lunedì 16 settembre 2013

Recensione a basso costo: Mia sorella è una foca monaca, di Christian Frascella

Ciao a tutti, amici miei, e buon inizio di settimana. Come state? Oggi, la recensione di un romanzo che ho letto per caso, su consiglio della mia amica Mariachiara, che ringrazio anche per il prestito! Un'autentica sorpresa, nascosta ben bene sotto un titolo poco accattivante e sotto una copertina non proprio straordinaria. Ma non fatevi ingannare: Mia sorella è una foca monaca è un gran bel libro, secondo me. Uno di quelli che oggi si definiscono young adult, ma firmato da un autore italianissimo e ambientato sull'inedito sfondo della Torino degli anni '80-'90. Un abbraccio e buona lettura, M.

Titolo: Mia sorella è una foca monaca
Autore: Christian Frascella
Editore: Fazi
Numero di pagine: 290
Prezzo: € 10,00
Sinossi: "Tempo fa mi è capitato tra le mani questo libro. Con cosa avessi a che fare l'ho capito dopo un po', man mano che ogni pagina mi strappava il sorriso, e alla fine, quando mi sono scoperto commosso nonostante i dialoghi irresistibili e le risate. Il protagonista della storia è un buffo ragazzo, tenero e insopportabile insieme. Uno convinto di picchiare duro, ma che finisce steso in due secondi nel cortile della scuola; che straparla e non piange mai, nascondendo sogni e fragilità dietro un'irriducibile arroganza, pur continuando a buscarle ogni giorno dalla vita, e perfino da Chiara, la ragazza bella e inaccessibile di cui s'innamora. Uno così o lo ami o lo odi, e io l'ho amato, questo sedicenne protagonista di un romanzo in cui ho ritrovato tutta la gloriosa tradizione dei perdenti di talento, dal "Giovane Golden" ai personaggi di John Fante, col loro immancabile campionario di lividi. Ecco dunque che c'è un padre - "il Capo" - quasi alcolista; e c'è la "Foca Monaca", ubbidiente e grigiastra sorella timorata di Dio. Quanto alla madre, è scappata col tizio della stazione di servizio. La periferia torinese di fine anni Ottanta e il Muro di Berlino che crolla, insieme a un gioco di rimandi pop e cinematografici e a una scrittura esilarante quanto aggressiva nel suo realismo, fanno da sfondo a questo esordio: la prova che la narrativa italiana si muove, in direzioni nuove, inaspettate e potenti." (Giuseppe Genna)
                                                    La recensione
Picchiato da un imbecille fanatico di Terminator; umiliato per via d'una zoccola; minacciato da un padre alcolista e scansafatiche; fratello di una monaca di clausura fuori di testa; figlio di una madre fuggita con un giovane addetto alla pompa; potenziale squartatore di pesci; in più, stanco, lurido e ammaccato. Nah, non c'era mica giustizia. La mia vita non procedeva per il verso giusto. Era il 2009 ed avevo circa quindici anni, quando questo libro arrivò per la prima volta nelle nostre librerie. All'epoca, non leggevo quasi nulla che non avesse atmosfere gotiche e creature magiche, al suo interno. Non pensavo nemmeno, sinceramente, che gli italiani si fossero evoluti a tal punto da scrivere romanzi veri, al di là di quei polpettoni storici alla Valerio Massimo Manfredi – incubo, per quanto piacevole, dei miei giorni da quartino – che i professori ci rifilavano puntualmente, con ghigni malefici e piccole, velate minacce. L'esordio di Christian Frascella, inoltre, non aveva né una copertina figa, né un accattivante titolo in inglese. Be', non aveva un titolo accattivante e basta, veramente, con una scritta in un comunissimo stampatello viola che rivelava: Mia sorella è una foca monaca. Sotto, il primo piano di una specie di emo con la permanente. 
Un Caparezza con gli occhi lividi, la pelle di cera e un rivoletto di sangue che gli scorreva pigro giù da una narice. Non c'erano nemmeno i vampiri, tanto alla moda in quegli anni e, ahimé, alla moda anche adesso. Ma su questo mi sbagliavo! C'è un sedicenne che morde, e morde parecchio. Rissoso, maleducato, incazzato nero, con una lingua lunga che sparge schizzi di veleno e lo porta a fare numerose malefatte, e che gli procura parecchi occhi neri e pugni in faccia, da portare a casa insieme ai sacchetti della spesa del suo supermercato “preferito”. Il suo nome non lo conosco. Forse l'autore non l'ha mai rivelato, o forse sono io ad averlo perso per strada, confuso in quasi trecento pagine piene piene di grattacapi, tragedie umane, risate. E' un adolescente anonimo, in un anonimo paesino del Nord Italia, all'ombra della più grande e conosciuta Torino. Ha mollato la scuola dopo l'ennesima sospensione, ha un padre che alza un po' troppo il gomito e che giura di aver trovato l'amore della sua vita a quarant'anni, e si ritrova a condividere lo stesso tetto con una sorella schiva e svampita, tutta casa e chiesa, che, in maniera molto gentile e delicata, il protagonista, sempre maestro di buone maniere e charme, chiama bonariamente “foca monaca”. La sua, è la vita banale e faticosa di tutti i ragazzi di quella generazione. Siamo sul finire degli anni '80. In pochi andavano all'università, in pochissimi riuscivano a prendere il diploma liceale, molti