lunedì 23 ottobre 2017

Recensione: Tartarughe all'infinito, di John Green

| Tartarughe all'infinito, di John Green. Rizzoli, € 17,50, pp. 337 |

Paragonerei John Green a uno di quei bellissimi film indipendenti che conosci solo tu e, all'improvviso, diventano moda. Prima lo trovavi sulle bancarelle, tutto ammaccato tra le rimanenze di magazzino. Poi qualcosa cambia, ed è ovunque. Le librerie te lo lanciano appresso dagli espositori dei best-seller. E vorresti trovarlo antipatico all'improvviso, ma non puoi mica rinnegarlo. Ti ricorda le estati: quelle belle, del liceo. La leggerezza di un'adolescenza vissuta a modo tuo. L'affetto che, complici le massime e i dolori di Cercando Alaska, ci legò per un tempo che credevamo senza scadenze. Per fortuna non mi sono ricreduto negli anni. Anzi: quel Colpa delle stelle giudicato troppo cerebrale su carta, troppo freddo, al cinema mi ha regalato pianti indecorosi. Pubblicato da Rizzoli in contemporanea mondiale, l'autore americano torna trovandomi uomo. In rete, almeno dal poco che ho letto, i soliti estimatori e qualcuno convintosi durante l'ultimo tratto della via di Damasco. John porta con sé le protagoniste dagli strani nomi di battesimo (Aza Holmes, con tutto l'alfabeto nel nome e un cognome da investigatrice, è la nuova Hazel), gli hobby per pochi eletti (l'astronomia, la medicina, le fanfiction sulla vita amorosa di Chewbecca), quel filosofeggiare sui massimi sistemi frammisto a dialoghi finto sgrammaticati (non so se sia da imputare alla fretta della nostra traduzione o ai tentativi di un autore che non ha più l'età per scimmiottarci l'irritante abuso di “tipo” e aggettivi “super”, nei dialoghi fra la protagonista e la sua migliore amica).

«Mi piacciono le poesie brevi con schemi metrici strani, perché la vita è così.»
«La vita è così?» «Sì. Rima, ma non nel modo che ti aspetti.»

Sembra citare il gioiello di Chbosky, ma Tartarughe all'infinito si riferisce in realtà a un'affascinante teoria cosmologica: il mondo intero poggerebbe su un carapace. E chi sosterrà mai, a sua volta, la prima tartaruga di una pila lunga quanto la storia del nostro pianeta? Se lo domanda Aza, che ha sedici anni e vive sulla sponda sbagliata di un fiume non navigabile: il corso d'acqua, di quei gusci che affiorano, è pienissimo. Sull'altra riva svetta una villa con cinema, piscina e zoo privato. Ci vivono il coetaneo Davis e il fratellino irrequieto, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. Il loro papà, uomo d'affari invischiato in traffici illeciti, si è volatilizzato nel cuore della notte per sfuggire all'umiliazione dell'arresto e nel suo lascito ha designato un rettile centenario come erede universale. Aza e l'inseparabile Daisy si mettono in cerca del miliardario scomparso. Un po' per una taglia che, diciamocelo, fa gola. Un po' perché la protagonista e Davis, un Richie Rich con mille responsabilità e una brutta sindrome di abbandono, condividono i ricordi di un campeggio estivo, e chissà, potrebbero scoprirsi affiatati anche adesso. Cresciuti con un solo genitore, distanti un passo, disfuzionali.

E' un'espressione strana in inglese, in love, come se l'amore fosse un mare in cui anneghi o una città in cui vivi. […] E volevo dirgli che anche se non ero mai stata in love, sapevo che cosa si prova a essere in un sentimento, non esserne solo circondata ma anche intrisa, come quando mia nonna diceva che Dio è dappertutto. Quando i miei pensieri prendevano la spirale, io ero nella spirale, e della spirale.

