venerdì 22 novembre 2024

Come (non) fare un sequel: Il Gladiatore II | Folie à Deux | Giorno 1| Beetlejuice Beetlejuice | MaXXXine

Se ho fatto il classico, la colpa è del Gladiatore. Epico, intriso di retorica e romanitas, è un bignami del mondo antico. In un'epoca senza idee, non stupisce l'idea di un sequel: l'ottantaseinne Scott è in forma e il cast è perfino quello delle grandi occasioni. Godibilissimo, il film è uno spettacolo dalla CGI discutibile in cui il protagonista è chiamato a lottare contro scimmie, rinoceronti, squali. Riuscirà a perdonare la madre e a realizzare il sogno di Marco Aurelio? Dappertutto aleggia il ricordo di Massimo, ma Lucio non ha né il carisma né l'emotività del suo predecessore: colpa di Mescal, totalmente fuori parte nel primo ruolo hollywoodiano. La riflessione politica resta l'elemento più stimolante. In una Roma logorata dall’imperialismo, tutti, schiavi compresi, sognano il potere. Tra il prode Pascal e il gigioneggiante Quinn, a spuntarla è il grande Washington: luciferino, eleva un copione frutto dell'AI a un'allegoria dell'America contemporanea. Ma tutto è talmente senz'anima che bisogna aspettare le note della vecchia colonna sonora per avvertire un brivido in poltrona. Il Gladiatore II non contribuirà al crollo delle iscrizioni al classico, ma non troverà nuove generazioni da ispirare con il mito della Città Eterna. (5,5)

Chi scrive considera il musical una delle più alte forme di cinema e aveva reputato Joker un crime in cui tutto era spettacolare, violenza compresa. Folie à Deux è troppo stridente per essere uno degli incanti omaggiati dalla colonna sonora: i protagonisti intonano a cappella le loro battute e soltanto raramente la dimensione del musical li sottrae alla solitudine, alla malagiustizia, al voyeurismo. Fleck vorrebbe inoltre rinunciare a Joker: il pubblico ha trasformato un uomo bipolare in un supercattivo. Metacinematografico, antinarrativo e anticlimatico, il film si fa odiare non tanto per il suo essere a cavallo tra generi, né per una Gaga con le labbra troppo gonfie di filler, ma per il suo essere una sconfessione del primo: la decostruzione di un antagonista a lungo glorificato; un dito medio al people pleasing. Phoenix interpreta il Joker da cui nessun ragazzino vorrebbe vestirsi a Halloween. Noi siamo la folla fuori dal tribunale: confidiamo nella sedia elettrica. Le sue groupie: ragazze in cerca di brividi facili. Gli spettatori che all'uscita dalla sala digitano: che merda, evitate, cos'hanno fatto. A Joker, in un gesto prometeico, Phillips ha restituito l'umanità e strappato la maschera. Meglio essere centomila clown, o nessuno? È il dilemma di un'operazione bellissima e incompresa, in cui, grazie al regista, Arthur non rischia mai di essere un personaggio in cerca d'autore. Amaramente, però, resterà in cerca di pubblico. (8)

L'apocalisse è ormai qui. I mostri sono tra noi. Grazie alla famiglia Abbott, conosciamo ampiamente le regole del gioco: è severamente vietato fare rumore. John Krasinski cede lo scettro a Michael Sarnoski, già regista del delicatissimo Pig, ma poco cambia. Questo prequel, che dovrebbe raccontare l'origine dell'invasione, in realtà nulla aggiunge e nulla toglie alla mitologia di A Quiet Place. A fare la differenza è l'intensità straordinaria dei protagonista: Lupita Nyong'o, una malata terminale aggrappata alla poca vita che le resta, e Joseph Quinn, expat tormentato dagli attacchi di panico che apre finalmente l'horror alla vulnerabilità maschile. Al bando il rumore, si diceva. Ma gli sguardi espressivi del cast urlano paura, confusione e tenerezza in ogni frame. Narrativamente Giorno 1 è un'operazione senza nessuna sorpresa, ma sa commuovere fino alle lacrime grazie al collage di brutture e gentilezze di cui il genere umano si dimostra capace. L'inno alla vita che non ti aspetti? Arriva da un blockbuster pieno di morti. Un incrocio tra La guerra dei mondi e Soul, dove sfogliare poesie sulle rovine fumanti di una libreria, sognare una pizza da asporto e carezzare un gatto rosso ci aiuterà a sconfiggere la solitudine e altri mostri. (7,5)

