Che
ritmo ha un'emozione che nasce?
Un
fiore che sboccia è altrettanto cauto?
Autrice:
Benedetta Bonfiglioli
Editore:
San Paolo Edizioni
Numero
di pagine: 200
Prezzo:
€ 14,00
Sinossi:
Noah, 17 anni, non ha mai incontrato
suo padre e, da sei mesi, da quando sua madre Sara ha smesso di
riconoscerlo e vive in una residenza per malati di Alzheimer, vive da
solo. La sorella minore di Sara, Zia Mare, vive sullo stesso
pianerottolo, l'ha preso in affido e si occupa di lui con pazienza.
Noah infatti è scostante e scorbutico, a scuola si è lasciato
bocciare e fatica a mantenere le relazioni con gli amici, l'unica
passione che ancora lo tiene vivo è la musica: pianista talentuoso
come i genitori, Noah suona il basso in una band, i Black Hole,
insieme al suo amico di sempre Cristiano; con lui sta per partecipare
alla selezione per il Music Village e sta componendo il pezzo inedito
che dovranno eseguire davanti alla giuria. Un giorno nella classe di
Noah arriva una ragazza nuova, Lisa, che immediatamente attira
l'attenzione di Cristiano; Noah e Lisa invece si scontrano subito, ma
poi, a due settimane dall'audizione, i Black Hole organizzano i
provini per trovare una nuova voce femminile, dato che Greta, la
sorella maggiore di Cristiano, è partita per l'università. Durante
la seconda giornata di prove Noah è costretto a suonare la tastiera
poiché il tastierista Giorgio è caduto in motorino; Lisa è venuta
solo per assistere ma - senza volerlo - si ritrova a cantare con
Noah...
La recensione
“Ognuno
dovrebbe portarsi le sue tristezze sulle spalle senza costringere gli
altri a vederle, indossare un mantello magico che rende invisibile il
male e le ferite e la fatica di aprire gli occhi la mattina.”
Qualche giorno fa, su Facebook, ho preso parte, più o meno
volontariamente, a una piccola discussione sulla qualità dei romanzi
italiani. Parlavano soprattutto lettori giovanissimi e, dicendo
giustamente la loro, sottolineavano come, a loro giudizio, i libri
dei nostri connazionali mancassero di freschezza, originalità, e
cose simili. Li reputavano tutti impegnativi, tutti anonimi, tutti
pallosi. Avevano letto, forse, qualche pagina appena dei
classici intoccabili che, generazione dopo generazione, anno dopo
anno, i prof di ogni dove assegnano a forza a studenti che non hanno
poi tanta voglia di leggerli o, in generale, di leggere. Avevano
patito, magari, i lunghi sproloqui di Umberto Eco e cercato di
tradurre, come dal greco antico, le parole non sempre chiare dei
Malavoglia. Ma, in libreria, accanto a Verga e Pirandello, a
D'Annunzio e a un Montale, c'è anche altro. Basta guardarsi intorno:
è questo il punto, quello che c'è da capire. Perché accanto allo
studio c'è anche il divertimento, accanto alla malinconia c'è anche
la gioia, accanto agli sbadigli c'è anche la musica. My Bass
Guitar, ora come ora, è
il libro che farebbe al caso loro. Lo young adult, breve e
velocissimo, infatti, che consiglierei a coloro che sono facilmente
annoiabili e che, persi tra tanti volumi importati dall'estero, si
mantengono sulla prima parola, reputando ciò che è nato sotto il
tricolore una lagna, punto e basta. Capirebbero, allora, di essere in
errore. Di essersi sbagliati per tutto il tempo. Questo è un romanzo
che racconta poco, ma che racconta tanto. Il titolo e la copertina,
forse, strizzano l'occhio all'America: riflettori soffusi, una sagoma
scura in una posa da rock star, tre parole incolonnate ordinatamente
e iniettate di una bellissima luce blu. Ricorda la commedia musicale
statunitense, il Bandslam che
adoro, lo School
of Rock che venero. E
invece no. Tutto si accorda con il tema portante. Musicalmente. In
perfetta sincronia. Eppure sanno farlo ancora meglio le parole della
talentuosa Benedetta Bonfiglioli. L'aspetto grafico è calzante, ma
allo stesso tempo non lo è. Il romanzo è uno young adult, ma allo