Tartarughe all'infinito è interamente ambientato nella testa di Aza: posto intenso, sì, ma che sa più interessare che coinvolgere. A differenza dei passati protagonisti, la sedicenne non spicca per il suo essere adorabile: ipocondriaca, instabile, egocentrica. Cosciente di ogni germe, di ogni pensiero brutto o bello, è sconvolta dalle implicazioni di un innocuo bacio alla francese e, nelle ricadute, si sente estranea perfino a se stessa. Si autoinfligge piccoli tormenti per sapere di essere una persona vera, non un insieme di circostanze esterne. Come sperare di frequentare un college lontano, con i suoi disturbi ossessivo-compulsivi? Come impedire che nel suo vortice di pensieri intrusivi – un buco nero efficacemente rappresentato dal disegno copertina – ci finisca tutto il resto? I comprimari non si imprimono, così; l'idea di venire a capo del mistero si perde nel mezzo di una girandola-cappio; il sentimento per Davis risulta troppo discreto per farti innamorare delle sorti della coppia. Tartatughe all'infinito non è consolatorio. Non è né romantico né strappalacrime, quasi a sfatare l'infondato pregiudizio. Purtroppo, non è nemmeno ben definibile. Amaro, sospeso, o forse irrisolto e basta. Con i suoi difetti, con una trama che trama non è, si muove in una stanza al buio e sbatte dappertutto, in una serie di tragicomiche, metaforiche reazioni a catena.

Tu sei il fuoco e l'acqua che lo spegne. Sei il narratore, il protagonista e la spalla. Sei chi racconta la storia e la storia raccontata. Sei il qualcosa di qualcuno, ma sei anche il tuo te.

Ci sono le turbe psichiche del Viaggio di Caden, ma senza abbandonare la terra ferma all'insegna dei mari del simbolismo. Le contraddizioni e la profondità dell'inaspettato The Edge of Seventeen, pur ispirando meno simpatia. A guidarlo, una protagonista assolutamente credibile, che ha voce in capitolo sulla cornice – per parafrasare un suo stesso pensiero – ma non sulla foto d'insieme. Il soggetto l'ha scelto l'autore. Ed è a quello, nonostante il lodevole coraggio di rischiare con una storia meno vendibile, che mancano il guizzo e l'armonia. Il giallo e la storia d'amore sono infatti un pretesto dalle pagine contate. Il nuovo John Green, diverso ma uguale, è una riflessione sulla delicata costruzione della propria identità e sulla paura, se giovanisimi, di perdere il filo nel mentre. Restando, così, per sempre a metà.
Il mio voto: ★★★
Il mio consiglio musicale: P!nk – Fuckin' Perfect

25 commenti:

  1. Come te, ho apprezzato Colpa delle Stelle e Cercando Alaska, ma non il resto della produzione di Green che mi è vagamente sembrata una brutta scopiazzatura del romanzo d'esordio; di questo nuovo libro non sapevo, tuttavia non m'ispira affatto.
    Poco male, quindi, spiace soltanto che uno scrittore promettente come Green si perda, come di frequente, in un bicchier d'acqua.

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    1. In questo caso, non si può dire che abbia voluto cavalcare l'onda del successo facile. E' un romanzo molto particolare, guidato dalla protagonsita (e dal suo disagio, assai ben reso) e non da una trama canonica. Però non mi ha emozionato neanche un po', e quello, a Green, non posso perdonarlo stavolta.

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  2. Il mio interesse per Green si è spento dopo Colpa delle Stelle e Cercando Alaska, e questa nuova uscita la sto ignorando bellamente; però la tua recensione mi ha incuriosito, anche se il parere non è completamente positivo.

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    1. Onestamente, insieme a Teorema Catherine, per me quest'ultimo è il più dimenticabile. Però, come dicevo, ci sono "non fan" che si sono detti stupiti dall'apparente cambio di rotta. Forse, in giorni così, volevo semplicemente qualcosa di diverso? Forse sono troppo vecchio? Naaaa. :)

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  3. a me manca Cercando Alaska (e visto quanto è apprezzato direi che merita) mentre non ho gradito molto Città di carta. Con calma leggerò tutti i suoi romanzi ma non posso dirmi sua super fan!XD

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    1. Allora questo non è indispensabile, Saya.
      Recupera prima l'altro. ;)

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    2. non c'entra niente col post ma... stai vedendo channel zero stagione 2? e ho iniziato room 104 ò.ò mi mandano fuori di testa ste due serie!

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    3. Sono indietrissimo, Saya, purtroppo!
      Mi ispirava soprattutto Room 104, che sembra un bel mix di generi. Ho finito gli esami giusti mercoledì scorso, quindi pian piano mi metto in pari.

