Relegata
a leggerissime commedie televisive, Paola Cortellesi prende
finalmente parte al suo film migliore: lo dirige lei. Nazional-popolare, brutale e tenerissimo, sorprende per una scrittura in bilico fra la commedia e
il dramma e per una cifra autoriale già matura. Si parla di
femminismo e discriminazione di genere, di violenza domestica e
conflitto generazionale. C'è ancora domani non è, però,
l'ennesima storia di female empowerment. Delia è il tipico angelo
del focolare. Sempre con il grembiule da cucina,
sempre dimessa, sempre con qualcosa da fare. Corre continuamente, ma
non va mai da nessuna parte. Il suo eroismo sta tutto nel sopportate
a bocca chiusa gli abusi del tirannico Mastandrea. E,
nell'impossibilità di denunciarlo, di trasformare i pestaggi in sequenze musical. La solidarietà femminile c'è, ma è
nelle sporadiche confidenze in cortile; nell'amara consapevolezza di
essere tutte prive di identità. A dar loro voce, ottant'anni dopo, è
la comica romana. Che non urla messaggi progressisti, non forza la
mano con gli anacronismi del politicamente corretto, ma ci fa
sorridere delle sue “piccole donne” grazie alle battute di
Fanelli o alle fantasticherie sulle note di Concato, Dalla,
Silvestri. Cortellesi mette in scena una rivoluzione discreta e, in
un epilogo indimenticabile, celebra un risveglio individuale che si
fa anche collettivo. All'improvviso c'è una ragione per mettere il
rossetto, la camicia nuova, stringere i pugni. C'è un luogo verso cui correre, con una lettera stretta al petto.
Voi correte al cinema. Straordinario nella sua ordinarietà, è
l'esordio più significativo degli ultimi anni. (8,5)
Alice Rohrwacher torna e incanta con una nuova
fiaba bucolica in cui un tormentato Orfeo vive continue catabasi per
riunirsi alla perduta Euridice. A unirli c'è un filo rosso, in una sceneggiatura in cui nessun simbolismo è
lasciato al caso e al mito del poeta che commosse Proserpina si
mescolano le suggestioni di quello di Arianna, salvezza di Teseo fuori dal
labirinto. In una tragicommedia in cui la fotografia fuligginosa e la
colonna sonora anni Ottanta riconfermano quanto prezioso sia il
miscuglio di eccentricità e lirismo del cinema della nostra
Rohrwacher, un ruolo chiave spetta al personaggio di Isabella
Rossellini: qui irriconoscibile, è una nobildonna prigioniera della sua sedia a rotelle, dell'ossessione per
la figlia scomparsa e di una magione che è un colabrodo. In cambio
di qualche lezione di canto, l'anziana tiranneggia su una sua allieva che tratta come sguattera; all'apparenza servizievole,
la giovane nasconde piccoli insospettabili segreti e seduce il
fascinoso Josh O'Connor, tombarolo ospite di una baraccopoli dalle
ore contate. Tutti aggrappati a mondi precari, destinati ora
all'ospizio e ora alla galera, i personaggi rubano e vengono
derubati, si illudono e vengono illusi, inseguendo ciascuno i propri
sogni impossibili. Ma quanto è pericoloso preferire il vecchio al
nuovo; i mausolei ammuffiti alle stazioni trasformate in centri
d'accoglienza da manipoli di donne illuminate? Strambo e incantevole,
forse troppo per un'Italia ostile all'audacia, La chimera
è un apologo pieno di morte che, a sorpresa, si rivela uno dei film
più vitali dell'anno; un tesoro che, come certi luoghi abbandonati,
appartiene un po' a tutti e un po' a nessuno; un sogno agitato sui
seggiolini scomodi di un regionale. Ma un sogno, finalmente,
possibile. (8)
Un intrepido sedicenne con il sogno del rap e dell'Europa intraprende un
estenuante viaggio della speranza dal cuore dell'Africa alle coste
della Sicilia. Dirige Matteo Garrone, la cui bravura è ormai
indiscussa da vent'anni a questa parte. Commuove l'esordiente Seydou
Sarr, che nel primissimo piano finale, come già accaduto a Fonte in
Dogman, entra a gamba tesa nell'olimpo del cinema italiano. Ma
il problema di Io capitano è il seguente: visto il trailer,
purtroppo, visto il film. Le tappe del viaggio del giovane sono tutte
contenute in quei pochi minuti pubblicitari, tra dune e onde,
prigioni e palazzi. L'esperienza umana, preziosa, si fa raramente
anche esperienza cinematografica. E accade soprattutto negli
sporadici momenti in cui il regista romano tralascia le tappe della
sua canonica odissea per sconfinare nei territori visionari della
fiaba. È allora che il film diventa qualcosa di più di
un'edificante lezione di educazione civica, rivelandosi una
riscrittura sorprendente del suo medesimo Pinocchio. Il nostro
eroe dice bugie alla mamma, ha uno sfacciato Lucignolo come compagno
di viaggio, viene derubato e sfruttato innumerevoli volte. Infine
finisce in mare. All'orizzonte c'è la terraferma. O è forse la
sagoma della famelica balena? Per fortuna, sappiamo in anticipo che
diventerà un bambino vero. Anche se qualcuno al governo, oggi, lo
negherebbe strenuamente proprio al sopraggiungere dei titoli di coda.
