Ho
detto addio per sempre ai miei vent'anni in compagnia di David
Nicholls. Avrei voluto rileggerlo da un po'. Il bisogno, poi, si è
fatto urgenza con l'avvicinarsi del mio compleanno. Lo avrei
festeggiato lontano da casa. Alla mia tavola, intento a soffiare
sulla trentesima candelina, avrei avuto soltanto facce nuove; gli
amici di oggi. E quelli storici? E il mio passato? Nell'impossibilità
di averli con me, ho fatto posto a Emma Morley e Dexter Mayhew: li
conosco come le mie tasche, in fondo, dalla metà esatta della mia
vita. Quando li ho incontrati per la prima volta, al ginnasio, erano
più grandi di me: con il loro odore di vino e sigarette, con il
sogno di cambiare il mondo, mi sembravano irraggiungibili. Lei con
una citazione letteraria per ogni occasione, lui con le Oxford ai
piedi anche nelle scarpinate; lei con gli occhiali a fondo di
bottiglia sfoggiati come una medaglia al merito, lui perennemente in
posa come una stella del cinema italiano. Non sapevo ancora che avrei
vissuto le stesse crisi, gli stessi strappi, le stesse frustrazioni.
Non sapevo ancora che, soprattutto a venticinque anni, ci si sente
tutti persi. Me lo sono ripetuto come un mantra dopo la laurea
(insieme a un'altra frase cult: «Ti amo, ma non mi piaci più»),
quando la cruda luce del giorno ha mostrato la spaventosa fragilità
dei miei ideali: in balia del precariato, ho seguito le tracce di
Emma. Come lei, insegno Lettere e vado al cinema per le rassegne di
Kieslowski. Ma, sempre come lei, non smetto di sognare una mansarda
parigina in cui rifugiarmi a scrivere in attesa del mio sudato lieto
fine. Cosa ne sa invece Dexter: un bellimbusto che lavora in TV ed è
sempre troppo brillo per aggiornare la lista delle sue amanti? A
questa ennesima rilettura, mi è parso meno superficiale che in
passato; non mi ci sono rivisto, ma ho visto in controluce quel suo
cuore buono massacrato dagli eccessi, dai rovesci di fortuna, dalle
coincidenze mancate.
“Vivi
ogni giorno come se fosse l’ultimo”, di solito il consiglio era
questo, ma chi aveva l’energia sufficiente per farlo? E se pioveva
o eri di cattivo umore? Molto meglio cercare di essere buoni e
coraggiosi e audaci e cambiare le cose in meglio. Non proprio
cambiare il mondo, ma il pezzettino di mondo intorno a te. Esci allo
scoperto con la tua passione e la tua macchina da scrivere e
impegnati al massimo per… qualcosa. Magari cambia la vita degli
altri con l’arte. Coltiva le amicizie, non tradire i tuoi principi,
vivi intensamente, appassionatamente. Apriti alle novità. Ama e
fatti amare, se ti capita la fortuna.
Emma
si piega, ma non si spezza: ha dalla sua la costanza di chi continua
a innaffiare perfino un'amicizia che, a volte, somiglia a un bouquet
appassito. Dexter, restio a lasciarsi istruire con letture impegnate,
resta incastrato sotto una maschera che fatica a calzargli una volta
sfumato l'ardore giovanile: in crisi d'identità, chi è quando né i
riflettori né l'adorazione di Emma lo illuminano più? Adorabili,
affiatati e frustranti, ormai al centro di ben due adattamenti, sono
ricordarti a torto come i protagonisti di una storia strappalacrime.
Un giorno, in realtà, è una commedia brillantissima nello
stile di Harry ti presento Sally, animata dal ritmo perfetto
dei dialoghi cinematografici e da una scrittura pervasa dalla stessa
malinconia di certe Polaroid. Più che a un'istantanea, però, questo
romanzo somiglia alle foto in movimento di Harry Potter: in
500 pagine ecco che tutto cambia, ecco che tutti cambiano. Si passa
dalla leggerezza degli anni Ottanta alla tragedia degli attentati
terroristici, dai messaggi in segreteria ai primi cellulari, dalle
lauree ai matrimoni; arrivano poi i figli, i mutui da pagare, le
separazioni, il metabolismo rallentato, le rughe d'espressione. I
corpi si inflaccidiscono, le volontà si infiacchiscono.
L'irrequietezza iniziale lascia spazio al consolante trantran della
mezza età: soltanto litigare di politica estera, allora, garantirà
alla coppia annoiata un sussulto inatteso.
Forse
era condannata a essere una di quelle persone che passano la vita a
provarci.
In
Nicholls mi sono visto come attraverso uno specchio deformante.
Contemporaneamente e di colpo, ho avuto la consapevolezza di chi ero,
sono, sarò. È troppo presto per immaginarmi a quarant'anni; ma
intanto sorrido già ai bambini per strada, scorro le inserzioni
degli appartamenti in vendita, ingollo pasticche di Bioscaline per
prevenire la stempiatura. Scommetto che Emma e Dexter ci saranno
anche allora, pronti a saltare fuori come una lettera d'amore
dimenticata in India tra le pagine di Casa Howard; come un
ritornello di musica leggera che, sparato di ritorno dalla gita
scolastica, a sorpresa legherà me e i miei studenti in un canto
intergenerazionale. Sono nato il 4 aprile: un detto popolare dice
che, se piove quel giorno, pioverà per quaranta giorni. Il “giorno”
di Nicholls cade il 15 luglio: i goccioloni a San Swithin sono
sintomatici di un'estate piovosa. Coincidenze, dite? A quindici anni
credevo che i film, i libri, le canzoni cambiassero la vita. A
ventinove, mi davo dell'illuso. A trenta ho espresso un desiderio:
non svilire mai la meraviglia degli adolescenti che siamo stati. A
giudicare dalla sommessa euforia di questa rimpatriata, ho sempre
avuto ragione. Ho riposto l'ombrello, piantato le candeline col
numero trenta alla base della mia pianta grassa: sarà una primavera
serena. Em e Dex, mancate sempre. Mancate già.
Il
mio voto: ★★★★★
Il
mio consiglio musicale: Smiths - There Is a Light That Never Goes Out