venerdì 3 febbraio 2017

Mr. Ciak - And the Oscar goes to: Arrival, Hacksaw Ridge, Lion

8 Nominations. Dodici navicelle d'altri pianeti gettano ombre sul pianeta Terra. I militari perimetrano i luoghi dello sbarco. Gli scienziati, nel cuore della notte, reclutano Louise: una rinomata linguista dagli occhi tristi. Il montaggio ce la mostra un po' madre di una bimba dalla salute fragilissima, un po' interprete di una lingua fatta di cerchi concentrici e linee mutevoli. Ma gli uomini hanno fretta, non portano pazienza, e sono costantemente sul chi va là con le armi strette in pugno. Pronti a darsi addosso per una parola fraintesa. Qual è la differenza tra un'arma e un dono? Qual è, soprattutto, la differenza tra noi e loro? Arrival, ispirato a un racconto che leggerò prestissimo, è l'ennesimo tassello di quella fantascienza atipica, umanista, in cui l'elemento perturbante – in questo caso, una silenziosa invasione – è un'ottima scusa per parlare di noi. Lento, profondo, per certi versi irrisolto, non piacerà agli appassionati delle congiure di Emmerich. Arrival giunge in pace. Ma è piaciuto a me, che non apprezzo il genere, ma nei paradossi temporali e in queste poesie visive adoro perdermici. Complici una cristallina Amy Adams e la direzione di chi rende luccicante, suo, qualsiasi cosa sfiori. Galeotta una trama classica, in cui tutto o quasi va al proprio posto con armonia e un briciolo di fretta. Arrival lo si rivede a mente, con la sensazione che qualcosa sfugga. Ma nel bel mezzo del rewind, nonostante una sceneggiatura che qualche lacuna la ha, si sentono affiorare i brividi e la sensazione che la soluzione del rebus sia sempre stata a un palmo dal nostro naso. Le astronavi appaiono come superfici specchiate dalla forma ovoidale: simbolo di nascite e rinascite, ci riflettono nella nostra ascesa verso l'ignoto. I nomi palindromi sono il tempo: il serpente di Nietzsche che, in filosofia, si morde la coda. Le parole di Jeremy Renner, comprimario al solito in sordina, invitano ad indugiare su chi ci sta accanto e non sulla volta celeste. E Arrival, emozionantissimo, è di questo che saprà parlare al pubblico più sensibile: maternità ad ogni costo, imponderabile, comunicazione. Al pari di un dramma borghese in cui un ospite s'intrufola nella casa di una coppia felice e ne invade gli spazi, lascia il bagno in disordine e studia coloro che gli hanno aperto la porta. Può andare in due modi diversi, allora: la coppia scoppia, allontanandosi ancora, o l'estraneo – con il suo punto di vista nuovo, con la sua sola presenza – spinge i due alla riconciliazione. Gli uomini e il mondo sono gli amanti litigiosi e scoscanti all'interno dell'ultimo film di un Villeneuve sempre più grande. Gli alieni, che hanno la forma di polipi immensi e intenzioni imperscrutabili, sono l'ospite inatteso. Ma la convivenza cambierà tutto. Si rovesceranno forse i ruoli di potere e gli invitati si sostituiranno agli anfitrioni? O, tornati ognuno a casa propria, realizzeranno che non ci si può scordare mai di chi ti ha aperto gli occhi e messo a soqquadro i cassetti, le percezioni e i pensieri? (8)

