Ci
sono i film per l'infanzia, e poi c'è Mrs Doubtfire.
Il film per l'infanzia. Con Robin Williams che, quando i miei non
erano in casa, mi faceva da baby-sitter. Guai se i miei dicevano che
io e mio fratello avevamo bisogno di una tata, come i figli
piagnucolosi dei nostri vicini. Ma guai ad ammettere che io avevo un
po' di preoccupazione a stare da solo. Mamma ho perso
l'aereo – altra commedia,
altro Columbus – insegnava ai genitori a non scordare i figli in
città e a non lasciare entrare estranei in casa. Chi non conosci ha
brutte intenzioni, e i ladri rubavano gioielli, soldi e bimbi piccoli
per chiedere poi un riscatto. Ma quali gioielli, ma quali soldi...?
In casa, al massimo, c'erano solo due carinissimi esponenti
dell'ultima categoria: bambini. Circondandomi di giocattoli e altri
strumenti di tortura, mettevo su una videocassetta che ormai
conoscevo a memoria, così da poter seguire con un occhio il film e
con l'altro mirare alla porta d'ingresso. Iniziava il film, invece, e
io mi dimenticavo di tutto. Il fatto di conoscerlo da cima a fondo
era scusa perfetta per anticipare le battute dei protagonisti,
infastidire con anticipazioni spietate l'altro attento spettatore,
fare vocioni grosse e vocine acute, per imitare il più camaleontico
e buffo dei personaggi. Mrs Doubtfire, uscito
nei cinema un anno prima che io nascessi, mi ha cresciuto, fino a
quando il nastro non si è consumato e io, costernato, sono dovuto
passare al dvd. Conservo ricordi vivi di questo film, anche se –
con la scusa di averlo dimenticato – lo rivedrei volentieri oggi e
pure domani. Con la consapevolezza del poi, riesco a vedere la mia
infanzia così: comune, spensierata, quieta. In realtà, il Michele
che guardava Mrs Doubtfire era
già un bambino troppo incline alla malinconia: con poca esperienza
del mondo, pensavo che tutte le famiglie dovessero vivere in pace
come in un bel film e che solo nella mia, sballottata spesso e
volentieri da una parte all'altra d'Italia, ci fossero litigi,
malintesi, traslochi. E se, al posto della vecchia casa, un anno,
avessi dovuto rinunciare alla mia mamma o al mio papà, per un nuovo
genitore che non volevo? Capita, crescendo, di sbucciarsi un
ginocchio e di cadere dalla bici. I miei genitori – a anche quelli
nelle case degli altri – alzavano la voce perché starnazzare era
il loro modo di farsi male e curarsi; di crescere insieme. In un
universo di felici case del Mulino Bianco, la famiglia Hillard mi ha
insegnato che a volte le coppie scoppiano, che il lieto fine non puoi
catturarlo, ma che l'amore non passa. Non quello per un figlio, con
cui vedresti anche i più brutti dei cartoni animati mai pensati.
Robin Williams, qui, fa di più: si intrufola nelle vite dei suoi
figli come un agente segreto sotto copertura. Un angelo custode in
missione per la famiglia che ha la parrucca bianca, le calze
contenitive, le tette di gomma che vanno a fuoco. Quella volta ho
scoperto che c'è chi cambia sesso davvero, non per finta: si chiama
“transessualità” (che strana parola!) e, anche se non si torna
più indietro, è una cosa di cui non ridere. Quella volta, invece, ho riso
come un matto per i chili di trucco, le trasformazioni impressionati,
i donnoni che facevano la pipì all'impiedi come me, che al water ci
arrivavo a stento. Una volta ho anche pianto, perché non era giusto
quel finale dal gusto amaro... ma una volta sola. Tutte le altre, ho
lodato il magico realismo che quel Tootsie per
bambini aveva il coraggio di mantenere. Tra tutti, questo è quello
che ho visto più volte – quando avevo la febbre, quando ero solo,
quando mi andava. Ho accolto la notizia della morte del suo
protagonista con un sorriso triste. Al mare, quel giorno, ho guardato
la mia vicina d'ombrellone: una signora di una certa età, alta e
massiccia, con un impeccabile cocco biondo e la passione per gli
sport, i libri, gli hobby dei giovani. E' da quando la conosciamo
che, tra noi, la chiamiamo segretamente Iphigenia. Il cognome, non
detto: Doubtfire. (9)
Ancora
prima di iniziare il liceo, a me Orazio l'aveva insegnato L'attimo
fuggente. Per me, per anni e anni, l'invito a non sprecare
un'ora, un secondo, un'eternità è appartenuto non a un'antichità
difficile da immaginare, ma a un omino paffuto, affabile e sognatore
che esortava, dalla cima della sua cattedra e del suo metro e
settanta, i suoi alunni al carpe diem. Ho scoperto che la citazione
era di gran lunga precedente al 1989, e di parecchio, anche se a me –
nato qualche anno più tardi – anche il finire degli anni '80
appariva cosa indefinita e astratta. Questione di prospettive,
suppongo. Apparteneva ad altri ingegni e ad altre epoche. Ma niente
