Ciao
a tutti, amici! Come state? Ferragosto è arrivato e finito e spero
l'abbiate passato nel migliore dei modi. Qui da me il tempo è stato
bellissimo, quindi ce lo siamo goduti, una volta tanto. Purtroppo, è
arrivato il momento di mettersi sotto e studiare, va be' che lo dico sempre. Ho un esame molto
impagnativo, i primi di settembre, e devo ripetere tutto, da zero. E,
soprattutto, non dimenticare di prenotarne un altro per il venti del
mese prossimo: che gioia, che gioia. Cercherò di farmi vivo, dal
momento che ho una serie di post già scritti, ma mi vedrete e non mi
vedrete. Oggi ci sono, sì, e vi lascio la recensione della mia
ultima lettura e del mio ultimo John Green. Questa volta, devo
ringraziare di cuore Sonia che, dal profondo del suo Cuore d'inchiostro, mi ha regalato il libro. Si arrabbierà un casino: avevo promesso
di non ringraziarla più.
Ho sempre avuto la sensazione che le Catherine mi mollassero appena
cominciavano a vedere com'ero fatto dentro. Ma io me lo chiedo
sempre. Se gli altri potessero vedermi come mi vedo io... se
potessero vivere nei miei ricordi... Ci sarebbe uno, dico uno, che mi
vuole bene?
Titolo:
Teorema Catherine
Autore:
John Green
Edizione:
Rizzoli
Numero
di pagine: 335
Prezzo:
€ 14,00
Sinossi:
Da
quando ha l'età per essere attratto da una ragazza, Colin, ex
bambino prodigio, forse genio matematico forse no, fissato con gli
anagrammi, è uscito con diciannove Catherine. E tutte l'hanno
piantato. Così decide di inventare un teorema che preveda l'esito di
qualunque relazione amorosa. E gli eviti, se possibile, di farsi
spezzare il cuore un'altra volta. Tutto questo nel corso di un'estate
gloriosa, passata con l'amico Hassan, a scoprire posti nuovi, persone
bizzarre di tutte le età, ragazze speciali che hanno il gran pregio
di non chiamarsi Catherine.
La recensione
“Ecco
come ricordo io le cose. Ricordo le storie. Unisco i punti e viene
fuori una storia. E i punti che non stanno bene nella storia magari
scivolano via. Come quando trovi una costellazione. Guardi il cielo e
non vedi tutte le stelle. Le stelle sembrano tutte le stesso immenso
cacchio di caos che sono. Ma tu vuoi vedere delle forme; vuoi vedere
delle storie, così le isoli nel cielo. Vedi connessioni ovunque,
quindi, alla fine della fiera, tu sei un narratore nato.”
Ognuno
ha in testa l'idea del partner ideale. Un appuntamento galante a San
Valentino e, dall'altro capo del tavolo, una persona alta o bassa,
estoversa o introversa, bionda o bruna, sportiva o sedentaria,
possessiva o libertina. Una che ami i tulipani e detesti le rose
rosse; una allargica ai fiori; una che, a casa, ha serre tropicali,
con asfodeli e piante carnivore. Quando dite “no, non è il mio
tipo”, quindi, cos'è che intendete voi? Il tipo di Colin
Singleton, diciassette anni, sono le Catherine. Lui non
guarda all'aspetto fisico, solo al nome. Nove lettere e la certezza
matematica di farsi spezzare il cuore per la ventesima volta. Se ti
chiami Cathy, Katrina o Katherine, mi dispiace, ma non avrai
successo. Prendi in considerazione un cambio di nome, piuttosto;
sempre che imbrogliare funzioni. E' questione di “Catherinanza”.