(7)
Ogni
amicizia è una storia d'amore. Non si può pensare che questo
riflettendo sull'intensità che si annida nei “sovrumani silenzi”
tra Pietro e Bruno; sulla persistenza di un sentimento viscerale, più
che fraterno, costellato di lunghe attese e lunghi sguardi.
Ispirandosi all'omonimo romanzo di Paolo Cognetti, un topo di città
e un topo di campagna uniscono le loro forze – dopo quindici anni
di distanza – per rendere omaggio alla memoria del padre che li ha
formati un po' entrambi. I registi di Alabama Monroe, coppia
tanto nell'arte quanto nella vita, ci portano ad alta quota e
riportano sullo schermo un'altra coppia amatissima: Luca Marinelli e
Alessandro Borghi, che questa volta giocano con gli accenti
dell'estremo nord e recitano con tutta la potenza della loro
fisicità. C'è chi va, c'è chi viene. E c'è chi si aspetta. La
costruzione della loro amicizia, graduale e faticosa, spezza le vene
delle mani. E graduale e faticoso, per qualcuno, potrebbe essere
anche questo film: una scalata lunga due ore, da cui si esce però
con le mani fredde e il cuore caldo. Le otto montagne è
lungo, lento, morbidissimo. Come un abbraccio improvviso, che prima
ti spezza le ossa e poi te le rinsalda insieme – o viceversa. (9)
Dal
classico di Cesare Pavese, un film modernissimo nella sua fedeltà
Proprio come il romanzo che l'ha ispirato, il lungometraggio
dell'ottima Laura Luchetti è un inno alla gioia, alla confusione, al
piacere femminile. All'importanza del perdersi, a volte, per
ritrovarsi. Morbido, delicato e sottilmente erotico, mostra
attraverso le espressioni fuggevoli di un'intensa Yile Vianello –
anche musa di Alice Rohrwacher – i dilemmi di una giovane sarta
scissa fra campagna e città, uomini e donne; le fa da contraltare
l'esordiente Deva Cassel, sì acerba, ma perfetta nell'incarnazione
dell'ambiguo e bellissimo oggetto del desiderio. La bella estate
si prende tutto il tempo che serve. È di una lentezza che avvolge,
proprio come l'abbraccio in balera fra le protagoniste; proprio come
la regia, materna, che veste di silenzi e verità l'unica scena
d'amore. La colonna sonora cresce, così come cresce il personaggio
di Ginia. Le stagioni si avvicendano, ma Torino resta sempre magica
sullo schermo. L'avvento del fascismo è una notizia da tagliare
fuori: basta chiudere le imposte. Piccole magie di un piccolo film,
pieno delle simmetrie gelide della mia città d'adozione e delle
asimmetrie di un caldo corpo in fioritura. (7,5)
Ciao Ink, mi ispira molto il film con la Cortellesi, ma anche "Le otto monagne", di cui prima però vorrei recuperare la lettura del libro :-)
RispondiElimina“Le otto montagne” lo trovi già su Amazon Prime Video.
EliminaAnno fortunato per il cinema in sala in particolare per il nostro cinema.
RispondiEliminaPaola Cortellesi alla regia ha stupito per una messa in scena un po' vintage e una colonna sonora a mio parere azzeccatissima. Il racconto ricorda vecchi film che abbiamo ancora nella memoria di cui ha fatto tesoro. Ma c'è qualcosa di più in questa pellicola tanto da riempire le sale con il passaparola. Brava Paola!
La chimera mi ha ipnotizzata, mi ha avvolta, un film davvero bello, bravi gli interpreti, lui straordinario.
Garrone ci ha portato lungo un viaggio faticoso, il suo capitano è un ragazzo di buoni sentimenti che ha commosso tutti. Un grande in bocca al lupo al viaggio di questo film che si appresta adesso a una scalata faticosa.....
Gli altri non li ho visti 😉
Ciao Lory! Te li consiglio tutti, è stata un'ottima annata, davvero. Viva noi!
EliminaSui film italiani sono rimasto un po' indietro...
RispondiEliminaTra questi ho visto solo Le otto montagne e anche su di me ha avuto un impatto notevole. Non so se quanto una scalata (che non ho mai fatto e manco mi sogno di fare), ma immagino che il paragone ci stia :)