fumavano, tutti si interrogavano sulle conseguenze che la caduta del Muro di Berlino avrebbe portato in Europa. Al giovane protagonista interessa poco la politica, perché sa che, ieri come oggi, tutti i politici sono e sempre saranno ladri in giacca e cravatta Armani. Lui, stravaccato sul divano, mentre i muri di casa vengono abbattuti a suon di picconate e degli ordini precisi della sua adorabile matrigna, pensa che gli abitanti di Berlino Est e quelli di Berlino Ovest potranno fare l'amore con chi gli pare, senza più proibizioni e barriere, e, a proposito d'amore, pensa alla sua Chiara, di due anni più grande. La chiara che lo odia a morte, ma che è convinto sia cotta di lui. La Chiara che, al primo incontro, sfilandosi il suo grembiule da salumiera, gli ha tirato un manrovescio portentoso, facendolo svenire sulle confenzioni di Pancarrè, lui che ha mandato in ospedale i più grosso del suo liceo appena l'anno prima... Lui, che è tutto chiacchiere e parla parla e che, solo nella sua mente piena di sesso sfrenato e incontri di pugilato immaginari, si vede un vincente, quando in realtà non è mai cresciuto per davvero e ha accumulato, in sedici anni, solo mazzate e sconfitte su sconfitte. 
E' un narratore egocentrico e inaffidabile, narcisista e con i modi da stronzo patentato, ma, stando per qualche giorno nei suoi panni un po' tamarri, ho riso come mai prima. Tanto che ho pensato, ad un certo punto, che a furia di ridere, di contrarre muscoli e stomaco, a fine lettura, mi sarebbe uscita una tartaruga da tronista di Uomini & Donne. No, scherzo... Uomini & Donne no, nemmeno per gioco! Sono stato immensamente bene in sua compagnia. Mi ha portato in giro con lui, per le strade cupe della sua deprimente cittadina, a testimonianza delle sue epiche conquiste, dei suoi mitologici insulti rivolti alla sua famiglia in gran completo e dei suoi eroici scontri corpo a corpo. Io, lucido Dr. Jekyll; lui, pazzo e scatenato Mr. Hyde. Il mio alter-ego senza censure e senza peli sulla lingua, unito a me – suo opposto – solo da una grande passione per il cinema. Questo è uno di quei romanzi che non racconta chissà che storia, non crediate il contrario. Ma il bello è che questa storia tanto comune potrebbe essere proprio la vostra o la mia – persone imperfette, fragili e mutevoli come il narratore stesso. Nello stile dei migliori romanzi di formazione, e delle migliori esistenze, il protagonista cambia impercettibilmente, crescendo e maturando di pagina in pagina. Lo conosciamo bambino pestifero, lo lasciamo adulto, con le mani callose e quel cuore di pietra che si è sceggiato molto. Il lavoro l'ha cambiato, non rendendolo di certo più affabile, bensì più maturo e consapevole. 
Il mondo in quella noiosissima fabbrica, descritto con tanta minuziosità, è un mondo di noiosissime vite. Di donne invecchiate in un giorno, di extracomunitari in nero licenziati su due piedi, di ventenni con le occhiaie e le dita tranciate dalle lamiere industriali: forse il ritratto del protagonista tra dieci anni? Lui, che nome non ha o forse sì, è fatto di metallo pesante, ma il lavoro sottopagato in fabbrica gli insegnerà che sudore e fatica, che la vita, deformano e annientano tutto. Ma non i sogni. E così, con gli occhi umidi per mari di risate iniziali senza contegno e freno, verso la fine, si ci rende conto che quel velo di lacrime è dovuto anche a qualcos'altro, di più profondo e reale. Il rapporto tra il protagonista, la foca monaca del titolo e un padre che lui chiama affettuosamente "Capo" strapazza davvero il cuore e si rivela immensamente, inaspettatamente toccante. Mi ha ricordato quello mai ricucito, sfortunatamente, tra una persona che conosco troppo bene e la sua famiglia troppo lontana, non solo per via dei chilometri che li separano. Mia sorella è una foca monaca so già che lo ricorderò a lungo per il suo fantastico protagonista, un ragazzo da abbracciare forte e da prendere a schiaffi ancora più forte. Un personaggio stranamente complicato, con la crudele ironia del Lucignolo di Massimo Ceccherini, le catene di pregiudizi trascinate a fatica da Rosso Malpelo – “che si chiamava così perché aveva i capelli rossi, ed aveva i capelli rossi perché era malizioso e cattivo” - e la tenerezza struggente del bambino dalle tasche piene di sassi, lasciato solo davanti a scuola, dell'opera d'arte firmata da Jovanotti. Scritto benissimo e accompagnato, all'epoca dell'uscita, da grandi paragoni che lasciano il tempo che trovano, Mia sorella è una foca monaca è un esordio sinceramente bello, traboccante della fiducia cieca di chi, giovanissimo, spera che, da un disastro totale, la sua vita possa diventare un capolavoro di cui andare fieri. Stavolta mi toccò abbracciarla e anche in quel momento mi venne da pensare a quanto tempo fosse passato dal nostro ultimo abbraccio. E lei non era lercia quanto credevo, era solo piccola e non molto intelligente in un mondo dove dovevi essere grosso e furbo come me per tirare avanti.
Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Rino Gaetano – Ma il cielo è sempre più blu 