stesso tempo non lo è. Come si sarebbe dovuta chiamare, infatti, la
storia di un ragazzo atipico che mangia latte e biscotti sul tetto di
casa e di una ragazza altrettanto atipica che tiene le gomme per
cancellare accuratamente protette nella loro custodia di carta, come
se indossassero sempre un cappottino contro il gelo e lo sporco del
suo zaino? My Bass Guitar
è un romanzo per ragazzi e sui ragazzi. Diciamolo in italiano. Una
storia fatta di belle frasi, belle persone, belle canzoni, bei
sentimenti, e popolata, almeno un po', dagli stessi diciassettenni
che sono in guerra contro la lingua che parlano. Cantano
esclusivamente canzoni straniere, hanno una band dal nome straniero e
invidiano tutti il nome straniero che ha Noah, il protagonista. A
lui, invece, non piace. Vorrebbe chiamarsi come Cristiano, essere
bello e sicuro come lui, avere il suo sguardo amichevole e la sua
casa accogliente. Abbiamo tanto in comune, io e Noah. Misuriamo il
tragito casa-scuola a suon di canzoni: appena quattro pezzi e siamo
arrivati a destinazione. Adoriamo il familiare percorso che ci separa
dai banchi e dai prof, ma adoriamo i prof e i banchi molto meno,
decisamente. Lui va in tram, io in circolare: con gli auricolari
nelle orecchie, guardiamo la gente, e pensiamo a dove andrà, a quale
direzione prenderà, a se e quando rincontreremo quel volto visto in
quella traballante folla vagante. Frughiamo senza chiedere il
permesso tra le gomme, le penne e le matite appuntite delle nostre
compagne di banco. Mangeremmo pizza anche a colazione.
Ci piace stare da soli. E alla fine arriva Lisa, spuntata dal nulla, con i suoi capelli cortissimi, il piercing in bella vista, il fisico acerbo da ragazzino. Un diapason che vibra contro le costole. Si scrivono cose sui quaderni a quadri per non farsi beccare dal prof nuovo. Si scarabocchiano importanti verità su un pentagramma, pieno di note musicali, pause, sogni in pausa. Si confidano che la mamma di Lisa, dopo il divorzio, ha dimenticato di preparare colazioni, pranzi, cene; perfino di mangiare. Quella di Noah, invece, si è dimenticata propria di Noah. Del suo stesso figlio. E ha iniziato a lasciare le scarpe col tacco in frigo, a perdere le chiavi della macchina e la memoria, a chiudere – come una scatola inutile – il coperchio del suo pianoforte a coda bianco. Avevo scoperto l'autrice con il commovente Pink Lady, l'avevo ritrovata con il simpatico Tutto il cielo possibile. Per il terzo anno di fila – evviva la continuità – eccola qui, ancora, a farmi parlare di qualcosa di suo. Con ombre talora scure e risvolti sorprendente emozionanti, il suo terzo libro è una simmetrica via di mezzo tra i precedenti. La scorrevolezza e la semplicità del secondo, la verità deliziosamente piacevole da leggere del primo. Una storia lieve, comune, ma che è un trionfo di normalità, suonato – come una marcia coinvolgente – sullo sfondo di Pink, dei Muse e dei Fun ad alto volume. La cosa più bella è lo stile di Benedetta, che si accorda magicamente con i pensieri ballerini e le mani d'angelo del suo fragile Noah. La Bonfiglioli compone pensieri lunghissimi e connessi tra loro da lunghissime file di virgole. Costruisce colonnati di parole, disegna ampi spazi bianchi, mescola poesia e prosa, canzoni e sensazioni, inglese ed italiano. Il pregiudizio sugli autori italiani deriva dal pesante bagaglio culturale che, a volta, questi ultimi si tirano faticosamente dietro. La nostra cultura, tuttavia, è libertà; la tradizione è libera ispirazione, non una regola standard. Ci sono modi e modi per raccontare una storia. Be', questo è quello giusto. “Stavolta c'è un posto dove vorrei essere, un altrove per cui varrebbe la pena alzarsi e camminare e, una volta arrivati, fermarsi e guardarsi dentro e magari non avere fretta di andare via.”