Le altre ragazze non danno due di picche con lo stesso savoir faire,
né hanno la possibilità di entrare a far parte, per diritto di
nascita, della nutrita schiera di ex di quello che un tempo fu un
bambino prodigio. Sfruttando le sue disavventure sentimentali, nella
speranza che un bambino prodigio possa anche diventare un adolescente
prodigio, Colin studia notte e giorno per elaborare il teorema che
spera possa far di lui un premio Nobel per la pace. Per la pace, sì:
grazie a lui, niente più cattive sorprese. Il destino di una
relazione, riassunto con matematica certezza, prima che essa cominci
o finisca. Poi premio Nobel... che figata. Chi mollerebbe mai un
generoso benefattore dell'umanità, come quello smilzo ragazzetto con
gli occhi verdi verdi e i capelli cespugliosi alla Einstein?
Trascinato in un viaggio rocambolesco, approdato in una sperduta
cittadina americana, piena di abitanti indimenticabili e assurdi,
Colin e il suo amico Hassan – cicciottello, irsuto, esilarante e
troppo musulmano per i suoi gusti, anche se ci tiene a specificare di non essere un terrorista, nonostante le apparenze – raccoglieranno vecchie memorie,
andranno a caccia di maiali selvatici, saranno inseguiti dagli stessi
esotici maiali che volevano cacciare e da sciami inferociti di vespe
assassine, conosceranno l'adorabile Lindsey Lee Wells e i colpi di
scena che il destino, anche se non sembra, ha in serbo per tutti noi.
Teorema Catherine, quinto libro di John Green che leggo, è
anche l'ultimo dell'autore che rimaneva nella mia nutrita wishlist.
Finiti. Letti tutti.
E adesso mi sento un po' solo, sapendo che
quando avrò bisogno di lui – per il momento – non ci sarà;
proprio lui, che c'è sempre stato. Questo breve e fresco young adult
ha un Green meno ispirato del solito, ma ugualmente coinvolgente.
Sarà per il distacco in più dato dall'utilizzo dell'insolita terza
persona, sarà per la mia totale ignoranza dell'ambito matematico:
Teorema Catherine mi ha fatto sorridere spesso, però non è
mai esplosa... quella cosa. Me ne sono accorto, per esempio,
dal numero di frasi belle belle che ho appuntato. Un gruzzoletto
esiguo ma significativo di riflessioni in cui specchiarsi, nudi.
Senza maschere, senza artifici. John Green è uno che non giudica.
Curiosissime le frequenti note a bordo pagina con le informazioni
sulle vite assurde di presidenti rimasti incastrati nella vasca da
bagno, uomini di scienza innamorati alla follia di piccioni, modi di
dire non so cosa in nove lingue: curiosissime, per un libro
carinissimo. Sempre che sappiate accontentarvi. Io l'ho fatto, e
senza troppa amarezza: non posso parlare di delusione, perché il
romanzo non mi ha deluso affatto. Per due giorni, è stato bene tra
le mie mani e sotto l'ombrellone. Compratelo, per godervi in
compagnia quel che resta dell'estate: Ferragosto, come fa l'Epifania
con le feste, minaccia di portarci via il sole. I protagonisti, più
lineari e meno ombrosi del solito, vi ricorderanno che è bello
ridere, prendere la macchina e girare a vuoto. Si viaggia in una
minuscola bolla di vetro. Il mondo che si capovolge, la neve che cade
nelle stagioni sbagliate, la gente che si urta e si chiede scusa. Una
bomboniera a buon prezzo in cui spicca la croce lignea più grande
del mondo, una fabbrica che produce stoppini per tampax, un obelisco
che fa ombra sui presunti resti dell'arciduca Francesco Ferdinando.
Colin e Hassan sono scemo e più scemo, ma con un quoziente
intellettivo vertiginoso. Logorroici e imbarazzanti, fanno
associazioni di pensiero assurdamente buffe, anagrammi sgrammaticati,
discorsi su argomenti decisamente inadatti alla conversazione tra
liceali.
