martedì 31 ottobre 2023

Un Halloween in streaming: La caduta della casa degli Usher | The Last of Us

Dopo aver adattato Jackson e James, Mike Flanagan chiude la sua ispiratissima trilogia gotica cimentandosi con un altro capolavoro dell'horror. Questa volta si rifà al maestro dei maestri, Poe, e lo omaggia in una serie densa di citazioni. Se la cornice narrativa è quella del racconta La caduta della casa degli Usher, ogni episodio si rivela invece una reimmaginazione delle novelle più spaventose. Le puntate sono caroselli di storie dentro storie. Sontuose feste di morte in cui le dipartite, splatter e fantasiosissime, provengono ora da Il gatto nero, ora da Il pozzo e il pendolo. Roderick – un carismatico e fascinoso Greenwood – è il fondatore di un'industria farmaceutica responsabile di un'epidemia di oppiacei. Spietato e senza scrupoli, ha intrapreso una fulminante scalata sociale insieme alla sorella e messo al mondo una progenie corrotta quanto lui. In pochi giorni si troverà a seppellire tutti e sei i figli. Qual è il prezzo da pagare, in una vicenda di avidità, sesso e ambizione? Meno horror delle serie precedenti ma perfino più crudele, con i suoi monologhi caustici e riflessioni al vetriolo sul consumismo, l'ultima scommessa di casa Netflix è una saga generazionale sul male di cui, a volte, le famiglie sono capaci. A interpretare gli Usher tornano i soliti attori feticcio. Su tutti aleggia la presenza seducente di Carla Gugino, la cui bellezza senza tempo la fa muovere fra epoche e travestimenti, offerte e minacce. Chi non berrebbe un cognac con lei? Gli unici incorruttibili: una nipotina idealista e un tuttofare dal passato rocambolesco (di lui parlano Le avventure di Arthur Gordon Pym), interpretato da un inatteso Hamill. Dimenticate la commozione per gli sfortunati eredi di Hill House, per me di una perfezione insuperata; gli spettri – un po' troppo melensi – di Bly Manor. Qui non c'è consolazione nell'aldilà. Non c'è riconciliazione nell'oltretomba. Sono già uno strazio le cene condivise. Chi vorrebbe trascorrere insieme anche la vita dopo la morte? (8)

I videogiochi ispirano pessime trasposizioni: è una legge universale. The Last of Us non è soltanto l'eccezione alla regola, ma è una creatura ibrida che mette d'accordo sia gli appassionati del blockbuster che gli amanti del cinema d'autore. Merito dei suoi ritmi lenti e di un andamento che ricorda gli indie The Road e Light of My Life, e perfino un po' il nostro Anna. Horror on the road ambientato in una America post-apocalittica dilaniata da mostri e banditi, la serie HBO ha per protagonisti un uomo segnato dalla tragedia e un'adolescente misteriosamente immune. All'indomani di un'epidemia tratteggiata con agghiacciante realismo, gli esseri umani vanno temuti più degli infetti. Il dolcissimo Pedro Pascal, stando sempre un passo indietro, sorveglia Bella Ramsey come farebbe un genitore apprensivo e lascia a lei le scene madri più memorabili. La chimica fra i due garantisce emozioni altalenanti, ma innegabili. Dipinti entrambi con luci e ombre, sacrificherebbero la spasimata cura pur di non cedere ai morsi dell'abbandono? Dappertutto aleggia un senso di tragedia. In nome di un pathos inseguito a ogni costo, episodio dopo episodio, la serie dimentica a lungo andare sottotrame intriganti e comprimari creduti, a torto, importanti. Ma mentre il terzo episodio – parabola sulla persistenza di uno struggente amore gay – ci regala un capolavoro romantico musicato a Max Richter, gli altri finiscono per generare uno strano senso di assuefazione davanti all'ennesima morte, all'ennesimo sacrificio, all'ennesimo morso. Bella ma non bellissima, insomma, questa trasposizione videoludica sfida il luogo comune: agli Emmy è già record di nomination. Ma è realmente la serie dell'anno? (7)

