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Pelle di foca, di Su Bristow. E/O, € 17, pp. 272 |
Le
chiamano selkie. Metà donne e metà foche, queste splendide
figure dalla doppia natura popolano le acque e le leggende nordiche.
Qualche volta, come in Ondine o La canzone del mare,
hanno ispirato anche la settima arte. Il fascino imperituro del
folklore è arrivato infine anche in libreria, insieme alle onde del
primo mese di mare. Quella che potrebbe sembrare alla lontana un
aggiornamento della storia della Sirenetta,
combattuta com'era fra i fondali e la terraferma per amore di un
principe, in realtà trae spunto da una leggenda scozzese. Un
pescatore, invaghitosi di una misteriosa creatura in mutazione, le
sottrae la pelle originaria e la costringe ad adattarsi agli usi e i
costumi degli uomini. Il romanzo d'esordio di Su Bristow parte da
qui, e l'indispensabile succede proprio nelle dieci pagine
introduttive: lei si trasforma e lui, accecato dalla lussuria, la
stupra sul bagnasciuga. La giovane, già incinta, non può
raggiungere le altre foche oltre gli scogli; il pescatore, pentito
per la brutalità del gesto, promette di sposarla. Ma il paese, sul
chi va là, intanto parla e sparla, scomodando la magia nera davanti
all'ennesimo fondato sospetto.
Credi
di essere l'unico pescatore che esce in una notte di luna piena e
prende più di quello che si aspettava?
L'autore
approfondisce i personaggi del racconto orale, dando loro una
personalità sfaccettata e il nome di battesimo. Il timido Donald,
oggetto di scherno a causa della salute cagionevole e della pelle
delicata, regge poco gli spintoni dei bulli e ancora meno l'alcol.
Attaccato alle gonne della madre Bridie, l'orgogliosa levatrice del
paese, tituba all'idea di mettersi a capo della ciurma dello zio
Hugh: non brilla infatti per spirito d'iniziativa e, da quando il
padre è scomparso in un nubifragio, diffida dall'acqua alta. Con una
moglie accanto, tuttavia, diventa un uomo nuovo. A dargli lezioni
d'umanità, letteralmente e metaforicamente, interviene la dolce
Mairhi: la selkie incinta si
strugge alla vista del mare, vorrebbe ma non può nuotare. Muta come
un pesce e dai modi tipicamente infantili, imita i versi delle
bestie, piace ai bambini del posto e, messa alle strette, può
trasformarsi perfino in una minaccia contro i violenti. Nonostante le
tragiche premesse iniziali, in poco tempo diventa la protagonista di
una tranquilla routine coniugale. Ma l'incanto può forse durare per
sempre? A ben vedere, infatti, non ha mai avuto facoltà di scelta.
Era
strano stare con lei. Gli altri gli davano addosso in continuazione,
con le parole, gli sguardi, i giudizi. Donald passava la vita a
difendersi, in attesa della tempesta successiva, senza mai capire
davvero cosa stesse succedendo. Non capiva neanche cosa pensasse lei,
ma Mairhi non gli chiedeva nulla. Eppure aveva bisogno di lui per
dare un senso a ciò che aveva intorno. Per la prima volta da quando
Donald aveva memoria, c'era qualcuno più sperduto di lui.
Sullo
sfondo di una realtà portuale in cui tutti sono imparentati con
tutti, in un villaggio che brilla per il suo straordinario senso
comunitario ma è minacciato altresì dalla crescente xenofobia, va
in scena un caso di coscienza molto vicino a quello descritto
nella Luce
sugli oceani.
Fatto di grandi atmosfere e piccoli personaggi, Pelle
di foca si
concentra sul realismo di una convivenza – tralasciando i risvolti
degli ultimi capitoli – assai meno magica del previsto. Per Donald
e Mairhi la quiete prima della tempesta dura un po' troppo. Quanto
sono moderni quei dialoghi, a proposito di casi di violenza domestica
e gravidanze a rischio? Quanto appaiono all'avanguardia le
protagoniste femminili, soprattutto all'ombra della provincia più
bigotta? Una storia che prometteva di portarmi lontano, a malincuore,
non salpa mai. Colpa della bonaccia di una scrittura standard, che
punta tutto sulle interazioni verbali e poco sulle descrizioni
dettagliate di paesaggi o attanti. Colpa, ancora, di un coro di
compaesani pronti a redimersi come nella tradizione dei migliori
apologhi: tanto accomodanti da invogliarti a restare sulla
terraferma. Si incappa, così facendo, in una limpida storia
d'affetti e scelte che non avrebbe avuto bisogno di parole superflue.
Ma si perde, purtroppo, qualsiasi promessa d'avventura. C'è sempre
una certa nostalgia quando si alza la marea. C'è una nostalgia
profonda anche qui: la rilettura di una leggenda indimenticabile che
intrattiene anche nel formato del romanzo, nonostante la
appesantiscano le ancore delle lungaggini superflue; quello che la
narrativa a volte dona, altre sottrae, tanto quanto la marea.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Max Gazzé – La leggenda di Cristalda e
Pizzomunno
Devo dire che confidavo si trattasse di una lettura un pó più memorabile. Non nascondo però che continua a incuriosirmi 😊
RispondiEliminaLa memorabità non è assolutamente di casa, ma il suo dovere lo fa!
EliminaMi incuriosisce molto, ma il prezzo mi frena :( se lo troverò usato gli darò sicuramente una possibilità.
RispondiEliminaMi aspettavo più magia ma non lo sconsiglio.
EliminaEh no...non mi attira per nulla, speravo in una favola invece parla di una realtà che non mi piace leggere. Bella recensione come sempre ;)
RispondiEliminaMa quella realtà, purtroppo, risulta comunque artefatta...
EliminaGrazie a te!
Mito e ambientazione irlandese mi sembrano due buoni motivi per leggere questo romanzo. La tua recensione ha messo in evidenza luci e ombre di questo romanzo e la duplice natura di ogni cosa è sempre un'incantevole complicazione :)
RispondiEliminaDici bene. Non solo la selkie ne ha una, nel bene e nel male. ;)
EliminaLe sirene vanno un casino negli ultimi tempi...
RispondiEliminae a quanto pare ora anche le mezze donne e mezze foche. :)
E, come con Blue my mind, è destino che non mi facciamo impazzire...
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