venerdì 20 febbraio 2015

Recensione: Il nostro anno infinito, di Matthew Crow

Ho bisogno che tu guarisca perché io sto guarendo, e il problema è che non mi ricordo quello che facevo prima di conoscerti. Prima che ci fosse un noiIl mondo sarà un posto più interessante se ci sarai pure tu.

Titolo: Il nostro anno infinito
Autore: Matthew Crow
Editore: Sperling & Kupfer
Numero di pagine: 286
Prezzo: € 15,90
Sinossi: Amber e Francis sono come il sole e la luna: lei ribelle e impertinente, lui romantico e imbranato. Chissà se nel "mondo fuori" sarebbero stati insieme, chissà se lei lo avrebbe mai degnato di uno sguardo. A farli incontrare è una malattia crudele, in una corsia d'ospedale in cui i due ragazzi condividono canzoni, vecchi film, piccoli istanti preziosi in cui il male concede una tregua ed è più facile sognare il futuro, immaginarsi fuori di lì, insieme. Perché, se hai quindici anni, è impossibile non sperare di avere tutta la vita davanti. E quando il destino mostrerà il suo volto più duro, quando tutto sembrerà ingiusto e sbagliato, sarà l'amore a dare un senso a quell'anno così breve, così indimenticabile. "Il nostro anno infinito" è una storia capace di commuovere e al tempo stesso di far sorridere e trasmettere una grande gioia di vivere. Grazie alla voce tenera e buffa di Francis, che la racconta, e a quella decisa e sfacciata di Amber, che gli fa eco. Grazie al coraggio di due famiglie imperfette e un po' bizzarre ma pronte a tutto pur di proteggere i loro ragazzi dagli schiaffi della vita. Grazie all'intensità di un primo amore capace di essere infinito nonostante i giorni contati. Perché è il cuore, e non il tempo, a decidere che cosa è per sempre.
                                              La recensione
Se ho letto Il nostro anno infinito è giusto per curiosità. Una curiosità negativa, di quelle cattive. In realtà, partivamo già male. La fascetta promozionale che mi citava Colpa delle stelle e Braccialetti rossi, il titolo che richiamava Noi siamo infinito, la copertina similissima a quella della trasposizione cinematografica di Green – che poi se sono i ragazzini moribondi a stendersi nei prati in fiore o se sono i prati in fiore, segretamente infetti, a rendere i ragazzini moribondi non lo capirò mai: chiedete agli oncologi o, più semplicemente, ai grafici italiani. Quella fascetta lì – io le butto, perché mi danno un fastidio assurdo – però mi diceva anche che non era la storia che immaginavo, e aveva un po' ragione. Il nostro anno infinito, nonostante il tema, si legge in un paio di giorni, come accade coi romanzi lievi, scritti bene, coinvolgenti. Perfetto non lo è di certo, neppure memorabile, ma ci racconta una vicenda che è l'esatto contrario di cupa e straziante: vi dirò, infatti, che sprizza vita e sole da tutti i pori, che non ci sono scene particolarmente piagnucolose e che la classica sinossi si concentra solo sul più classico degli amori impossibili quando c'è quello, sì, ma anche e soprattutto altro. Questo romanzo young adult della Sperling & Kupfer, apparentemente da inserire dritto dritto in quel piccolo filone letterario che ha fatto di stelle, giardini e leucemia i nuovi vampiri, è inaspettato e bellino. Il tema è quello, non ci girerò intorno, ma non è così sbandierato e scontato come appare. Non conosciamo il procedere esatto della malattia, non sappiamo quale parte del corpo di Francis e Amber stia lentamente divorando, non sappiamo quanto veloce passi il tempo e quanto tempo, quindi, i due abbiano ancora: fanno dentro e fuori dall'ospedale, coi capelli rasati a zero che quando crescono è sempre un buon segno, e non ci ricordano costantemente – quando si abbracciano, quando litigano, quando provano a spacciare marijuana medica in metro per racimolare qualche soldo per Natale – che la vita è corta e che la loro lo è di più. Quindicenni che non si piangono addosso e che ci fanno buona compagnia, senza volerci instillare il pianto a forza. Senza chiamare mai per nome ciò che li rende deboli, diversi, o solo speciali. 
I protagonisti pensati dal giovane Matthew Crow – una voce riconoscibile che subito mi è andata a genio, dosi massicce di umorismo britannico, stile vivace e a tratti davvero davvero buffo – sono dolci, stralunati, stramboidi, un po' come Eleanor e Park: ragionano per metafore, filosofeggiano sui cult degli anni ottanta e sono figure altamente adorabili da inserire in una galleria di comprimari altrettanto curiosi e affascinati. Consuocere lontane come il giorno e la notte (una ex modella, l'altra amante dei tarocchi e della natura), ma che un bicchierino e una serata brava al karaoke mettono d'amore e d'accordo; fratelli maggiori gay, simpaticissimi e disordinati, che non sanno cucinarsi un uovo fritto, figurati se sono esperti di sentimenti e prime volte; nonne brusche e misantrope che ti vogliono bene, ti comprendono e tutto, ma guai se la chemioterapia ti fa vomitare, poi, mentre danno una puntata della loro telenovela argentina preferita. Che tu abbia il buon cuore di aspettare che in tivù passi la pubblicità. E' più il tempo passato in casa che quello in corsia. La malattia è una ottima scusa, per il narratore, per indossare a tempo indeterminato il pigiama e per farsi accudire come un bimbo, ma è meno assente che altrove. Fa da cornice e si manifesta, inevitabile, in un finale che è il reale punto debole: sarà che si immagina, sarà che non vorresti che l'intelligente leggerezza del tutto ti rendesse insensibile nei loro confronti. Discrezione o non curanza, dunque? Un'educazione alla vita, alla morte e all'amore estremamente gradevole; frizzante. Non certamente incisiva, ma non imperdonabilmente blanda. Carinissima: quello sicuramente. E non desideravo altro, e non mi aspettavo di più. Un romanzo imperfetto, ma scritto a modo suo, che non è la brutta copia di altro. Il lutto incontra il buonumore e, anche se la love story di Francis e Amber non è abbastanza romantica e tortuosa per diventerare futuro metro di paragone, ha un disegno che cogli e un senso chiaro, che non sfugge.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: The Band Perry – If I Die Young 


"If I die young, bury me in satin. Lay me down on a bed of roses...
Send me away with the words of a love song"

5 commenti:

  1. Questo libro mi interessa molto, anche se devo dire che partivo abbastanza prevenuta, credendolo una brutta copia di "Colpa delle Stelle"... Vedremo se mi piacerà! Bella recensione, comunque :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Anch'io ero prevenuto, e negativamente, ma a leggere si legge.
      Ed anche bene!

      Elimina
  2. Ma lo sai che in fin dei conti, mi ispira??

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sembra una tragedia, ma invece è uno di quei libricini che, sai?, migliorano la giornata :)

      Elimina
  3. Ma sai che a me non è piaciuto quasi per nulla? 2 stelle, ci ho messo quasi due settimane a finirlo.. boh!

    RispondiElimina