6 Nominations. Desmond Doss cresce in una famiglia turbolenta, con una madre credente e un padre che è tornato dalla prima Guerra Mondiale con l'umanità compromessa. Il protagonista è un bambino che si fa custode degli incerti equilibri domestici. Allevato nella violenza, da adulto la rinnega. Si arruola volontario, poiché dotato di un fortissimo senso del dovere. Rifiuta di di uccidere, perché così ordina uno dei comandamenti. Gli danno del codardo. Lo picchiano, lo canzonano, lo processano per insubordinazione. Ma Desmond corre sotto il fuoco nemico, su un altopiano che farà da sfondo a un massacro. Qual è l'utilità di un soldato disarmato nel bel mezzo di un conflitto? Al contrario degli ultimi film di Eastwood, agiografie asciutte e troppo vicine nel tempo, il ritorno alla regia di Mel Gibson – un altro che fa meglio dietro la macchina da presa, uno che non dovrebbe piacermi ma che invece mi piace spesso - è un decorosissimo dramma bellico. Non cronaca nuda e cruda, ma intrattenimento. Ha l'unica forma di religiosità che invidio: quella generosa, sentita nel profondo, di chi passa dalla teoria alla prassi convinto che la fede gli farà da scudo. Di Gibson c'è il personale colloquio con Dio, assai più elementare e fruibile che nell'indigesto Silence, e la grande concitazione che rende magistrali le scene d'assalto. I corpi dilaniati, i ratti che di notte banchettano coi cadaveri, la verosimiglianza degli attacchi armati – non mancano le esagerazioni e gli aspetti più romanzati, però, tra bombe calciate prima della conflagrazione e parentesi amorose. Hacksaw Ridge non sorprenderà, ma è una biografia ben romanzata e diretta meglio ancora. Mi ha coinvolto molto, pur non apprezzando il genere. Funzionano le zuffe e le confidenze nelle camerate, i numerosi comprimari – su tutti, un magnifico Hugo Weaving -, e toccano le uscite di scena e le dipartite. Andrew Garfield, con un convincente accento della Virginia e tutto il candore che sa, presta il fisico gracile e il viso espressivo a un personaggio folle e gentile, che pare cucitogli su misura: bravissimo, ma io lo reputo tale dai tempi di Boy A. Hacksaw Ridge è un'altra tipologia di cinema che, nella stagione dei premi, ha menzioni assicurate: in questo caso, non del tutto immeritatamente. Una storia di guerra, vera ed edificante, etichettabile a colpo d'occhio e a giusta ragione come americanata tra le più ruffiane. Però mentirei definendolo scontato sì, ma incapace di centrare il bersaglio. Se dicessi che non l'ho trovato necessario – con il suo parlare alla coscienza di altruismo, di eroi -, in un'epoca in cui gli americani, storici guerrafondai, e il ricordo sono in disaccordo. Buono e pulito, nonostante quel lungo arrancare nel fango e nel sangue. Dalle guerre presenti e passate. Dei cliché, dell'enfasi smisurata, che il genere esige. (7)

6 Nominations. Saroo, quattro anni e un villaggio di poche anime da cui non si è mai spostato, sale per sbaglio su un treno mentre è in compagnia del fratello maggiore. Il convoglio ferroviario ferma la sua corsa soltanto qualche giorno dopo. Quando, catapultato nella povertà della caotica Calcutta, il bambino si accorge che è tardi. Ha percorso quasi duemila chilometri: troppi per fare ritorno da una madre che non ha mai smesso di aspettarlo. Abbastanza coraggioso da sopravvivere alla vita di strada, tra accattonaggio e malintenzionati di cui è meglio diffidare, Saroo viene infine adottato da una coppia australiana con la vocazione del bene. Finché il passato non lo raggiunge attraverso un profumo dell'infanzia e un sogno ad occhi aperti. E la ricerca delle radici, anche a costo di scontentare la madre adottiva, diventa un'ossessione. Come sai cosa diventerai se non sai chi sei stato? Lion, giunto al cinema sotto Natale come ogni fiaba che si rispetti, è l'equivalente cinematografico, agli Oscar, della canzone sanremese. Quella con il ritornello orecchiabile. Quella con un tema importante. Tradizionale, ma d'impatto. Se commuove la visione dell'adorabile Sunny Pawar, scricciolo in grado di reggere mezzo film su di sé, la ricerca delle origini di un eppure ottimo Dev Patel – il fortunato milionario di Boyle, che crescendo si è abbellito e si è scoperto il più protagonista tra i non protagonisti –, contempla invece personaggi lasciati ai margini (un'intensa ma fugace Kidman) e altri superflui (l'anonima Rooney Mara); numerosi momenti topici che, abbandonata l'infanzia per l'età adulta, emozionano meno di quanto avrebbero fatto con la guida del piccolo Saroo. Per il resto, ho trovato l'esordio alla regia di Garth Davis semplice e pieno di delicatezza. Definire un film strappalacrime è un disvalore, infatti, se quelle lacrime te le ha strappate? Nel blog, lo sapete, parlo delle mie letture e, senza cadenza fissa, di quel che guardo. Per deformazione professionale, preferisco la sostanza alla forma. Nonostante tutto, resto un inguaribile fan di un cinema in grado di veicolare belle storie. E Lion, che in una compezione spietata potrebbe apparire svantaggiato, ha qualche difetto ma una vicenda vera, di partenze e ritorni, che sono stato contento di scoprire. Forse la più indispensabile che mi racconteranno i film in gara questo febbraio. Sarà che, di tenerezza, ce n'è sempre disperato bisogno. (7)