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    4. bravo così poi commentiamo!XD

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  4. Ecco, io non ho letto assolutamente nulla di questo autore per cui non ho proprio voce in capitolo. Mi pare di capire, però, che, se mai volessi inziare, dovrei scegliere altro di suo :)

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    1. Decisamente, Anna. Ti consiglio il primissimo, che poi per me è anche il più bello. :)

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  5. Dal titolo mi aspettavo un reboot letterario delle Tartarughe Ninja... :D

    Per fortuna invece è il nuovo di John Green che però per sfortuna, o per colpa delle stelle, non ti ha colpito troppo...
    Io comunque resto fiducioso per una possibile versione per il grande schermo, magari con protagonista la nuova Shailene Woodley: Grace Van Patten.
    John, t'ho già fatto il casting, ora non ti resta che vendere il libro a Hollywood. :)

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    1. Uh, ma è la ragazza di Traps. Identica a Shailene, a tratti. John, ti sta bene? A me, il tuo libro, nì. :)

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  6. Questo autore mi manca. Non saprei da quale dei suoi libri iniziare (conosco, tra l'altro, solo la trama di Colpa delle stelle per aver visto il film). Lo rimando per l'anno prossimo, cosi mi informo prima :-D

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    1. Magari, segui proprio l'ordine di pubblicazione, Angela.
      Questo, in ogni caso, mettilo in coda.

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  7. Il libro non so se lo leggerò, ma la recensione mi è piaciuta molto.
    Ciao da lea

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    1. Ti ringrazio, Lea.
      Dalla lunghezza, si capisce che ho finito gli esami, vero? :)

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  8. Mmmmmm no, direi che se questi protagonisti sono meno adorabili di quelli passati - avendo io detestato Hazel e Augustus con tutto il mio cuore, nonostante la sfiga madornale che si portavano appresso - questo libro non faccia per me! Credo proprio che io e Green non siamo compatibili. ;)

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    1. Dovevi proprio ricordarmelo, vero, anche se ho smesso da poco di odiarti? :-P

      Passa oltre, sì.

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    2. Ahahahahahah scusa non volevo farti soffrire! Però non ho visto il film, quello potrebbe farmi emozionare! In quel caso mi perdonerai? ;)

      Passi lunghi e ben distesi! Hihihihi

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    3. Ah, sì: secondo me col film piangi.
      Neanch'io sono un fan convinto del romanzo. :)

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  9. Come sai, ho apprezzato in passato i libri di John Green (Cercando Alaska e Colpa delle stelle i miei preferiti, Will ti presento will carinissimo, Città di carta una scopiazzatura di Cercando Alaska, ma comunque piacevole). Sono curiosa di leggere anche Tartarughe all'infinito, seppur tu non sia il primo ad averlo trovato un po' "meh". Che peccato però!

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    1. Che peccato sì, Giusy.
      Speriamo non ci sia da aspettare altri cinque anni, per scoprirlo di nuovo all'altezza...

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  10. Ciao!
    Che peccato che non ti sia piaciuto :(
    Ti faccio un breve riassunto del mio rapporto con John Green: ho adorato Cercando Alaska e Colpa delle stelle (letti entrambi in inglese, le versioni italiane, che ho letto successivamente, mi sono piaciute meno), ho trovato fantastico Will ti presento Will (letto solo in inglese), non mi ha entusiasmata Città di carta e mi ha delusa Teorema Catherine. Tartarughe all'infinito, invece, per me, è quasi perfetto. L'assenza di una trama vera e propria (e la trascuratezza per la sparizione di Pickett) mi hanno fatto apprezzare molto il personaggio di Aza. Hai ragione a dire che non è simpatica e/o adorabile, ma i suoi tormenti mi hanno coinvolta molto, me l'hanno fatta sentire viva e assurda nella sua normalità non normale. Le conversazioni quasi filosofiche tra lei e Davis (certo, un po' improbabili per dei ragazzini)mi hanno fatta innamorare di loro come coppia... e quindi versare fiumi di lacrime sul finale. Sono molto emotiva sui libri e questo libro mi ha emozionata, quindi mi considero più che soddifatta della lettura :)

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