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Non sono stato io, di Daniele Derossi. Marsilio, € 16, pp. 231
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Ottocento
abitanti, un orizzonte suggestivo di montagne e vallate, la notte che
cala prestissimo e ti invoglia a rifugiarti nella sicurezza di casa
tua durante il rigore dell'inverno. Il soggiorno a Serana, villaggio
immaginario dell'Alta Val di Susa, si prospetta un paradiso o forse
un inferno? Se da un lato affascinano gli sfondi innevati e la
promessa di tranquillità, soprattutto se in fuga da un terribile
dramma familiare, dall'altro insospettiscono i bisbigli diffusi e le
credenze popolari: anni e anni di Twin Peaks o Silent Hill,
gialli d'atmosfera in stile La ragazza della nebbia, ci hanno
infatti invogliato a diffidare dalle false regole di buon vicinato e
dalle insidie meteorologiche delle città dell'estremo nord.
Prevedibilmente, la protagonista Ada non troverà pace accanto al
figlio Giacomo. Sono tornati da Londra con la coda fra le gambe. Un
trasferimento che è un'autentica retrocessione, pur di fuggire a
malori che tutti reputano ormai psicosomatici. Bella e snob,
giudicata non a torto un pericolo per le donne sposate, Ada
all'inizio appare libera come il vento: le pillole sotto prescrizione
del terapeuta al mattino, una telefonata alla mamma se c'è bisogno
di andare a prendere il bambino a scuola dalle suore, ed eccola che
può finalmente staccare la spina. Riprendere i contatti con i vecchi
amici e gli ex fidanzati coi quali ha sperimentato il brivido
proibito delle prime volte, seguire le lezioni di ceramica a dispetto
delle mani un po' tremanti, considerare il sesso riparatore il
miglior oppiaceo. In ordine sparso si intrometteranno: le irruzioni
di un animale notturno, forse una volpe, responsabile del giardino a
soqquadro; la sparizione a Halloween della piccola Jennifer, uno
scricciolo vestito da Sposa cadavere che riapre ferite mai del tutto rimarginate; le crescenti stranezze
di Giacomo.
Quando
eri piccola tuo padre si divertiva a cambiare ogni volta qualche
particolare alle storie che leggeva. Cappuccetto rosso baciava il
lupo che si trasformava nel principe azzurro, la carrozza non
trasportava Cenerentola al castello ma in un reame incantato, dove
diventava la regina delle fate. Non sapevi mai che cosa sarebbe
successo e a ogni passaggio inatteso ti brillavano gli occhi per
l'eccitazione. Adesso, invece, ti piacciono solo i film che hai già
visto, o le storie che conosci a memoria. Ora sai che le sorprese
sono quasi sempre cattive.
Come
spiegarsi gli occhi rossi e i vaneggiamenti del figlio? Il primo
pensiero va all'abuso di televisione e PlayStation, ma è dettato dal
pressappochismo di genitori che al giorno d'oggi vedono soltanto
quello che vogliono vedere. I luoghi comuni sull'infanzia, e non
quelli oscuri. Il bambino ha una vita segreta che neanche immagina:
fa scherzi alle amiche antipatiche, distrugge trenini e Barbie,
simula tempeste di sabbia inalando cannella in polvere e funerali
attraverso la sepoltura di bestiole mutilate. Si spinge, soprattutto,
in cima a quel castello inaccessibile: nel Cinquecento, la prigione
di un negromante che scherzava con le rune e il fuoco. A guidare quel
bambino introverso, bilingue, dall'incarnato più scuro degli altri –
il padre, Bashir, è un chirurgo pakistano –, è un Lucignolo che
sfida l'altezza delle grondaie e apostrofa Giacomo con nomignoli
femminili quando si tira indietro. Ha i capelli rossi, si chiama
Robi: peccato che a scuola dicano di non conoscerlo. Sulla splendida
copertina citano Durrenmatt e Ammaniti, paragoni certamente calzanti,
ma Non sono sono stato io
mi ha ricordato più The Babadook
e Goodnight Mommy:
horror su genitrici imperfette e bambini incorreggibili, dove ogni
cosa è intuibile, molto è lasciato alla libera interpretazione del
fruitore e, finale frettoloso a parte, le singole sequenze si fanno
divorare in una spirale crescente d'angoscia.