24 commenti:

  1. Lion l'ho visto ieri sera e concordo con tutto quello che hai detto: il dolce patatino che interpreta Saroo da piccolo mi ha strappato il cuore ma ormai mi par di piangere per un nonnulla. Meno intensa la parte centrale, Rooney Mara inutile, la Kidman poco utilizzata, ma nel finale mi sono di nuovo sciolta. Probabilmente (e giustamente) non vincerà nulla ma comunque mi ha emozionata.
    Arrival è bello, bello in modo assurdo. La fantascienza come piace a me, più umana che aliena.
    Hacksaw Ridge ormai lo guarderò la settimana prossima, prima ci sono i miei adorati ricercatori che già una volta dovevano smettere :P

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    1. Sì, anch'io ho piagnucolato più o meno per tutto il tempo. Onestamente Rooney Mara la trovo inutile quasi sempre. Pare uno spiritello: sta lì, vaga... Non mi piace proprio, anche se la esaltano ovunque (meglio la sorella: non la Venier, l'altra!). :-D La Kidman è brava come un tempo, a tratti, soprattutto in un certo monologo, però avrei preferito vederla più spesso in scena. Anche secondo me non vincerà niente, ma è un'opera prima - elegante, meno stucchevole del previsto - quindi poco male. Mel è puro patriottismo a stelle e strisce, ma saprai che mi annoio subito e di tutto, e qui non ho controllato l'orologio neanche una volta.

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    2. Ciao sono Theresa Williams Dopo essere stato in rapporto con Anderson per anni, ha rotto con me, ho fatto tutto il possibile per riportarlo indietro, ma tutto è stato vano, lo volevo tornare tanto per l'amore che ho per lui, lo pregai con tutto, ho fatto promesse, ma ha rifiutato. Ho spiegato il mio problema al mio amico e ha suggerito che dovrei piuttosto contattare un mago che potrebbe aiutare me un incantesimo per riportarlo indietro, ma io sono il tipo che non ha mai creduto in magia, non avevo altra scelta che tentare, io mail il mago, e mi ha detto che c'era un problema che tutto andrà bene prima di tre giorni, che il mio ex tornerà a me prima di tre giorni, ha gettato l'incantesimo e sorprendentemente nel secondo giorno, era intorno 16:00. Il mio ex mi ha chiamato, ero così sorpreso, ho risposto alla chiamata e tutto quello che disse era che lui era così dispiaciuto per tutto quello che è successo che voleva me tornare a lui, che mi ama così tanto. Ero così felice e sono andato a lui che era così che abbiamo iniziato a vivere insieme felicemente di nuovo. Da allora, ho fatto promessa che qualcuno so che hanno un problema di rapporto, mi sarebbe di aiuto a tale persona da lui o lei si riferisce all'unico mago reale e potente che mi ha aiutato con il mio problema. e-mail: drogunduspellcaster@gmail.com si può e-mail se avete bisogno la sua assistenza nel vostro rapporto o di altri casi.

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    3. Cosa diavolo ho appena letto? XDXDXDXD

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    4. Non ho avuto il cuore di considerarlo spam, capiscimi, ahahahah!

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  2. Voglio assolutamente vederli tutti e tre (e due finalmente insieme a mio marito...indovina quali?).
    Grazie
    Lea

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    1. Alieni e bombe?

      Però, nel primo caso, non è come sembra... ;)

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  3. Ciao! Ho visto arrivai e mi è piaciuto perché è un film diverso dai soliti film che parlano di alieni: meno azione e più comunicazione. Il finale poi per me è stato imprevedibile!

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    1. Ciao Lisa, verissimo. E' la sola fantascienza che apprezzo, in effetti. :)

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  4. Lion ancora mi manca. Su Arrival sono d'accordo, fantascenza bella! Invece Hacksaw Ridge forse mi ha convinta un po' meno... soprattutto il personaggio del solito capitano strillante, tutti i cliché che ha messo in quella parte...