E poi c'è Lindsey, che ha il pregio e il difetto di non
essere un'altra Catherine. E sta insieme a un altro Colin. Una
ragazza sveglia e sensibile, che si pone il problema di essere
egoista e si dà della bugiarda, perché con altri che non siano
Colin – ma quello vero, non LAC (L'altro Colin) - non riesce ad
essere sé stessa. Essere sé stessi, il romanzo ci insegna, è
mangiarsi le unghie come se l'altro non ci fosse: come se l'altro
fosse un altro noi. Parlando su Facebook con una ragazza che non lo
apprezzava, ho riflettutto sul perché mi piacesse Green, nei giorni
scorsi. Avevo davanti una frase che parlava di me. Allora ho
realizzato: lui dice certe cose, e in certi modi, che mi fanno dire “be',
eccomi qui”. Non è accontentarmi, convinto non ci sia altro di
meglio. E' aspettare di ritrovarmi in prima persona, prima o poi,
nelle cose di un altro autore. E io, da ragazzo non geniale, mi
faccio bastare anche libri non geniali, finchè il semplice ricordare
come sono stato non molto tempo fa, e rivedermi un poco, sarà tutto
quello che vorrò. Il protagonista vuole cercare un disegno, vuole
una morale per le sue fallimentari storie. Storie... piuttosto che
riassumerle attraverso schemi impersonali, meglio raccontarle. Con
quelle parole che, anche quando non ci saremo, stravolte e
modificate, rimaranno nell'aria. In trecentoventi pagine, spazio per
una scena da Guiness. Il miglior bacio al buio. Non mostrato, non
raccontato: reso con una serie di battute che hanno i punti di
sospensione e basta. Un genio matematico che si rende conto che
sapere le basi di nove lingue, il nome di colui che fu primo ministro
del Canada nel 1871 e le dipendenze segrete di Thomas Edison è meno
interessante del sapere fare conversazione e, raccontando,
raccontarsi. La scienza salva il mondo, ma la letteratura salva
l'uomo. La prima è importante per tutti, la seconda per noi. Ed è
carino fare qualcosa per noi, di tanto in tanto. Dolce e genialoide,
l'inconsapevole Colin segna l'armistizio nello scontro secolare tra
artisti e uomini di scienza. Si può essere l'una e l'altra cosa. I
capolavori di vite sono splendidi da guardare, tanto quanto le
stelle. Il diagramma finale avrà una forma variabile. Una faccina
sorridente, un cuore. Un romanzo simpatico e senza drammi, che non
deride i ragazzi e le loro nevrosi.
Ride insieme a loro.
Ride insieme a loro.
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Barry White – My first, My last, My
everything
Mi ha incuriosita questo teorema! Titolo e trama non avevano attirato più di tanto la mia attenzione, ma dopo averl letto la recensione avrei voglia di dargli una chance.
RispondiEliminaOh, ciao, Miriam! Sì, è un libro molto fresco ed estivo e, alla fine, c'è un'appendice con tanto di spiegazioni e dimostrazioni matematiche. Io, da non esperto, l'ho saltata. Preferisco il Green che gioca con Whitman e non quello che scherza con i teoremi, ma rimane piacevole. :)
EliminaLa cosa del nome mi ha ricordato vagamente L'importanza di chiamarsi Ernesto; anche lì tutta la situazione si reggeva sul nome.
RispondiEliminaDi Green me ne mancano ancora tre però li conservo per l'inverno, quando avrò bisogno di tutto il sostegno morale che trovo.
Intanto aspetto che arrivi Colpa delle Stelle, sperando di poter rileggerlo prima dell'uscita del film: il premio Nobel dovrebbero darlo al'inventore di Libraccio, altroché!
Ah, prima o poi lo rileggo anch'io. Con Colpa delle stelle ho un rapporto strano. Se vogliamo, mi ha ricordato un po' questo. Parlatissimo, fino allo sfinimento. Ho apprezzato di più gli altri.