da fare: mai come adesso non c'è voce diversa da cui voglia sentirla
pronunciare. Robin Williams per la vita. Qui, nelle vesti comuni del
professor John Keating, l'insegnante che tutti sognavano, ma che
nessuno ha mai avuto. Io ci ho riempito i miei temi delle elementari
e delle medie coi suoi piccoli e memorabili inni. Io, su di lui, ho
disegnato la scuola che vorrei. Capivo che c'era un po' di Keating
quando alla prof di greco, umana come tutti, scappava una parolaccia
bella e buona, perché la campanella non si decideva a suonare o lei
non si decideva a smettere di fumare; quando, a lezione di chimica,
spiegando il trasporto attivo, io ero stato una molecola e il mio
compagno di banco un'altra per mostrare alla classe i sottili e
teatrali meccanismi della scienza secondo noi; quando, anche se le
possibilità di lavoro sono magre, lo scorso annno ho scelto Lettere
senza pensarci. Non avrei potuto scegliere qualcosa che non fosse
mio, mi dicevo e me lo diceva anche Robin: se c'è la passione, ma
purché sia grande grande, il resto segue a ruota. E gli imprevisti
succedono, e gli accidenti capitano, ma tutto disegna giorno per
giorno i contorni della nostra esistenza. Lo fa L'attimo fuggente,
almeno: una commedia
poetica, emozionante e iconica che parla di gente morta che ci
insegna com'è che va la vita. Possibile? A vent'anni, dopo un gesto
che ha reso il prof di Robin Williams drammaticamente vicino al più
fragile, emotivo e artistoide dei personaggi del film di Peter Weir,
l'ho visto con occhi annebbiati e spirito stravolto. Più commosso
ancora, nel sentire il professore dire che non siamo altro che cibo
per vermi, ma che dalla nascita al fetore della putrefazione ne passa
di meraviglioso, irripetibile tempo. Il tuo, Robin, non è andato
sprecato, non preoccuparti. Di diritto, adesso, lui entra nelle fila
della Dead Poet Society.
Purtroppo, è morto; ma è stato un poeta e un oratore eccellente,
unico anche col più stiracchiato dei copioni; ha creato una società
di fan di tutte le età che lo piangono come un parente e riempiono i
muri invisibili dei social di idee pazzesche – appartenute a lui,
appartenute ai suoi personaggi: ché poi è lo stesso. Lui era i suoi
personaggi. Il suo corpo, su una barchetta di legno costruita su
misura, va alla deriva, nel mare della storia del cinema, come fosse
un condottiero vichingo. E chiedi a un giovanissimo Ethan Hawke, al
superbo Robert Sean Leonard e a tutti quelli cresciuti sotto le
insegne di Onore, Disciplina e Tradizione di farti largo per dire,
una volta nella vita, “O capitano, mio capitano”. Anche se non
sai leggere a voce alta. Anche se ti senti incompreso. Anche se vivi
di nascosto. L'attimo, tanto, arriva. Salite sul banco e andate a
raccoglierlo dall'altra parte di ciò che l'occhio, limitato, vede.
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Invece,
a quattro o cinque anni, la Divina Commedia l'avevo
scoperta con Al di là dei sogni.
Non avevo dovuto aspettare neppure la prima elementare. Mi ci ero
avvicinato come fosse una favola. E, a lungo, mi è piaciuto
pensare questo: che Dante, in realtà, avesse firmato una delle più
belle storie d'amore mai raccontate. Quando, quella mattina, avete
saputo la notizia, voi che avete fatto, a cosa avete pensato? Il mio
primo ricordo di lui era legato a questo film, particolarmente
significativo, eppure visto qualche volta appena. L'avevo immaginato,
mentre, come nella canzone di Modugno, si dipingeva le mani e la
faccia di blu, in un Paradiso disegnato dal nulla con gli effetti
speciali e gli acquerelli. Un uomo coraggioso, con un sorriso e un
pianto che contagiano, che camminava in un aldilà liquido,
scomposto, ancora fresco di vernice. C'era scritto non toccare. Ma i
fiori sembravano così veri, il mare così azzurro, i gabbiani così
vivi: il tocco di quella natura irreale lasciava i segni dell'arte
sulle mani. Ispirato all'omonimo romanzo del compianto Richard
Matheson, Al di là dei sogni è
una malinconica gita in compagnia della morte, in cui il Regno dei
cieli, costruito su teorie new age e filosofie orientali, ha le forme
di un capolavoro di quadro impressionista. Onde di colore, merletti
di ombre, bagni di luce. Correre tra i papaveri di Monet, volare nei
cieli di Van Gogh, trascorrere le domeniche pomeriggio al Grand-Jatte
di Seurat. Il destino di un dottore come Patch Adams;
un uomo dolce e buono che aveva sofferto quello che nessun padre
dovrebbe soffrire. La perdita dei suoi figli. Aveva provato a
raccontare loro, alla morte del loro vecchio dalmata, cosa fosse il
Paradiso: un'idea lontana, per due bambini che scoppiavano di vita.