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    1. Eh, ma mi sa che il sergente urlante è d'obbligo. Oltretutto, nel finale, si vede anche quello vero. Non mancherà in nessuna caserma, né in nessun film di guerra. E Vaughn mi divertiva anche, sotto sotto. Mi è piaciuto senza esagerare, soprattutto per un protagonista insolito: qui l'agiografia era obbligatoria, Doss se la meritava. :)

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  5. Arrival è anche la fantascienza che piace a me: decisamente umana e profonda. Tornerò al cinema a vederlo, per accontentare un giovine che in queste cose sguazza felice.
    Mel Gibson, come sai, non mi ha convinto nemmeno un po', domani ne parlerò meglio, mentre Lion per quanto strappalacrime, canonico nella sua fattura, ha dalla sua una storia vera che emoziona fino alle lacrime, e a volte, va bene così, hai ragione.

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    1. Lion poteva diventarmi davvero C'è posta per te, data la trama. Invece mi ha commosso sì, ma senza troppe furberie.
      Vagamente, la stessa cosa Gibson: bell'apologo, anche se cinematograficamente lascia il tempo che trova. :)

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  6. Concordo pienamente su Arrival, Gibson lo vedrò di sicuro questo weekend, mente Lion mi sa di buonismo lontano un miglio: per ora attendo. ;)

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    1. Ma no, su Lion ti sbagli: è semplicemente una storia troppo miracolosa per crederci, ma pare sia andata così.
      Per quelle due ore, bello pensare che alle brave persone succedano belle cose, ogni tanto. :)

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  7. Quanto è affascinante, nel suo essere contemporaneamente umano ed extra-terrestre, Arrival? Un vero alieno in mezzo a tanti "film" fantascientifici fracassoni - qualcuno ha detto "Independence Day - Rigenerazione"?!
    Gli altri due mi mancano e non so quando riuscirò a vederli. Entrambi, infatti, hanno qualcosa che mi blocca. Dai trailer, "Lion" mi sembra troppo troppo strappa-lacrime mentre "La Battaglia di Hacksaw Ridge" è un genere che di solito non mi coinvolge. In fin dei conti, però, il mio problema è semplicemente la pigrizia ahah ;)

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    1. Partiamo dallo stesso "pregiudizio", guarda.
      E Hacksaw Ridge resta lontano dal nostro genere, ma è ben fatto, scorrevole e Garfield è tanto bravo. Poi lui ha una faccia buonissima: del tipo che se avessi una sorella, una figlia, le direi sposatelo. Lion è strappalacrime, ma non è un difetto: con una storia così, soprattutto nel finale, le lacrime sono tanto inevitabili quanto giuste. :)

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  8. Arrival potrebbe essere il filmone dell'anno, se solo non ci fosse un certo La La Land... :)
    Per me la sceneggiatura è davvero notevole. A differenza di molti film che partono bene e nel finale si perdono, questo riesce a tirare le fila con una chiusura davvero da applausi (e da lacrime). Una cosa quasi mai vista in una pellicola fantascientifica.

    Hacksaw Ridge nonostante la tua promozione continua a spaventarmi un sacco ma il fatto che possa essere più guardabile rispetto a Silence (impresa d'altra parte non molto difficile eheheh) già mi sembra positivo.

    Lion è un altro film rischioso. Certo che paragonandolo alla tipica canzone sanremese non mi hai proprio invogliato a recuperarlo... :D

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    1. Arrival mi ha mandato poco poco in confusione, tant'è vero che a fine visione mi sono andato a leggere la sinossi completa per sicurezza. In realtà non mi ero perso niente, ma dopo la (bella) lentezza iniziale, Villeneuve doveva avere una fretta addosso...

      Hacksaw Ridge è di un genere solito, che ha la solita storia e le solite scene, ma voglio inspiegabilmente bene a Garfield e anche al suo personaggio. Perché questa religione che è azione, messa in pratica, non pregiudizio o fustigazione alla Scorsese, è quella di cui è bello parlare.

      Ma no, in Lion non compare Il volo né Conti, fidati. Il rischio ruffianeria c'era, ma in realtà lo evita a modo suo. Mi è piaciuto più di quanto dica quel 7. ;)

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  9. prossima visione film di Gibson anche se mi puzza già parecchio di retorica....

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    1. E non ti sbagli, ma dato il personaggio (che non conoscevo) ci sta più che bene.

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  10. Visto Arrival ieri..debbo rielaborarlo, mi ha schiantata...

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    1. Eh...

      Io l'ho visto un paio di settimane fa, ma ricordo la sensazione.

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