EliminaAnche a me Colpa delle stelle non mi ha fatto impazzire, meglio cercando Alaska. Da questo mi aspettavo tantissimo, sono una nerd amante della matematica , l'ho trovato carino e divertente ma gli manca decisamente qualcosa per essere uno degli imperdibili di Green. Spero che pubblichino presto altro di suo^^
EliminaEh, dipende da lui! Se si decide a scrivere altro... ;)
EliminaAl momento non mi incuriosisce tantissimo devo dire.. Però vorrei leggere qualcos'altro di Green!
RispondiEliminaHai tanta roba a disposizione, ancora ;)
EliminaAspettavo qst recensione, gli darò sicuramente un occasione. Da qnd ho letto Colpa delle stelle e conosciuto qst autore me ne sono innamorata, quel suo modo di essere fieramente Nerd mi affascina.
RispondiEliminaD'accordissimo!
EliminaCiao,
RispondiEliminasono arriva sul tuo blog per caso e mi è piaciuto il tuo modo di recensire questo libro, così, visto che io amo leggere e sono rimasta affascinata dal modo di scrivere di John Green nel libro Cercando Alaska, volevo chiederti un consiglio su quale altro suo libro potrei leggere adesso! :)
Ciao, grazie per il tuo commento e per i complimenti!
EliminaSiccome hai ampia scelta, sicuramente non ti consiglio di ripartire da questo. Cercando Alaska è senz'altro il mio preferito e, sulla sua scia, ho apprezzato moltissimo Città di carta: divertente come questo recensito oggi, ma più riflessivo e pieno di chicche. Poi c'è Colpa delle stelle, con il film in uscita a breve: io l'ho trovato un po' ruffianotto, cosa non da Green, ma è una lettura che sa emozionare. Trovi tutto sul blog. Un abbraccio.
Grazie mille! Sei molto gentile
EliminaFigurati!
EliminaAnche questo libro di John Green è nella mia wishlist!
RispondiEliminaIo per il momento ho letto Cercando Alaska e Colpa delle stelle ma non vedo l'ora di leggere gli altri *-* l'unica cosa che mi fa paura è leggerli tutti e non avere più nulla di John Green da leggere çwç spero che l'autore abbia in programma di scriverne altri!
Vivrai il mio stesso dramma anche tu? :-D
EliminaDi Green ho letto solo Cercando Alaska e Colpa delle stelle. Devo dire che il primo mi aveva delusa... però non vedo l'ora di leggere Teorema Catherine!^^
RispondiEliminaUh, mi dispiace. E' quello che preferisco di gran lunga, invece!
Elimina:)
RispondiEliminaA me incuriosisce tantissimo :P in effetti l'unico libro di Green che ho letto per ora è colpa delle stelle: bellissimo ma assolutamente diverso da questo. Questo scrittore ha sempre delle idee abbastanza originali: anch'io vorrei aver letto tutti i suoi libri XD
RispondiEliminaOriginali sì, ma i libri sono abbastanza simili tra loro, secondo me, e la cosa non è un male. In tutti, ma proprio tutti, c'è l'amico "scemo", il tema del viaggio, il bisogno dell'adolescente di lasciare un segno nel mondo...
EliminaDevo proprio recuperarlo al più presto *__* Ho finito da poco Paper Towns e l'ho adorato, era da un po' che non leggevo qualcosa di Green e non ho potuto fare a meno di divorarlo (anche se dopo mi sono pentita di averlo finito in cosi poco tempo xD)!Sono troppo curiosa di leggere anche questo :)
RispondiEliminaPasserò a vedere quelli che hai letto, perché sai che non lo so? :)
EliminaQuesto è quello che mi è piaciuto di meno, ma considera che gli altri mi erano piaciuti tantissimo. Mica poco.
Non avrò avuto voglia di terminarlo, ma almeno leggerlo attraverso le tue parole è meglio che leggerlo direttamente tutto :P
RispondiEliminaCi sono libri che amo leggere, e libri che non ho bisogno di leggere perché mi piace poterli apprezzare grazie ai tuoi occhi e alle tue recensioni ;)
Sono contenta che un po' ti sia piaciuto, sennò povero libro!
:-D
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