È da Sweeney Todd, arrivato in sala nel lontano 2007, che Tim Burton fatica a trovare l'ispirazione. Dopo oltre un decennio di progetti dimenticabili, attraverso i quali il regista ha rischiato pericolosamente di diventare la caricatura di sé stesso, se ne torna nella comfort zone con il seguito di uno dei suoi cult. Non ho dovuto aspettare trentasei anni, io, per conoscere il destino dei protagonisti di Beetlejuice: ho recuperato il primo soltanto di recente e senza euforia. Questo ritorno, agli occhi di uno spettatore dell'ultima ora, è parso un amabile e divertente casino. Tre generazioni di donne a confronto, una moglie vendicativa, vecchi amori (Keaton, Rider, O'Hara) e nuovi (Ortega e Bellucci: magnetica presenza, quest'ultima, poco sfruttata) vengono riuniti nella stessa casa, qui curiosamente vestita a lutto. Macabro ma tenero, spaventoso ma innocuo, l'ultimo Burton strizza l'occhio a generazioni vicine e lontane: non osa sorprese, in una sceneggiatura semplice e un po' frettolosa, ma ci regala un paio di sequenze memorabili (una, in bianco e nero, è un omaggio al cinema di genere del nostro Mario Bava) e idee fresche fresche per Halloween. Dopo svariati flop, ci si accontenta. Anche se, Tim, ti piace vincere facile? (6)

C'era grande hype per la fine della trilogia di Ti West, iniziata con X (slasher anni Settanta sulla solitudine della vecchiaia) e poi proseguita con Pearl (cult istantaneo finito nel meglio della scorsa annata). Maxxxine, ben più sponsorizzato e distribuito in sala in pompa magna, è l'apoteosi della nostra eroina texana dal corpo da pin-up e dai metodi poco ortodossi: dopo il suo esordio nel porno ha finalmente raggiunto Hollywood, ma il passato la perseguita. Si tratta, tuttavia, del punto più basso toccato dalla serie. Ambientato negli abusati anni Ottanta, in cima alle colline rese per sempre immortali da Mulholland Drive, il film si rifà pedissequamente ai thriller erotici di Argento, Fulci, De Palma. L'assassino ha mani guantate, semina qualche morto ammazzato, ma la sensualità scarseggia e il gioco di citazioni continue, questa volta, si inceppa e annoia. Senza particolare ispirazione, West vive della luce riflessa della sola Mia Goth, nel frattempo diventata la star che ci si auspicava; ma, in un cast inutilmente sopra le righe, a crederci sembrano essere soltanto lei e un'algida Elizabeth Debicki, perfetta nei panni di una regista donna in un'industria misogina. Un plauso alla sequenza ai piedi del Bates Motel: ho sempre trovato il sequel di Psycho degno di una riscoperta tardiva. Ma oltre gli omaggi, “sotto il vestito”, niente. (5)

1 commento:

  1. Ciao Michele, anno di bei film, sequel e prequel, filmoni esagerati, femministi, faziosi e indisciplinati....
    Dopo Napoleon in cui persino Joaquin mi ha delusa, Il Gladiatore II credo proprio che lo salterò, non c'è niente che mi attira di questo progetto.
    Invece ho ritrovato Arthur/Joker sempre rappresentato al suo top da un attore che ammiro. Molte sono state le critiche ricevute a questo sequel che sinceramente ho capito solo parzialmente ma il discorso diventerebbe davvero lungo....Sono contenta di aver condiviso l'affetto per questo film.
    Stesso affetto per A quiet place che mi ha intrattenuta e commossa,.
    Ma siamo in zona d'arrivo e credo di avere già il mio film dell'anno, il mio cuore è rimasto all'ultimo film di Kore-eda 'L'innocenza ' ❤️

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