Invece, prima di lui, vanno via. E lui, quattro anni dopo, li segue,
lasciando sola una moglie di cui nessuno può più raccogliere i
pezzi: una famiglia distrutta dal traffico, dalla strada e, infine,
dal dolore più forte. Chris ha incontrato la sua Annie ai piedi di
un lago: lei era in barca, aveva i capelli nerissimi e uno scialle
rosso. Sognavano di andare lì, quando sarebbero stati vecchi,
pensionati, innamoratissimi. I pensieri positivi di Robin Williams
hanno aiutato una potente, distrutta e splendida Annabella Sciorra a
non tagliarsi più. Gli squarci alle vene si sono chiusi e, della
depressione, resta un caschetto corto, una cicatrice, il soggiorno
nel verde di una clinica psichiatrica. Quando il marito muore, cosa
resta? Raggiungerlo. Mentre Chris sguazza nel suo angolo di cielo,
che ha lo stile e le strutture di un quadro della moglie, Annie si
ritrova altrove, senza memoria. Al di là dei sogni,
così, si trasforma in un folle volo, un'impresa impossibile:
esplorare l'altro lato del cielo, varcare le porte dell'inferno, per
poi rinascere, con la speranza che l'amore della nostra vita –
nonostante l'oblio – possa riconoscerci. Non siamo nessuno per
mettere bocca nel dolore di un'altra persona. Per capire cosa
significa l'amore quando c'è e quando invece non c'è. Il fantasioso
melodramma di Vincent Ward, con i suoi effetti speciali
all'avanguardia e la più macabra e tenera delle storie, canta amori
e morti violente, suicidio, gioie ultraterrene e amarezze terrestri.
E' un colore che non va via. Cuba Gooding Jr. è Virgilio, Max Von
Sydow è Caronte, Robin Williams è sia Dante che Beatrice. Narratore
della sua storia, attore del suo dramma, salvatore. Orfeo, ma con una
Euridice da salvare da se stessa e da demoni che chi ha la fortuna di
non conoscere non può vedere e basta. (7)
Non
esistono. I ritratti di famiglie infelici. Le famiglie felici. I
matrimoni inattaccabili, i figli perfetti. Invenzioni da giornali,
soggetti per primi piani da rivista. Cose che invece esistono: gli
interpreti forbidabili. Ma non quelli semplicemente passabili. Io
parlo di quelli così bravi da cambiare le sorti di un film. Questo è
il caso del Robin Williams che possiamo ammirare in One
Our Photo. Un thriller che, ragionandoci sopra, è da
brividi per un solo motivo: il lavoro eccelso nella costruzione di un
protagonista cattivo, eppure raro. Ho recuperato il film solo adesso,
tardi. L'idea che mi stessi per perdere una prova di simile pregio mi
fa piangere il cuore. Questo è uno dei Robin Williams migliori di
cui avrò memoria. L'ennesimo Oscar mancato nella sua carriera, un
ruolo inedito. Indelebile, il ricordo di lui che, coi capelli
ossigenati, la stempiatura evidente, gli occhi più blu del blu, si
aggira tra i corridoi spogli di questo film bianco ospedale e verde
acido. La prima prova da regista del futuro autore del fortissimo Non
lasciarmi, tralasciando
qualche cruda e intrigante
trovata formale, ha intoppi che potrebbero far crollare il tutto nel
territorio del tv movie. Momenti diluiti, tòpoi
abusati. L'idea classica, ad esempio, di un ossessione che ti porta a
cancellare il volto del rivale in foto. Il fatto che ad impugnare il
coltellino e a cancellare la faccia di suola di Michael Vartan, però,
sia un Williams in forma smagliante dà senso al tutto e, da nulla,
riscrive una storia tipica. Un film da poco diventa perciò un gran
film grazie a Seymour Parrish e alle sue smanie. Un uomo mite,
gentile, solo, affetto da una malinconia che fa danni. Ispira
simpatia, mette addosso una tristezza gelida. Cerca attenzioni come
un bambino, elemosina la tua compagnia con scuse patetiche come chi è
dimenticato dai propri simili. Sviluppa foto. Spia le vite degli
altri, mette a posto cose. Colleziona frammenti di vita degli Yorkin
su una parete che testimonia i loro cambiamenti: la nascita di un
bambino, gli ultimi tagli di capelli, la casa nuova in un quartiere
alla moda... Il film è una foto della foto. Un muro, contro cui
rimbalza il suono, con i primi piani sulle espressioni mutevoli - ora
placide, ora furenti – di un attore benevolo che, eppure, sa far
paura. La foto segnaletica di un mancato assassino. Il ritratto di un
addetto alle stampe che ha vinto il titolo di miglior impiegato del
mese, e di peggior incubo diurno. Le macchinette che sono diventate
digitali, i rullini in via d'estinzione. Un personaggio che,
arrendendosi al progresso della tecnologia, non esiste più.