Ci piace stare da soli. E alla fine arriva Lisa, spuntata dal nulla, con i suoi capelli cortissimi, il piercing in bella vista, il fisico acerbo da ragazzino. Un diapason che vibra contro le costole. Si scrivono cose sui quaderni a quadri per non farsi beccare dal prof nuovo. Si scarabocchiano importanti verità su un pentagramma, pieno di note musicali, pause, sogni in pausa. Si confidano che la mamma di Lisa, dopo il divorzio, ha dimenticato di preparare colazioni, pranzi, cene; perfino di mangiare. Quella di Noah, invece, si è dimenticata propria di Noah. Del suo stesso figlio. E ha iniziato a lasciare le scarpe col tacco in frigo, a perdere le chiavi della macchina e la memoria, a chiudere – come una scatola inutile – il coperchio del suo pianoforte a coda bianco. Avevo scoperto l'autrice con il commovente Pink Lady, l'avevo ritrovata con il simpatico Tutto il cielo possibile. Per il terzo anno di fila – evviva la continuità – eccola qui, ancora, a farmi parlare di qualcosa di suo. Con ombre talora scure e risvolti sorprendente emozionanti, il suo terzo libro è una simmetrica via di mezzo tra i precedenti. La scorrevolezza e la semplicità del secondo, la verità deliziosamente piacevole da leggere del primo. Una storia lieve, comune, ma che è un trionfo di normalità, suonato – come una marcia coinvolgente – sullo sfondo di Pink, dei Muse e dei Fun ad alto volume. La cosa più bella è lo stile di Benedetta, che si accorda magicamente con i pensieri ballerini e le mani d'angelo del suo fragile Noah. La Bonfiglioli compone pensieri lunghissimi e connessi tra loro da lunghissime file di virgole. Costruisce colonnati di parole, disegna ampi spazi bianchi, mescola poesia e prosa, canzoni e sensazioni, inglese ed italiano. Il pregiudizio sugli autori italiani deriva dal pesante bagaglio culturale che, a volta, questi ultimi si tirano faticosamente dietro. La nostra cultura, tuttavia, è libertà; la tradizione è libera ispirazione, non una regola standard. Ci sono modi e modi per raccontare una storia. Be', questo è quello giusto. “Stavolta c'è un posto dove vorrei essere, un altrove per cui varrebbe la pena alzarsi e camminare e, una volta arrivati, fermarsi e guardarsi dentro e magari non avere fretta di andare via.”
Il
mio voto: ★★★
Il
mio consiglio musicale: Fun: Carry On
Molto bella come recensione. Anche se sul libro non sono convinta del tutto.
RispondiEliminaNon che sia fan degli stranieri, leggo di tutto. E' proprio l'argomento in me a lasciarmi perplessa.
Comunque me lo appunto, magari ci penso un attimo.
Magari, Dru, prova Pink Lady. Sicuramente, il tema è uno di quelli fatti per colpire tutti. Ti piacerà.
EliminaBella recensione, mi hai proprio incuriosita. Non sono più una diciassettenne da un po' però il tema di questo libro libro mi piace molto. Penso che gli darò una possibilità =)
RispondiEliminaGrazie Valy. Ottima scelta (: Nemmeno io, ormai, ho più diciassette anni da un po', ma pensa che i libri di Benedetta li ho fatti leggere anche a mia mamma!
EliminaCiao! Bel blog complimenti!! faccio un giretto :)
RispondiEliminaGrazie! Benvenuta :)
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