino che tutti hanno presente e una voce con un graffio
interessantissimo, finalmente per mostare che
sa. Emozionante e discreto,
banale ma onesto, come quel genere musicale che si canta le cose in
corpo, ti dà uno di quei rari pizzichii alla bocca dello stomaco. Con le mani fredde e il cuore caldo. (6,5)
Testare
l'ultima creazione di Nathan è il compito di Caleb, programmatore
che raggiunge un solitario inventore sulla sua isola privata. Oggetto del
lavoro del protagonista, Ava: macchina loquace e seducente, dall'acume spiccato e dalle fattezze di donna. Chi
studia chi, nell'esordio alla regia di Garland – uno che fa la
fantascienza minimalista che piace a me e lavora coi grandi? In Ex
Machina – classico
non solo nel titolo – si crea un mènage domestico che ha le
tensioni e le dinamiche del thriller psicologico. Piace per gli
infiniti spunti che, virtù e difetto insieme, stimolano l'attenzione
fino a disperderla. Freddo di cuore, sangue e aspetto
esteriore, funziona
a lungo, assemblato con sole parti di qualità e giovani promesse:
Domhan Gleeson, romantico protagonista di About
Time;
un Oscar Isaac strepitoso, nelle vesti di un amichevole antagonista
che patisce i danni di alcolismo e spirito di onnipotenza; una Alica
Vikander - olandese dall'agenda
ormai piena, che, robotica con l'aiuto di qualche effetto visivo e
con un nudo integrale capace di mostrarla bella come mamma l'ha fatta - che ha il personaggio che resta impresso.
C'è tanto di buono e inevitabilmente si preferisce concentrarsi
sulla trama, per non perdere il filo; ancora più della scienza e
dell'etica, delle molte suggestioni sparse, si ricorderà per un epilogo
abbastanza prevedibile – cattivo e già visto - che ha qualcosa che
convince sfortunatamente a metà. (7)
Mistero
grande, le scelte dei titolisti nostrani. Traduzioni
libere, stravolgimenti o, in casi più rari, la creazione di filoni cinematografici composti da
commedie che, all'improvviso, si ritrovano con il titolo in assonanza. Dopo i
due Come
ammazzare il capo e
il successivo Come
ti spaccio la famiglia, Vacation si aggiunge alla tribù dei “Come”. E, come nei
precedenti capitoli di questa saga per caso, la storia poco nuova dei
Griswold – famiglia on the road, che con un furgoncino made in Albania che punta verso un luna park,
passando da fantasmi del passato, luoghi turistici, lontani parenti –
assicura le risate rumorose che sono nei patti. Non bisogna arrivare
al parco divertimenti per goderselo, il divertimento puro, se prendi
due coniugi in crisi, un fratello maggiore che subisce le angherie di
un fratello più piccolo e tappe
impreviste qui e lì. In un cast meno ricco del solito, ma
altrettanto in armonia, fa da Cicerone l'eroe della trilogia di The
Hangover,
Ed Helms, e esilaranti sono due cameo soprattutto: un superdotato
Chris Hemsworth, magnificamente autoironico, e – da The
Walking Dead – un
inquietante Daryl, quasi uscito da Radio
Killer.
Se l'estate sfortunatamente va via, diciamole addio così; un'altra
risata garantita, un'ultima vacanza. (6,5)
Bathsheba è una proprietaria terriera, capace di cordinare il lavoro dei suoi
operai e di districarsi tra triangoli amorosi: amata da un fattore,
corteggiata da un galantuomo, sedotta da un soldato, a chi
concederà la sua mano? Stilisticamente
non meno degno dell'Orgoglio e pregiudizo
di Wright, abbiamo una regia di miracoloso perfezionismo e una trama che procede per accumulo e, dopo un inizio in
equilibrio, va di fretta in una seconda metà carica di colpi di
cuore. Colpa di tagli – inevitabili, con un classico di cinquecento
pagine - che sottolineano le forzature nelle trame e colpa, un po',
di schermaglie condensate che, a volte, gli fanno
ironicamente meritare un titolo alternativo: Via dalla pazza frienzone. Però c'è che
è un regalo alle donne pensato dagli uomini. Scritto da Hardy
– noto per la sua misoginia -, ha gli intrecci di una commedia
ottocentesca che ci aspetteremo più da Jane Austen. Inoltre,
diretto da Thomas Vinterberg – braccio destro di Von Trier,
impavido danese -, non rinuncia all'aria eterea da raffinatissima produzione BBC.