I
bambini non sanno di essere crudeli.
Erano
anni che non mi capitava di leggere un romanzo tutto d'un fiato. Il
merito spetta alla bravura di Daniele Derossi – l'omonimia con il
calciatore è puramente casuale –, che riesce a incastonare una
storia di per sé poco originale su pagine, su fondali, che fanno la
netta differenza. Non s'inventa niente dal niente, Non sono
stato io. Importano più il come del perché. I colpi di scena a
volte tali non sono: lettori e personaggi, a lungo, hanno quasi un
diverso grado di conoscenza sui fatti, e le svolte shock scuotono più
loro che noi all'alba di nuove consapevolezze. Nella scrittura di
Derossi, guizzante come la coda della sanguinaria gatta Messalina, si
alternano capitoli in seconda persona, botta e risposta degni di una
sceneggiatura cinematografica, sbobinature di interviste
giornalistiche.
Nella
sua Serana fondamentalmente intollerante nei confronti dello
straniero le paure ancestrali oscillano dai lupi alle streghe arse
vive ai tempi dell'Inquisizione, fino alle carovane di zingari e
giostrai: perfino il macellaio, nel retrobottega, farnetica di
alchimisti, ufo e altre leggende urbane. L'autore, senz'altro
accattivante, ha l'arma a doppio taglio della brevità e scarsa
fantasia con i nomi di battesimo – in duecento pagine, ho notato
sorridendo sotto i baffi, incrociamo ben due Davide e gli interessi
amorosi di Ada si chiamano Sergio e Giorgio a rischio di creare una
certa confusione. La sua indagine poliziesca, sociologica,
antropologica tiene mirabilmente in considerazione, tuttavia, gli
stati d'animo, le coloriture dialettali, la percezione del diverso
presso regioni in maggioranza leghiste, e il prodotto finale è una
di quelle fiabe gotiche che tengono per sé il discrimine fra
disturbi mentali e fenomeni paranormali, thriller psicologico e
horror puro. Una lettura di confine, a confine: fra generi
d'intrattenimento e, nel congedo, fra disperazione profonda e
speranza.
Il
mio voto: ★★★½
Il
mio consiglio musicale: Lucio Dalla - Attenti al lupo
Intrigante come piace a te. Io attendo l'uscita del nuovo romanzo della Tuti per fare un bel bagno nell'ansia.
RispondiEliminaLea
Questo, se l'attesa è troppo lunga, sicuramente non ti dispiacerebbe.
EliminaTrama che suscita interesse, sarà il bimbo solitario, l'amichetto diavoletto coi capelli rossi, il castello...
RispondiEliminaChe belle scoperte, come sempre, da te ;)
Ti ringrazio, Angela!
EliminaGrazie a Michele per la bella recensione. Azzeccato anche il rimando al Babadook, uno dei pochi film horror girato da una regista donna, una metafora in chiave gotica del lutto che mi è piaciuta moltissimo. 😺
RispondiEliminaGrazie mille per essere passato, Daniele! Il film della Kent è un gioiello, non a caso sono in attesa dell'ultimo passato a Venezia.
EliminaNon conoscevo questo romanzo, e sebbene la trama sembri interessante al momento non mi incuriosisce più di tanto... magari mi sbaglierò e si tratterà di una bella lettura.. Vedremo :)
RispondiEliminaOgni romanzo ha i suoi momenti. Giusti e sbagliati. Aspetta i primi, e vedi com'è. Si legge così in fretta, comunque, che fugherebbe qualsiasi blocco del lettore!
EliminaFamiglie e horror...
RispondiEliminaper vederle insieme in questi giorni basta andare a Verona, non per forza in libreria. :)
Vedi? Derossi ha dato inconsapevolmente i diritti alla trasposizione live action, ahahahah!
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