lunedì 8 febbraio 2021

Recensione: Piperita, di Francesco Mila

 
| Piperita, di Francesco Mila. Fandango, € 18 |

È un esordio di un autore giovanissimo, classe 1996. Ha un titolo e una copertina che sanno d'estate, di freschezza. Ma Piperita è una romanzo che spesso mi ha messo emotivamente alla prova. Iniziato nei giorni da pendolare, nel tragitto casa-lavoro, si è lasciato leggere lentissimamente nonostante le trecento pagine scarse. Ho dovuto metabolizzare i dolori del protagonista, infatti, insieme ai miei. È stato difficile. Quando si parla di tematiche vicine al mio vissuto, mi capita spesso di restare deluso: era successo di recente con l'ultimo Roberto Camurri. Vagamente infastidito dalla pacatezza dell'autore NN – pretendevo bile, lacrime, vergogna: pretendevo di specchiarmici –, ho apprezzato al contrario l'approccio viscerale di Francesco Mila. Leggendo nuovamente di una famiglia disfunzionale, analizzando gli strascichi sentimentali lasciati in eredità dalla sindrome d'abbandono, ho trovato tra le pagine la mia antica rabbia verso gli adulti; le memorie di un'infanzia agrodolce; tutto lo smarrimento della mia generazione. Piperita è un cerotto che ho preferito scollare piano anziché strapparlo via. Ci ho messo tutta la pazienza del mondo, nella speranza che la ferita – nascosta sotto la striscia adesiva – intanto fosse guarita da sé. Questa è la storia di una di quelle famose famiglie infelici a modo loro, ma anche a modo mio.

È una sensazione opprimente: volere disperatamente che una persona se ne vada, per respirare, e quando se n'è andata davvero, non respirare più.

Diviso in due metà opposte ma complementari, il romanzo parte dai primi ricordi di Lapo: ha appena quattro anni quando nasce Emma, sua sorella, e qualcosa si guasta per sempre. Ad esempio il rapporto tra i suoi genitori. Perché papà, medico, sta più in ospedale che a casa? Perché mamma, insegnante, piange più forte della neonata e a volte minaccia fughe, a volte suicidi? Testimoni dell'impotenza del padre e della depressione della madre, Lapo ed Emma sopravvivono a un'infanzia di dissapori grazie alla loro affinità alchemica, che raggiunge i picchi più felici in vacanza. Sua sorella, soprannominata come il personaggio dei Peanuts, è una forza della natura. Simpaticissima, vitale, bugiarda, al lago o in villeggiatura in Calabria inventa storie dentro storie nelle quali è bello rifugiarsi per sfuggire alle tempeste domestiche: perciò sotto il pelo dell'acqua ci sono le lische spettrali dei bambini morti annegati; nella pancia delle donne in dolce attesa si apre una magica finestra; i ricordi di un viaggio a Disneyland si colorano di verità impossibili. I protagonisti condividono le favole, ma anche il sospetto dei tradimenti; il turbamento. Nella seconda parte, inevitabilmente, si trasformano: quando arrivano gli anni della pubertà, cupi e inquieti per definizione, Lapo ed Emma sperimentano lo stesso male che affligge i genitori. L'incomunicabilità è un contagio. Perché Lapo non riesce ad aprirsi completamente con Greta, la sua fidanzata, trincerato dietro comportamenti passivo-aggressivi? Perché Emma smette di mangiare con gusto, fino ad assottigliarsi a vista d'occhio: vuole forse scomparire? Nelle altre stanze, dappertutto, riecheggiano le parolacce e le recriminazioni di mamma e padre. Acuto e impietoso osservatore, il primogenito annota i tira e molla, gli avvocati divorzisti nominati e poi mai consultati, le smanie della genitrice alla toeletta: vanitosa, incostante e bellissima, la madre vive in un frullatore animato da pianti e slanci, periodi oscuri e feste sfrenate, citazioni pretenziose di film e attori hollywoodiani. Cos'ha ereditato Lapo – riccio e cespuglioso, come il papà di origini meridionali – da lei? Se somigliasse al suo mito cinematografico, il divo James Dean, sarebbe un figlio più amato?

Io lo so che non sei cattivo, anche se spesso ti comporti come se lo fossi. E so anche che mi vuoi bene. Ma l'affetto qualche volta bisogna saperlo dimostrare. I demoni, ti assicuro, li abbiamo tutti. Ma se i tuoi li tiene sempre chiusi, per noi respirare è impossibile. Fagli cambiare aria. Mandali a fare la spesa, almeno quando sei con me. Vedrai che farà bene a tutti, ai demoni e a te.

Piperita è un viaggio poetico nel cuore dell'inquietudine giovanile. Destinato a incupirsi di svolta in svolta, si inasprisce e immalinconisce fino a far dimenticare i toni sognanti dell'inizio. A un certo punto, il soprannome infantile del titolo apparirà anacronistico, stonato. A un certo punto l'irresistibile maglia a righe in copertina sarà da riporre negli scatoloni, fuori stagione. Francesco Mila spiazza, con una storia per certi versi risaputa. La spensieratezza di Piperita cede il testimone al cuore pesante, e al cervello pensante, del fratello Lapo. Immediato ma visionario, colto e pop al tempo stesso, il narratore ha un po' della drammaticità di Alessio Forgione e un po' del senso di meraviglia di Fabio Genovesi. Fra aneddoti tenerissimi e riflessioni esistenziali, sogni favolosi e incubi sanguinari, ci apre le porte di una seduta psicoanalitica sull'elitarismo dolore. A lungo ho peccato della stessa superbia: mi credevo il più infelice e incompreso di tutti. Ho allontanato il mio prossimo per non essere allontanato a mia volta; ho preferito la solitudine all'abbandono. La terapeuta e Francesco ci dicono, per fortuna, che non tutto è perduto. Tornerà la stagione delle ciliegie. Tornerà un'altra estate, e al lago o a Napizia indosseremo la solita maglietta a righe. E torneremo a chiamarci a vicenda coi nomignoli, come i personaggi dei Peanuts, anche se nel frattempo saremo maturati lontano dai colori pastello dei fumetti.

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Pinguini Tattici Nucleari – Ahia!

6 commenti:

  1. È sempre bello lasciarsi travolgere emotivamente da libri che raccontano storie in cui ci rispecchiamo, che cu scuotono.
    Un titolo che non avrei conosciuto, molto probabilmente, senza la tua bella recensione 🙂

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    1. Ti ringrazio, Angela!
      Un esordio indipendente, piccino, ma tanto bello.

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  2. Le tue recensioni sono meravigliose, e resto sempre incantata... questo libro dal titolo come dici tu fresco e leggero invece racchiude un mondo profondo e pesante. Una realtà sempre attuale... interessante, molto.

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  3. Non so se ce la faccio a leggere un libro con un protagonista che si chiama Lapo, senza pensare a Elkann. :)

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