Fotografia calda, colonna sonora da brividi, attori di gran classe. Da Carey Mulligan (chi avrà mai le fossette più dolci del
reame), civettuola e intelligente, passando per
l'onnipresente Schoenaerts, verso cui il minutaggio è maggiormente
benevolo, fino a includere un sempre ottimo Michael Sheen - e a chi non dà fascino aggiunto, poi, una curata barba sale e pepe? (7-)
Sabine
De Barra, anticonformista e orgogliosa, viene incaricata da un
fedele collaboratore di Luigi XIV di curare i lavori presso i
giardini di Versailles. Con un progetto che li vorrà sempre più
vicini, tra i due sboccerà del tenero. Alan Rickman, talentuoso davanti alla macchina da presa e
non a proprio agio alla regia, dirige – e interpreta – una
commedia in costume che si segue senza noie e senza
interesse. Privo di orpelli in eccesso ma altresì di classe, Le regole del caos è
scritto, diretto e interpretato con il pilota automatico. Passa
inosservato il lavoro degli affidabili caratteristi Rickman e Tucci,
insieme a quello di protagonisti che non brillano, al centro di
sguardi languidi a cui manca il feeling. Kate Winslet è prevedibilmente all'altezza della situazione, ma pizzi e gonne ampie la rallentano e la ingrassano. Shoenaerts, con un viso che si presta ormai al
dipinto settecentesco, appare inebetito e tormentato dal capello lungo. Per una Versailles più originale, si dovrà aspettare Luigi
XVI. La Coppola e Marie Antoinette.
(4,5)
Jane
Eyre, dopo aver smascherato Rochester, scappava nella
brughiera. Così iniziava l'ultima trasposizione di
un capolavoro. Quest'anno, dopo averla ricordata in Gemma Bovery,
squisita commedia francese, torna un'altra "madama". E anche
questo film sceglie di partire
dalla fine. I dettagli di una storia
che nessuno ignora sfilano perciò nel giusto ordine e coi ritmi giusti. Con il citato Jane Eyre ha
inoltre in comune l'eleganza dei costumi, il religioso
accompagnamento del piano, una regia che osa qualche guizzo, il
partire dalla fine; soprattutto, la presenza di una splendida Mia
Wasikowska – sempre più intensa – nelle vesti dell'eponima
eroina. La Wasikowska affascina con quel misto di freddezza e
passione che solo lei possiede. Ma la trama è di per sé
maggiormente indigesta, i tanti amanti non hanno né la bellezza né
il talento di Fassbender – una parola per un Ezra Miller non al
meglio – e, accanto alla stella di Mia, brilla soltanto uno spietato Ifans. Rigoroso, distaccato, puntuale. Così
tanto che ci si domanda: è sì ben fatto, ma perché riproporlo
ancora, se manca una chiave di lettura? (6)
Di Far from the Madding Crowd abbiamo già parlato, qui e lì.
RispondiEliminaLe regole del Caos avevo intenzione di recuperarlo per vedere di nuovo insieme Rickman e la Winslet e, dopo averlo scoperto nella trasposizione sopracitata appunto, per Mathias (con il cognome faccio un pasticcio ogni volta, quindi mi prendo la licenza di chiamarlo per nome).
Madame Bovary l'avevo aspettato tanto sperando che la Wasikowska compisse il miracolo e mi riappacificasse con la signora Bovary, invano. L'ho mollato dopo mezz'ora perché nemmeno lei è bastata: la noia ha avuto la meglio.
Quel Matthias lì - anch'io non scrivo il cognome: durante il post, ho fatto un copia incolla continuo: lo ammetto - lo avevo detto che era da tenere d'occhio, già ai tempi del bellissimo Un sapore di ruggine e ossa. Faccia pazzesca e, nonostante un'espressività ridotta, capace di recitare credibilmente in tre lingue diverse. Il period drama - o polpettone storico, come preferisco io - non è il mio genere, ma ci si prova ogni tanto. Per quest'anno, ho dato. ;)
EliminaDevo ancora recuperare la Nemirovsky, quindi per me è stato una piacevole sorpresa e gli auguro tutto il successo che merita. Molto più espressivo lui che altri, famosissimi, pur avendo la mimica di un pesce lesso.
EliminaP.S. Finalmente "Downton" e non "Downtown" :)
Il personaggio di Suite Francese, rigido e di poche parole, era perfetto per lui.
EliminaEh eh, ma l'ho sempre saputo che era "Downton": no, non è vero, l'ho azzeccato per puro caso, oggi :)
Da estimaTore della trilogia di Linklater, devo assultamente mettere in lista Before We Go.