martedì 24 ottobre 2023

Recensione: La coppia felice, di Naoise Dolan


| La coppia felice, di Naoise Dolan. Atlantide, € 18, pp. 272 |

Che fine hanno fatto le commedie romantiche? Il quesito è emerso durante una conversazione fra amici. Si sentiva nostalgia di Meg Ryan e Julia Roberts, dei lieto fine annunciati, dei titoli di coda subito dopo i fiori d'arancio. Che fine hanno fatto gli innamorati noiosamente contenti, che vivono il quotidiano senza spaccare il capello in quattro? Non ne troverete di certo nel nuovo romanzo di Naoise Dolan. Una commedia sofisticata che parte dal coronamento di un sogno d'amore, il matrimonio, per poi trasformarsi in un giallo dei sentimenti in cui tutto è a rischio: cerimonia compresa. I protagonisti dell'autrice irlandese sono l'incubo dei novelli promessi sposi; il dramma dei wedding planner. Tutt'altro che sereni e sorridenti, si raccontano e si lasciano raccontare in un conto alla rovescia arguto e imprevedibile, fatto di liste per punti, tabelle e diagrammi, bozze di giuramenti. Lui, Jake, è un manager traditore e indeciso: "fidanzato trofeo", patisce la distrazione e la freddezza della partner. Lei, Celine, è una pianista troppo assorbita dalla sua professione per badare al resto: indossa sempre guanti protettivi per non rovinarsi le mani e vive similmente anche il sesso. Attorniati da una galleria di parenti invadenti, si defilano quando possono. E, in segreto, minacciano di tagliare la corda prima dell'altare.

La solitudine non era non avere nessuno. La solitudine era l'abisso tra quello che speravi e quello che avevi.

Nel corso della lettura interverranno Phoebe, la pecora nera della famiglia con un fiuto per le bugie; Maria, la ex di Celine; Archie, l'ex di Jake; infine Vivian, gallerista che infonderà saggezza quando tutti minacceranno di perdere il controllo. Come il genere ormai comanda, i personaggi sono tutti bisessuali e multietnici; considerano la fedeltà un retaggio del patriarcato e sono negati nelle scelte. Parlano molto, pensano troppo, vivono l'affanno delle convenzioni sociali. Giurano di amarsi… Ma oggi l'amore è forse abbastanza? Troppo lontani da me, questa volta mi hanno reso arduo empatizzare: li ho osservati a distanza. Stranito, sì, ma col sorriso. Disillusa, amara, eppure esilarante, a un certo l'autrice li fa discorrere di Jane Austen. E quanto mi avrebbe divertito La coppia felice in abiti ottocenteschi, con le sorelle Bennet che parlano in gaelico per spettegolare impunemente e un Darcy queer che tracanna gin tonic per sfuggire alla vita adulta. Dolan omaggia il romance, e poi lo vampirizza per saziare noi millennial affamati d'amore e cinismo. Non esiste una sola anima gemella. Sarebbe quindi tempo sprecato non provarci con tutte, no? Le fedi, girate e rigirate in preda all'indecisione, scaveranno solchi sull'anulare.

Il mio voto: ★★½
Il mio consiglio musicale: AnnalisaMon Amour

mercoledì 11 ottobre 2023

Recensione: Polveri sottili, di Gianluca Nativo

| Polveri sottili, Gianluca Nativo. Mondadori, € 18,50, pp. 228 |

Cosa sarebbe successo se, in uno dei momenti più struggenti di Persone normali, Marianne avesse seguito Connell? Il secondo romanzo di Gianluca Nativo, quasi a prendere le mosse dal cult generazione di Sally Rooney, parte lì dove molti amori sospesi hanno fine: dal bivio delle relazioni a distanza. Eugenio e Michelangelo, giovani e per questo fiduciosi, credono che saranno l'eccezione alla regola. Continueranno a volersi anche lontani, così come si sono voluti nel corso di un'estate che credevano eterna. Si sono conosciuti in una Napoli deserta, nel limbo dei neolaureati. Nel momento più giusto; in quello più sbagliato. In attesa che il futuro bussasse alla porta, si sono goduti con la lentezza dei pensionati un incanto ischitano fatto di arte e gite fuori porta. La carezzevole lentezza della bella stagione lascia presto il posto alla frenesia dei sobborghi inglesi, lontani dallo spettacolo dei fuochi artificiali e dagli spritz sul mare.

A te in fondo le periferie piacciono. A te piaceva Michelangelo.

Eugenio, specializzando in Medicina, si trasferisce a Londra. Michelangelo decide di seguirlo, ma dopo un po' partirà per Milano, assistente editor presso una brutta casa editrice. Dopo averci raccontato l'iniziazione di un giovane nel mondo delle app d'incontri, Nativo ritorna e fa centro con un romanzo sincero, spietato e universale, scritto con la stessa sincerità di certe canzoni indie. Per stare insieme, oggi, basta amarsi? Vittime di un brutale shock culturale, destinati ai dolori dell'incomunicabilità, i protagonisti sperimentano nuove routine, lunghi silenzi e l'idillio sporadico delle rimpatriate. Più che con le parole, si parlano con le foto WhatsApp. E, di notte, in attesa dei messaggi dell'altro, si addormentano con i cellulari alla mano. Nella mia vita sono stato sia Eugenio che Michelangelo. Ho provato a dimenticare, a dimenticarmi, camuffando invano l'accento e rifugiandomi in un nevrotico schematismo da primo della classe; ma mi sono spesso sentito anche fragile e bisognoso, mediocre, troppo spaesato per rinunciare a farmi guidare.