Catturato dal flash, per sbaglio, prima della cassa integrazione, di
una mensa dei poveri, di un passo falso di troppo. (6,5)
Non ho, ancora, visto gli ultimi due film ma suoi primi due condivido tutte le tue bellissime parole! *-*
RispondiEliminaAlmeno Al di là dei sogni devi vederlo: è un film molto importante, secondo me. :)
EliminaE' in lista.... ^^
EliminaOttimo!
Eliminabel tributo al dead poet robin williams!
RispondiEliminamrs. doubtfire secondo me è la versione cool (oltre che trans) di mary poppins. :)
Io non sono Scrooge come te, ma Mary Poppins lo trovo odioso anch'io :-D
EliminaQuando ho sentito la notizia, non riuscivo neppure a crederci...
RispondiEliminaAd ogni modo: ho visto tutti e quattro i film, e il mio preferito rimane "Mrs Doubtfire" *____*! Purtroppo sono l'unica anima sulla Terra a essere rimasta quasi indifferente di fronte a "L'attimo fuggente"; "Al di là dei sogni", viceversa, mi è piaciuto! :)
Riguardalo L'attimo fuggente :)
EliminaL'ho rivisto a Capodanno... proprio a cavallo fra il 31 dicembre e il 1 gennaio, ed è stata un'esperienza abbastanza catartica in questo senso, per cominciare bene l'anno nuovo, si deve proprio dire hi hi hi! ;P
EliminaPS: ohi, Mik, prima che mi dimentichi... ti ho taggato qui: http://laumesjourney.blogspot.it/2014/08/the-very-inspiring-blogger-award.html :)
Oh, grazie mille ^^
EliminaHo letto la notizia mentre ero in stazione (se su tumblr tra gli argomenti popolari c'è un attore, al 90% è il suo compleanno o è morto). Ci sono rimasta tanto, tanto male: Robin Williams non è mai stato un'attore di cui ricercavo la filmografia ma uno di quelli che, se lui c'era, sapevo che almeno una delle interpretazioni sarebbe stata di ottima qualità.
RispondiEliminaÈ stato uno di coloro che mi hanno insegnato che retelling/seguiti non sono necessariamente il male: Hook è un film amo tutt'ora (e ho messo 'uno di' perchè tutto il cast è eccezionale, e ripensandoci è morto anche Bob Hoskins °A°).
Bellissimo tributo.
Grazie, Katerina.
EliminaBellissimo, Hook. Per il post, sono andato un po' a memoria: non mi è servito rivedere i film. Hook, L'uomo bicentenario e tanti altri sono film che dovrei rivedere e recensire. Non è detto che questo post non avrà una seconda parte, ripensandoci. :)
Quando hanno annunciato la sua morte, ci sono rimasta male come se fosse un mio parente
RispondiEliminaLa prima cosa che mi ha sempre colpito di lui era la sua espressione gentile, buona. Mi faceva simpatia, tranquillizzandomi allo stesso tempo
Quando alla fatidica domanda: che c'è in tv stasera? rispondevamo che c'era un film di Robin Williams, facevamo zapping fino al canale giusto, era una garanzia di serata indimenticabile
Adesso, riguardando i suoi lavori, non posso che essergli grata e pregare Dio che lo accolga in quel Paradiso pieno di colori e di vita in cui sembrava stare tanto bene.
Bellissimo commento, il tuo.
EliminaBellissimo tributo Mik. Robin Williams era fantastico e la notizia della morte mi ha sconvolto.. bellissimi questi film (l'ultimo non l'ho visto però) e li guarderò nuovamente anche io in sua memoria. Peccato che in questa lista non ci sia Patch Adams, bellissimo anche quello:)
RispondiEliminaHa fatto tanti film, e tanti erano bellissimi. Penso, come dicevo, che ci sarà una seconda parte dello speciale, prossimamente. :)
EliminaPer noi amanti del cinema è facile affezionarsi agli attori e considerarli parenti. La prima cosa che mi viene in mente pensando a lui è Jumanji. Il film della mia infaznia. Quello che ho visto un milione di volte su mediaset. Robin ci mancherà davvero tnt. Voglio recuperare anch'io la sua filmografia, così da sentirlo tra noi ancora un pò.
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