RispondiEliminaAmmetto che trovo interessanti tutte le proposte, film con la Winslet escluso perché l'hai stroncato senza pietà . :D
La Winslet che delusione. Se non fa una bella figura neanche lei, stiamo alla frutta. :)
Eliminaper me il finale di ex machina considerando il contesto ed il sottotesto non è prevedibile, ma inevitabile...per me tra i migliori film di quest'anno
RispondiEliminaAnche "inevitabile" è un aggettivo giusto, però non so. Ne ho letto tanto bene e mi aspettavo qualcosa di meglio. Nel mio classificone ci finirà Isaac, bravissimo, ma il film non penso. Garland l'ho preferito altrove.
EliminaNel senso che Il finale ,secondo me, considerando che Eva è la metafora della storia dell'uomo che ha cercato sempre la libertà e con egoismo evolutivo ha cercato di ottenere sempre il meglio per se stesso,funziona...poi sono io che ci vedo cose che non ci sono :-),... visto in quest'ottica mi aggrada
EliminaProverò a rivederlo, prima o poi, per vedere se mi scatta qualcosa :)
EliminaNon vedo l'ora di buttarmi su quelle commedie che a noi piace tanto sentire, so già che me ne innamorerò, la tua approvazione e i tuoi consigli sono sempre una garanzia!
RispondiEliminaE in Jackie&Ryan avevo trovato una pausa dolce necessaria nel mezzo di un Festival a volte tanto serioso e pesante.
Sui film in costume sono sempre un po' combattuta, Vinterberg ha la precedenza sul resto visto il suo nome e quello dei protagonisti, gli altri mi puzzano di classicismo freddo e sterile, non so se li affronterò a breve...
Su Ex Machina già sai che la prevedibilità a me ha annoiato parecchio, e il filone dei "come" son perfetti per l'estate, ma dalle mie parti sembra già arrivato l'autunno, sigh.
Curioso di conoscere la tua impressione su quei film lì, ma secondo me i piaceranno. Magari non visti tutti insieme. Anche a me il film in costume non va particolarmente giù e nonostante Via dalla pazza folla non sia perfetto - benché Vinterberg alla regia e David Nicholls alla scenggiatura promettessero tanto - è il migliore dei tre. Se non altro, risulterà meno scontato di una notissima - e inutile - Madame Bovary. :)
EliminaCopenhagen me lo sono segnato, devo solo trovare la voglia. Come ti rovino le vacanze non so ancora se voglio vederlo o meno invece.Before We Go sembra interessante, mentre le due opere in costume non mi attirano per nulla.
RispondiEliminaNon ne hai parlato e esce giovedì, ma sono curioso di vedere "qualcosa di buono"
Già l'ho recensito lo scorso anno. I film con la Rossum non me li perdo mai. Ti lascio il link. Non male; un cinema del dolore finalmente più lieve e ironico.
Eliminahttp://diariodiunadipendenza.blogspot.it/2014/11/mr-ciak-48-boyhood-judge-guardiani.html
Concordo con i commenti relativi a "Ex Machina" (conto di scriverci su qualcosa anch'io a breve...) e "Far from the madding crowd".
RispondiEliminaDa "Come ti rovino le vacanze" mi aspettavo un pasticcio, quindi sono contenta di leggere che, almeno parzialmente, è stato un esperimento riuscito, e che riesce a strappare qualche sorriso.
Grande dispiacere per "Le regole del caos": amando la Winslet alla follia, mi sarei aspettata di più! :(
Le regole del caos è uno dei fiaschi dell'anno. Noioso e evitabile.
EliminaCome ti rovino la famiglia mi ha fatto ridere come non ridevo da un po', sinceramente. Il suo lavoro lo fa alla grande. ;)
Copenhagen bellissimo. Ex Machina anche di più.
RispondiEliminaQuesta sì che è fantascienza riuscita in pieno. Mica quella trashata di Sense8, uahahah ;)
Chris Evans regista?
Spero che se la cavi meglio che come attore, altrimenti il tuo voto mi sa tanto di regalone...
E Carey Mulligan con le sue adorabili fossette resta sempre il top. :)
Io Chris Evans lo conosco giusto di nome, perché i suoi film non li guardo (escludendo qualche commediola sparsa). Parlerai anche tu per (pre)giudizio preso? Vedrai che se la cava, se la cava ;)
EliminaNon ho visto nessuno di questi film xD
RispondiEliminaPrima o poi vorrei vedere Ex Machina, però, mi ispira. E da come hai descritto Come Ti Rovino Le Vacanze, mi hai convinta a dargli una possibilità. Qualche risata non fa mai male xD
Concordo con te. :)
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