Non devi seguirmi sempre, vorrei essere io per una volta a seguire te.

Una relazione richiede pazienza, cura, attenzione. Quando si diventa adulti, tocca scegliere: o noi stessi, o gli altri. Questa vita ci vuole distratti e ambiziosi per restare a galla. Questa vita, forse, ci vuole soli. Fra rotture e ritorni di fiamma, i novelli “spatriati” fanno timidi tentativi per essere felici insieme. Simmetrici nell'inquietudine, nei giorni pari si rifugeranno in un nido di lenzuola e dimenticheranno tutto: perfino il Capodanno. In quelli dispari, invece, la nostalgia e la frustrazione li porteranno in aeroporto. Dall'aereo appare tutto più piccolo, sospeso. Sulle nuvole il mondo sottostante è un presepe nascosto da una cortina di smog. È forse possibile non atterrare mai, per eludere questa domanda che incalza: «Dov'è realmente casa?».

Il mio voto: ★★★★
Il mio consiglio musicale: Marco Mengoni – Caro amore lontanissimo

martedì 3 ottobre 2023

Recensione: L'ultima cosa bella sulla faccia della terra, di Michael Bible

| L'ultima cosa bella sulla faccia della terra, di Michael Bible. Adelphi, € 16, pp.135 |

Harmony, Carolina, è costruita sulle bugie. All'apparenza placida e accogliente, è una città in cui il sonno della ragione ha generato mostri. Fra omofobia, razzismo e fanatismo religioso, l'armonia non è di casa. A portarne alla luce le contraddizioni è stato il gesto estremo di un giovane: folle, o forse annoiato. Iggy, l'outsider della scuola, ha tentato di darsi fuoco al centro della chiesa. Non ci è riuscito. Ma nell'incendio sono morte venticinque innocenti. Come si sopravvive a una tragedia? Quando scompaiono, sulla pelle e nella memoria, i segni del fuoco? Crudo, lisergico, eppure delicatissimo, il primo romanzo di Michael Bible edito in Italia racconta una storia in punta di penna, perfetta per coloro che sono stati a Holt con Haruf o a Fabbrico con Camurri.

Eravamo innocenti. Convinti di essere speciali. Sbronzi tutti i weekend al centro commerciale. Il mondo era nelle nostre mani. Non ci importava del tempo. L'amore era una cosa scontata. La morte aveva paura di noi. Adesso abbiamo il grigio nella barba. Il cielo è un livido viola.

Scritto magistralmente, accoglie un coro greco di personaggi segnati dal gesto di Iggy. Ci sono gli ex compagni di liceo, ormai adulti, che fanno raffreddare il caffé mentre mettono a confronto i loro ricordi. C'è un timido bibliotecario che stringe amicizia con una donna in fuga da una setta religiosa, e per mezzo di lei trova un po' di fiducia nel genere umano. Ci sono due vecchi innamorati, divorati da una lontana inquietudine, che si ritrovano dove tutto ha avuto inizio. E c'è, soprattutto, il piromane: nella sua cella attende l'iniezione letale e ripensa. Al magnetismo che l'ha spinto prima tra le braccia di Cleo, poi di Paul; alle droghe, ai superalcolici, ai video morbosi; al desiderio perenne di vincere l'insensibilità attraverso il dolore. Sottilmente collegati, i protagonisti invocano la guerra nucleare come i futuristi del primo Novecento. Annichiliti e affamati, preferiscono l'abisso al nulla cosmico. A Harmony, sanno, non succede mai niente. Non resta che l'omicidio, dunque, per scuoterla alle fondamenta?

Sogno per tutto il genere umano un'utopia in cui l'amore è legale e piove champagne.

Qualcuno va via. Qualcuno torna. Qualcuno la ama e la odia contemporaneamente. Sfondo di un amaro giro di vite, si fa emblema di un Sud bello soltanto nelle canzoni folk. Suggestivo ma sfilacciato, troppo esile nell'intreccio, Bible demitizza e denuncia. Ma salva dall'indignazione generale i tramonti rosso sangue, le stelle cadenti, i fiori del corniolo visti attraverso le inferriate. E se perfino la campana in cima alle torre dell'orologio può tornare a suonare come d'incanto, non sembra troppo tardi per sperare. Nei miracoli. Nell'ultima cosa bella sulla faccia della terra.

Il mio consiglio musicale: Bruce Springsteen – I'm on Fire
Il mio voto: ★★★