19 commenti:

  1. Ma sai che invece io ho sempre avuto il desiderio di leggerlo proprio per il titolo? XD
    Però non l'ho mai letto. Grazie a questa recensione potrei... sì, insomma... fare una capatina in libreria per far alleggerire il mio portafoglio. ;)

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    1. Infatti, ora come ora, trovo il titolo geniale, ma all'epoca l'avevo guardato in libreria con aria schifata! Fortunatamente l'ho letto adesso, aggiungerei. Forse, un tempo non mi sarebbe piaciuto così tanto :)

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  2. Il titolo lo ricordo ma forse non mi sono mai soffermata a leggere la trama, meno male che ci sono le rue recensioni! :)

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  3. Mi ispira di bruttoooooooo!!!!! E ti pareva se non mi facevi mettere un altro titolo in wish list!! Finirai per mandarmi sotto i pontiiiiii ahahahahahahaah ;)

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    1. Ahahaha, sarai una barbona con un carrello pieno di libri :D

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    2. ahahahahahahahahah non è una bellissima immagine...ma meglio che essere una riccona ignorante ahahahahaahahh ;)

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  4. un libro particolare. Non male come consiglio. ti aspeto da me,se ti va ;)

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  5. questo libro l'ho sempre desiderato, ma come tanti altri non l'ho mai comprato. Rimedierò :) Complimenti per la recensione!

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  6. che libro interessante..lo segno subito..non lo conoscevo..grazie per il post...

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    1. Grazie a te, Vale: felice di averti fatto scoprire un nuovo libro ;)

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  7. Wow...un libro...come dire...diverso dagli altri! La copertina secondo me è orribile! Scelta della canzone fantastica :)

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    1. Ciao Iris! Mah, la copertina è particolare, diciamo. Diversa dalle altre, per un libro leggermente diverso dagli altri.

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  8. Grazie per avermelo fatto conoscere, la tua bella recensione mi ha fatto proprio venire voglia di leggerlo

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  9. Il titolo mi ha sempre incuriosita anche se non avevo mai preso seriamente in considerazione l'idea di leggerlo, ora invece sono decisa a non lasciarmelo sfuggire ^^

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    1. Sono contento, Fede! Poi tu sei a Torino: sicuramente potresti trovarlo anche usato, a poco prezzo :)

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